Negli anni quaranta, Dennis Gabor, premio Nobel per la fisica, sviluppò una teoria matematica che
solo venti anni dopo, grazie allo sviluppo tecnologico, poté essere meglio esposta e compresa. Essa
infatti richiedeva linvenzione del laser, per apparire in tutta la sua strabiliante originalità.
Stiamo parlando di quella che potrebbe rivelarsi la scoperta più sconvolgente nella storia del
pensiero scientifico contemporaneo, la quale aprirebbe scenari e possibilità mai ipotizzate prima
dora. Nel 1982 spiega il Prof. Richard Boylan, un équipe di ricerca dellUniversità di Parigi,
diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante
esperimento del ventesimo secolo.
Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle
particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente luna con
l’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di dieci metri o di dieci
miliardi di chilometri. E come se ogni singola particella sapesse cosa stiano facendo tutte le
altre.
Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la
possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle
subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di
fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, lipotesi più accreditata è che lesperimento di
Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non
locale.
Nel suo libro La realtà quantistica, Nick Herbert afferma che la non-localizzazione delle
particelle spiegherebbe questa loro incredibile comunicazione non mediata né da campi né da nessun
altro fenomeno (proprio perché le loro influenze e i loro contatti avverrebbero allistante). Nessun
filosofo e nessuno scienziato avrebbe mai pensato che le categorie di spazio e tempo, si sarebbero
potute annullare così facilmente!
Nonostante ciò, le quattro forze fondamentali della natura (forza gravitazionale, forza
elettromagnetica, interazione nucleare forte e interazione nucleare debole), possono tranquillamente
essere descritte senza ricorrere ai concetti della non-localizzazione. Ma allora perché proporre
questa teoria? Semplicemente perché le spiega ancora meglio! Parlando della non-località applicata
alla forza gravitazionale: come fa la terra a sapere che io ci sono, per tirarmi verso il basso?!
Oppure riguardo allinterazione nucleare forte: perché un elettrone rimane intorno al nucleo
piuttosto che andarsene altrove? Cioè, come fanno a comunicare? Non solo
Il modello non-locale della realtà può addirittura condurre la fisica teorica verso quello che è
stato il principale obiettivo di Einstein: la definizione di una quinta forza, una superforza che
racchiuda e spieghi in sé tutte le altre interazioni della natura. Nel 1964 il fisico irlandese John
Stewart Bell, dimostrò leffettiva esistenza di un mondo non localizzato.
In una prova matematica confermata da diversi esperimenti, chiamata Teorema di Bell, egli dimostrò
che lipotesi secondo cui il mondo è intrinsecamente localizzato, è assolutamente errata. Se da
tempi antichi, se non antichissimi, questa teoria si dà per scontata (considerandola nemmeno come
tale ma come dato di fatto), per lo meno in ambito esoterico, ai giorni nostri sono veramente tanti,
e aumentano a vista docchio, gli studiosi coraggiosi e i ricercatori allavanguardia che cominciano
ad appoggiarla: pensiamo a Capra, Bateson, Prigogine, Laszlo, Jantsch, Talbot ecc.
Daltronde anche eminenti fisici quali Einstein, Pauli, Bohr, Schrödinger, Heisenberg e Hoppenheimer
non erano del tutto contrari ad una visione del mondo arricchita anche da una valenza prettamente
spirituale. Arrivare però a dire che la realtà è unillusione confermando quanto vanno dicendo da
millenni le tradizioni esoteriche, sia Occidentali sia Orientali, è veramente rivoluzionario. E
addirittura esageratamente oltraggioso, quasi ridicolo agli occhi di qualche scienziato legato a
modelli di comprensione tradizionali o forse verrebbe da dire superati se non fosse per la
levatura scientifica di colui il quale illustrò ancora più approfonditamente questa incredibile
scoperta.
Sto parlando ovviamente di David Bohm, già collaboratore di Einstein e Professore di fisica teorica
al Birbeck College di Londra. Da poco scomparso, e già fortemente rimpianto, Bohm, fu uno dei più
illustri scienziati dellera contemporanea. Costui, grazie al concetto di ologramma è riuscito a
spiegarci in termini scientifici che cosè il velo di maya di cui la filosofia indiana, ha sempre
parlato, illuminando gli occhi di chi ha orecchie attente. Dalle teorie di Bohm, si evince che le
energie elettromagnetiche e lintera realtà fisica, sono create dalla prodigiosa e magica natura
delle particelle subatomiche, le quali, incredibilmente, si presentano sotto il duplice aspetto di
particelle e di onde.
Ciò permette a tali particelle di rimanere in contatto e di venire quindi informate a vicenda,
indipendentemente dalla distanza che le separa, la quale dunque, a questo punto, è una pura
illusione. Le distanze quindi, servirebbero alla mente, per organizzare meglio i dati sensoriali
provenienti dal mondo esterno, esse però, tranne che nella costruzione di questo ordine mentale,
non esistono in realtà. In sostanza, secondo Bohm, le particelle non sono entità individuali ma
estensioni di uno stesso organismo, e il fatto che appaiano separate, deriva dalla nostra incapacità
di vedere la realtà nella sua interezza.
Noi vediamo solo la parte e non il tutto, non riuscendo dunque a capire che il tutto è la parte e la
parte è il tutto. Immaginiamo un acquario, al cui interno sta nuotando un pesce. Noi non vediamo il
pesce a occhio nudo ma solo grazie a due telecamere, una posizionata di fronte allacquario, laltra
di lato. Allapparenza sembrerebbero due entità separate, due pesci diversi, uno visto da davanti,
laltro di lato ma guardandoli meglio potremmo scoprire un legame interessante: quando uno si gira,
si gira anche laltro. Ignari dellesperimento, potremmo addirittura pensare che i due pesci
comunicano tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Il comportamento delle particelle
subatomiche è altrettanto misterioso, e non fa che accreditare lesistenza di un livello di realtà,
del quale noi non siamo minimamente consapevoli.
Grazie agli ologrammi prodotti dal laser, Bohm, in sostanza, è arrivato a scoprire che la minima
parte dellologramma di un oggetto contiene loggetto intero. Tutto ciò è assolutamente
sconvolgente. Se noi produciamo lologramma di una rosa e poi scomponiamo in piccolissime parti
quellologramma, non perderemmo mai loggetto nella sua interezza, pur avendolo più volte diviso!
Esso infatti è contenuto in ogni singola frammentazione, in ogni a questo punto apparente
divisione della rosa stessa. Karl Pribram, neurofisiologo dellUniversità di Stanford, ha avvalorato
ancora di più la natura olografica della realtà, grazie a numerosi studi condotti su ratti, a cui
veniva asportata una parte di cervello. Nonostante diverse e successive asportazioni infatti, i
ratti continuavano a conservare i ricordi, dei quali dunque, in seguito allesito degli esperimenti,
non si può più ammettere unesistenza localizzata. La stessa capacità umana di attingere
allistante, ad un qualsiasi ricordo, tra miliardi e miliardi di informazioni contenute nel nostro
cervello, non fa che avvalorare la non-localizzazione dei ricordi, e quindi la non catalogabilità
del tempo.
Queste importanti rivelazioni, di parte del mondo scientifico contemporaneo, che per chi ha
familiarità con l energia e le sue incredibili manifestazioni, non sono che lennesima conferma di
saggezze antiche, possono dunque dirigere il mondo intero verso una convivenza migliore. Se tutto è
connesso infatti, è assolutamente controproducente da parte di un essere, provocare il dolore o
addirittura la morte di un altro essere. Ad un livello profondo di realtà infatti, Bohm direbbe
implicito, è come far male a se stessi. Gli indiani parlavano di karma, ma ne parlavano già 3.500
anni fa. Dobbiamo aspettare ancora?
di Lucio Giuliodori
Fonte: egeneration.pg.it/egmag/it/node/696
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