della Dott.ssa Elisa Albano – psicologiaspirituale.it
Seconda parte
Nella prima parte di questo argomento sull’anima, avevamo affrontato il percorso che questa compie
dal momento in cui, a seguito di un evento traumatico, fuoriesce dal suo involucro materiale e
continua a sopravvivere indenne in un’altra dimensione. Eravamo giunti al punto in cui l’anima – lo
spirito o la coscienza individuale, come la si voglia definire – dopo essere entrata in contatto con
un essere di luce che infonde pace e comprensione, si rende conto che in quella condizione non
esiste un “inferno”, un “purgatorio” o un “paradiso, così come vengono comunemente descritti dai
testi sacri, ma solo un’unica e grande indulgenza, liberazione da ogni male e unione perfetta con le
altre anime.
Esistono, semmai, stati della mente in cui il soggetto si trova immerso, a seconda delle
convinzioni, che lo hanno accompagnato per tutta l’esistenza, delle paure e delle esperienze vissute
sulla terra.
Sembrerebbe, inoltre, che soltanto nei casi di suicidio, l’anima si ritrova a vivere esperienze più
dolorose, conflittuali e angoscianti.
Fiorella, ad esempio, una donna di trent’anni, che si era tagliata le vene dei polsi, dopo aver
perso marito e figlio in un incidente stradale, così ha descritto la sua esperienza a Lucia Pavesi,
sociologa ed esperta nel campo delle esperienze di pre-morte:
“
sospesa fuori dal mio corpo osservavo compiaciuta le larghe ferite dei miei polsi fasciati da
garze. Avevo fatto davvero un buon lavoro e il monitor collegato al mio cuore segnava una lunga
linea piatta.Fissai la scena per qualche istante, finché una forza onnipotente mi spinse
trascinandomi verso il centro della Terra, verso un abisso senza fine, profondo quanto sconosciuto.
Passai attraverso uno stretto cunicolo, alla fine del quale mi trovai in un luogo misterioso, dove
il buio era rischiarato, a tratti, da bagliori rossastri e minacciosi. I miei piedi poggiavano su un
terreno fangoso e viscido da cui emanava un fetido olezzo.
Intorno a me distinguevo figure grottesche e mostruose che si contorcevano in un’agonia senza fine e
io ero costretta, mio malgrado, ad avanzare in quel luogo cupo.”[1] Ad ogni modo, a tutti viene offerta indulgenza e occasione per riparare alla propria condotta
errata.
Dopo aver provato la disperazione, Fiorella si trovò al cospetto dei suoi nonni morti tempo addietro
e “immersa in un mondo fantastico, dove tutto era gioia e dolcezza”. Dichiarò di aver incontrato il
marito Giovanni e il figlio Andrea. Fu proprio quest’ultimo a “parlarle”:
“Mamma, sei stata perdonata del tuo grave errore, ma non puoi fermarti con noi. Devi fare ancora
molte cose importanti. Ora che hai conosciuto il vero amore e la grande pace, devi tornare a vivere,
perché così è stabilito”. [2] Una donna di Firenze, che tentò il suicidio e cadde in coma per cinque giorni, al suo risveglio
raccontò di essersi trovata immersa in un mondo di silenzio e in uno stato d’animo angoscioso. Ma
anche in quello stato aveva visto un essere di luce che l’aveva incoraggiata a restare calma e ad
avere fiducia.
“
La luce mi aveva assolto fin dall’inizio: infatti, pur giudicandomi severamente, aveva sempre
continuato ad inviarmi pensieri di speranza.”. [3] In questa fase dell’esperienza, cioè dopo l’incontro confronto con l’essere di luce, il
riavvicinamento ai propri cari, o comunque l’aver sostato in luoghi di pace, il soggetto, in genere,
tende a non voler più fare ritorno nella sua realtà terrena, tranne in quei casi in cui ha lasciato
qualcosa in sospeso o la sua vita deve ancora necessariamente essere vissuta.
Il rientro nel corpo fisico, quando questo avviene, può verificarsi a volte, percorrendo a ritroso
lo spazio buio affrontato all’inizio, oppure in un modo brusco, descritto da alcuni come uno
“sprofondare verso il basso” o ancora inavvertitamente dopo una fase di incoscienza vissuta
all’interno del proprio involucro.
Maria, una ragazza di ventitré anni, di cui ho già accennato nell’articolo precedente, così mi
rivelò:
“Non ho memoria del rientro nel mio corpo. So solo che mi sentivo combattuta tra il voler restare in
quel posto perfetto e voler ritrovare tutte le mie cose. Poi deve aver prevalso questo mio ultimo
desiderio e la volontà di quell’entità luminosa che mi invogliava a tornare indietro.Questa è
l’ultima cosa che ricordo. Poi c’è stato il nulla. Quando ho riaperto gli occhi ero nel letto
d’ospedale.”
Per alcuni, invece, il ritorno viene percepito proprio come un reintrodursi nell’involucro
materiale, o attraverso la testa in senso generico o, nello specifico, dalla parte delle narici e
della bocca.
“Il mio corpo mi risucchiava e sembrava che il movimento partisse dalla testa, che io rientrassi
dalla testa. Non mi pareva di poterci fare niente, né di avere il tempo di pensarci. Ero là, lontano
alcuni metri dal mio corpo, e di colpo era tutto finito. Non ho avuto neppure il tempo di dirmi:’Il
mio corpo mi sta risucchiando'”. [4]
Ad ogni modo, tutti i soggetti che hanno fatto ritorno da un’esperienza di pre-morte, si sono
trovati profondamente cambiati nel loro atteggiamento nei confronti dell’esistenza. Hanno assunto un
nuovo stile di vita, improntato su valori quali l’amore, la dedizione agli altri, la serenità
d’animo, la pazienza e la tolleranza. “Niente è stato più lo stesso.” Dichiarò ancora Maria.
“Anche perché ora so che esiste veramente qualcosa oltre questa esistenza. Non dico di essere
diventata religiosa. Questo, no. Ma adesso credo in una vita che continua e in una forza superiore
che ci guida e vuole solo il nostro bene. Cerco di non prendermela più per le piccole cose come
facevo un tempo e non mi faccio coinvolgere in discussioni inutili. Sono più malleabile e mi sforzo
di vivere la vita al meglio. Credimi, non si può non cambiare, dopo un’esperienza del genere.”
Ma le testimonianze in questo senso sono migliaia.
Oltre al potenziamento della capacità di amare, vengono riscoperti i valori della conoscenza. Così
come è accaduto a Maria che, dopo la sua esperienza di pre-morte ha ripreso con maggiore convinzione
e tenacia i suoi studi informatici e per quell’uomo d’affari che dichiarò al dottor Moody di non
disprezzare più professori e letture, la stragrande maggioranza dei sopravissuti ha intrapreso
percorsi culturali prima inimmaginabili.
“
dopo aver provato quell’esperienza ho sentito il desiderio di allargare le mie conoscenze. Non
pensavo tuttavia che ci fosse qualcuno a conoscenza della cosa, perché non ero mai uscito da quel
piccolo mondo provinciale. Non sapevo niente di psicologia o di cose del genere. Sapevo soltanto che
mi pareva di essere di colpo cresciuto dopo quanto mi era accaduto, perché quell’esperienza mi aveva
rivelato l’esistenza di un mondo nuovo che non avrei mai creduto possibile. Continuavo a pensare:
‘Ci sono tante cose che devo scoprire’. In altre parole, nella vita non ci sono soltanto il cinema
al venerdì sera e le partite di calcio.(
)”. [5] Le percezioni si assottigliano. I soggetti divengono più sensibili e recettivi, sia verso gli eventi
della vita che dei sentimenti altrui. Gli aspetti più materiali del quotidiano passano in
second’ordine e aumentano gli interessi filosofici e spirituali, anche se questi ultimi non sempre
hanno a che fare con un risveglio religioso.
In alcuni casi, la scoperta di questa realtà ultraterrena, induce anche l’individuo più credente a
profonde riflessioni e revisioni sui propri concetti convenzionali di fede. Vengono abbandonate le
nozioni di ricompensa e punizione, in quanto ci si rende conto che anche al cospetto delle colpe più
pesanti l’essere di luce si mostra indulgente e incita al cambiamento. I dogmi e le dottrine,
perdono di significato. Ciò che conta veramente è il divenire esseri spirituali in crescita con una
piena consapevolezza di se stessi e della propria anima.
Come già visto, nel caso di Maria e di molti altri, contrariamente a quanto si possa pensare,
l’esperienza di pre- morte, non viene vissuta soltanto da coloro che hanno sempre perseguito un
credo religioso e vissuto nella certezza di un aldilà. Molte ricerche accreditate, hanno dimostrato
che le persone molto devote sono più propense a identificare Dio nell’essere di luce ma l’esperienza
restava la stessa anche per quei soggetti che si professavano aconfessionali o che non si sarebbero
mai aspettati nulla oltre la soglia della morte. In definitiva, l’educazione religiosa può influire
solo sull’interpretazione del fenomeno. Per tutti, comunque, consegue un forte risveglio spirituale,
come se l’anima, posta dinnanzi alla propria realtà ricordasse improvvisamente le sue origini e la
sua ragion d’essere.
Inoltre, costantemente, in coloro che hanno vissuto un’esperienza di pre-morte si registra una
scomparsa della paura della morte e di tutte quelle ad essa connesse.
“Mi sono accadute molte cose. Mi è stata puntata una pistola alla tempia; e non mi ha spaventato
molto perché pensavo: ‘Bene, se davvero muoio, se davvero mi uccidono, so che continuerò a vivere”.
[6] Con ciò non si vuol dare ad intendere che il soggetto, dal momento del suo ritorno nella dimensione
terrena, forte del fatto di aver scoperto che la sua anima è unica e immortale, comincia a vivere in
modo spericolato, andando volontariamente incontro a situazioni che potrebbero compromettere
seriamente o in modo irreversibile la sua incolumità. Tutt’altro. L’istinto di sopravvivenza rimane.
Una donna che aveva vissuto un’esperienza di pre- morte così racconta:
“Poco dopo l’infarto, scivolai sui gradini di casa. Mentre cadevo cercavo disperatamente un appiglio
cui aggrapparmi. E’ vero che pensavo: ‘Strano! Sai benissimo che se muori vai in un posto
meraviglioso!’ Però mi sentivo stringere la gola dal panico. L’istinto di conservazione non
scompare, dopo un’esperienza del genere!”. [7] Come già si è stato visto e dimostrato, sia con il caso di Maria e di tanti altri e come ancora ne
vedremo, la consapevolezza di una vita che continua infonde nell’individuo, che ne ha potuto fare
esperienza, una maggiore sensibilità, nonché rispetto e attenzione, nei confronti dell’esistenza che
gli appartiene.
Anche nei casi in cui il soggetto ha tentato il suicidio, proprio l’aver constatato che al di là di
tutto c’è ancora amore e comprensione, ha contribuito a dare un senso nuovo alla sua vita.
Gianluca R., un uomo di cinquantadue anni, conosciuto per caso tempo fa, mi rivelò che a seguito di
una grossa perdita finanziaria, in gioventù aveva tentato il suicidio con dei barbiturici. All’epoca
aveva una moglie e due figli piccoli, ma per lui non esisteva nient’altro ormai se non il disonore e
il profondo senso di fallimento che si portava dietro. Il suo gesto, ovviamente, non aveva condotto
all’esito desiderato e lui si era ritrovato in un letto di ospedale, salvato in extremis dalla
moglie che rientrando prima del previsto in casa lo aveva trovato in fin di vita ai piedi del letto.
La corsa con l’ambulanza verso il pronto soccorso sembrava disperata. I medici lo avevano dato per
spacciato. Ma dopo un quarto d’ora di disperati tentativi, il cuore aveva ripreso a battere. Ancora
oggi, Gianluca, non ama parlare molto di quel periodo, tanto meno di ciò che ha vissuto durante quel
quarto d’ora. Ma assicura di aver fatto “l’esperienza più interessante” di tutta la sua vita. E la
sua visione delle cose è cambiata radicalmente a seguito di quell’episodio.
“Ho compreso di aver commesso una sciocchezza incommensurabile. Quando ho riaperto gli occhi ce
l’avevo un po’ con i medici e con mia moglie che avevano fatto di tutto per riportarmi in vita.
Sarei voluto rimanere lì dov’ ero. Eppure,né in quel momento né in seguito mi è saltato più in mente
di ritentare il suicidio. Ormai avevo capito che nulla può veramente distruggerci o ferirci. C’è
sempre una possibilità e la vita vale comunque la pena di essere vissuta, così com’è. Soprattutto so
che bisogna andare fino in fondo.Da allora, non c’è stato più nulla che mi potesse fare veramente
paura, tanto meno i problemi economici.”
Il soggetto, quindi, dopo un’esperienza di pre-morte, indipendentemente da come essa si sia
verificata, si sente rinvigorito nello spirito e nel fisico e pronto ad affrontare le difficoltà
della vita con più coraggio, dinamismo e senso di lealtà.
La scoperta dell’aldilà non fa sì che l’individuo tenda a svalorizzare la sua esistenza terrena,
anzi, egli mostra di apprezzare maggiormente la vita in tutti i suoi aspetti.
Tutti coloro che sono tornati hanno cominciato, per la prima volta, a percepire la propria vita come
un bene prezioso, sovvertendo i suoi valori e dando priorità ad onestà, letizia e tenerezza.
Resta, per certi versi, la paura della sofferenza legata all’eventuale circostanza finale, tuttavia,
questa appare minimizzata rispetto all’importanza che si da all’anima e alla sua immortalità. Ci si
rende conto, in definitiva, che i poteri dello spirito sono infiniti e che nessuna ferita,
menomazione o malattia può davvero danneggiare l’essenza più profonda di se stessi. Si accettano le
prove naturali che l’esistenza comporta come qualcosa di inevitabile ma di poi non così dannoso per
la propria anima che, una volta superato il tutto, continuerà a vivere, ad apprendere e ad amare.
Ma a questo punto del nostro percorso sarà lecito domandarsi: per tutti coloro che invece non fanno
ritorno cosa accade? L’anima quali tragitti segue e che senso dà alla propria sopravvivenza? E’
possibile ipotizzare una permanenza eterna in quell’altra dimensione nella consapevolezza di aver
completato la propria esperienza in una sola esistenza? Oppure è più logico pensare che la nostra
evoluzione spirituale necessiti di più vite e di numerose altre opportunità per raggiungere la
perfezione?
Dott.ssa Elisa Albano
NB. Gli articoli sono tratti da un testo in preparazione.
[1] LUCIA PAVESI – Oltre la vita (Esperienze di pre-morte)., Ed De Vecchi, Milano 1997., p. 55[2] Idem p. 56
[3] PAOLA GIOVETTI – DEDE RIVA – RUDY STAUDER – Esperienze di frontiera (Il confine sottile tra
realtà terrena e l'”altra” dimensione)., Ed Sonzogno, Milano, 2001, p. 80.
[4] RAYMOND A. MOODY Jr. – La vita oltre la vita., Op. Cit., p. 76.
[5] RAYMOND A. MOODY Jr. – La vita oltre la vita., Op. Cit., p. 81
[6] RAYMOND A. MOODY Jr. – La vita oltre la vita., Op. Cit. p.85
[7] LUCIA PAVESI – Op. Cit., p. 174
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