Ascoltare il corpo

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Ascoltare il corpo

di J.K.Zinn

Tratto da:”Vivere momento per momento”
Edizione Pratica

Ascoltare il corpo

Sintomi

I farmaci per alleviare sintomi di vario genere sono un’industria da molti
miliardi di dollari. Il più lieve mal di testa, mal di stomaco o
raffreddore basta a far sì che la gente si precipiti in farmacia alla
ricerca della pillola magica per fare sparire il disturbo. Ci sono farmaci
per rallentare l’attività dell’intestino, altri per accelerarla, altri per
neutralizzare l’acidità di stomaco, altri ancora per sedare l’ansia e per
dormire.

Tutte queste medicine servono soprattutto a ridurre il disagio prodotto da
vari sintomi e spesso sono abbastanza efficaci. Ma il problema è che le
cause all’origine dei sintomi non possono venire affrontate sopprimendo
temporaneamente i sintomi.

L’abitudine di ricorrere immediatamente a farmaci per alleviare i sintomi,
riflette un atteggiamento mentale che li considera come puri inconvenienti,
inutili ostacoli che si frappongono fra noi e le cose che vogliamo fare o
il modo in cui vogliamo vivere.

Ma i sintomi sono spesso messaggi del corpo e ci dicono che qualcosa è
fuori equilibrio. Sono dei feedback di sregolazione. Ignorando questi
messaggi o, peggio, sopprimendoli, corriamo il rischio di incorrere in
squilibri più gravi in seguito. E, cosa forse ancora più importante,
facendo questo non impariamo ad ascoltare il nostro corpo e a fidarcene.

La maggior parte dei pazienti arriva alla clinica per lo stress con un
numero notevole di disturbi e sintomi. In media, durante le otto settimane
del corso, il numero di sintomi che la gente riferisce decresce di circa un
terzo. È una riduzione notevole in un periodo tanto breve. Eppure, durante
il corso ci occupiamo pochissimo dei sintomi e quando lo facciamo non è
nella prospettiva di attenuarli o mandarli via.

In primo luogo, in un gruppo di venti-trentacinque persone, quasi tutte
ansiose e preoccupate dei propri disturbi e desiderose di liberarsene,
concentrarsi sui problemi di ciascuno tenderebbe a incoraggiare un
atteggiamento molto focalizzato su di sé e un comportamento malato’.
Essendo la nostra mente quel che è, un contesto del genere produrrebbe
interminabili discussioni sulla malattia, anziché sulla trasformazione
personale. Nella clinica per lo stress, scegliendo di rivolgere
l’attenzione a ciò che funziona’ nelle persone anziché a ciò che non
funziona’, pur senza negare ciò che non funziona, riusciamo a
oltrepassare la fissazione sui dettagli della malattia e ad arrivare al
centro della faccenda, cioè alla possibilità di contattare la nostra
interezza così come siamo nel momento presente.

Saggia attenzione

Invece di discutere i sintomi come disturbi da eliminare, quando ce ne
occupiamo lo facciamo per addentrarci nell’ esperienza dei sintomi, nel
momento stesso in cui dominano la nostra mente e il nostro corpo. Il modo
in cui ci accostiamo a essi, potrebbe essere descritto come* saggia
attenzione.

Saggia attenzione significa portare la stabilità e la calma della
consapevolezza ai nostri sintomi, e al modo in cui reagiamo a essi. La
chiamo ‘saggia’ per distinguerla dal tipo di attenzione che di solito
prestiamo ai nostri problemi e disturbi. Se, per esempio, hai una malattia
cronica grave, è comprensibile che tu sia preoccupato, e magari anche
spaventato e depresso dei cambiamenti che avvengono nel tuo corpo e dei
loro possibili sviluppi. Di conseguenza dedichi ai tuoi sintomi molta
attenzione, ma di solito non è un’attenzione utile, un’attenzione che aiuta
a guarire. Il più delle volte è reattiva, carica di giudizi e di
preoccupazioni centrate su di te. È l’opposto della saggia attenzione.

La via della consapevolezza consiste nell accettarci così come siamo in
questo momento, con o senza sintomi, con o senza dolore, con o senza paura.
Invece di rifiutare la nostra esperienza come indesiderabile, ci chiediamo:
Che cosa mi dice questo sintomo? Che cosa mi rivela del mio corpo e della
mia mente in questo momento?

Ci permettiamo, almeno per un momento, di entrare nella piena sensazione
del sintomo. Questo richiede coraggio, specialmente quando il sintomo è
doloroso o quando abbiamo paura della morte. Ma puoi almeno fare un piccolo
esperimento, avvicinarti un pochino al sintomo, diciamo per dieci secondi,
tanto per guardarlo un po’ più da vicino.

Quando facciamo questo, incontriamo anche le emozioni che il sintomo ci
provoca. Se proviamo rabbia, rifiuto, paura, disperazione o rassegnazione,
cerchiamo di osservare anche queste cose il più spassionatamente possibile.
Perché? Per la sola ragione che è la nostra esperienza in questo momento.

Questo è il luogo in cui ci troviamo. Se vogliamo guarire e muoverci verso
un maggiore benessere, dobbiamo partire da dove siamo, non da dove vorremmo
essere. Il movimento verso la salute parte dal qui e ora. Perciò, osservare
attentamente i tuoi sintomi e le tue emozioni, accettando entrambi per
quello che sono, è della massima importanza. Visti in questa luce, i
sintomi e le emozioni che ti suscitano appaiono come messaggeri, venuti a
comunicarti cose importanti riguardo al tuo corpo e alla tua mente.
Anticamente, quando un re non gradiva il messaggio che gli arrivava, faceva
tagliare la testa al messaggero. Il nostro comportamento verso i sintomi è
spesso di questo genere. Ma uccidere il messaggero e ignorare il messaggio
non è un modo intelligente per cercare la guarigione. La cosa più dannosa
che possiamo fare è ignorare le connessioni che chiudono i circuiti di
feedback cruciali e ripristinano l’autoregolazione e l’equilibrio. La vera
sfida, quando abbiamo dei sintomi, è ascoltare veramente il loro messaggio
e prendercelo a cuore: vale a dire, realizzare pienamente la connessione.

Quando nella clinica un paziente mi dice che durante l’esplorazione del
corpo o la meditazione seduta ha avuto mal di testa, generalmente la mia
risposta è qualcosa come: Va bene. Dicci anche come hai lavorato con il
mal di testa -Quel che intendo è: hai colto questa occasione per esaminare
l’esperienza che chiami ‘mal di testa’, che magari è un problema che ti
perseguita nella vita di ogni giorno anche quando non stai meditando? L’hai
osservata con saggia attenzione? Hai portato alle sensazioni che hai
provato, consapevolezza e accettazione? Hai osservato i tuoi pensieri in
quel momento?

O la mente è saltata automaticamente nel rifiuto e nel giudizio, magari
sentendo di non riuscire a meditare’ o di non essere capace di rilassarti o
che la meditazione non funziona o che i tuoi mal di testa sono incurabili?

Disidentificazione

Tutti noi possiamo avere questi pensieri negativi e molti altri. Vanno e
vengono. Come ogni altra reazione, la sfida che essi ci propongono è quella
di osservarli semplicemente* come pensieri. Facendo ciò, puoi anche
accogliere il mal di testa nella tua esperienza presente, perché c’è
comunque, che ti piaccia o meno. Riesci a decifrarne il messaggio,
ascoltando attentamente come si sente ora il tuo corpo? C’è qualche umore o
emozione che ha preceduto il mal di testa? Riesci a identificare un evento
che lo ha messo in moto? Che cosa provi ora? Ti senti ansioso, depresso,
triste, deluso, scoraggiato, irritato? Riesci a stare con quello che senti
in questo momento? Riesci a osservare le tue reazioni con saggia
attenzione? Riesci a osservare i tuoi pensieri e le tue emozioni
semplicemente come pensieri ed emozioni? Riesci a cogliere l’impulso a
identificarti con essi, a viverli come ‘il mio mal di testa’, la
mia irritazione’, i miei pensieri’?
Riesci a lasciare andare il mio’ e ad accettare il
momento semplicemente per quello che è?

Osservando il mal di testa, esaminando la costellazione di pensieri e di
emozioni che lo accompagnano (la reazione, il giudizio, il rifiuto di come
ti senti, il desiderio di sentire qualcosa di diverso), magari a un certo
punto ti accorgerai che tu non sei il mal di testa, a meno che non ti ci
identifichi tu stesso. Forse non è il tuo mal di testa, ma solo un mal
di testa, o forse solo una sensazione nella testa che non ha bisogno di
nessun nome.

Il linguaggio che usiamo è molto rivelatore della tendenza a personalizzare
i nostri sintomi e malattie. Per esempio, diciamo: “ho il mal di testa,ho
l’influenza, ho la febbre. Sarebbe più giusto descrivere il mal di
testa, l’influenza, la febbre come processi dinamici di cui facciamo
esperienza, non stati che ci appartengono.

Legando automaticamente e inconsciamente ogni sintomo a ‘io’ e ‘mio’, la
mente già ci sta preparando diversi trabocchetti. Dobbiamo renderci conto
di questa tendenza all’identificazione e coscientemente lasciarla andare
per potere ascoltare più profondamente il messaggio del sintomo, non
oscurato dalle nostre reazioni.

Quando osservi un sintomo con piena consapevolezza, che sia tensione
muscolare o palpitazioni cardiache, difficoltà di respirare, febbre o
dolore, è molto più facile ricordarti di rispettare il tuo corpo e
ascoltarne i messaggi. Quando non riusciamo a metterci in un vero rapporto
di ascolto e neghiamo il sintomo o ce ne preoccupiamo in maniera ossessiva
ed esagerata, ci creiamo seri problemi. Di solito il tuo corpo fa di tutto
per farti arrivare i suoi messaggi, anche quando non ha una buona
connessione con la tua mente cosciente.

Un sacerdote che ha partecipato al corso per la riduzione dello stress ha
descritto così la sua esperienza, dopo alcune settimane di meditazione. Si
accorgeva ora che per anni il suo corpo aveva cercato di indurlo a
rallentare la sua attività frenetica, dapprima facendogli venire dei mal di
testa mentre lavorava. Lui non ci aveva fatto caso e i mal di testa erano
peggiorati.

Poi il corpo gli aveva creato un’ulcera. Ma ancora lui non lo aveva
ascoltato. Allora gli aveva fatto venire un attacco cardiaco. Questo lo
aveva spaventato abbastanza da cominciare a prendere sul serio la
situazione. Ora era grato che gli fosse venuto il colpo al cuore e lo
considerava un dono. Perché avrebbe potuto ammazzarlo, ma non l’aveva
fatto. Gli aveva lasciato un’altra possibilità. E sentiva che forse era per
lui l’ultima occasione per cominciare a rispettare il suo corpo e ad
ascoltarne i messaggi.

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