Avatara 2
(di Annie Besant)
Quattro conferenze tenute al raduno del ventiquattresimo anniversario della Società Teosofica ad Adyar, Madras, dicembre 1899.
Contenuti:
Cos’è un Avatara
La Fonte e la necessità di Avatara
Alcuni Avatara Speciali
Shri Krishna
Titolo originale: ‘Avataras’
Traduzione italiana di Tancredi Marrone
(ISTITUTO CINTAMANI)
-Parte Seconda-
Ma perché – potreste chiedervi – non tutti gli Avatara sono di questo tipo, dato che, in verità, sono tutti del Signore Supremo? La risposta è che di Sua Propria Volontà, per la Sua propria Maya, Egli si nasconde entro i limiti che servono alle creature che è venuto ad aiutare. Ah, Egli è così diverso, questo Possente, da me e da voi! Quando parliamo con qualcuno che sa poco meno di noi, parliamo di tutto quello che sappiamo per mostrare la nostra cultura, espandendoci quanto più possiamo per stupire e far meravigliare la persona con cui parliamo; questo è perché siamo così piccoli che abbiamo paura che la nostra grandezza non venga riconosciuta, a meno che non ci facciamo più grandi in modo da poter stupire e, se è possibile, spaventare; ma quando arriva Colui che è veramente Grande, che è più possente di qualunque cosa Lui Stesso crei, Egli si rende piccolo per aiutare coloro che ama. E sapete, fratelli miei, che solo in proporzione alla quantità del Suo spirito che entra in noi, possiamo, nella nostra piccola misura, essere degli aiutanti nell’universo di cui Egli è la vita una; finché noi, con tutte le nostre azioni e le nostre parole, non ci immedesimiamo interiormente in un uomo che vogliamo aiutare, e sentire quello che sente, pensare ciò che pensa, conoscendo per il tempo in cui egli conosce, con tutte le sue limitazioni, anche se dopo potrebbero esserci altre conoscenze, non possiamo veramente aiutare; è questa la condizione di tutto, l’aiuto dato da un uomo a un altro uomo, poiché è l’unica condizione dell’aiuto che viene dato all’uomo da Dio Stesso.
E così negli altri Avatara, Egli limita Se Stesso per amore degli uomini. Prendete il grande re Shri Rama. Che cosa ha dimostrato? Lo kshattriya ideale, in ogni relazione della vita dello kshattriya; come figlio – perfetto come figlio, simile a un padre amorevole e ad una matrigna che a quel tempo era gelosa e cattiva. Ricordate quando la moglie del padre, che non era Sua madre, lo fece andare nella foresta alla vigilia della Sua incoronazione quale erede? La Sua dolce risposta fu: “Madre, io vado.” Perfetto come figlio. Perfetto come marito; se non avesse limitato Se Stesso di Sua Propria Volontà per mostrare che cosa dovrebbe essere un marito per una moglie, come poteva Egli, nella foresta, quando Sita2 era stata abbandonata da Ravana, aver mostrato rimorso, aver pronunciato le più devote lamentele, che hanno generato lacrime da migliaia di occhi, mentre Egli invocava le piante e gli alberi, gli animali e gli uccelli, Dio e gli uomini, per dirgli dove si trovasse Sua moglie, la Sua altra metà, la vita della Sua vita? Come poteva insegnare agli uomini cos’era una moglie nel cuore di un uomo a meno che non avesse limitato Se Stesso? La Divinità Onnipresente non avrebbe potuto cercare la Sua amata che era scomparsa. E poi come re; come re perfetto, visto che Egli era un figlio e un marito perfetto. Quando la priorità era il benessere dei suoi sudditi, quando bisognava pensare alla sicurezza del regno, quando Egli si ricordò che come re rappresentava Dio e doveva essere perfetto agli occhi dei Suoi sudditi, in modo che potessero dargli obbedienza e lealtà, poiché gli uomini possono obbedire solo a uno che riconoscono più grande di loro, allora persino Sua moglie era messa da parte; e Sita, l’immacolata e la sofferente, doveva superare la prova del fuoco per dimostrare che nessun peccato o contaminazione l’avevano macchiata per il tocco di Ravana, il Rakshasa. Poi, la richiesta che il marito, prima che il cuore gli fosse strappato, potesse ancora riabbracciare la moglie. Doveva presentarsi come una donna pura; e tutto questo, perché Egli era re e marito, e sul trono tra le persone onorate come divine deve esserci solo la purezza senza macchia, candida come neve. Questi limiti erano necessari in modo che un esempio perfetto potesse essere dato all’uomo, e l’uomo potesse imparare ad elevarsi imitando quelle virtù, rese piccole in modo che la sua piccola mano le potesse afferrare.
Arriviamo alla seconda grande classe di manifestazioni alle quali ho alluso all’inizio, riunite sotto il grande termine di Avesha. In quel caso non è un uomo che in passati universi è salito ed è diventato un tutt’uno con Ishvara; ma è un uomo che si è elevato a un punto tale da diventare così grande, così perfetto nella sua umanità, e così pieno di amore e devozione per Dio e gli uomini, che Dio può permearlo con una parte della Sua influenza, del Suo potere, della Sua conoscenza, e mandarlo nel mondo come una manifestazione sovrumana di Sé. L’ego individuale rimane; è questa la grande differenza. L’uomo è lì, sebbene il potere che è in funzione sia il Dio manifestato. Dunque la manifestazione sarà colorata dalle caratteristiche speciali di colui che riceve questo adombramento; e voi potrete rintracciare i pensieri di questo istruttore ispirato, le caratteristiche della razza, dell’individuo, di quel tipo di conoscenza che appartiene a quell’uomo nell’incarnazione in cui l’adombramento avviene. È questa la differenza fondamentale.
Ma qui arriviamo subito a dei gradi infiniti, a varietà infinite, e in fondo alla scala dell’evoluzione sempre più bassa possiamo camminare passo per passo fino a quando arriviamo ai livelli inferiori che chiamiamo ispirazione. Nel caso di un Avesha continua di solito attraverso una gran parte della vita, l’ultima parte, di regola, ed è raramente ritirata. L’ispirazione, come vien compresa in senso generale, è qualcosa di più parziale, più temporanea. Il potere divino scende verso il basso, illumina e irradia l’uomo per un istante, e in quel momento egli parla con autorità, con conoscenza, che nel suo stato normale sarebbe stato probabilmente incapace di comprendere. Tali sono i profeti che hanno illuminato il mondo Era dopo Era, tali erano nei tempi passati i brahmani che rappresentavano la voce di Dio. Poi, in verità, per distinzione io non intendevo la distinzione fra il sacerdote e il profeta; erano tutti e due uniti dall’illuminazione, e l’insegnamento di un prete e la predica di un profeta correvano sulla stessa linea e portavano la medesima grande verità. Ma nei tempi successivi la distinzione emerse in seguito al fallimento del sacerdozio, quando il sacerdote si dedicava a denaro, fama e potere, tutte cose con cui dovrebbero avere a che fare solo le anime giovani – giocattoli mondani con cui i neonati umani giocano, e sono saggi nel farlo, poiché con essi crescono. Poi i preti diventarono formali, i profeti furono sempre più rari, fino a quando il concetto di ispirazione venne concepito come una cosa del passato, come se Dio o l’uomo si fossero alterati, l’uomo non più divino nella sua natura, Dio che non voleva più parlare agli uomini. Ma l’ispirazione è un dato di fatto in tutte le sue fasi, e va molto più in là di quanto crediate. L’ispirazione dei profeti, spiritualmente potente e convincente, è necessaria, ed essi vengono al mondo per dare un nuovo impulso alla verità spirituale. Ma c’è un’ispirazione generale che chiunque può condividere, chiunque s’impegni a dimostrare la vita divina da cui non è escluso nessun figlio dell’uomo, poiché ogni figlio dell’uomo è il figlio di Dio. Siete mai stati attirati per un momento in regni più alti, pieni di pace, quando avete incontrato qualcosa del bello, dell’arte, delle meraviglie della scienza, della grandezza della filosofia? Avete per un po’ perso di vista la piccolezza della terra, i problemi triviali, le piccole preoccupazioni e fastidi, e vi siete sentiti sollevati in una regione più calma, in una luce che non è quella della terra? Vi siete mia trovati di fronte a un quadro meraviglioso in cui la tavolozza del pittore ha illuminato la tela con tutte le sfumature dei magnifici colori che l’arte può dare alla vista umana? O avete visto in qualche meravigliosa scultura le aggraziate curve che lo scalpello ha liberato dalla durezza del marmo? O siete rimasti ad ascoltare, mentre l’incantesimo divino della musica vi ha innalzati, passo per passo, fino a quando non vi è sembrato di sentir cantare i Gandharva e quasi il suono del flauto divino riecheggiare nel modo inferiore? O siete stati sul picco di una montagna innevata e avete provato la grandiosità della natura immobile che mostra Dio come anche lo spirito umano? Ah, se avete conosciuto uno qualsiasi di quei luoghi di pace nel deserto della vita, allora saprete com’è onnipotente e diffusa l’ispirazione; come sono meravigliosi la bellezza e il potere di Dio mostrati negli uomini e nel mondo; poi saprete, se non l’avete mai saputo, la verità della grande proclamazione di Shri Krishna, l’Amato: “Qualunque cosa sia regale, buona, bella e possente, dovete capire che emana dal Mio Splendore” (Bhagavad Gita, X. 41); è tutto un riflesso di tejas (splendore, radiosità) che è Suo e solamente Suo. Come non c’è moralità nell’universo
senza il Suo amore e vita, così non c’è bellezza se non la Sua bellezza, che è un raggio dell’illimitabile splendore, un piccolo raggio dall’infallibile fonte della vita.
SECONDA CONFERENZA
La Fonte e la necessità di Avatara
Fratelli, vi ricordate come ieri, nel dividere l’argomento in diversi fasi, ho esposto certe questioni che discuteremo con ordine. Ieri abbiamo trattato la questione: “Cos’è un Avatara?” La seconda domanda cui proveremo a rispondere, “Qual’è la Fonte degli Avatara?” è una domanda che ci conduce in profondità nei misteri del cosmo ed ha bisogno almeno di uno schema della crescita cosmica e dell’evoluzione, in modo da dare una risposta intellegibile. Spero di poter trattare oggi anche la prossima questione: “Come nasce il bisogno degli Avatara?” Questo lo lasceremo come argomento di domani sugli Avatara speciali; e se è possibile, durante il discorso di domani cercherò di trattare nove degli Avatara che fanno parte dei dieci riconosciuti, poiché stanno fuori dalle altre manifestazioni del Supremo. Poi, se sarò riuscita ad esaurire quell’argomento, avremo ancora una mattinata, e propongo di dedicarla per intero allo studio del più grande degli Avatara, il Signore Shri Krishna in Persona, sforzandoci, se possibile, di evidenziare le grandi caratteristiche della Sua vita e del Suo lavoro, ed eventualmente trovare e rispondere ad alcune obiezioni degli ignoranti che, specialmente in questi ultimi tempi, sono stati sollevate contro di Lui da persone che non sanno niente della Sua natura, niente dell’imponente lavoro che Egli ha svolto per il mondo.
Inizieremo il lavoro di oggi cercando una risposta alla domanda, “Qual è la fonte degli Avatara?” Ed è probabile che seguirò una linea di pensiero in qualche modo diversa, che ci riporta effettivamente al di fuori delle linee ordinarie di studio che trattano maggiormente l’evoluzione dell’uomo, la sua natura spirituale, e a quei tempi lontani, per noi quasi incomprensibili, quando il nostro universo si stava manifestando, quando venivano poste le sue fondamenta. Per la domanda, comunque, la risposta in se stessa è facile. Tutte le religioni – incluse le più grandi religioni del mondo – ammettono le incarnazioni divine, e riconoscono che la fonte degli Avatara, la fonte delle incarnazioni Divine, è la seconda, o la manifestazione di mezzo della sacra Triade. Non importa se con gli induisti parliamo della Trimurti, o con i cristiani parliamo della Trinità, l’idea di base è unica e medesima. Prendendo per il momento la simbologia cristiana, troveremo che ogni cristiano vi dirà che c’è un’unica incarnazione riconosciuta dalla Cristianità – poiché i cristiani credono solo in un’unica incarnazione speciale – e troveremo che nella loro nomenclatura l’incarnazione divina o Avatara è quella della seconda persona della Trinità. Nessun cristiano vi dirà che c’è stata un’incarnazione della terza persona della Trinità, lo Spirito Santo, lo Spirito della Saggezza, dell’intelligenza creativa che ha costruito i materiali del mondo. Ma diranno sempre che fu la seconda persona, il Figlio, che prese forma umana, che è apparso sotto sembianze umane, che si è manifestato come uomo per la salvezza del mondo. E se analizzate cosa che s’intende con quella frase, ciò che per la mente del cristiano s’intende per la seconda persona della Trinità – ricordate che quando si tratta di una religione che non è la propria bisognerebbe attenersi al pensiero non alla forma, bisognerebbe guardare l’idea non l’etichetta, perché i pensieri sono universali mentre le forme dividono, le idee sono identiche mentre le etichette sono punti di separazione – se cercate il pensiero nascosto scoprirete che è questo: la caratteristica della seconda persona della Trinità è la dualità; in più, Egli è la vita occulta del mondo; per il Suo potere i mondi sono stati creati, e sono sostenuti, supportati e protetti. Mentre lo Spirito della Saggezza viene definito come lo Spirito che porta ordine nel disordine, il cosmo fuori dal caos, scoprirete che è tramite la Parola manifestata di Dio, o la seconda persona della Trinità, e tramite Lui, che tutte le forme sono costruite in questo mondo; ed è in particolar modo a Sua immagine che è fatto l’uomo.
Per cui, quando ci rivolgiamo a ciò che è più familiare alla maggior parte di voi, la simbologia dell’induismo, scoprirete che tutti gli Avatara hanno la loro origine in Vishnu, in Colui che pervade tutto l’universo, come implica il nome stesso di Vishnu, che è il Reggitore, il Protettore, il Pervasivo, la Vita Onnipresente per cui l’universo si tiene unito, e da cui è retto. Ciò che rende i nomi della Trimurti così familiari a tutti noi – non i nomi filosofici Sat, Chit, Ananda, quei nomi che nella filosofia mostrano gli attributi del Supremo Brahman – rendendo l’idea concreta, abbiamo Mahadeva o Shiva, Vishnu, e Brahma: tre nomi, proprio come nell’altra religione abbiamo tre nomi, ma accade la stessa cosa, cioè è quello centrale o mediano dei tre che è la fonte degli Avatara. Non è mai esistito un Avatara diretto di Mahadeva, o di Shiva Stesso. Apparizioni? Sì.
Manifestazioni? Sì. Venendo con una forma per uno scopo speciale necessario in quella forma? Oh sì. Prendete il Mahabharata, e ve Lo troverete apparire in forma di cacciatore, il Kirata, per saggiare l’intuizione di Arjuna, e lottare con lui per scoprirne la forza, il coraggio, e infine la sua devozione a Se Stesso. Ma questa è una semplice forma presa per un obiettivo e abbandonata nel momento in cui l’obiettivo è stato raggiunto; quasi, potremmo dire, una mera illusione, prodotta per servire uno scopo speciale e poi gettata via appena è stato raggiunto lo scopo al quale era servita. Ancora e ancora si troveranno queste apparizioni di Mahadeva. Potrete ricordare una bellissima storia, in cui Egli compare nella forma di Chandala (un fuori casta, paragonabile ad un intoccabile) all’entrata della sua città, Kashi, quando un uomo che era particolarmente adombrato da una manifestazione di Se Stesso, Shri Shankaracharya, stava arrivando con i suoi discepoli alla città sacra. Travestendosi da fuori casta – per Lui tutte le forme sono uguali, le differenze umane sono come i granelli di sabbia che scompaiono di fronte alla maestosità della Sua grandezza – Egli si rotolò nella polvere davanti al portale, in modo che il grande insegnante non potesse passare senza toccarlo; ed egli disse al Chandala di scansarsi in modo che un brahmino potesse passare senza sporcarsi al tocco di un fuori casta. Allora il Signore, parlando attraverso la forma che Egli aveva scelto, rimproverò colui che il Suo potere adombrava, facendogli domande a cui non poteva rispondere, stemperando dunque il suo orgoglio e insegnandogli l’umiltà. Tali forme Egli le ha effettivamente prese, ma queste non sono ciò che si potrebbero chiamare Avatara; semplici forme di passaggio, non manifestazioni sulla terra dove una vita viene vissuta e un grande dramma è recitato. Così è per Brahma; Egli è anche comparso di tanto in tanto, si è manifestato per alcuni motivi speciali; ma non c’è alcun Avatara di Brahma, di cui possiamo parlare con quel termine definito e ben compreso.
Per questo motivo ci dev’essere dunque una ragione. Perché non troviamo la fonte degli Avatara allo stesso modo in tutte queste grandi manifestazioni divine? Perché si manifestano solo da un aspetto, l’aspetto di Vishnu? Non serve ricordarvi che esiste un solo Sé, e questi nomi che usiamo sono i nomi degli aspetti manifestati dal Supremo; non dobbiamo separarli così tanto da perdere di vista la loro unità di fondo. Ricordate come, quando un devoto di Vishnu ebbe un sentimento nel suo cuore contro un devoto di Mahadeva, mentre si inchinava di fronte ad un’immagine di Hari, il volto dell’immagine si divise in due, e Shiva o Hara comparve su un lato e Vishnu o Hari comparve sull’altro, e i due, sorridendo come un solo volto verso il devoto bigotto, gli dissero che Mahadeva e Vishnu erano la stessa cosa. Ma nelle Loro funzioni nasce la divisione; si manifestano come su linee diverse, nel cosmo e per aiutare l’uomo; non per Lui ma per noi esistono queste linee di apparente divisione.
Prendendola dunque in esame, saremo in grado di trovare la risposta alla nostra domanda, non solo chi è la fonte degli Avatara, ma il perché Vishnu ne è la fonte. Ed è qui che arrivo alla parte non familiare sulla quale dovrò richiedervi uno sforzo particolare di attenzione riguardo la costruzione dell’universo. Ora, non sto utilizzando il termine “universo” nel senso del nostro sistema solare. Ci sono molti altri sistemi, ognuno completo in sé e quindi
correttamente definito come un cosmo, un universo. Ma ciascuno di questi sistemi è a sua volta parte di un sistema più potente, e il nostro sole, il centro del nostro sistema, anche se in verità potrebbe essere la manifestazione fisica di Ishvara Stesso, non è l’unico sole. Se guardate attraverso i vasti campi dello spazio, vi sono miriadi di soli, ognuno al centro del suo sistema, del suo universo; e il nostro sole, supremo per noi, non è altro, in se stesso, che un pianeta in un sistema più vasto, con la sua orbita curvata attorno ad un sole più grande di lui. Così a sua volta quel sole, attorno al quale il nostro sole sta girando, è un pianeta per un sole ancora più grande, ed ogni serie di sistemi a sua volta gira attorno ad un sole ancora più centrale, e così via Ð non sappiamo quanto si possa estendere la catena che per noi è infinita: perché, chi è capace di immergersi nelle profondità o nelle altezze dello spazio, o trovare una circonferenza manifesta che includi tutti gli universi? No, noi diciamo che sono di numero illimitato, e che non esiste limite alle manifestazioni della Vita una.
Ora ciò è vero fisicamente. Guardate all’universo fisico con l’occhio dello spirito, e ci vedrete un’immagine dell’universo spirituale. Una grande parola è stata pronunciata da uno dei Maestri o Rishi, che nella società onoriamo, e i cui insegnamenti seguiamo. Parlando con uno dei Suoi discepoli, o allievi, Lo rimproverò, perché Egli disse, con parole che non devono mai essere dimenticare da coloro che le leggono: “Voi guardate sempre alle cose dello spirito con gli occhi del corpo. Ciò che dovete fare è guardare alle cose del corpo con gli occhi dello spirito.” Dunque, cosa significa questo? Significa che invece di cercare di degradare lo spirituale e di limitarlo
all’interno degli angusti spazi fisici, e di definire lo spirituale come inesistente perché il cervello umano è incapace di afferrarlo, dovremmo guardare all’universo fisico con maggiore profondità e vedere in esso l’immagine, l’ombra, il riflesso del mondo spirituale, e imparare le verità spirituali studiandone le immagini esistenti nel mondo fisico attorno a noi. Il mondo fisico è più facile da afferrare. Non pensiate che il mondo spirituale sia modellato su quello fisico; il fisico è fondamentalmente modellato su quello spirituale, e se guardate a quello fisico con gli occhi dello spirito, scoprite che è l’immagine dell’alto, e allora potete afferrare la verità più elevata studiando i deboli riflessi che vedete nel mondo intorno a voi. Ecco ciò che vi chiedo di fare adesso. Proprio come avete un sole e i vostri soli, molti universi, ognuno parte di un sistema più grande di se stesso, così nell’universo spirituale esiste una gerarchia oltre la gerarchia delle intelligenze spirituali che sono come i soli del mondo spirituale. Il nostro sistema fisico trova il suo centro nella grande Intelligenza spirituale manifesta quale Trinità, l’Ishvara di quel sistema. Poi, oltre Lui esiste un Ishvara ancora più potente circondato da Coloro che sono al livello dell’Ishvara del nostro sistema e che Lo considerano la Loro vita centrale. E oltre Lui ancora un altro, e oltre Questo altri e altri ancora; e come gli universi fisici vanno al di là del nostro pensiero, così anche la gerarchia spirituale si estende oltre il nostro pensiero; e accecati e abbagliati dallo splendore, ritorniamo alla terra, come Arjuna venne accecato quando la forma Vaishnava brillò su di lui, e noi gridiamo “Oh! Mostraci di nuovo la Tua forma limitata in modo che la possiamo conoscere e vivere tramite essa. Non siamo ancora pronti per le manifestazioni più potenti. Siamo accecati, non aiutati, da tale luce di splendore divino.”
E così troviamo che se vogliamo imparare dobbiamo limitarci Ð no, dobbiamo invece cercare di espanderci Ð ai limiti del nostro sistema. Perché? Ho incontrato persone che non sanno afferrare questo piccolo mondo, questo granello di polvere in cui vivono, che non possono accontentarsi, se non rispondendo alle domande sull’Esistenza Una, il Para-Brahma, che i saggi riveriscono in silenzio non osando parlare neanche con la mente illuminata che conosce la vita nirvanica e che si è espansa alla coscienza nirvanica. Più l’uomo è ignorante, più pensa di poter capire. Meno comprende, più gli rincresce che gli venga detto che vi sono certe cose al di là della sua comprensione, esistenze così complesse e così possenti che non può neanche immaginare il più basso degli attributi che le definiscono. E parlo anche per me stessa, ritenendomi ignorante, sapendo che molte vite devono passare prima che possa pensare di trattare questi profondi problemi. Alcune volte misuro l’ignoranza di chi fa domande in base alle domande stesse che fa, come sulle esistenze ultime, e quando vuol sapere come si chiama l’origine primaria, io so che non ha neanche afferrato un millesimo della parte dell’origine da cui è nato. Di conseguenza, vi dico francamente che Questi Esseri Possenti che noi veneriamo sono gli Dei del nostro sistema, oltre di Essi si estendono Quelli ancora più Possenti, che forse miriadi di kalpa prima noi potremmo aver cominciato a conoscere e a venerare.
Confiniamoci a questo sistema e accontentiamoci di poter catturare qualche raggio che ci illumini; Vishnu ha le sue funzioni, come anche Brahma e Mahadeva. Il primo lavoro in questo sistema vien fatto con il terzo dei Grandi della Trimurti, Brahma, come tutti ben sapete, dato che avete letto che la forza Intelligente di creazione si manifestò come la terza delle manifestazioni divine. Non m’importa quale simbologia seguiate; forse vi sarà più familiare quella del Vishnu Purana, in cui il Vishnu immanifesto è sotto le acque, e sta per il primo della Trimurti, poi il Loto, che sta per il secondo, e il Loto aperto che mostra Brahma, il terzo aspetto, la Mente creativa. Ricorderete che il lavoro di creazione è iniziato con la Sua attività. Quando studiamo dal punto di vista occulto in cosa consistesse quell’attività, scopriamo che consisteva nell’impregnare la Sua vita nella materia del sistema solare, che Egli ha dato la Sua vita per costruire, forma dopo forma, l’atomo, per fare le grandi divisioni del cosmo; che egli ha formato, uno dietro l’altro, i cinque tipi di materia. Lavorando con la Sua mente – Egli viene qualche volta definito come Mahat, la Grande Intelligenza – ha creato uno dopo l’altro i Tattva. I Tattva, come ricorderete dall’anno scorso, sono i fondamenti dell’atomo, e attualmente ne sono manifestati cinque. È questo il Suo lavoro speciale. Poi Egli medita, e le forme – come pensieri – si manifestano. Lì, si può dire, finisce il Suo lavoro manifesto, anche se Egli sostiene sempre la vita di un atomo. Per quello che riguarda il lavoro del cosmo, Egli dà il via alla prossima delle grandi forze che ora deve cominciare a operare, la forza di Vishnu. Il Suo lavoro è di raccogliere insieme quella materia che è stata strutturata, modellata, preparata, vivificata, e costruirla in forme definite dopo le idee creative scaturite dalla meditazione di Brahma. Egli dà alla materia una forza di unione, Egli le dà quelle energie che tengono unita la forma. Non esiste alcuna forma senza di Lui, sia che si muova sia che resti immobile. Quante volte Shri Krishna, parlando del supremo Vishnu, enfatizza questo fatto! Egli è la vita in ogni forma: senza di Lui la forma non potrebbe esistere, tornerebbe ai suoi elementi primordiali e non esisterebbe più come forma. Egli è la vita onnipresente; il “Reggitore dell’Universo” è uno dei suoi nomi. Mahadeva ha una funzione diversa nell’universo: soprattutto è il grande Yogi; in modo speciale è il grande insegnante, il Mahaguru. Egli qualche volta viene chiamato Jagatguru, il maestro del mondo. Di volta in volta ancora – per fare un esempio
comparativamente moderno, come il Gurugita – Lo ritroviamo quale Insegnante, a cui Parvati va a chiedere istruzioni sulla natura del Guru. È Lui che definisce il lavoro del Guru, è Lui che ispira l’insegnamento del Guru. Ogni Guru sulla terra è un riflesso di Mahadeva, ed è alla Sua vita che è dato l’incarico di emettere il mondo. E’ lo Yogi immerso in contemplazione, prendendo sempre la forma ascetica – che segna la Sua funzione. I simboli con cui gli Esseri Possenti vengono mostrati negli insegnamenti non sono senza senso, ma sono ricolmi dei significati più profondi. E quando Lo vedete rappresentato come lo Yogi eterno con la corda nella Sua mano, seduto come un asceta in contemplazione, vuol dire che Egli è il supremo ideale della vita ascetica, e che gli uomini che si trovano in particolar modo sotto la Sua influenza devono lasciare la casa, la famiglia, i legami normali dell’evoluzione, e darsi completamente ad una vita di ascetismo, ad una vita di rinuncia, da condividere, anche se debolmente, con quel possente yoga con cui l’universo viene mantenuto in vita.
Egli allora non si manifesta come Avatara, ma tali manifestazioni provengono da Lui che è Dio, lo Spirito dell’evoluzione che si sviluppa in tutte le forme. Ecco perché da Vishnu vengono tutti questi Avatara. Perché è Lui, con il Suo amore infinito, a dimorare in ogni forma che ha creato; con pazienza che niente può esaurire, con amore che nessuno può estinguere, con calma, con distaccata resistenza che nessuna follia umana può smuovere dalla sua pace eterna. Egli vive in ogni forma, scolpendola in base al modello che essa dovrà esternare, plasmandola, seguendo il Suo impulso, vincolando Se Stesso, limitando Se Stesso in modo che il Suo universo possa crescere, signore della vita eterna e della gioia, dimorante in ogni forma. Se comprenderete questo, non sarà difficile dire perché gli Avatara provengono solo da Lui. Chi altri dovrebbe prendere forma se non Colui che crea la forma? Chi altri dovrebbe lavorare con amore infinito, a parte Lui che, mentre l’universo esiste, vincola Se Stesso in modo che l’universo possa vivere e infine condividere la Sua libertà? Egli vincola Se Stesso in modo che l’universo possa essere libero. Chi altro si dovrebbe manifestare quando si manifestano necessità speciali?
Ed Egli genera i grandi tipi. Lasciate che vi rammenti del
Shrimad-Bhagavata, dove in nel terzo capitolo del Libro I viene data una lunga lista delle forme che prese Vishnu. Non solo i grandi Avatara, ma anche numerosi altri. Si dice che Egli sia comparso come Nara e Narayana, si dice che Egli sia comparso come Kapila. Prese anche forme femminili, e così via, e viene riportata una lunga lista di forme che Egli ha assunto. Leggendo il Mahabarata troviamo un passo molto illuminante, in cui Lo vediamo nella forma di Shri Krishna che spiega una profonda verità ad Arjuna. Egli puntualizza la legge di queste apparizioni: “Quando, o figlio di Pritha, vivo nel modo delle divinità, allora agisco in ogni modo come una divinità. Quando vivo tra i Gandharva, allora agisco sotto ogni aspetto come un Gandharva. Quando vivo tra i Naga, agisco come un Naga. Quando vivo come gli Yaksha, o come i Rakshasa, agisco in accordo con quell’ordine. Nato adesso come essere umano, devo agire come un essere umano.” Una grande verità, una verità che pochi in questi tempi moderni riconoscono. Ogni tipo in quest’universo è buono; ogni tipo in quest’universo ha il suo posto, è necessario. Non esiste altra vita se non la Sua vita; come potrebbe qualunque cosa esistere separata dalla vita universale, senza la quale nulla può esistere?
Parliamo di forme buone e cattive che, giustamente, riguardano la nostra evoluzione. Ma dal punto di vista più ampio del cosmo, il bene e il male sono termini relativi, e ogni cosa è bella agli occhi del Supremo che vive in ciascuno di noi. Come può venire in esistenza un tipo in cui Lui non possa vivere? Come può una qualsiasi cosa vivere e muoversi, se non ha la sua essenza in Lui? Ogni tipo ha il suo lavoro, ogni tipo ha il suo posto: il tipo Rakshasa quanto il Deva, così come il tipo Asura quanto il Sura. Lasciate che vi dia un piccolo esempio curioso, che comunque ha un certo effetto visivo. Volete spostare un palo che si trova su di un perno, come una montagna che fa ribollire il mare, un palo con i suoi due lati, chiamiamoli positivo e negativo. Il lato positivo, diciamo, viene spinto nella direzione del fiume (il fiume che scorre oltre a lato della nostra sala ad Adyar). Il lato negativo viene spinto in quella opposta. E quelli che lo stanno spingendo hanno le loro facce girate nella direzione opposta. Un uomo guarda il fiume, l’altro gli volge la schiena, guardando nella direzione opposta. Ma il palo gira in un’unica direzione anche se loro lo spingono in direzioni opposte. Lavorano attorno allo stesso cerchio, e il palo va sempre più veloce perché viene spinto dai due lati. Ecco l’immagine dell’universo. La forza positiva che chiamate Deva o Sura; il suo volto è girato, sembra, verso Dio. La forza negativa che chiamate Rakshasa o Asura; il suo viso sembra rivolto lontano da Dio. Ah no! Dio è ovunque, in ogni luogo del cerchio attorno a cui
camminano; e loro seguono il Suo cerchio e fanno la Sua volontà e null’altro; poiché tutto infine trova riposo e pace in Lui.
Di conseguenza, Shri Krishna stesso può incarnarsi nella forma di Rakshasa, e quando si troverà in quella forma Egli agirà come Rakshasa e non come Deva, facendo quella parte del lavoro divino con la stessa perfezione con cui fa l’altra, che gli uomini nella loro visione limitata chiamano il bene. Una grande verità difficile da afferrare. Dovrò ritornarci in questa sede parlando di Ravana, uno dei più potenti, forse il più potente di tutti i Rakshasa. E poi vedremo, se potremo seguirla, come funziona la verità profonda. Ma se nelle menti di alcuni di voi c’è esitazione nell’accettare le parole che leggo, ricordate che non sono mie, ma quelle del Signore che ha parlato della Sua propria incarnazione; Egli ha lasciato la Sua testimonianza perché voi apprendiate che Egli si è incarnato nella forma di Rakshasa ed ha agito secondo la convenzione di quell’ordine.
Tralasciando per un istante l’argomento, c’è un altro punto importante di cui devo parlare, sempre a riguardo della necessità di Avatara, ed è questo: quando si sono manifestate le grandi Divinità centrali, da Loro poi nacquero sette Divinità che potremmo chiamare il secondo ordine. In Teosofia se ne parla come dei Logoi planetari, per distinguerli dai grandi Logoi solari, la Vita centrale. Ognuno di Essi ha a che fare con uno dei sette pianeti sacri e con la catena dei mondi connessa con quel pianeta. Il nostro mondo è uno degli anelli della catena, ed io e voi passiamo attorno a questa catena nelle successive incarnazioni durante le grandi fasi della vita. Il mondo – il nostro mondo attuale – è il globo mediano di una tale catena. Un Logos del secondo ordine presiede sull’evoluzione di questa catena di mondi. Egli mostra tre aspetti, riflessi dei grandi Logoi che si trovano al centro del nostro sistema. Avete forse letto del loto dai sette petali, il Saptaparnapadma; guardato con la vista superiore, osservato con la visione aperta del veggente, il possente gruppo di Entità creative e dirigenti sembra come un loto dai sette petali, e i Grandi si trovano nel cuore del loto. é come se voi poteste vedere un immenso fiore di loto espanso nello spazio, in cui le punte delle sette foglie sono le possenti Intelligenze che presiedono
all’evoluzione delle catene di mondi. Questo simbolo del loto non è un semplice simbolo ma una grande realtà, com’è vista in quel
meraviglioso mondo dal quale il simbolo è stato preso dai saggi. I grandi Rishi antichi videro con l’occhio aperto della conoscenza, videro il fiore di loto aperto nello spazio, e lo presero a simbolo del cosmo, il loto dai sette petali, ciascuno dei quali è un potente Deva che presiede ad una linea separata di evoluzione. Siamo principalmente in rapporto con il nostro Deva planetario e, attraverso di Lui, con i grandi Deva del sistema solare.
Ora, il motivo per cui l’ho specificato è per spiegare una parola che ha confuso molti studenti. Mahavishnu, il grande Vishnu, perché quest’appellativo? Cosa si vuol dire quando si usa questa frase? Vuol dire il grande Logos solare, Vishnu nella Sua essenza naturale: ma c’è un riflesso della Sua gloria, un riflesso del Suo potere, del Suo amore, in una connessione più immediata con noi e il nostro mondo. Egli è il Suo rappresentante, come un viceré può rappresentare il re. Alcuni degli Avatara che troveremo provennero da Mahavishnu attraverso il Logos planetario, che è interessato alla nostra evoluzione e all’evoluzione del mondo. Ma il Purnavatara di cui ho parlato ieri è emanato direttamente da Mahavishnu, con nessun intermediario tra Se Stesso e il mondo che Lui va ad aiutare. Ecco un’altra distinzione tra il Purnavatara e quelli più limitati, che ieri non potevo menzionare, perché le parole usate, in quel momento, non sarebbero state comprese. Scopriremo domani, quando tratteremo degli Avatara Matsya, Kurma, e così via, che questi Avatara speciali, connessi con l’evoluzione di alcuni tipi in questo mondo, mentre indirettamente emanano da MahaVishnu, vengono tuttavia attraverso la mediazione del Suo possente rappresentante della nostra catena, la meravigliosa Intelligenza che converge il Suo amore e amministra il Suo volere, ed è il canale del Suo potere omnipervasivo e reggente. Quando inizieremo a studiare Shri Krishna scopriremo che non c’è nessun intermediario. Egli si palesa come il Supremo Stesso. E mentre negli altri casi c’è la Presenza che può essere riconosciuta come un intermediario, è assente nel caso del grande Signore della Vita.
Lasciando l’argomento per una successiva elaborazione domani, cerchiamo di rispondere alla prossima domanda, “Come nasce dunque il bisogno di un Avatara?” – perché nelle menti di alcuni, in modo molto naturale, sorge una difficoltà. La difficoltà è che molte persone meditative pensano che potrebbe essere formulata in questa maniera: “Certamente il piano per questo mondo si trova nella mente del Logos già dall’inizio, e certamente non possiamo supporre che Egli stia lavorando come un lavoratore umano, non comprendendo appieno ciò a cui Egli sta mirando. Egli dev’essere l’architetto come anche il muratore; deve pianificare anche come esecutore; non è come il muratore che mette una pietra nel muro dove gli vien detto, e non sa nulla dell’architettura dell’edificio al quale dà il suo contributo. Egli è un maestro costruttore, il grande architetto dell’universo, e tutto – nel piano dell’universo – deve trovarsi nella sua mente prima che l’universo abbia inizio. Ma se fosse così – e non possiamo pensare altrimenti – com’è possibile che sorga il bisogno di un intervento speciale? Il solo fatto che ci sia un intervento speciale non implica forse che sia nata una difficoltà imprevista? Se deve esserci un tipo di interferenza nello svolgimento del piano, non sembrerebbe forse come se nel piano originale qualche forza sia stata tralasciata senza alcuna considerazione, qualche difficoltà sottovalutata, qualcosa che è sorto senza che ci sia stata una preparazione? Se questo non è il caso, perché la necessità dell’intervento, come se fosse stato causato per incontrarsi con un evento inaspettato?” Una domanda naturale, giusta e comprensibile. Cerchiamo di rispondere. Non mi piace evitare le difficoltà, meglio affrontarle direttamente e vedere se esiste una risposta.
Dunque, la risposta arriva attraverso tre direttive di approccio. Ci sono tre grandi classi di fatti, ognuna delle quali contribuisce alla necessità; e ognuna, prevista dal Logos, è definitivamente preparata per la necessità di una particolare manifestazione.
La prima di queste tre direttive sorge da ciò che forse potrei chiamare la natura delle cose. Ho sottolineato all’inizio di questa conferenza il fatto che il nostro universo, il nostro sistema, fa parte di un qualcosa di più grande, non separato, non indipendente, non primario, in una scala comparabilmente più piccola nell’universo, il nostro sole un pianeta in un sistema più vasto. Cosa implica dunque? Riguardo alla materia, Prakriti, implica che il nostro sistema è costruito da materiale già esistente, da una materia già dotata di certe proprietà, da una materia che si espande nello spazio, e da cui ogni Logos trae i Suoi materiali, modificandoli secondo il Suo piano e in accordo con la Sua volontà. Quando parliamo di Mulaprakriti, la radice della materia, non intendiamo che esiste come la materia che conosciamo noi. Nessun filosofo, nessun pensatore, si sognerebbe di dire che ciò che si espande nello spazio è identico alla materia del nostro elementare sistema solare. é la radice della materia, ciò di cui tutte le forme della materia sono delle semplici modificazioni. Cosa implica? Implica che il nostro grande Signore, che ha fatto nascere questo sistema solare, prende la materia che ha già certe proprietà impresse da Uno più grande di Lui. In quella materia esistono tre guna in equilibrio, ed è il respiro del Logos che li getta fuori da quell’equilibrio e causa il movimento per cui il nostro sistema viene fatto esistere. Dev’esserci uno squilibrio, perché equilibrio vuol dire Pralaya, dove non c’è movimento o alcuna manifestazione di vita e forma. Quando la vita e la forma si manifestano, l’equilibrio è stato disturbato, e il movimento dev’essere liberato da ciò secondo cui il mondo sarà costruito. Ma nel momento in cui afferrate la verità vedete che devono esserci alcune limitazioni in virtù della materia stessa con cui la Divinità sta lavorando per la costruzione del sistema. È vero che al di fuori del Suo sistema, quando non è condizionato, vincolato e limitato da esso – come Egli lo è per la Sua benevola volontà – è vero che Egli sarebbe il Signore di quella materia in virtù della Sua unione con la Vita più possente al di sopra, ma quando per la costruzione del mondo Egli si limita entro la Sua Maya, allora deve lavorare all’interno delle condizioni di quei materiali che limitano la Sua attività, come ci è stato detto molte volte.
Ora, quando durante l’incessante interazione di Sattva, Rajas e Tamas, Tamas ha preminenza, aiutato, per così dire, da Rajas, così che essi predominino su Sattva nella prevista evoluzione. Quando i due, combinati, battono il terzo, quando la forza di Rajas e l’inerzia e l’ottusità di Tamas, unendosi, controllano l’azione, l’armonia, le qualità di Sattva, allora sopravviene una delle condizioni in cui il Signore si mostra per restituire ciò che è stato disturbato
nell’equilibrio nell’interazione dei tre guna, e ristabilendo un tale equilibrio permetterà all’evoluzione di continuare tranquillamente e di non essere controllata nel suo processo. Ristabilisce l’equilibrio di potere che dà il movimento ordinato, l’ordine alterato dalla cooperazione dei due in contraddizione con il terzo. In questi attributi fondamentali della materia, nei tre guna risiede la prima ragione della necessità di Avatara.
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