27 marzo 2019
Le allucinazioni sono legate a una riduzione dell’attività della corteccia visiva, e non a una sua
iperattività, come finora pensato. L’allucinazione deriverebbe quindi da un eccesso di tentativi
delle aree cerebrali superiori di dare un’interpretazione agli input insufficienti che le
raggiungono
da lescienze.it/mente-e-cervello
Le allucinazioni visive potrebbero essere innescate da una riduzione dei segnali che i neuroni si
scambiano all’interno della corteccia visiva, e non, come si supponeva, da un loro aumento legato a
un’attività spontanea dei neuroni senza uno stimolo reale corrispondente.
A suggerirlo è uno studio condotto da ricercatori dell’Università dell’Oregon a Eugene che firmano
un articolo pubblicato su ” Cell Reports”. Se ulteriori ricerche confermeranno il risultato –
ottenuto su topi con tecniche invasive che non possono essere applicate agli esseri umani – sarà un
importante progresso nella comprensione delle basi neurologiche di disturbi come la schizofrenia,
che sono caratterizzati anche da allucinazioni.
L’uso di sostanze allucinogene per studiare i disturbi psichiatrici esordì negli anni quaranta del
secolo scorso, ma fu interrotto alla fine degli anni sessanta a causa della diffusione di quelle
sostanze a uso ricreativo e alla loro conseguente proibizione. Questo tipo di studi è quindi
ripreso, con cautela, solo in anni recenti.
Cristopher M. Niel e colleghi hanno somministrato a un gruppo di topi un farmaco che interferisce
con i recettori della serotonina 2A in modo analogo a quanto fanno LSD e la psilocibina e altri
farmaci allucinogeni. È noto inoltre, che questi recettori hanno un ruolo nella schizofrenia.
I ricercatori hanno quindi monitorato l’attività dei neuroni della corteccia visiva, osservando che
il farmaco provocava una riduzione dello scambio di informazioni fra i neuroni di quell’area, e di
conseguenza anche una riduzione delle comunicazioni inviate da quell’area alle regioni cerebrali
superiori a cui è collegata.
“Siamo rimasti sorpresi dalla scoperta, ma ha senso nel contesto dell’elaborazione visiva”, ha detto
Niel. “Capire ciò che sta accadendo nel mondo è una questione di equilibrio tra l’acquisizione di
informazioni e la nostra interpretazione di quelle informazioni. Se diamo troppo poco peso a quello
che succede intorno a noi [ossia agli stimoli reali], ma poi ci scateniamo in un eccesso di
interpretazione per dargli un senso, questo potrebbe portare ad allucinazioni.” Un esempio sono le
immagini vivide che spesso si vedono nei sogni anche se al cervello non arriva alcun segnale visivo.
I ricercatori osservano che questo risultato probabilmente non spiega del tutto le allucinazioni
visive, ma potrebbe rappresentare un tassello significativo per la loro comprensione. (red)
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