ARTE, COSCIENZA E ISPIRAZIONE (PARTE SECONDA)

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ARTE, COSCIENZA E ISPIRAZIONE (PARTE SECONDA)

Tratto da una conferenza del Prof. Marco Ferrini,
tenutasi a Ponsacco il 14 Marzo 2009.

A cura di Fabrizio Fittipaldi

Lo spazio e il tempo non esistono su di un piano ontologico, ma solo su un piano relativo e
puramente convenzionale. L’arte, quando autentica, esprime uno sforzo costante a trascendere questi
due pilastri della mente umana che, d’altra parte costringono la coscienza a mantenersi al di qua
dei livelli supremi che le competono e a cui naturalmente tende. L’ispirazione consente dei viaggi
che trascendono ogni riferimento fisico e spazio-temporale; dei viaggi che non si compiono con il
corpo e che non possono essere testimoniati da altri se non dal protagonista. Dante, San Paolo,
Maometto, Ibn Arabi sono viaggiatori di dimensioni altre che grazie ai loro resoconti ci consentono
di gustare qualche goccia dell’oceano di verità che hanno solcato coi navigli della loro
consapevolezza.

L’arte racchiusa nella Divina Commedia, a settecento anni di distanza dalla sua composizione,
produce brividi che, ancora oggi, scuotono i lettori d’ogni parte del mondo fin nell’intimo della
loro natura. La scultura greca di duemila cinquecento anni fa, le opere di Fidia, di Skopas, di
Prassitele, di Lisippo sono portatrici di una proporzione assoluta ed esprimono modelli così
perfetti che, percepiti nella loro pienezza, fanno trasalire nella esperienza divina della bellezza.
Se ci accostiamo agli antichi testi della tradizione vedica che trattano il tema dell’arte e delle
proporzioni, ci imbattiamo nei deva e nelle descrizioni che li riguardano. I deva sono degli esseri
celesti che vivono in un corpo di luce impercettibile ai sensi e che abitano dimensioni superiori;
per appercepirli occorre aver sviluppato un livello elevato di coscienza che travalica i limiti
della comune consapevolezza. A chi raggiunge ed esplora questi stati di super-coscienza si concede
la visione e l’esperienza della perfetta proporzione e armonia tra la parti e tra le parti e il
tutto: così “l’uomo” di Leonardo, che era stato anche “l’uomo” di Vitruvio, entra in un quadrato e
descrive una circonferenza.

Tutte queste grandi anime di artisti e di viaggiatori metafisici sono collegati, condividono la
stessa dimensione a-spaziale/a-temporale e vivono in relazione tra di loro. Questa è la dimensione
dei principi eterni, delle verità eterne e delle realtà eterne, che rappresentano l’universalità che
noi tutti ricerchiamo e attraverso la quale ogni dualità si dissolve e tutto diventa amichevole,
benevolo, evolutivo: non siamo più vittime delle disgrazie che costellano quest’esistenza materiale,
ma ne diventiamo distaccati testimoni. Il principio fondamentale è l’intuizione che, perseguita e
coltivata, costituisce la chiave d’accesso all’ispirazione e alla percezione di valori e di realtà
che le strutture della materia non hanno ancora rivelato. Questi principi archetipici della
creatività e della conoscenza non sono esclusivi del mondo dell’arte, ma sono condivisi dalla più
alta ricerca scientifica o filosofica; per non parlare di quella spirituale. Il famoso teorema di
Pitagora esprime una implicita e segreta relazione tra i lati di un triangolo rettangolo:
l’equivalenza tra il quadrato costruito sull’ipotenusa e la somma dei quadrati costruiti sui cateti.
All’origine di questa scoperta non c’è una misurazione, ma una pura intuizione, solo successivamente
comprovata. Allo stesso modo Newton ha scoperto la legge gravitazionale: tutta la sua intelligenza
era predisposta alla soluzione di determinate problematiche, cosicché la semplice esperienza di una
mela che cade dall’albero si è trasformata, per lui, nella scintilla che ha fatto divampare il fuoco
della comprensione, della percezione interiore di dinamiche e realtà fino a quel momento
sconosciute. Per poter essere rivelata, una realtà deve essere prima intuita. Nella danza, nella
musica, in tutte le manifestazioni d’arte sono i sensi interni che verificano la autenticità di una
forma (tanto un passo di danza come un’armonia, tanto una figura plastica come una retorica, ecc.).
È in funzione di questi sensi interni che l’artista sviluppa un determinato rapporto con la materia,
sforzandosi di adattarla alla sua visione e intuizione interiori. Attraverso la pratica, madre di
ogni perfezione, si può giungere ad assottigliare il divario che esiste tra l’immagine intuita e
quella che l’artista è in grado di esprimere, ma non ad annullarlo.

La materia, infatti, mostra sempre una specifica resistenza alla volontà dell’artista, fino a
opporvisi ostinatamente. Nel mezzo di questo “litigio” può accadere che da un bel blocco di bianco
di Carrara o da un bel pezzo di noce partano dei pezzi in più, compromettendo così il progetto
originario e provocando, per questo, una disaffezione dell’artefice nei confronti dell’opera. Un
sentimento simile, persino violento e aggressivo, può nascere nell’artista la cui opera sia stata
scoperta in una forma ancora incompiuta o da lui stesso non approvata. La tradizione ci rimanda,
come monito, la storia della figura divina di Shri Jagannath: avendo incaricato il famoso scultore
Vishvakarma di eseguire una scultura che raffigurasse l’immagine divina di Shri Krishna, il re
committente, nonostante le raccomandazioni volle vedere il lavoro prima che fosse terminato, facendo
sì che tutto, come d’incanto, si bloccasse al punto in cui era quando egli entrò nel laboratorio.

Queste reazioni apparentemente eccessive hanno molto a che vedere col processo artistico e con uno
stato, che gli è proprio, di profonda e intensa concentrazione. Facendo confluire stabilmente i
raggi del flusso di coscienza sul punto dell’intuizione l’artista lo penetra ed entra in quel mondo
dove risiede la forma che ha scelto di riprodurre. Ogni motivo di distrazione potrebbe rivelarsi
fatale e compromettere in un attimo i successi ottenuti con un lavoro intenso e prolungato; in una
misura inversamente proporzionale al grado di conoscenza, maturato dall’artista-meditante, della
dimensione ultrasensibile raggiunta. La pratica continua e la ripetuta esperienza permettono di
approfondire in maniera così piena la relazione con questi livelli percettivi superiori da
consentire una amplia integrazione tra questa e le frenetiche dinamiche del mondo quotidiano. Ma per
il vero artista la ricerca non conosce sosta né fine e questi conseguimenti non sono che stazioni di
passaggio nella sua eterna scalata. Ecco perché spesso gli artisti appaiono strani ed estremamente
stravaganti: non solo per puro egocentrismo (il che costituisce un preciso difetto), ma anche perché
cercano costantemente quel mondo che hanno voluto e che sono stati in grado di penetrare. Questa
capacità è spesso un’eredità di vite precedenti, piuttosto che il frutto di enormi sforzi compiuti
in una sola vita; il che ci permette di spiegare casi apparentemente miracolosi come l’inconcepibile
precocità di Mozart o lo stupefacente talento pittorico di un giovane e incolto pastorello, qual’era
Giotto prima dell’incontro con Cimabue, suo futuro maestro. Gli stessi principi gnoseologici
strutturano l’indagine scientifica, filosofica o religiosa: qualunque sia il campo esperienziale,
per oltrepassare le barriere mentali del conosciuto, il vero ricercatore deve raggiungere uno stato
coscienziale che trascenda i ristretti limiti conoscitivi che caratterizzano i cinque organi di
senso. Livelli di percezione elevata sono diretta conseguenza di una purificazione della coscienza,
così come l’autentica ispirazione corrisponde a uno sviluppo etico e morale ed è sempre finalizzata
all’elevazione coscienziale delle persone.

Infatti non sempre la percezione di una realtà differente da quella oggettiva corrisponde
all’esperienza di una dimensione superiore e, se è vero che le droghe inducono una alterazione dei
sistemi appercettivi sensoriali, fanno precipitare la coscienza a livelli inferiori di realtà. È
facile scuotere le persone con discorsi tanto appassionati quanto insensati, con provocazioni
pseudo-artistiche o con sostanze tossiche, ma non è altrettanto semplice creare i presupposti
affinché una persona, dopo l’autentica esperienza spirituale, non voglia più tornare ai livelli
ordinari di percezione. Nella letteratura sacra e in particolar modo nel Bhagavata Purana sono
narrati diversi episodi che esemplificano questa incontrastabile attrazione che l’esperienza mistica
produce su coloro che ne sono stati rapiti: a Narada Muni e a Druva Maharaja è concesso di
contemplare per un attimo la forma stessa di Dio e da quel momento e per il resto della loro vita
non potranno più discostarsi dalla ricerca di quella visione.

Lo stesso Dante descrive nella Vita Nova una visione spirituale che orienterà le sue scelte, i suoi
interessi e le sue ricerche fin dalla sua giovinezza, e che lo spronerà a portare avanti la sua
opera nonostante le drammatiche vicende politiche e personali che segnarono in maniera così forte la
sua epoca e la sua vita. Dante non si lascia invischiare nelle corrotte dinamiche politiche della
Firenze di allora, né si abbatte per il repentino e terribile cambio di posizione sociale dovuto
all’esilio forzoso e alle ripetute condanne a morte. La sua coscienza è illuminata e accesa dal
desiderio di realizzazione della propria natura spirituale. Per lui la poesia rappresenta il mezzo
per indagare e per realizzare la bellezza e la dolcezza; il mezzo che gli permetterà di giungere
alla scoperta dell’amore divino che tutto pervade e che unisce eternamente l’anima individuale col
Signore supremo. Per tutta la vita Dante è volto alla ricerca dell’anima e della suprema relazione
d’amore, ma è costretto a velare questi suoi sentimenti profondi per evitare le ritorsioni della
potente Chiesa del tempo che, per motivi politici ed economici, deteneva con la forza il monopolio
sulla religiosità. In questo contesto si spiega la figura di Beatrice e delle “donne scherno” dei
poeti stilnovisti che, lungi dall’essere donne in carne e ossa, celano, a occhi indiscreti, l’anima
degli artisti e il loro irrefrenabile desiderio di realizzazione e comunione col divino. Volendo
trasmettere in una forma di assoluta bellezza (in grado di riflettere l’altezza dell’argomento)
significati che travalicano la comprensione logica, Dante deve scrivere in modo da creare una nebbia
che allo stesso tempo celi e manifesti i contenuti più profondi della sua opera.

Nel porci di fronte ai versi della Commedia, dobbiamo cercare di spogliarci delle nostre forme
mentali per consentire alle immagini con cui l’opera parla, frutto della più alta ispirazione
artistica, di scuoterci e nutrirci. Immagini che penetrando e risuonando dentro di noi ci conducono
a sperimentare realtà nuove che trascendono il mondo delle apparenze. Questo è il frutto
dell’ispirazione. La si può cercare nell’arte, la si può cercare nel deserto, la si può cercare
prendendosi cura degli ultimi; la si può portare nei laboratori universitari, nelle mostre d’arte o
nei centri di predica: l’importante è avere qualcosa da donare, l’importante è creare un elevato
livello di coscienza. Da un intenso stato meditativo si genera l’estasi che si esprime d’accordo
alle tendenze e alle competenze individuali; ma alla base di ogni comprensione profonda e
rinnovatrice c’è sempre l’ispirazione, che informa opere capaci di trasformare la vita alle persone.
In conclusione l’arte non è diretta solo all’educazione estetica e formale, l’incontro con
un’autentica opera d’arte non rappresenta un’esperienza puramente estetica, relativa alla
sensazione. L’artista deve costantemente confrontarsi con le responsabilità implicite del suo
mestiere, senza lasciarsi irretire da un sentimentalismo superficiale e dannoso. Il compito
dell’opera d’arte, infatti, è quello di far compiere allo spettatore un salto evolutivo che
equivalga a un effettivo miglioramento della qualità della sua vita, in funzione di quella eterna
corrispondenza, oramai rinnegata, tra il bene e il bello. Il processo comincia con un’attitudine
apparentemente prosaica che consiste nell’impegnarsi a far bene qualunque cosa si sia chiamati a
fare. Arricchendo così il sistema nervoso di una maggiore quantità di ordine e funzionalità, si
favorisce il riorganizzarsi delle interazioni neuronali e il complessivo predisporsi dello strumento
a generare nuove comprensioni e nuove visioni che finiscono per influenzare positivamente l’intera
personalità.

arteespiritualita.blogspot.com/

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