A proposito di alcune convinzioni che proibiscono di ridere e stare bene…

pubblicato in: AltroBlog 0

A proposito di alcune convinzioni che proibiscono di ridere e stare bene….

da CLINICA VERDE.IT

——————

CAMBIARE IDEA SUL CORPO E SULLA MENTE

(A proposito di alcune convinzioni errate che ci impediscono di ridere e di star bene)

———————–

Ti propongo alcuni piccoli esperimenti… Ti basteranno alcuni minuti. Non
pretendo che tu creda a quello che dico ma se farai questi esperimenti
potrai provare direttamente alcune reazioni fisiologiche del corpo e della
mente.

È possibile cambiare ridendo?
(piccola digressione sul metodo e sulla disciplina)

È pieno il mondo di gente che ti offre un futuro migliore… In cambio,
però, ti chiedono di aderire a qualche fede o ideologia, di credere in loro,
di fare sacrifici, essere disciplinati e soffrire. La filosofia del ridere
nega tutto questo.

Non è possibile migliorare la tua vita facendo qualche cosa che non ami
fare.

Dicendo questo non voglio negare che nella vita ci sia sempre un certo grado
di difficoltà. Ma, un conto è spalare gli escrementi del tuo cavallo perché
lo ami e vuoi che la sua stalla sia pulita, un conto è spalare escrementi
perché ti pagano e tu lavori per comprarti una pistola per ammazzare tutti i
cavalli.

Non ho niente contro la disciplina. Io adoro la disciplina a patto che sia
gradevole e gioiosa. Passo tutti i giorni almeno quattro ore a scrivere o
disegnare. È un esempio di disciplina. Ma è una disciplina alla quale non
posso rinunciare. Mi piace troppo.

Sì. Si può fare! La nostra sofferenza non dipende infatti da qualche vizio
lubrico che dobbiamo estirpare a martellate. No. L’umanità soffre a causa di
ignoranza, malintesi e pregiudizi.

Ci hanno dato informazioni sbagliate.

Se questi dati errati vengono scoperti e corretti, tutto il nostro
comportamento cambia automaticamente. Non è necessaria nessuna disciplina
sgradevole.
Si tratta di infilare idee nuove nel cervello. È un’attività appassionante.
Scopri il gusto di allargare le conoscenze. È un mutamento immediato,
semplice. Perché le idee semplici sono facili da capire e, appena le capisci
, tutta la situazione ti appare immediatamente, radicalmente diversa.

Ti sarà già capitato un fenomeno del genere. Quando risolvi un indovinello,
quando trovi una soluzione fantasiosa per uscire da una difficoltà… È come
aggiungere sale alle verdure. Tutti i sapori restano uguali ma ognuno è più
nitido.

Si tratta di posizionare meglio, sentire meglio i singoli elementi che
compongono la scena. Non c’è niente di veramente nuovo, ma tutto è
improvvisamente diverso. È cambiato il punto di vista. Un elemento che prima
non prendevi in considerazione ora ha assunto la sua reale importanza e
l’insieme acquista un senso differente.
Qualcuno dubiterà che mutare profondamente sia così facile. Eppure è
veramente semplice. La vita ci porta a cambiare di continuo. Non cambiare è
davvero impossibile.

Tutto cambia.

Tutti cambiano. La difficoltà sta nel far seguire al cambiamento nuovi
moduli, nuovi frattali, che ci facciano uscire dai binari dei nostri errori
abituali.
È la politica dei piccoli passi.

Mirare subito a cambiamenti lievi che però portino ad avviare un processo di
modificazione. Come moduli, frattali, che via via si espandono dando vita a
nuove forme. Ecco, gli esperimenti che ti propongo nelle prossime pagine
sono così. Piccole modificazioni di sette punti di vista su sette questioni
centrali nel nostro sistema di giudizio. Se farai tue queste esperienze,
avrai attivato un processo che naturalmente, senza sforzo e dandoti spesso
occasioni di ridere e divertirti, ti porterà a rivoluzionare pigramente la
tua vita.

Incredibile? Giudicherai tu stesso.

In realtà non stiamo dicendo niente di veramente speciale. Se lo stai
leggendo, se ne capisci il linguaggio e il ritmo, è perché tutte queste idee
sono già maturate dentro di te. In fondo non è mai possibile comunicare
qualche cosa di veramente nuovo… Questo è solo uno strumento col quale, se
vuoi, puoi riordinare in modo più efficiente concetti e esperienze che hai
già acquisito.

Per concludere, vorrei chiarire che, in realtà, quest’idea del cambiamento
profondo e rapido non è mia. A partire dagli anni ’70, diversi gruppi di
brillanti psicologi iniziarono a mettere in dubbio l’efficacia delle
psicoterapie che durano anni.

Watzlawick raccolse le sue idee rivoluzionarie nei libri Istruzioni per
rendersi infelici, divertentissimo, e Change (scritto con Weakland e Fisch).
Bandler ha scritto Usare il cervello per cambiare. Per spiegare meglio
questo approccio, ecco come Bandler affrontò la situazione di un bimbo
gravemente traumatizzato perché, mentre stava giocando in un covone di
fieno, ne aveva presa una manciata dove c’era dentro un serpente. Lo
spavento era stato tale che il bambino non era più riuscito a dormire e
aveva difficoltà a mangiare.

Bandler si era fatto raccontare il fatto dal bambino e subito aveva
esclamato: «Ecco chi era quel bambino!. Ma lo sai che è appena andato via un
serpentello che era terrorizzato perché mentre stava giocando in un covone
di fieno un mostro enorme lo aveva afferrato, gli aveva urlato in faccia e
lo aveva lanciato lontanissimo?». Il bambino sbarrò gli occhi e poi scoppiò
a ridere.

Guarito!

Sempre Bandler, nel suo libro ‘Usare il cervello per cambiare’, racconta di
come “disattivò” un padre autoritario che aveva trascinato nel suo studio la
figlia adolescente e ribelle “per farla curare”. Mentre era lui che aveva
bisogno di cure.

Bandler lo vede entrare come una furia nel suo studio mentre tira per il
braccio la ragazzina ed esclama: «C’è qualcosa che non va?».

Il padre risponde: «Questa ragazza è una puttanella».

«Non mi serve una puttana; perché me l’ha portata?».

Ecco un’interruzione degna di questo nome. Questo genere di battuta iniziale
è la mia preferita; con una battuta del genere si può veramente mandare uno
in corto circuito. Se subito dopo gli si rivolge una qualsiasi domanda, non
riuscirà mai più a tornare là da dove era partito.

«No, no! Non è questo che volevo dire…».

«Chi è questa ragazza?».

«Mia figlia».

«Lei ha costretto sua figlia a prostituirsi!!!».

«No, no! Lei non capisce…».

«E l’ha portata qui, da me! Che schifo!».

«No, no, no! Ha capito male».

Quest’uomo, che era entrato urlando e ringhiando, adesso mi sta supplicando
di capirlo. Ha completamente cambiato prospettiva: ora non aggredisce più
sua figlia ma si sta difendendo. Nel frattempo, sua figlia, in cuor suo, si
sta facendo matte risate. La scena la diverte moltissimo.

«Beh, cosa vuole che io faccia, allora? Cos’è che vuole?»

Lui allora comincia a spiegarmi cosa voleva. Quando ha finito, dico:

«Lei l’ha portata qui tenendole un braccio piegato dietro la schiena, e l’ha
sballottata qua e là. Questo è esattamente il modo in cui vengono trattate
le prostitute; ecco cosa le sta insegnando a fare».

«Beh, io voglio costringerla a…».

«Oh, ‘costringerla’… insegnarle che gli uomini controllano le donne
sbatacchiandole qua e là, comandandole a bacchetta, storcendo loro un
braccio dietro la schiena e costringendole a fare cose che non vogliono
fare. È così che fanno i protettori. Le resta soltanto da chiederle dei
soldi in cambio».

«No, io non sto facendo questo. È lei che va a letto col suo ragazzo».

«Si è fatta pagare?»

«No».

«Lo ama?»

«È troppo giovane per poter amare».

«Forse che non amava lei, suo padre, già da piccolissima?»

Ecco che prende forma l’immagine di lei piccolissima, seduta sulle ginocchia
del babbo. Con un’immagine del genere si può mettere nel sacco qualsiasi
padre autoritario.

«Mi permetta di farle una domanda. Guardi sua figlia… Non vuole che riesca
a provare il sentimento dell’amore e che viva il comportamento sessuale come
una cosa piacevole? La morale di oggi non è più quella di una volta e lei
può benissimo non condividerla. Ma le piacerebbe forse che l’unico modo in
cui sua figlia imparasse ad avere rapporti con gli uomini fosse lo stesso
che ha avuto con lei, quando l’ha fatta entrare in questa stanza qualche
minuto fa? E che aspettasse i venticinque anni per sposare qualcuno che la
picchiasse, la sbatacchiasse, la maltrattasse e la costringesse a fare cose
che non vuole fare?»

… A questo punto il padre non sa più cosa pensare e allora è il momento di
colpire duro. Lo guardi diritto negli occhi, e gli dici:

«Non è forse meglio che sua figlia impari ad avere dei rapporti d’amore…
anzichè imparare a far propria la moralità del primo uomo capace di
costringerla a fare ciò che lui vuole? I protettori fanno proprio questo».

Provate a trovare una via d’uscita. Non ce ne sono. Il suo cervello non
aveva più modo di tornare indietro al punto di prima. E lui non poteva più
comportarsi come un protettore. Non importa se si costringe qualcuno a fare
o a non fare qualcosa di “buono” o di “cattivo” che sia. È il fatto stesso
di costringerlo che gli inculca l’abitudine a farsi controllare in qualche
modo. Ma a questo punto il padre autoritario non sa più cosa fare. Ha smesso
di fare quel che faceva prima ma non ha niente da sostituirvi.

« Devo suggerirgli qualcosa da fare; potrebbe per esempio insegnare a sua
figlia qual è il modo in cui un uomo deve comportarsi nei confronti di una
donna. Perché allora, se l’esperienza che sua figlia vive con il suo ragazzo
è insoddisfacente, lei la interromperà.»

L’ho messo nel sacco. Sapete cosa significa? Adesso lui deve costruire una
solida relazione positiva con sua moglie, ed essere gentile con gli altri
membri della famiglia e fare in modo che sua figlia stia meglio con loro che
con quel tizio che le ronza intorno. Che ve ne sembra, come coazione? A me
sembra un ottimo procedimento.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *