Ansia e Depressione
L’ANSIA e lo STRESS
del Dr. Prof. Robert Westermeier
L’ansia e’ un’emozione odiosa: quando la sperimentiamo in maniera intensa, ci consuma. E’ meno simile alla depressione, che si instaura lentamente, e piu’ simile alla rabbia, che si impadronisce di noi nel giro di pochi istanti. La componente emotiva e’ quella con cui siamo piu’ famigliari: la sensazione di apprensione, paura, fino al vero e proprio terrore. I sintomi fisici includono l’aumento della frequenza cardiaca, respiro rapido, tremito, e perfino giramenti di testa. Per natura, l’ansia e’ intensa e rapidamente ingravescente.
Chiunque abbia conosciuto l’ansia conosce i deficit nel pensiero e nell’attenzione che ad essa si accompagnano. L’ansia sembra causare automaticamente un restringimento del campo di attenzione. Gli ansiosi dicono in genere di essere “bloccati“, di non riuscire a pensare. In realta’, pensano a tutta velocita’, ma pensano solo a cio’ che sta causando ansieta’! La quantita’ di informazione che puo’ essere processata al cervello in un dato momento non e’ infinita, e, quando sono presenti forti emozioni, esse tendono a prendere il sopravvento, occupando tutte le capacita’ disponibili.
Per esempio, una persona afflitta da ansia da prestazione puo’ essere talmente consumata dalla preoccupazione, durante una conferenza, da dimenticarsi quello che deve dire, anche se il soggetto della conferenza e’ per lei una “seconda natura”.
Come per la depressione, le distorsioni cognitive hanno un ruolo fondamentale nella genesi dell’ansia cronica.
Dal punto di vista cognitivo, l’ansia ha sempre a che fare con la vulnerabilita’. Tipicamente, gli ansiosi sopravvalutano il potenziale pericoloso degli eventi e sottovalutano la loro capacita’ di farvi fronte.
Tornando all’esempio della persona affetta da ansia da prestazione durante una conferenza, essa tende ad esagerare lo “scrutinio” da parte del pubblico ed a sottovalutare le proprie capacita’ oratorie.
“La signora in terza fila continua a guardare l’orologio: si sta annoiando a morte. Tutti si stanno annoiando. Sto facendo un disastro.” Questo tipo di distorsioni naturalmente non fanno che perpetuare e peggiorare lo stato ansioso. Come nel caso della depressione, l’ansia puo’ precipitare in un circolo vizioso. L’ ansia genera sintomi fisici, che peggiorano le distorsioni del pensiero, che generano nuovi sintomi fisici, eccetera. Questi sintomi fisici portano facilmente la persona ansiosa a cercare una via di scampo, una qualche scappatoia.
Scegliendo la fuga, si genera un forte rinforzo negativo grazie alla rapida diminuzione della sintomatologia ansiosa. Quindi, ogni volta che in futuro insorgera’ un attacco ansioso, la spinta verso il comportamento di fuga/evitamento che ha funzionato in passato sara’ sempre piu’ forte. Per di piu’, il ciclo ansia/comportamento di difesa/evitamento possono rendere l’ansioso letteralmente prigioniero.
L’ansia e’ tipicamente un fattore precipitante di comportamenti adittivi. In particolare, alcuni comportamenti sono perfetti per la situazione dell’ansioso, in quanto hanno un effetto rapido e misurabile su uno, o piu’ sintomi della sindrome ansiosa. La riduzione di uno qualsiasi dei sintomi (fisiologici, emotivi o cognitivi) indebolira’ il circolo vizioso e finira’ per diminuire anche tutti gli altri sintomi.
Molti comportamenti adittivi “consumano” le capacita’ di pensiero, e quindi riducono l’ansia.
In termini semplici, qualsiasi comportamento che distragga finisce per per avere un effetto “benefico” sulla spiacevole sintomatologia ansiosa. L’ alcol, per esempio, ha un effetto diretto sull’attenzione: le persone molto concentrate su se stesse, ipercritiche ed ansiose, spesso hanno problemi di alcolismo, in quanto hanno scoperto che il bere permette di distrarsi da se stessi e dai propri problemi.
Diverse terapie si indirizzano alle tre classi di sintomi dell’ansia, fisiologici, emotivi e cognitivi.
I farmaci ansiolitici inducono uno stato di sedazione che di fatto riduce i sintomi fisiologici, permettendo al circolo vizioso di “sciogliersi”. Le tecniche di rilassamento fanno la stessa cosa. La terapia cognitivo-comportamentale dell’ansia include sempre tecniche di rilassamento.
Imparare a rilassarsi e molto importante per l’ansioso, in quanto gli permette di ridurre i sintomi senza bisogno di ricorrere a comportamenti adattivi di evitamento/fuga. Altre forme di trattamento si occupano delle componenti emotive. Ci sono farmaci che modificano il bilancio di neurotrasmettitori nel cervello, agendo in particolare su quelli che si ritengono implicati nella genesi dell’ansia.
Un modo particolarmente efficace per controllare l’ansieta’ e’ quello di modificare il pensiero distortoche ne e’ componente fondamentale. Le tecniche cognitive sono molto utili, in quanto la loro pratica puo’ diventare praticamente automatica.
Tra quelle che provocano ansia, la distorsione cognitiva piu’ comune e’ l'”esagerazione catastrofica”. Questo avviene quando il potenziale catastrofico di un evento (in particolare un evento che avverra’) viene esagerato. Pensieri disastrosi, di “tutto o nulla” accompagnano quasi regolarmente l’attacco ansioso. I pensieri catastrofici possono essere a proposito di eventi della vita, oppure, come e’ il caso del disturbo da attacchi di panico, a proposito del proprio stato di salute (lo stato di agitazione e’ visto come il prodromo o la manifestazione di una malattia acuta e grave).
L’identificazione dei pensieri catastrofici e la loro modificazione puo’ avere effetti molto molto marcati sull’ansia, certamente altrettanto marcati che quelli delle tecniche che si concentrano direttamente sui sintomi fisici o emotivi.
Per esempio, ho lavorato con un paziente che era stato disoccupato per un certo periodo. Il giorno prima di un colloquio di lavoro venne da me in preda ad una forte ansieta’. I suoi pensieri comprendevano affermazioni del tipo: “sono stato senza lavoro per mesi… faro’ una pessima figura durante il colloquio… non avro’ mai il lavoro… sara’ orribile… non potro’ sopportarlo… probabilmente e’ meglio che al colloquio non ci vada nemmeno”.
Un dialogo di decatastrofizzazione, in questi casi, puo’ avere un effetto molto benefico. Nel caso specifico, l’ansia del mio paziente si ridusse notevolmente cosi’ che pote’ sostenere il suo colloquio. Bisogna ricordare che decatastrofizzare non significa solamente considerare l’evidenza contraria a predizioni completamente negative, ma anche considerare quale sarebbe il problema reale se le predizioni peggiori si dovessero avverare (in questo caso, non avere il posto).
Ecco che cosa ci siamo detti:
Terapeuta: allora, qual’e’ il problema se non avra’ questo posto?
Paziente: cosa vuol dire? Sarebbe orribile. Non so cosa farei.
T: cosa significherebbe il fatto di non avere questo posto?
P: che sono un buono a nulla. Uno scemo che nessuno assumerebbe mai.
T: mi pare che avesse detto che ci sono venti persone che hanno fatto domanda per questo posto.
P: si, e’ vero.
T: allora tutti gli altri diciotto che non avrebbero il posto sarebbero degli idioti buoni a nulla.
P: no… credo di no…
T: perche’?
P: be’, e’ un posto difficile da avere, ci sara ‘ un sacco di competizione, con parecchia gente qualificata che avra’ fatto domanda.
T: e lei, che qualificazioni ha?
P: ho avuto una posizione nel marketing per dieci anni.
T: okay, allora qual’e’ il vero motivo per cui lei non dovrebbe avere questo posto?
P: immagino che sia perche’ c’e’ un solo posto e qualcuno finira’ per avere qualcosa in piu’ degli altri.
T: se le cose stanno cosi’, cosa succederebbe se non dovesse avere il lavoro?
P: almeno potrei capire che cosa ci si aspetta da qualcuno in questa posizione.
T: e poi?
P: poi probabilmente potrei fare domanda per un altro posto.
T: pensa che potrebbe farcela? Domani, dico…
P: si, credo di si. In effetti potrebbe anche essere un buon allenamento. E’ un bel pezzo da quando ho fatto un colloquio per l’ultima volta, un po’ di pratica mi fara’ bene.
In questo esempio, la decatastrofizzazione non solo ha portato ad una diminuzione dell’ansia, ma anche ad una visione piu’ positiva (e probabilmente ad una migliore performance durante il colloquio). Discutere i passi necessari per reagire nel caso lo scenario peggiore si verifichi e’ molto diverso dal semplice preoccuparsi. Chi si preoccupa, in genere, teme le conseguenze disastrose di un certo evento, e spende enormi energie mentali nel cercare di evitare che questo evento si verifichi. Decatastrofizzare significa considerare il caso peggiore, e rendersi conto che vi si puo’ far fronte. Se si riesce a convincersi che ce la si potrebbe fare nel peggiore dei casi, tutti gli altri casi, automaticamente, diventano gestibili.
Ma non e’ tutto. Dopo aver compreso che si potrebbe far fronte anche alle conseguenze peggiori, il livello di ansia diminuisce considerevolmente. Allora si puo’ prendere in considerazione anche il caso migliore, e, soprattutto, ci si rende conto che sono gli scenari realistici, a meta’ strada tra il tutto bene e il tutto male, che hanno la probabilita’ maggiore di verificarsi.
Cosi’, essendosi calmati, avendo aperto quello che tecnicamente si chiama “spazio cognitivo“, si possono applicare alcune delle tecniche di disputazione di cui abbiamo parlato nella depressione (vedi a seguito), come il chiedersi “dove sono le prove che questa cosa orribile si verifichera’?” oppure “c’e’ un modo piu’ equilibrato, meno “tutto o nulla” per considerare gli eventi?”.
L’ultimo sintomo della sindrome ansiosa di cui si occupa la terapia cognitivo-comportamentale e’ il comportamento di fuga/evitamento. Fintantoche’ si utilizzano risposte maladattive di evitamento, il ciclo dell’ansia si perpetua. L’esposizione agli stimoli ansiosi non e’ mai piacevole, cosi’ la terapia cognitiva fa fare al paziente passi graduali, per evitare che egli sia sopraffatto ed abbandoni gli sforzi di cambiamento.
E’ importante pero’ che i passi verso il cambiamento non siano troppo “facili”: il paziente deve imparare a tollerare un certo livello di ansia, e capire che questo stato puo’ rimanere tale (leggero o moderato) senza necessariamente sfociare in un vero e proprio attacco di panico. La desensibilizzazione sistematica e’ una tecnica di esposizione graduale per il trattamento delle fobie, in cui si insegnano al paziente tecniche di rilassamento e gli si fanno applicare queste tecniche esponendolo a stimoli ansiogeni crescenti. Naturalmente, non si incoraggia l’esposizione ad un livello di stimolo maggiore finche’ il paziente non ha imparato a gestire il livello precedente.
LA DEPRESSIONE
del Dr. Prof. Robert Westermeier
La depressione e’ uno stato d’animo che puo’ essere causato da un’errata percezione – esageratamente negativa – del se’ e degli eventi. I pensieri negativi non sono l’unica causa della depressione: cambiamenti nella biochimica dei neurotrasmettitori del cervello, fattori ereditari, eventi catastrofici nell’esistenza dell’individuo possono tutti generare uno stato depressivo.
Comunque, quale che sia l’evento scatenante, la ricerca ha dimostrato che il pensiero negativo e’ sempre presente. E cio’ che e’ particolarmente insidioso nella depressione e’ che il pensiero negativo, lasciato incontrollato, precipita automaticamente in una spirale di autopotenziamento che peggiora drammaticamente lo stato depressivo.
Non e’ difficile capire come funziona questo meccanismo. Il pensiero negativo genera depressione, la quale aumenta la quantita’ di pensieri negativi, i quali a loro volta peggiorano lo stato depressivo. Gli altri sintomi della depressione contribuiscono ad esacerbare il tono depresso dell’umore.
Consideriamo l’isolamento ed il fatto che il depresso generalmente si “ritira” dalla vita di relazione. Allontanandosi progressivamente dagli altri, il depresso viene distratto sempre meno dai propri pensieri negativi, ed ha sempre meno esperienze che possano contraddire cio’ di cui – in maniera distorta – e’intimamente convinto. Di conseguenza la depressione peggiora. La depressione causa anche quella che viene definita “anedonia“, ovvero la perdita della capacita’ di provare piacere. Quindi il depresso ha la tendenza a trascurare le attivita’ piacevoli, che potrebbero invece migliorare il suo stato dell’umore.
Anche le caratteristiche che definiremmo “sociali” sono influenzate dalla depressione. I depressi tendono a curare meno il loro aspetto, ed il loro “linguaggio del corpo” cosi’ come il loro stile di comunicazione divengono ambigui, sfiduciati, ed infine dichiaratamente negativi. I depressi vengono spesso evitati socialmente in quanto averli attorno genera cattivo umore. E’ chiaro come questo fatto contribuisca a sua volta ad aumentare la depressione. Quindi, a differenza di una ferita, in cui i sintomi (gonfiore, sanguinamento, eccetera) non contribuiscono a peggiorare la patologia, i sintomi depressivi aggravano sostanzialmente e prolungano la depressione.
Ma agire su questi sintomi e’ possibile: combattere i sintomi significa interrompere il circolo vizioso, migliorare lo stato depressivo ed elevare il tono dell’umore.
Il pensiero negativo e’ certamente uno dei carburanti della depressione. Abbiamo gia’ visto come, quando i depressi imparano ad identificare le distorsioni cognitive ed a rimpiazzarle con interpretazioni piu’ realistiche, la depressione si riduce considerevolmente. Dobbiamo pero’ ricordare che la terapia cognitiva si indirizza anche agli altri sintomi della depressione, lavorando per ridurre l’isolamento, aumentare le attivita’ piacevoli, e migliorare le qualita’ sociali. Per fare questo bisogna spesso “mettere il carro di fronte ai buoi”, vale a dire aiutare i pazienti ad impegnarsi in attivita’ che, visto il loro attuale stato depressivo, non sembrano per nulla attraenti. La motivazione verso queste attivita’ arriva solo dopo che il paziente ha cominciato a farle.
Elimina le CAUSE della DEPRESSIONE
a cura di Silvia Cavalli, Luigi Colombo e Uberto Zuccardi Merli
La depressione è in alcuni casi una reazione perfettamente adeguata, transitoria e superabile, a certi eventi dolorosi della vita; in altri casi è legata ad una difficoltà che la vita di oggi, con il suo carico di conflitti e tensioni, pone ad ogni persona.
La depressione è, in altri casi, la manifestazione esterna di un malessere più profondo. La cura deve tenere conto del fatto che la depressione è una espressione di un vissuto, è una forma di comunicazione, è un messaggio.
Nella depressione, infatti, c’è qualcosa che riguarda non il proprio cervello, ma la propria vita. Si tratta di fare sì che la persona veda la propria vita come la propria storia, cioè qualcosa di particolare a sé stesso, qualcosa che ha un senso e un valore specifico.
Il farmaco allora può tamponare una situazione di difficoltà; può intervenire creando le premesse ad un lavoro psicoterapeutico; può rafforzare la fiducia del soggetto in sé stesso, ma la causa può essere affrontata solo utilizzando il proprio pensiero, solo iniziando un viaggio di riflessione sulla propria vita.
Ciò che va affrontato nella cura è il modo con cui la persona depressa affronta la propria vita. La persona depressa affronta le scelte, le decisioni e le situazioni, senza tenere conto dei propri veri desideri; la persona depressa sottovaluta il valore dei propri desideri.
Nella cura allora sarà necessario riconsiderare questa modalità di relazione con la vita, in modo da acquistare più sicurezza e autostima.
Può essere utile allora che il depresso incontri qualcuno in una posizione di ascolto, come accade nei gruppi o nelle sedute individuali. L’ascolto può permettere alla persona di imparare a confidare sulla propria capacità di progettare e di scegliere, affrontando anche i rischi insiti nei progetti e nelle scelte.
La persona depressa è in genere “bloccata“, inibita nell’esprimere quei sentimenti che sembrano mettere a soqquadro i rapporti personali, poiché si tratta di emozioni vissute come potenzialmente in grado di rompere i rapporti di affetto. Con la terapia può riuscire ad esprimere pensieri e sentimenti (che possono coinvolgere anche i familiari) imparando a non avere paura ad esprimere le proprie emozioni, ad esempio, la rabbia, l’aggressività, e la noia… La persona depressa può allora imparare a non vedere nulla di terribile nell’espressione dei propri sentimenti.
Che cos’e’ la TERAPIA COGNITIVA? (cura della depressione)
del Dr. Prof. Robert Westermeyer
Il termine “cognitivo” e’ correlato al concetto di “conoscere”, “pensare”. La terapia cognitiva viene percio’ definita come “trattamento psicologico dei pensieri“.
In estrema sintesi, la terapia cognitiva si basa sull’assunto che i nostri pensieri, cio’ che crediamo, i nostri atteggiamenti e la percezione che abbiamo degli eventi determinano in larga misura il tipo e l’intensita’ delle nostre emozioni. La terapia cognitiva e’ stata introdotta alla fine degli anni cinquanta dal Prof. Aaron Beck, come metodo di cura per la depressione. Il Prof. Beck ed altri ricercatori hanno sviluppato metodi per applicare la terapia cognitiva ad altri problemi psichiatrici, come il disturbo da attacchi di panico, i problemi di controllo dell’aggressivita’ e l’abuso di sostanze stupefacenti. Questa forma di terapia ha ricevuto conferme considerevoli dalla ricerca clinica, specialmente riguardo alla depressione.
L’idea che i nostri pensieri possano influenzare le nostre emozioni non e’ nuova. In effetti, l’origine di questa teoria si puo’ far risalire ai filosofi Stoici, in particolare Epitteto, che scriveva “Gli uomini sono disturbati non dagli eventi, ma dalla percezione che hanno di essi”.
Facciamo un esempio banale, giusto per dare un’idea di quello di cui stiamo parlando. Siete a letto e di colpo venite svegliati da un rumore in un’altra stanza. Come vi sentite se il primo pensiero e’: “un ladro e’ entrato nell’appartamento”? Ansiosi, certamente, magari sull’orlo del panico. Ora, immaginate che, svegliati di soprassalto, vi ricordate che avete appena portato a casa un gattino, che fa cadere tutto quello che c’e in casa. Come vi sentireste in questo caso? Irritati, magari, ma non certo ansiosi.
La natura delle nostre emozioni e’ determinata in larga misura dal modo in cui pensiamo. Nell’esempio appena citato, l’emozione (paura o iritazione) era unicamente conseguenza di come l’evento (rumore nell’altra stanza) veniva interpretato.
La depressione e’ una condizione che puo’ essere generata da un’interpretazione eccessivamente negativa degli eventi. Per esempio, immaginiamo che due persone diverse si trovino confrontate alla fine di una relazione sentimentale. La prima, concettualizza la relazione come la “prova” del suo valore di essere umano, e di conseguenza interpreta la fine della relazione come la “prova” del fatto che non vale nulla come persona e che, come ha sempre creduto, non e’ “amabile”. In piu’, pensa che la fine della relazione sia dovuta alle sue caratteristiche “non amabili”. La seconda persona vede la relazione come parte molto importante della propria vita, ma non ritiene che un rapporto sentimentale rappresenti il simbolo e la prova del suo valore e della sua amabilita’. Essa pensa che la fine della relazione sia dovuta ad incompatibilita’. Quale di queste due persone ha piu’ probabilita’ di avere un serio episodio di depressione, come conseguenza della fine del rapporto?
La prima, giusto? La separazione veniva interpretata come conseguenza di un difetto essenziale nel carattere, nella personalita’, e, siccome il suo valore come persona era contingente al fatto di avere una relazione, la separazione non faceva che confermare la sua convinzione di non valere nulla, non essere amabile, ne’ desiderabile.
Pensieri di questo genere portano ad emozioni negative. come la depressione e l’ansia. La seconda persona non pensava che la relazione non fosse importante. Sicuramente si sara’ sentita triste e frustrata, ma molto probabilmente non sprofondera’ nella depressione clinica. Questo, perche’ la sua interpretazione della separazione era realistica e non autopunitiva.
La depressione, clinicamente parlando, ha molte cause. Cambiamenti nei processi biochimici del cervello possono causare depressione, cosi’ come fattori ereditari/genetici, o gravi eventi traumaticinella vita di un individuo. Ma la ricerca ha dimostrato che, una volta instaurata la depressione, qualunque sia la sua causa essenziale, tutti coloro che ne soffrono hanno una carattersitica in comune: pensieri negativi. I depressi vedono il mondo, se stessi in relazione al mondo e se stessi in relazione al futuro in maniera negativa. La terapia cognitiva e’ un trattamento concepito per aiutare le persone, prima ad identificare e monitorare i loro pensieri negativi, e, poi, a modificare queste distorsioni sistematiche, cosi’ da pensare in maniera piu’ realistica.
La ricerca mostra chiaramente che, quando i depressi imparano ad identificare i pensieri automatici distorti ed a sostituirli con altri piu’ realistici, la depressione puo’ essere sostanzialmente ridotta. Altri studi mostrano come, quando le persone si abituano ad alterare i pensieri e le convinzioni negative, la probabilita’ che sperimentino nuovi attacchi di depressione diminuisce.
Ad alcuni questi concetti possono sembrare semplicistici. “Ma come – qualcuno potrebbe pensare – sono stato depresso per anni, e voi state cercando di dirmi che tutto quello che devo fare e’ pensare positivamente e tutto passera’?”
Questa e’ una reazione comune tra le persone che sentono parlare di terapia cognitiva per la prima volta. Ma cerchiamo di chiarire alcuni punti fondamentali. In primo luogo, anche se l’idea che siano i pensieri a determinare le emozioni e’ semplice, i problemi nell’interpretazione dell’informazione che stanno alla base della depressione sono estremamente complessi. Volumi di ricerca sui difetti nel richiamo dei ricordi, nell’attenzione, nella percezione e nelle strutture che il cervello utilizza per processare le informazioni ci dicono che quello che avviene nella mente di chi soffre di depressione e tutt’altro che semplice.
Una delle cose che i ricercatori hanno scoperto (Franks, Wilson, Kendall & Brownell, 1985) e’ che il fatto di semplicemente “pensare positivo” non ha conseguenze durevoli sullo stato depressivo. Anche se i depressi hanno pochi pensieri positivi, sono i pensieri, le convinzioni e gli atteggiamenti negativi che perpetuano la depressione. I pensieri negativi insorgono nei depressi in maniera quasi totalmente automatica, spesso senza che le persone se ne rendano conto. Perche’ la terapia cognitiva sia efficace, i depressi devono imparare ad identificare i loro pensieri automatici negativi, cosi’ come le convinzioni errate che hanno su se stessi, sul mondo e sul futuro.
I pazienti depressi devono anche imparare a disputare questi pensieri automatici una volta che sono stati identificati. Quindi, a differenza del “pensiero positivo”, la terapia cognitiva insegna a pensare “non-negativamente“. Non serve a nulla ripetersi “Sono un fenomeno, sono grande, ho fatto un lavoro eccellente” quando per la maggior parte del giorno i pensieri automatici dicono l’esatto contrario.
Per molti, questo significa acquisire nuove tecniche: osservare il flusso dei propri pensieri, identificare convinzioni ed atteggiamenti, e rivedere il tutto alla luce della ragione. Con la pratica, queste tecniche diventano una seconda natura, ed il rischio di depressione grave diminuisce.
La terapia cognitiva, quindi, e’ molto piu’ educativa di altre forme non direttive di psicoterapia. Ma la terapia cognitiva non e’ una bacchetta magica. Perche’ se ne possa beneficiare, bisogna fare parecchio lavoro. In effetti, molti individui, affetti da depressione lieve, o moderata, hanno avuto ottimi risultati semplicemente tramite lo studio e l’applicazione in proprio dei principi della terapia (“biblioterapia”). Molti ottimi manuali di “self help” sono disponibili, purtroppo quasi tutti in inglese.
La DEPRESSIONE secondo YOGANANDA
estratto da “L’Eterna Ricerca dell’Uomo” di Paramahansa Yogananda
Noi viviamo in una vetrina
In questo mondo voi vivete in una vetrina, e tutti gli altri vi guardano.
Non potete assumere pose artificiose; dovete vivere una vita naturale. E allora perché non comportarvi in modo che gli altri possano prendervi come modello? Perché non dovrebbero vedere la gioia nel vostro volto? Tutte le vostre buone qualità vengono nascoste, dentro di voi, dal vostro umor nero.
Come gli altri osservano la vostra condotta, così voi studiate la loro.
Poiché osservate quelli che vi circondano, tendete a fare confronti e cadete in preda ai malumori. Oppure divenite tristi per le infinite difficoltà che si incontrano in questo mondo. Le “lune” sono spesso il risultato di influenze ambientali. Ognuno di noi viene influenzato, in modo diverso, dal mondo che ci circonda. Ma voi non dovete permettere a voi stessi di indulgere nel cattivo umore causato da condizioni esterne.
Perché dovreste addossarvi gli effetti prodotti dal vostro ambiente? Alcuni ricorrono alla depressione nel tentativo di evitare qualche problema.
Ma la depressione non è una via di scampo, né una valvola di sicurezza per le emozioni. Ogni tanto, è naturale cadere nel malumore, ma non perseverate in esso!
Ogni tipo di irritabilità ha una causa specifica che giace nella vostra mente stessa. Per eliminare un cattivo umore dovete rimuoverne la causa.
Ogni giorno si dovrebbe fare un’introspezione per capire la natura del proprio umore e per vedere come correggerlo, se è dannoso. Può darsi che vi troviate in uno stato d’animo d’indifferenza. Nulla vi interessa qualsiasi cosa vi si suggerisca. E’ allora necessario fare uno sforzo cosciente per creare qualche interesse positivo. Guardatevi dall’indifferenza; essa ossifica il vostro progresso nella vita paralizzando la vostra volontà.
Può darsi che il vostro malumore sia causato dal fatto che vi sentite scoraggiati per una malattia, per la sensazione che non riacquisterete mai più la salute. Dovete allora cercare di applicare le leggi del giusto vivere che portano a condurre una vita sana, attiva e morale, e dovete pregare per aver maggiore fede nel potere risanante di Dio.
Supponete, invece, che il vostro malumore provenga dalla convinzione che siete un fallito e che non potrete mai avere successo in alcuna cosa.
Analizzate il problema e osservate se avete realmente fatto ogni sforzo possibile per riuscire. Considerate il duro lavoro del presidente degli Stati Uniti. Egli deve cercare di piacere a tutti i quarantotto stati, (al tempo in cui Paramahansaji fece questa osservazione, Alaska e Hawaii non facevano ancora parte degli Stati Uniti) e anche alle altre nazioni. C’è da stupirsi al pensiero che un uomo possa comprendere e intraprendere tante cose. E poiché c’è tanta differenza tra la capacità di lavorare di un uomo comune e quella che ha il presidente, immaginiamo quanto maggiore debba essere la differenza tra la capacità del presidente e quella di Dio, che è infinitamente più attivo! Dio dirige tutto l’universo, fino al minimo dettaglio; e noi siamo fatti a Sua immagine. Perciò non possiamo trovare scuse per il nostro mancato successo. Non temete il duro lavoro, questo non ha mai fatto male a nessuno. Tuttavia, si deve imparare a lavorare e a pensare con calma. Quando siete attivi con calma, potete compiere qualsiasi cosa intraprendiate, perché la mente è chiara.
Le persone, in genere, non solo non lavorano con impegno sufficiente per ottenere il successo, ma non mantengono la mente abbastanza attiva.
Passano troppo tempo a non pensare. Ciò è considerato rilassamento. Ma non è così: nel vero rilassamento la mente è attiva in modo tranquillo, si può riflettere su Dio, su una bella scena di pace, o su qualche esperienza piacevole. Una calma attività mentale positiva è ravvivante. Eppure molte persone associano erroneamente lo sforzo creativo alla fatica e vi si accostano con un atteggiamento teso e nervoso.
I malumori fanno presa su una mente vuota
Pensare creativamente è il migliore antidoto contro i malumori. Questi stati d’animo fanno presa sulla vostra coscienza quando siete in uno stato mentale negativo o passivo. Il momento in cui la vostra mente è vuota è proprio quello in cui vi “viene la luna”, e quando ciò accade, il diavolo corre ad esercitare la sua influenza su di voi. Perciò sviluppate il pensiero creativo. Ogni volta che non siete attivi sul piano fisico, fate qualcosa di creativo nella vostra mente. Mantenetela così occupata da non avere il tempo per darvi ai malumori.
Pensare creativamente è meraviglioso; è come vivere in un altro mondo. Tutti dovrebbero sviluppare questa facoltà. Prima di venire qui, io difficilmente predispongo una parola della mia conferenza, ma mi addentro nella coscienza del soggetto che ho scelto, e la mia anima incomincia a dirmi cose meravigliose. Quando pensate creativamente, non sentite, né il corpo, né le “lune”, vi mettete insintonia con lo Spirito. La nostra intelligenza umana è fatta nell’immagine della Sua intelligenza creativa che rende possibile ogni cosa; e se non viviamo in questa coscienza, diveniamo un fascio di stati d’animo negativi. Pensando creativamente noi distruggiamo tali stati d’animo e in questo modo troveremo le risposte a tutti i nostri problemi e a quelli altrui.
I cattivi umori sono come un cancro: corrodono la pace dell’anima.
Ecco perché l’uomo soggetto ai cambiamenti di umore non riesce a liberarsi dei suoi guai. Ricordate: per quanto ogni cosa possa esservi andata male, non avete il diritto d’essere di malumore. Nella vostra mente potete essere vincitore. L’uomo soggetto a cambiamenti di umore, quando è vinto, ammette la sconfitta; ma l’uomo la cui mente rimane invitta, sia pure il mondo ridotto in cenere ai suoi piedi, è sempre il vincitore.
Volete essere un prigioniero, o un conquistatore? Legandovi così strettamente ai vostri stati d’animo, vi rendete incapace di continuare la battaglia della vita. Non appena permettete ad essi di avviluppare la vostra mente, la volontà vi si paralizza. I diversi cambiamenti di umore annebbiano il cervello, sminuendo la facoltà di giudizio, cosicché i vostri sforzi vengono sprecati.
Gli stati d’animo negativi sono i freni sulle ruote del vostro progresso
Voi potete vincere i vostri malumori, per quanto terribili vi possano sembrare. Dovete prendere la decisione di non cedere mai più a qualche stato d’animo negativo; e se esso vi assale malgrado la vostra determinazione, analizzatene la causa e fate qualcosa di costruttivo per eliminarla.
Non continuate a fare le cose in uno stato d’indifferenza, se questo è il vostro atteggiamento, perché l’indifferenza è il peggiore di tutti gli stati d’animo.
In quei momenti, ricordatevi che non siete voi il creatore di voi stesso; Dio vi ha creato, ed è Lui che governa l’universo per voi. Qualunque sia il vostro lavoro, svolgetelo con entusiasmo, per Lui. Occupatevi di attività creative, perché Egli vi ha dato un potere infinito. Come osate fare di voi stessi un essere mentalmente fallito, solo per voler indulgere nei malumori che vi avvelenano? Liberatevi da questi stati mentali distruttivi. Essi sono, in realtà, i freni sulle ruote del vostro progresso. Finché non li rimuovete, non potete avanzare. Ogni mattina, ricordatevi che siete figlio di Dio e che, quali che siano le vostre difficoltà, avete il potere di superarle. Erede del cosmico potere dello Spirito, siete più pericoloso del pericolo!
Un ragazzo intelligente non si prende la briga di lavorare su problemi semplici; egli gode a sfidare quelli difficili. Molte persone, invece, vengono spaventate dai problemi della vita. Io non li ho mai temuti, perché ho sempre pregato: “Signore, possa il Tuo potere crescere in me. Mantienimi nella coscienza positiva che, col Tuo aiuto, potrò sempre superare le mie difficoltà”. Pensate a un problema in modo costruttivo finché non riuscite più a pensare. Quando sto risolvendo un problema, vado fino all’ennesima potenza per coprire tutte le possibilità che portino alla soluzione, finché, onestamente, posso dire: “Ho fatto del mio meglio, e questo è tutto ciò che posso fare”. Poi lo dimentico.
Una persona che conserva nella propria coscienza la preoccupazione per un problema diviene “lunatica”. Evitatelo. Quando si presenta un problema, invece di soffermarvi su di esso, pensate ad ogni possibile via d’azione per liberarvene. Se siete incapaci di pensare, paragonate il vostro guaio specifico a quelli, simili, di altre persone, e imparate dalle loro esperienze a discernere quali vie portano al fallimento e quali conducono al successo. Scegliete le misure che sembrano logiche e pratiche, e poi datevi da fare per porle in atto. L’intera biblioteca dell’universo è nascosta dentro di voi. Tutte le cose che volete sapere sono dentro di voi. Per portarle alla luce, pensate in modo creativo.
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