A che cosa serve fantasticare? A trovare soluzioni e a pianificare il domani

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A che cosa serve fantasticare? A trovare soluzioni e a pianificare il domani

Fantasticare è una componente fondamentale del pensiero. E immaginando scenari irreali o anche solo
prefigurando il nostro futuro, ci aiuta a pianificare i nostri obiettivi.

9 febbraio 2023 – Margherita Zannoni

Avete spesso la testa fra le nuvole? A che cosa state pensando adesso? Sappiate che per studiare in
tempo reale cosa passa per la mente della gente, due ricercatori dell’Università di Harvard si sono
serviti di un’app che invia ripetute notifiche sullo smartphone in momenti casuali della giornata,
invitando a riferire cosa si stia pensando, quale attività si stia svolgendo e come ci si senta in
quel preciso istante. Così hanno scoperto che si trascorre gran parte del tempo a fantasticare: in
uno dei loro studi, l’app è stata installata da 2.250 persone la cui mente stava vagando dal 30 al
47% delle volte in cui sono state interrogate.

DISCORSO INTERIORE. Di più su argomenti piacevoli (42,5% delle volte) che spiacevoli (26,5%) o
neutri (31%). «I sogni a occhi aperti hanno la stessa probabilità di presentarsi in forma di
immagini o di discorso interiore, mentre altre modalità come quella uditiva, tattile o gustativa
sono molto meno consuete», afferma David Stawarczyk, psicologo della Washington University a St.
Louis. In genere, se hanno un forte impatto visivo coinvolgono meno il discorso interiore. Inoltre,
più spesso hanno una prospettiva visiva in prima persona (il 64% delle volte, come risulta da uno
studio dell’Università del Colorado a Boulder) e sono incentrati su di sé, pur coinvolgendo di
frequente altre persone.

FANTASTICARE PER PIANIFICARE. «Vagando con la mente è più probabile che il focus dei pensieri sia
diretto a prepararsi per eventi futuri piuttosto che a ricordare il passato», scrive Stawarczyk. Dai
suoi studi risulta che i sogni a occhi aperti spesso hanno funzioni rilevanti per gli obiettivi
personali come la pianificazione (35%), il processo decisionale (8%) e la valutazione degli eventi
(10%), meno altre finalità come l’autointrattenimento (7%). E che ben il 79% delle fantasie
orientate al futuro riguarda eventi previsti per il giorno stesso o i sette giorni successivi.
Quindi, ci distacchiamo dalla realtà quotidiana per ritrovarci a fantasticare su altre attività
quotidiane. Scenari improbabili o fantasiosi assorbono in misura minore: ci si tuffa in realtà
illusorie per puro gioco mentale (per es. rappresentarsi creature aliene) o appagare desideri con
l’immaginazione (come vincere alla lotteria, ottenere grandi successi o conquistare potenziali
partner). Insomma, i nostri “film” mentali sono in gran parte concreti.

Del resto, a chi non è capitato di distrarsi durante una conversazione o al lavoro, magari nel mezzo
di una riunione, ritrovandosi a pensare a tutt’altro? Ad alcuni succede continuamente, pur avendo
senso di responsabilità e motivazione sufficienti per restare concentrati.

Eppure, senza volerlo (si stima che solo il 10% dei sogni a occhi aperti sia intenzionale),
immancabilmente spiccano il volo verso propri viaggi mentali. Non c’è motivo di preoccuparsi, anzi:
«Le persone con un cervello efficiente potrebbero avere troppa capacità cerebrale per impedire alle
loro menti di vagare», ha affermato Eric Schumacher, psicologo della Georgia Tech. È arrivato a
questa conclusione riscontrando punteggi più alti in prove di capacità intellettive e creative in
chi riferisce sogni a occhi aperti più frequenti e osservando il suo cervello con la risonanza
magnetica funzionale. Quindi, si tratterebbe di un eccesso di lavoro mentale che trasborda come un
fiume in piena dall’attività che si sta svolgendo.

I compiti semplici, che non richiedono molto sforzo mentale, sono l’innesco ideale per i sogni a
occhi aperti. Infatti, si vaga con la mente soprattutto quando ce lo si può permettere: si può
contare su una memoria di lavoro sufficiente (è il magazzino a capacità limitata in cui tratteniamo
le informazioni che servono per l’attività in corso) a non perdere il filo di ciò che si sta
facendo. Intanto si ottimizza il tempo, sfruttando i benefici del vagabondare mentale. Come valutare
ciò che accadrà. «Potremmo esserci evoluti per considerare prospettive alternative. Testiamo le
nostre azioni in anticipo prevedendo mentalmente il loro risultato ed evitando costosi errori», ha
scritto Muireann Irish, neuropsicologa dell’Università di Sydney.

UNA PAUSA PER LA MENTE. In più, con i sogni a occhi aperti ci concediamo una “pausa” che rinfresca
la mente e permette di tornare sul com si sta leggendo. Schooler e il suo team di ricerca hanno
fatto leggere a volontari un racconto di Arthur Conan Doyle, costatando che vagare con la mente
interferiva con la capacità di identificare correttamente il cattivo della storia. Quando la mente
va alla deriva si può arrivare a non ricordare cosa accadeva prima (“Perché sono entrato in questa
stanza?”), soprattutto se viaggia lontano nel tempo e nello spazio: da uno studio dell’Università
della North Carolina è emerso che l’effetto è più forte se ci si immerge in ricordi remoti o di
episodi avvenuti in luoghi distanti. Quindi è più difficile tornare al presente dopo aver pensato a
una vacanza all’estero che a una gita fuori porta. I costi, poi, possono essere notevoli se la mente
“parte” quando serve molta concentrazione: vari studi dimostrano che può compromettere le
prestazioni, per esempio in test attitudinali e di intelligenza.

La questione in realtà è più sfumata, perché non sempre distrarsi “distrae” davvero.

SOLUZIONI CREATIVE. Molti pensatori scientifici, tra cui Newton, Poincaré ed Einstein, hanno avuto
ispirazioni in momenti in cui non erano concentrati sulle loro teorie ma intenti ad altro. È
accaduto per caso? Forse no. Una spiegazione viene da uno studio di Schooler e colleghi in cui i
volontari dovevano trovare quanti più possibili usi alternativi di oggetti comuni, come un mattone.
Se ci si vuole cimentare in questo compito, c’è qualcosa di cui tener conto: molto probabile che
vengano più idee se, dopo averci pensato per un po’ (2 minuti nello studio), ci si prende una pausa
(12 min).

Ma molto dipende da quello che si fa in questo lasso di tempo: i partecipanti dello studio che si
sono dedicati a un compito mentalmente poco impegnativo (che incoraggia quindi a vagare con la
mente) hanno trovato più soluzioni creative di chi ne ha svolto uno più pesante o non ha fatto
nulla. «Ipotizziamo che il vagabondaggio mentale svolga un ruolo nel trovare nuove soluzioni a
problemi già incontrati», sostiene Schooler. Ma per essere creativi non basta far viaggiare la
mente: occorre intercettare potenziali idee brillanti che si mescolano ad altre nel flusso dei
pensieri. Quindi, essere consapevoli di ciò che si sta pensando (“Ho avuto una buona idea!”). Per
questo, la creatività coinvolge più reti cerebrali, non solo quella che si attiva con i sogni a
occhi aperti.

da focus.it

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