Uno studio condotto sui topi indaga sulle proprietà analgesiche di alcuni suoni, che intervengono a
livello neurale riducendo la percezione del dolore nel cervello.
13 luglio 2022 – Chiara Guzzonato
Dagli anni Sessanta del secolo scorso sappiamo che la musica aiuta ad alleviare il dolore acuto e
cronico negli umani: quello che fino a oggi non era chiaro, però, era in che modo il cervello
provocasse questa analgesia, o riduzione del dolore. Ora uno studio condotto sui topi rivela che i
suoni a bassa intensità agiscono a livello neurale, riducendo l’attività dei neuroni che fanno
percepire il dolore nel talamo, una struttura del sistema nervoso centrale. La scoperta,
sottolineano i ricercatori, potrebbe aiutare a sviluppare in futuro nuovi metodi per ridurre il
dolore, più sicuri e meno invasivi di quelli attuali. I risultati delle sperimentazioni sono stati
pubblicati su Science.
L’ESPERIMENTO. Per ridurre il dolore delle zampe infiammate, gli studiosi hanno fatto ascoltare tre
tipi di suoni diversi a un gruppo di topi: un pezzo di musica classica, un arrangiamento sgradevole
dello stesso pezzo e rumore bianco (una sorta di fruscio costante). Sorprendentemente tutti e tre i
suoni, se riprodotti a bassa intensità rispetto al rumore di fondo (con un volume simile a un
sussurro) riducevano nei roditori la sensibilità al dolore.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, aumentare l’intensità dei suoni non sortiva alcun
effetto analgesico sui topi: «Ci ha stupito verificare che ciò che contava era l’intensità del
suono, e non la sua tipologia o il fatto che fosse gradevole o meno», sottolinea Yuanyuan Liu, uno
degli autori della ricerca.
Gli studiosi hanno poi indagato che cosa accadesse a livello neurale nel cervello dei roditori e
hanno visto che il suono veniva prima ricevuto ed elaborato nella corteccia uditiva, per poi passare
al talamo, una struttura che agisce come una sorta di stazione radio per la ricezione di segnali
sensoriali, tra cui il dolore. Nei topi, il rumore bianco riduceva l’attività dei neuroni che
ricevevano il segnale di dolore nel talamo, sortendo un effetto analgesico.
TOPI, NON UMANI. È importante ricordare che la sperimentazione è per ora stata condotta solo su
cavie animali, e che il cervello umano potrebbe funzionare in modo molto diverso: «Non sappiamo se
la musica ha un significato per i roditori, ma di certo per gli umani entrano in gioco diverse
componenti emozionali», sottolinea Liu. In futuro sarà importante capire se e in che modo la
scoperta si applica agli umani, e se alcuni aspetti, come la piacevolezza o l’armonia del suono,
influiscano nella riduzione del dolore.
it.wikipedia.org/wiki/Sistema_uditivo#Corteccia_uditiva_primaria
www.science.org/doi/10.1126/science.abn4663
it.wikipedia.org/wiki/Rumore_bianco
da focus.it
approfondimento:
www.amadeux.net/sublimen/dossier/noise_ed_effetti.html
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