Uno studio che indaga i meccanismi di azione dei farmaci usati negli interventi rivela un paio di
elementi inaspettati: l’anestesia agisce attivando, e non inibendo, le cellule cerebrali, e
interagisce in modo inaspettato con gli ormoni che regolano le funzioni di base dell’organismo.
30 APRILE 2019 | ELISABETTA INTINI focus.it
La scoperta dell’anestesia generale 170 anni fa è una delle conquiste più importanti della storia
della medicina, ma come funziona, esattamente? La domanda non è banale: decenni di ricerche non sono
riusciti a chiarire l’esatto meccanismo di azione dei farmaci anestetici, limitandosi a ipotizzare
che riescano a inibire le normali attività del cervello, come quelle alla base del movimento o della
percezione del dolore.
Ora uno studio pubblicato su Neuron fornisce una parziale risposta a questa domanda. Secondo gli
scienziati della Duke University, che hanno studiato gli effetti di diversi farmaci anestetici di
comune utilizzo, l’anestesia generale ci “mette al tappeto” insinuandosi nel circuito neurale che
regola il sonno profondo.
Lo fa non inibendo, bensì attivando, un piccolo gruppo di neuroni che facilitano il rilascio di
ormoni regolatori delle funzioni corporee e dell’umore: è la prima volta che una ricerca sottolinea
il ruolo degli ormoni nel mantenerci addormentati durante gli interventi invasivi.
ATTIVARE PER… DISATTIVARE. I ricercatori hanno sviluppato la loro ipotesi osservando i pregiudizi
legati al sonno profondo, “fratello” dell’anestesia generale: a lungo considerato un momento di
attenuazione delle funzioni cerebrali, si è rivelato, nell’ultimo decennio, un processo molto più
attivo del previsto. Ci sono gruppi di neuroni che si attivano appositamente per guidarci tra le
braccia di Morfeo.
Per capire se lo stesso valesse per l’anestesia, gli scienziati hanno utilizzato marcatori
molecolari per capire quali neuroni si attivassero in topi addormentati con diversi farmaci
anestetici. Hanno osservato un’intensa attività dei neuroni del nucleo sopraottico, una regione
dell’ipotalamo che produce sostanze di tipo ormonale (come l’ormone vasopressina, dall’azione
antidiuretica) e le rilascia nel sangue.
SONNO A COMANDO. Questo gruppo di cellule che fa da ponte tra il sistema nervoso e quello endocrino
ha un ruolo importante nel sonno profondo.
Quando i ricercatori le hanno attivate chimicamente o con stimoli luminosi, i topi hanno interrotto
le loro attività e sono caduti in un sonno ad onde lente (quello da cui è più difficile destarsi,
comunemente associato con la perdita di coscienza). Quando questi neuroni sono stati disattivati, i
topi si sono mostrati irrequieti e incapaci di addormentarsi. Lo stesso è stato tentato sui roditori
sotto anestesia: attivando i neuroni del nucleo sopraottico lo stato di addormentamento indotto è
durato più a lungo; silenziando queste cellule, i topi si sono risvegliati più facilmente.
Manipolando questo circuito si potranno non solo mettere a punto farmaci anestetici con minori
effetti collaterali, ma anche sviluppare molecole efficaci per i disturbi del sonno: molti pazienti
con Alzheimer, per esempio, faticano a cadere nel sonno profondo, la cui assenza ha effetti
importanti sulle normali attività quotidiane.
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