Accardo alle figlie: “Con la musica si cresce”
Il violinista e direttore d’orchestra scrive alle sue gemelle. Una lettera con una riflessione
sull’insegnamento nelle scuole e l’importanza della pratica della musica d’insieme come educazione al rispetto reciproco
di Salvatore Accardo
Mie care gemelline Ines e Irene,
auguro anche a voi di crescere con la musica, felicemente come il vostro papà. La musica è
fondamentale per ogni essere umano e non si può vivere senza: un filosofo tedesco, Friedrich
Nietzsche, si spinse fino a scrivere che lesistenza, privata della musica, sarebbe un errore. È un
linguaggio dellanima che arriva dritto al cuore delle persone e ci circonda in ogni luogo e in ogni tempo.
Già da piccolissime avete trascorso ore serene sulle note di Mozart e di Ciaikovskij. Quando avete
compiuto tre anni, su vostra richiesta, io e la mamma vi abbiamo fatto trovare sotto lalbero di
Natale due violini per bambini. A me non importa se non vorrete diventare delle musiciste
professioniste. Quello che desidero è che la vostra educazione musicale sia seria, cosa che nel
nostro Paese è difficile da attuarsi. Anche mio padre Vincenzo, incisore di cammei a Torre del Greco
con la passione dellopera, nel lontano 1944, quando avevo tre anni, mi donò un violino per bambini
che acquistò con grandi sacrifici. La mamma ne fu assai contrariata: «Ma quanto lhai pagato?», gli
chiese, e lui: «Mah, poco, mille lire». «Mille lire? Ma tu sei pazzo». Perché mille lire, a quei
tempi, con la guerra e la povertà, erano un bel po di soldi. Ma con quel violino, con la musica, il mio sogno era divenuto realtà e il mio destino tracciato.
Ricordo che allora distinto suonai la malinconica colonna sonora dellepoca, quella della canzone
Lili Marleen, e mamma Ines pensò che la radio fosse accesa. Tutti furono meravigliati dalla mia
capacità di ripetere sul piccolo strumento le melodie che ascoltavamo in casa. Dopo aver imparato a
leggere la musica grazie a un amico di famiglia, che suonava la fisarmonica e il violino ai
matrimoni, venni affidato agli insegnamenti privati di Luigi DAmbrosio e a 11 anni fui ammesso al
Conservatorio di Napoli, dove mi diplomai nel 1956. Questo per dirvi quanto la musica, la famiglia e
un bravo insegnante sono stati fondamentali per la mia vita. Come potrebbero esserlo per la vostra.
Il talento per la musica è la premessa, ed è uno straordinario regalo che può essere sciupato da un
cattivo insegnante, da una famiglia inadeguata o da uno Stato che non fa la sua parte. Il professor
DAmbrosio è stato molto bravo a proteggere il mio. A chi lo rimproverava per leccessiva durezza
nei miei confronti rispondeva: non vi preoccupate, questo ragazzo ha il vulcano dentro. Più tardi,
capii che era stato severo con me e più indulgente con allievi meno dotati perché da me sapeva di
poter pretendere di più. Spero di poter essere anchio così con i miei giovani studenti. Per questo
non smetterò mai di sostenere le iniziative che incoraggiano lesperienza della musica fra i più
piccoli. È importante che nel nostro Paese si ricostruisca una educazione musicale di base. Perché
purtroppo sembra che da noi attualmente si diventi appassionati di musica solo per folgorazione
divina, per tradizione familiare o perché un amico un giorno ti porta a un concerto. Mai per educazione.
Il sogno della mia vita è che i giovani possano scegliere che musica ascoltare. Dopo averla
conosciuta tutta però: Mozart e Beethoven compresi. Alle mie figlie voglio dare la possibilità di
scegliere quale musica amare. Aveva ragione Leonard Bernstein quando affermava che non importa che
la musica sia classica, jazz o rock, limportante è che sia bella. Un universo da esplorare interamente, senza limitarsi a qualche pianeta.
La musica è anche dialogo. Per questo consiglio a tutti gli studenti di suonarne molta da camera:
così imparano che la libertà di uno strumentista deve tener conto di quella dellaltro. E per questo
non amo molto il direttore-dittatore. Chi va sul podio è un musicista che ha come strumento
lorchestra. Musicista fra musicisti, insomma. «Limportante è suonare insieme», come sosteneva
Carlo Maria Giulini, che quando doveva provare diceva: «Vado a fare musica con lorchestra». Un
dialogo a tutto tondo, anche con le partiture dei grandi capolavori musicali. Infatti unesecuzione
non sarà mai sempre la stessa, ma nel corso della nostra vita di interpreti evolverà, muterà, si
approfondirà. Questo deve avvenire, però, rispettando al massimo lautore della partitura. Perché il
talento e la tecnica da soli non bastano. Un esecutore deve sapersi mettere al servizio della
composizione avendo lumiltà di non sentirsi mai il protagonista assoluto della musica e di non
smettere mai né di studiare né di apprendere, tanto dai propri maestri che dai propri allievi. Il
momento in cui un musicista pensa che ormai ha raggiunto il massimo è meglio che smetta, perché vuol dire che non ha più niente da dire.
Vorrei citare il grande violinista David Oistrakh, che ebbi la fortuna di frequentare. Secondo lui
la tecnica bisogna possederla per poterla dimenticare. Ai giovani che vorrebbero imporre la loro
personalità su quella dellautore consiglio: tieni conto di quello che è scritto e raggiungerai
lesito interpretativo più ragguardevole. Se Brahms ha segnato sulla partitura di suonare forte,
non puoi eseguire piano: falseresti larchitettura, la struttura dellopera darte, lessenza del
suo messaggio. Questo rispetto del testo è tanto insito nella mia educazione e nella mia coscienza
che una volta, suonando il Concerto per violino e orchestra di Beethoven con Giulini, un artista per
il quale il testo del compositore era Vangelo, ebbi addirittura una visione: al posto del grande direttore, al mio fianco sul podio, mi parve di vedere lautore stesso.
Un amore e rispettoso dialogo che ho pure nei confronti dei miei preziosi violini. Considero che non
ne siamo i proprietari definitivi, ne siamo i depositari per un certo periodo e dobbiamo fare in
modo che suoneranno come sanno anche quando noi non ci saremo più. Dovranno arrivare nelle mani di
altri violinisti nelle stesse condizioni in cui li abbiamo ricevuti noi. Sono strumenti sensibili,
con una loro personalità: il legno con il quale sono costruiti vive, come la vernice che li ricopre, condizionando il suono.
Per fortuna, nella crisi imperante nuovi orizzonti per leducazione musicale arrivano da lontano.
Dal Venezuela. Apprezzo molto el Sistema di José Antonio Abreu, un metodo per la promozione
sociale dellinfanzia e della gioventù attraverso un percorso innovativo di didattica musicale.
Questo raffinato intellettuale ha infatti messo a punto un paradigma educativo e dal 1975 con il suo
lavoro ha salvato migliaia di bambini e ragazzi dalla strada e da tutte le sue brutture. Alla base
del sistema cè il principio per cui ogni bambino fin da piccolo inizia a studiare uno strumento.
Non importa quale, quello che conta è che la musica entri a far parte integrante dellistruzione di
base. Tutti crescono con la musica e formano delle orchestre, e da queste sono venuti fuori fior di
musicisti. Ora labbiamo importato in Italia. Ogni nazione, ogni Stato è diverso e non si può
copiare pari pari quello che fa un altro paese, bisogna adattarlo. Ma ciò che la nostra classe
dirigente dovrebbe capire è che la musica è importante dal punto di vista sociale perché arricchisce
chiunque lavvicini. Ed è anche terapeutica: Mozart e Vivaldi in alcuni casi sono quasi miracolosi,
quando vengono impiegati per curare chi è affetto dalla sindrome di Down o da autismo.
Concludo la mia lettera, care gemelline, con un invito alla speranza. Non dovete farvi condizionare
dal momento buio che stiamo attraversando. Se non chiudiamo gli occhi, se rimaniamo svegli e ci
diamo da fare ognuno con le armi che ha a disposizione, sono sicuro che ci lasceremo questa notte
alle spalle. Dovremo fare in modo che si creino le condizioni per una rinascita culturale. Noi
insegnanti e artisti ce la mettiamo tutta e secondo me bisogna lavorare proprio sui più giovani, per
fare in modo che apprendano. Che cambino questo percorso di crisi solo allapparenza ineluttabile.
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