ADATTARSI: rassegnazione o LIBERTA’?

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ADATTARSI: rassegnazione o LIBERTA’?

di Matthieu Ricard

Accade di trovarsi in discussioni che confrontano la necessità della militanza sociale, del darsi da
fare per i diritti umani con la più contemplativa posizione di chi coltiva l’osservazione della
mente. E viceversa. Questo intervento di un biologo molecolare che ha deciso di slittare la sua
osservazione dal microscopio da laboratorio al laboratorio della mente, fornisce un chiaro esempio
di una conversazione in cui si crea quel tipo di malinteso che vede chi pratica e promuove la
meditazione come una sorta di qualunquista passivo nei confronti della giustizia, indifferente alle
urgenze della comunità sociale.

Durante un recente dialogo con degli accademici del Nord America, ho menzionato
il fatto che educare la mente attraverso la meditazione aiuta le persone a vivere le situazioni
difficili
in modo diverso e a sviluppare le risorse interiori per affrontare gli alti e bassi della vita.

Alcuni di loro hanno arguito che promuovere un tale adattamento era una cosa molto pericolosa da
fare,
sarebbe come dire agli schiavi che lavorano duramente nelle cucine e ad altri popoli oppressi
che tutto ciò che dovrebbero fare è meditare e imparare a star contenti, piuttosto che chiedere
giustizia e la libertà dall’oppressione.

Sarebbe come incoraggiare chiunque sia oggetto di abuso
da parte di altri a coltivare la passiva rassegnazione.

Ovviamente c’è stato un significativo malinteso tra noi.

Acquisire la capacità interiore di confrontarsi con entrambe le circostanze, favorevoli e
sfavorevoli
della vita, con forza, fiducia e un certo grado di serenità è una grande risorsa.

In nessun caso ciò equivale all’impotente rassegnazione o a condonare l’ingiustizia.
Piuttosto, si evita di diventare uno schiavo due volte: uno schiavo degli altri e uno schiavo della
propria mente.

Naturalmente, dobbiamo lavorare instancabilmente verso il superamento dell’iniquità,
dell’oppressione e della trascuratezza, e sforzarsi di raggiungere la libertà esterna per se stessi
e gli altri.

Allo stesso tempo, è anche fondamentale acquisire la libertà interiore dagli stati mentali che ci
affliggono.
La forza interiore, a differenza della debolezza, è il modo migliore per sviluppare una
determinazione inflessibile
a cambiare anche le circostanze esterne, ogni volta che è possibile.

Qualcuno-a che è costantemente in balia della sua stessa mente rischia di essere facilmente
sopraffatto
da difficoltà interiori ed esteriori. A prescindere da quali siano le circostanze esterne,
è la mente che traduce tali circostanze, in felicità o miseria.

Evitare di essere devastati da eventi indesiderati non è sinonimo di rassegnazione.
Ben inteso, quest’atteggiamento non incoraggia nessuno a coltivare la passività:
ci risparmia semplicemente una doppia dose di sofferenza.

video
http://www.youtube.com/watch?v=Gh6B3L72sqM

Matthieu Ricard
Biologo molecolare, trent’anni fa Matthieu Ricard si è avvicinato al buddismo e ora vive in un
monastero in Nepal.
Attualmente è il più celebre ambasciatore del buddismo in Francia, il traduttore dal tibetano in
francese e inglese del Dalai Lama, il curatore della riedizione dei testi sacri tibetani medievali,
un autore di saggi best-seller e, ora, anche un romanziere.

Fonte:http://www.matthieuricard.org/en/index.php/blog/
Traduzione per scienzaeconoscenza.it di Elsa Masetti

da www.scienzaeconoscenza.it

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