Avatara 3

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Avatara 3

(di Annie Besant)

Quattro conferenze tenute al raduno del ventiquattresimo anniversario
della Società Teosofica ad Adyar, Madras, dicembre 1899.

Contenuti:

Cos’è un Avatara
La Fonte e la necessità di Avatara
Alcuni Avatara Speciali
Shri Krishna

Titolo originale: ‘Avataras’
Traduzione italiana di Tancredi Marrone
(ISTITUTO CINTAMANI)

– Parte Terza

TERZA CONFERENZA

Alcuni Avatara Speciali

L’argomento di questa mattina, fratelli miei, da un lato è facile e
dall’altro è difficile, perché le storie degli Avatara possono essere
facilmente raccontate e prontamente comprese; difficile perché il
significato che si nasconde sotto queste manifestazioni potrebbe
risultare poco familiare, e non essere pienamente compreso da chi lo
ascolta individualmente. E io devo cominciare con un discorso generale
riguardo questi Avatara speciali. Ricorderete che vi detto che tutto
l’universo dev’essere considerato come l’Avatara del Supremo,
l’Auto­rivelazione di Ishvara. Ma qui non sto trattando di
quell’Auto-rivelazione in generale, né stiamo considerando le molte
rivelazioni che sono avvenute di epoca in epoca, evidenziate da
particolari caratteristiche; abbiamo visto, riferendoci ad un paio di
antichi scritti, che sono elencate molte venute del Signore, e oggi
parleremo solo di alcuni di questi avventi, di quelli che sono
accettati comunemente come Avatara.

Ora, su un solo punto mi sono sentita confusa fin dall’inizio, e non
so se nella vostra letteratura exoterica sia fatta chiarezza su questo
punto, cioè come questi dieci Avatara siano stati individuati, chi era
la persona che li aveva scelti da una lista più lunga, e su quale
autorità poggia quella lista. Su questo punto devo semplicemente
affermare che la mia domanda è senza possibilità di risposta. Potrebbe
essere un argomento familiare per chi ha fatto delle ricerche nel
campo della letteratura exoterica. Comunque, non è un punto talmente
importante da sprecare tempo e fatica in quella che chiamiamo la via
della ricerca occulta. Quindi, lo metto da parte, perché vi è un solo
motivo per cui alcuni di questi punti si distinguono in modo chiaro e
definito. Essi indicano gli stadi nell’evoluzione del mondo.
Puntualizzano nuove partenze nella crescita della vita che si
sviluppa, e se questo era il motivo sottostante alla scelta exoterica
io non sono in grado di dirlo; ma certamente quel motivo è in se
stesso sufficiente a giustificare la speciale distinzione che viene
fatta.

C’è da considerare un altro punto in generale. Nei Purana si trovano
descrizioni di questi Avatara; allusioni ad essi, a un ordine o
l’altro, si trovano in altre scritture antiche, ma al momento in cui
scendiamo nei dettagli dobbiamo ritornare alle descrizioni puraniche;
come sappiamo, i saggi, nell’elaborare questi Purana, molto spesso
descrissero le cose così come vengono viste sui piani superiori,
raffigurando la verità che sta sotto i fatti e gli avvenimenti;
abbiamo delle apparizioni rappresentate con suoni molto strani nel
mondo inferiore; vi troviamo l’asserzione di fatti che oggi sollevano
molti dubbi. Quando leggiamo nei Purana di strane forme e meravigliose
apparizioni, quando leggiamo racconti di creature che non assomigliano
ad alcuna cosa di cui abbiamo mai sentito o immaginato, la mente
moderna, con i suoi angusti limiti, tende a rivoltarsi contro questi
racconti, allenata solo nei limiti della scienza dell’osservazione,
per cui è necessariamente circoscritta entro quei limiti, e quei
limiti sono di una portata troppo vincolante. Sono limiti che
appartengono solo a questo periodo moderno, moderno per gli uomini,
nel vero senso del termine, anche se le ricerche geologiche si
estendono naturalmente molto lontano, in quella che in questo
diciannovesimo secolo chiamiamo la notte del tempo. Ma dovete
ricordare che la geologia di oggi va oltre il periodo storico, che è
un semplice momento nella storia del mondo, ed ha molte più
supposizioni che fatti, più teorie che prove. Se prendete una mezza
dozzina di geologi odierni e chiedete a ciascuno di loro, a turno, la
datazione del periodo la cui testimonianza resta in un piccolo numero
di fossili raccolti, troverete che quasi ogni geologo attribuisce una
data diversa, e che questi fossili hanno differenze di milioni di
anni, sebbene siano soltanto i nostri secondi o minuti. Dovete
ricordare, in ciò che la scienza può dirvi del mondo, comunque
accurata possa essere entro i suoi confini, che questi limiti sono
estremamente ristretti, e per limiti intendo

quando essi vengono misurati da una panoramica che ritorna indietro
kalpa dopo kalpa, e sa che la mente del Supremo non è limitata alle
manifestazioni di poche centinaia di migliaia di anni, ma va indietro
di milioni e milioni, centinaia di milioni di centinaia di milioni di
anni, e che le varietà della forma, le enormi differenze di tipi, i
meravigliosi generi di creature che sono scaturiti da
quell’immaginazione creativa, trascendono effettivamente tutto ciò che
l’uomo possa supporre, e che le immagini più azzardate create
dall’uomo cadono di fronte alle realtà che veramente sono esistite nei
kalpa passati, attraverso cui l’universo è passato. Qualche consiglio
è necessario, e voglio anche dirvi che sui piani superiori le cose
appaiono molto diverse da come appaiono qui, dove abbiamo solo un
riflesso parziale di quelle forme superiori di esistenza. Lì lo spazio
ha più dimensioni di quante ne abbia sul piano fisico, e ogni
dimensione dello spazio aggiunge una nuova varietà fondamentale alla
forma; se, per illustrare ciò, dovessi usare una similitudine come ho
spesso fatto, forse potrei darvi una piccola idea di quello che
intendo dire. Delle due similitudini che vi proporrò, ciascuna fa un
pò di chiarezza su un argomento molto difficoltoso. Supponiamo che vi
sia presentato un disegno di forma solida; il quadro, essendo creato
dalla penna o dalla matita su un foglio di carta, deve mostrare sul
foglio, che praticamente è a due dimensioni – la superficie di un
piano – una forma tridimensionale; per cui, se volete rappresentare un
oggetto solido, un vaso, dovete disegnarlo piatto, e potete solo
raffigurare la solidità di quel vaso ricorrendo a certi accorgimenti
di luci ed ombre, ad una tecnica artificiale che è chiamata
prospettiva, per rendere una somiglianza illusoria della terza
dimensione. Sulla superficie del piano voi tracciate un’apparenza
solida, e l’occhio è ingannato nel pensare di vedere un solido, quando
in realtà sta guardando una superficie piatta. Ora, in verità, se
mostrate questo disegno a un selvaggio sottosviluppato, o a un bambino
piccolo, essi non vedranno un solido ma solo una superficie piatta,
non riconosceranno che il disegno è quello di un oggetto solido che
hanno visto nell’ambiente circostante; non vedranno che quella
rappresentazione artificiale significa mostrare un solido familiare, e
quindi esso è guardato senza produrre alcuna impressione sulla mente;
solo l’allenamento dell’occhio ci rende capaci di vedere su una
superficie piatta il disegno di una forma solida. Ora, con uno sforzo
dell’immaginazione, potreste pensare a un solido come a una
rappresentazione di una forma con una dimensione in più, mostrata da
un tipo di prospettiva? Allora potete farvi una vaga idea di cosa
intendiamo quando parliamo di un’ulteriore dimensione nello spazio.
Come il disegno sta al vaso, così sta il vaso rispetto ad un oggetto
superiore del quale lo stesso vaso è un riflesso. Così è se pensate
anche, per così dire, al fiore di loto di cui vi ho parlato ieri;
poiché ha proprio le punte delle foglie sull’acqua, ciascuna punta
apparirebbe come un oggetto separato. Voi sapete che esse sono parti
di un solo oggetto; ma venendo sulla superficie dell’acqua voi vedrete
solo delle punte per ciascuna foglia del loto dai sette petali. Così
ogni globo nello spazio è un oggetto apparentemente separato da tutto,
mentre in realtà non è separato affatto, ma è parte di un insieme che
esiste in uno spazio a più dimensioni; e la separatività è una pura
illusione dovuta ai limiti delle nostre facoltà.

Ora, ho premesso quest’introduzione per mostrarvi che quando leggete i
Purana voi considerate coerentemente il fatto sul piano superiore
descritto in termini di quello inferiore, con il risultato che sembra
incomprensibile, inintellegibile; allora avete ciò che è chiamata
un’allegoria, cioè una realtà che quaggiù sembra una fantasia, ma che
è una verità più profonda dell’illusione della materia fisica, e più
vicina alla realtà delle cose, più delle cose che chiamate oggettive e
reali. Se seguite completamente questa linea di pensiero leggerete i
Purana con più intelligenza e certamente con maggior reverenza di
quanto possa fare il moderno indù nel leggerli, e comincerete a
comprendere che quando si apre un’altra visione, vediamo le cose in
maniera diversa da come le possiamo vedere sul piano fisico, e che ciò
che sembra impossibile sul piano fisico è ciò che in realtà è
realmente visto quando oltrepassiamo

i limiti fisici.

Queste storie provengono dai Purana.

Prendiamo in considerazione tre Avatara separatamente dal resto, per
una ragione che capirete immediatamente man mano che cominceremo ad
addentrarci nell’argomento. Prendiamo l’Avatara detto Matsya, o il
pesce; l’Avatara detto Kurma, o la tartaruga; l’Avatara detto Varaha,
o il cinghiale. Tre forme di animali, che strano, pensa l’erudito uomo
moderno! Che strano che il Supremo debba prendere le forme di questi
animali inferiori, un pesce, una tartaruga, un cinghiale! Che
ingenuità infantile!” “Il vagito di una razza nella sua infanzia,”
dicono i pandit del mondo occidentale. Ma non siate così sicuri.
Perché questa straordinaria presunzione della forma umana? Perché
dovremmo essere i soli veicoli meritevoli della Divinità che è
scaturita dalla Mente sconfinata nel percorso delle Ere? Che cosa c’è
in questa particolare forma di testa, braccia e torace, da essere il
solo veicolo degno di servire alla manifestazione del supremo Ishvara?
Non vedo niente di così meraviglioso nella semplice forma esteriore da
renderla la sola degna di rappresentare alcuni degli aspetti del
Supremo. E non potrebbe essere che dal Suo punto di vista queste
grandi differenze che vediamo tra noi stessi e quelle che chiamiamo le
forme inferiori di vita siano quasi impercettibili, in quanto Egli le
trascende tutte? Un bambino piccolo vede un’immensa differenza tra sé,
che è alto un metro, e un bambino alto solo 60 centimetri, e pensa di
essere egli stesso un uomo al confronto con quella piccola forma che
si rotola incapace di camminare. Ma l’uomo adulto non vede tanta
differenza nell’altezza dei due bambini, e uno sembra molto simile
all’altro. Quando siamo piccoli notiamo grande differenza tra noi
stessi e gli altri, ma dalla cima della montagna una baracca e un
palazzo non differiscono molto. Essi sembrano come un formicaio, tutti
della stessa altezza. E così dal punto di vista di Ishvara, nelle
vaste gerarchie dal minerale al Deva più elevato, le distinzioni non
sono altro che che formicai in confronto a Se Stesso, e una forma o
l’altra è egualmente degna, perché esprime il Suo proposito e
manifesta la Sua volontà.

Parliamo, a proposito dell’Avatara Matsya, della storia che tutti
conosciamo: quando il grande Manu, Il Manu Vaivasvata, il Manu Radice,
come lo chiamiamo – cioè, il Manu non di una sola razza, ma di una
grande ronda completa di evoluzione cosmica, che presiede ai sette
globi che sono collegati all’evoluzione del mondo – quel Manu
maestoso, un giorno che era seduto in contemplazione, vide un piccolo
pesce che annaspava nell’acqua; mosso da compassione, come lo sono
tutti i grandi esseri, Egli raccolse il piccolo pesce e lo mise in un
recipiente, e il pesce crebbe finché raggiunse la capacità del
recipiente; e allora Egli lo mise in un recipiente più grande; in
seguito, in una vasca, poi in un laghetto, in un fiume, nel mare, e il
meraviglioso pesce crebbe ancora, sempre di più. Arrivò il momento in
cui stava per sopraggiungere un grande cambiamento, uno di quei
cambiamenti chiamati un pralaya minore, ed era necessario che i semi
della vita fossero trasportati in quel pralaya fino al manvantara
successivo, che sarebbero stati un pralaya e un manvantara minori. Che
cosa significa? Significa un passaggio dei semi di vita da un globo
all’altro, da ciò che chiamiamo il globo che precede il nostro, fino
alla nostra terra. E’ compito del Manu Radice, con l’aiuto e la guida
del Logos planetario, trasferire i semi di vita da un globo al
successivo, in modo da piantarli un un nuovo terreno dove sia
possibile un’ulteriore crescita. Quando le acque aumentarono, quando
le acque della materia sommersero il globo che stava entrando in
pralaya, allora apparve un’arca, un vascello; in questo vascello si
fermò il grande Rishi insieme agli altri, e portarono via i semi di
vita, e mentre Essi salivano, sulle acque apparve un enorme pesce, e
il vascello fu agganciato con una corda intorno alla coda di quel
pesce, che trasportò in modo sicuro il vascello fino alla terraferma
dove il Manu ricominciò il Suo

lavoro. Una storia! Sì, una storia! Ma una storia che racconta una
verità, poiché in essa vediamo che ha luogo la storia del mondo, e
vediamo sorgere il vasto oceano di materia, vediamo il Manu Radice e
con Lui i grandi Iniziati che raccolgono i semi di vita dal mondo il
cui lavoro era concluso, trasportandoli sotto la guida del Vishnù
planetario e con il Suo aiuto verso un nuovo globo dove è dato un
nuovo impulso alla vita; e la ragione per cui fu scelta la forma del
pesce era semplicemente perché, nel costruire nuovamente il mondo,
esso era dapprima coperto dall’acqua, e solo quel tipo di vita era
originariamente possibile per quanto riguardava la vita fisica più
densa.

Abbiamo quel primo stadio che i geologi chiamano Epoca Siluriana,
l’Era dei pesci, quando la grande manifestazione divina apparve in
tutte queste forme di vita. Giustamente questo Purana comincia dal
Kalpa precedente, e giustamente dà inizio alla manifestazione con la
manifestazione nella forma del pesce. Dopo tutto non è così ridicolo,
come vedete, quando leggiamo in base alla conoscenza e non in base
all’ignoranza; una verità, poiché i Purana sono pieni di verità, se
solo fossero letti con intelligenza e non con pregiudizio.

Ma qualcuno di voi potrebbe asserire che vi è confusione riguardo
questi primi Avatara; in diversi racconti troviamo che il Cinghiale
sta per primo; è vero, ma la chiave esplicativa è questa: l’Avatara
Cinghiale inizia quell’evoluzione che fu seguita poi da quella umana,
mentre gli altri due Avatara si riferiscono a grandi fasi, ciascuna
delle quali è considerata come un kalpa separato; e se leggerete il
Vishnu Purana vi troverete la chiave. Quando si comincia a parlare
dell’incarnazione del Cinghiale, vi è una frase che indica che gli
Avatara Matsya e Kurma appartengono a Kalpa precedenti.

Ora, se prendiamo la nomenclatura teosofica, troviamo che ciascuno di
questi kalpa si estende per una Razza Radice, come noi la chiamiamo, e
ricordate che la prima Razza Radice dell’umanità non aveva proprio
forma umana ma era semplicemente una massa fluttuante capace di vivere
nelle acque che allora ricoprivano la terra, e che mostravano solo i
movimenti protoplasmatici ordinari connessi con un simile tipo di vita
e che erano possibili a quello stadio evolutivo. Era piuttosto un seme
della forma che una forma in se stessa; era il seme piantato dal Manu
nelle acque della terra, che si sarebbe evoluto al di fuori di
quell’umanità. Ma il corso generale dell’evoluzione fisica passò
attraverso lo stadio del pesce; e la geologia qui conferma un fatto
vero, anche se non ne comprende, naturalmente, il significato
nascosto, mentre il Purana ci dà la realtà della manifestazione, e la
verità più profonda che sta dietro gli stadi del mondo che evolve.

Quindi troviamo, proseguendo, che questa grande Era passò, e il mondo
cominciò ad emergere dalle acque. In che modo quindi verranno prodotti
i nuovi tipi affinché l’evoluzione potesse proseguire? Il successivo
grande tipo dev’essere adatto sia alla terra che all’acqua; poiché il
successivo stadio della terra mostra che le acque si ritirano
gradualmente e appare la terra, e le creature che sono la
caratteristica evidente di quell’Era devono vivere parzialmente sulla
terra e parzialmente in acqua. Qui si palesa ancora la manifestazione
del tipo di vita, questa volta di ciò che chiamiamo il tipo rettile;
la tartaruga è scelta come creatura tipica; e mentre identifica il
tipo da evolvere, rettili, creature anfibie di ogni tipologia,
pullulano sulla terra, adattandosi sempre di più, nelle loro
caratteristiche, alla terra, man mano che aumentano le porzioni della
terra rispetto all’acqua. Nel frattempo, nella “sacra terra
imperitura,” avviene la preparazione per un’ulteriore evoluzione.
Esiste una parte del globo che non cambia e rimarrà finché esisterà il
globo; è chiamata “terra imperitura”. Qui si radunano i grandi Rishi,
e da li essi verranno sempre per aiutare l’uomo; questa è la sacra
terra imperitura, a volte chiamata il “sacro polo della terra.” Il
polo stesso esiste non solo sul piano fisico ma anche su

quello superiore, e il suo riflesso, riflettendosi in basso, crea, per
così dire, un luogo che non cambia mai, ma è sempre protetto
dall’intrusione profana dell’uomo comune. Lì ha luogo un fenomeno
molto istruttivo. Il tipo dell’evoluzione precedente, la Tartaruga, il
Logos in quella forma, rende Se Stesso la base della rotazione
dell’asse dell’evoluzione. Ciò è raffigurato dal Mandara, la montagna
che, posta sopra la tartaruga, è fatta ruotare dalle legioni di Sura e
Asura, i primi tirando la testa del serpente, e i secondi la coda – le
forze positive e negative di cui ho parlato ieri. Così nella materia
inizia il rimescolamento, evolvendo tipi di vita. Il prototipo evolve
sempre prima della manifestazione inferiore, e appare prima che le sue
copie nascano nel mondo inferiore. E come gli stessi discepoli dei
grandi Istruttori hanno spesso visto, accade proprio la stessa cosa;
il rimescolamento delle acque della materia produce tutti i tipi dei
molti generi e specie che sono prodotti nel mondo inferiore; questi
sono gli archetipi, come noi li chiamiamo, delle classi e delle
creature, sempre creati in vista del prossimo passo dell’evoluzione.
Gli archetipi sono generati uno per uno: l’elefante, il cavallo, la
donna, e così via, uno dopo l’altro, mostrando il percorso lungo il
quale procede l’evoluzione. E primo di tutto fuoriesce l’Amrita, il
nettare dell’immortalità, simbolo della vita Una che passa attraverso
ogni forma – e quella vita che appare sopra le acque è una conquista
necessaria affinché ogni forma possa vivere.

Non possiamo indugiare nei dettagli, posso solo tracciarne
sommariamente lo schema, mostrandovi come sia reale la verità che
giace dietro la storia, e man mano che essa procede e i tipi sono
pronti, sopravviene la sommersione del mondo sotto l’acqua, e i grandi
continenti svaniscono per un periodo.

Allora giunge il terzo Avatara, il Varaha. Nessuna terra è visibile;
le acque del diluvio l’hanno sommersa. I tipi che devono essere
prodotti sulla terra attendono nelle zone elevate il luogo in cui si
manifesteranno. Come farà la terra a sollevarsi al di sopra delle
acque che l’hanno sommersa? Ora, ancora una volta, c’è bisogno del
grande Aiutante, il Dio, il Protettore dell’Evoluzione. Allora, sotto
l’aspetto di un possente Cinghiale, la cui forma riempiva il cielo,
immergendosi nelle profondità delle acque che soltanto Lui poteva
separare, il Grande Essere discende. Egli solleva la terra dalla
regione inferiore in cui giaceva nell’attesa della Sua venuta; e la
terra riemerge ancora da sotto la superficie del diluvio, e il vasto
continente della Lemuria è la terra di quella prima Era remota. Qui la
scienza ha qualcosa da dire, abbastanza esattamente, cioè che sul
continente della Lemuria si svilupparono molti tipi di vita, e i
mammiferi vi fecero la prima apparizione. Proprio così, ed è
esattamente quello che i saggi insegnarono migliaia e migliaia di anni
fa: che quando il Cinghiale, il grande tipo dei mammiferi, si tuffò
nelle acque per portare in superficie la terra, allora ebbe inizio
l’evoluzione dei mammiferi, e il continente così salvato dalle acque
fu popolato dalle forme del regno dei mammiferi. Proprio come il Pesce
rappresentava l’epoca Siluriana, così il Cinghiale, quel tipico
mammifero, diede il via all’evoluzione dei mammiferi; occupiamoci ora
del continente Lemuriano con la sua straordinaria varietà di forme di
vita mammifera. Dopo tutto, non erano così ignoranti, come vedete, gli
scritti antichi, poiché l’uomo oggi sta solo riscoprendo ciò che è
stato a conoscenza dei discepoli dei Rishi per migliaia e migliaia di
anni.

Passiamo quindi a una strana incarnazione su questo continente della
Lemuria: esistevano tremendi conflitti; ci stiamo avvicinando a ciò
che nella nomenclatura teosofica è la metà della Terza Razza, e tra
poco l’uomo, come uomo, apparirà con tutte le caratteristiche della
sua natura. Egli non è ancora propriamente un uomo: si vedono strane
forme, metà umane e metà animali, veramente mostruose; terribili
battaglie sorgono tra queste forme mostruose nate dalla melma, com’è
chiamata – dagli scarti delle precedenti creazioni – e la vita
superiore

in cui è racchiusa l’evoluzione futura. Queste forme sono
rappresentate nei Purana come quelle della razza dei Daitya, che
combatterono contro le manifestazioni dei Deva, e che conquistarono i
Deva di epoca in epoca, li assoggettarono e governarono sulla terra
come sul cielo, mettendo ogni cosa sotto la loro influenza. Possiamo
leggere nelle splendide Stanze del Libro di Dzyan, come ce l’ha
trasmesso H. P. B., alcuni cenni, di cui abbondano i Purana, di
quell’immane lotta degli ultimi giorni, un fatto assolutamente storico
che molti di noi hanno visto. Ci viene insegnato ripetutamente di un
terrificante conflitto di forme, le forme del passato, mostruose nella
loro forza e nella loro statura, contro cui i Figli della Luce
combattevano, e contro cui discesero i grandi Signori della Fiamma.
Uno di questi conflitti, il più cruento di tutti, è raccontato nella
storia dell’Avatara conosciuto come quello di Narasimha Ð
l’Uomo-Leone. Conoscete la storia, quale indù non conosce la storia di
Prahlada? In lui abbiamo tipicizzato la spiritualità nascente che
dev’essersi mostrata nelle razze superiori dei Daitya, poiché esse
passarono definivamente nell’evoluzione umana, e la loro forma diede
il via alla possibilità che nascesse l’uomo sessuato. Non mi soffermo
sulla storia così familiare del devoto di Vishnu; come suo padre
Daitya s’ingegnò per ucciderlo perché il nome di Hari era sempre sulle
sue labbra; come allora egli tentò di abbatterlo con una spada, e la
spada cadde dal collo del bambino frantumandosi; come egli allora
cercò di avvelenarlo, e Vishnu apparve e ingoiò prima il riso
avvelenato, in modo che il bambino potesse mangiarlo con il nome di
Hari sulle labbra; come suo padre tentò di farlo morire tramite un
elefante furioso, il morso di un serpente, gettandolo in un dirupo, e
lapidandolo. Ma sempre l’implorazione “Hari, Hari,” lo salvò, poiché
nell’elefante, nel morso del serpente, nel dirupo, e nella pietra,
Hari era sempre presente, e il suo devoto fu salvo per la sua
presenza: come infine, quando il padre, contestando l’onnipresenza
della Divinità, indicò una colonna di pietra e disse, con parole
volgari: “Il tuo Hari è anche nella colonna?” “Hari, Hari,” gridava il
bambino, e la colonna esplose a pezzi, e la possente forma venne, e
fece ruotare rapidamente il Daitya che dubitava, affinché potesse
accettare l’onnipresenza del Supremo. Una storia? Fatti, non finzioni;
verità, non immaginazione; e se potete guardare indietro fino al tempo
di queste lotte, non vi vedrete nulla di strano o anormale in questa
storia; poiché potete vedere che essa si ripete con meno vividezza
nelle lotte minori in cui i Figli del Fuoco liberavano e redimevano la
terra, affinché la futura evoluzione umana recente potesse avvenire.

Passiamo da questi quattro Avatara, ciascuno dei quali viene durante
quello che è chiamato il Satya Yuga della terra Ð non della razza,
ricordatelo, non del ciclo più piccolo, ma della terra Ð il Satya Yuga
della terra nel suo insieme, quando i periodi di tempo erano
immensamente lunghi, e quando il progresso era incredibilmente lento.
Poi si passa all’epoca successiva, che chiamiamo il Tetra Yuga, che
nella cronologia teosofica è Ð ed io metto i due insieme in modo che
gli studenti possano seguirne i dettagli Ð la metà della Terza Razza,
quando l’umanità ricevette la luce dall’alto, e quando l’uomo, come
uomo, comincia ad evolversi. Da cosa è marcata quest’evoluzione? Dalla
venuta del Supremo in forma umana, come Vamana, il Nano. Il Nano? Sì,
poiché l’uomo era ancora un nano nella sua vera dimensione umana,
anche se era enorme nell’aspetto esteriore; ed Egli venne come l’uomo
interiore, piccolo, ma più forte della forma esteriore; contro di lui
c’era Bali, il potente, che mostrava la forma esteriore, mentre
Vamana, il Nano, raffigurava l’uomo che sarebbe diventato. E quando
Bali ebbe offerto un grande sacrificio, il Nano, come brahmana, venne
ad elemosinare.

È curiosa questa questione della casta degli Avatara. Una volta che
siano pervenuti alla forma umana, Essi sono quasi dei kshattrya, come
voi sapete, ma in due casi Essi sono brahmana, e questo è uno di loro;
poiché Egli stava andando ad implorare, e il Kshattrya non

può farlo. Solo colui che considera nullità le ricchezze della terra,
che non ha alcun tesoro da conservare, per il quale l’oro e l’argento
sono una cosa sola, soltanto lui può andare ad elemosinare. Egli era
un antico brahmana, non un moderno brahmana.

Egli venne a implorare il re con la ciotola dell’elemosina nella mano;
perché, a che serve un sacrificio se qualcosa non viene offerta in
sacrificio? Ora Bali era un pio governatore, del tipo dell’evoluzione
che stava scomparendo, e felicemente diede la benedizione. “Brahmana,
prendi la tua benedizione,” disse. “Io chiedo soltanto tre passi della
terra,” disse il Nano. Sicuramente tre passi della terra di quel
piccolo uomo non avrebbero coperto molta parte della terra, e il
grande re, con il suo dominio sul mondo poteva ben concedere i tre
passi richiesti al basso e striminzito Nano. Ma un solo passo coprì la
terra, e il successivo coprì il cielo. Dove si sarebbe posato il terzo
passo, dove, in modo che il dono potesse essere completato? Niente fu
lasciato da dare a Bali, tranne se stesso; niente per rendere completo
il suo dono – e la sua parola non poteva essere ritirata – tranne il
proprio corpo. Così, riconoscendo il Signore di tutto, egli si gettò
su di Lui, e il terzo passo, fatto sul suo corpo, completò la promessa
del re e fece di lui il governatore delle regioni inferiori di Patala.
Questa è la storia, così piena di significato. Quest’uomo interiore –
così piccolo a quello stadio ma in verità così potente, che doveva
governare sia la terra che il cielo – non poteva trovare per il suo
terzo passo alcun luogo da calpestare, se non la sua natura inferiore;
egli doveva elevarsi per sempre verso l’alto; ciò è sottinteso nel
terzo passo che fu fatto. È un’esauriente idea dell’evoluzione che va
avanti, la meravigliosa evoluzione che stava ora cominciando.

E posso giusto ricordarvi en passant che c’è una frase nel Rig Veda,
che si riferisce proprio a questo Avatara, che è stata fonte di
controversia infinita e di disputa per quel che riguarda il suo
significato: Vi è detto:

Attraverso tutto questo mondo Vishnù fece passi da gigante; tre volte
il Suo piede Egli posò e il Tutto fu raccolto nella polvere del Suo
passo. (I, xxii, 17) [Considerate anche I. cliv., che parla dei Suoi
tre passi, entro i quali tutte le creature viventi hanno la loro
dimora; i tre passi sono chiamati “la terra, i cieli, e tutte le
creature viventi.” Qui Bali simbolizza tutte le cose viventi.]

Anche questo è uno dei primi “vagiti dell’umanità neonata.” Non so
quale raffigurazione poetica potrebbe usare un grande uomo, più piena
di significato, più sublime nella sua immaginazione, di quella che
l’intero mondo fu raccolto nella polvere del piede del Supremo.
Poiché, cos’è il mondo se non la polvere dei Suoi passi, e come
potrebbe esso avere qualsiasi vita se non quella che il Suo piede ha
toccato?

Quindi passiamo oltre, andando avanti nel Treta Yuga, e arriviamo a
un’altra manifestazione – quella di Parashurama, uno strano Avatara,
potreste pensare, e Avatara solo in parte, lasciatemi dire, come
vedremo quando getteremo uno sguardo alla Sua vita e leggeremo quanto
si è detto di Lui. Lo Yuga era passato da tempo ed era sorta la casta
kshattriya che governava, forte del suo potere, grande nella sua
autorità, la sola casta guerriera al potere, che, ahimè, abusava di
questo potere, come fanno gli uomini quando le loro anime sono ancora
in fase di allenamento e troppo giovani rispetto all’ambiente. La
casta kshattriya abusò del suo potere, costruito in modo da poter
governare; il dovere dei governanti, ricordate, è essenzialmente di
proteggere: ma essi usarono questo potere non per proteggere, ma per
predare, non per aiutare ma per opprimere. Una terribile lezione
doveva essere insegnata a questa casta dominante, affinché potesse
imparare, possibilmente, che il dovere di chi governa era di
proteggere, sostentare ed aiutare, e non di tiranneggiare e di
saccheggiare.

La prima grande lezione fu data ai re della terra, i governatori degli
uomini, una lezione che doveva ripetersi più e più volte e che non è
stata ancora del tutto imparata. Una manifestazione divina viene allo
scopo di far apprendere quella lezione; e l’Istruttore non era uno
kshattriya, se non per parte di madre. Una strana storia, la storia
della sua nascita. Fu dato cibo a due donne, ciascuna delle quali
aspettava un figlio, e il marito di una di esse era un brahmana; e le
due donne si scambiarono il cibo, per cui il compito di partorire un
figlio kshattriya toccò alla donna il cui marito era un brahmana. Un
caso fortuito, voi direte; ma non vi sono casi fortuiti nella legge
dell’universo. Il cibo pieno di energia kshattriya arrivò così nella
famiglia del brahmana, perché non sarebbe stato conveniente che un
kshattriya distruggesse i kshattriya. Altrimenti il mondo non avrebbe
imparato bene la lezione. Così abbiamo lo strano fatto del brahmana
che viene con una scure per abbattere i kshattriya, e tre volte, sette
volte, quella scure fu sollevata per uccidere, tagliando il ceppo dei
kshattriya fuori dalla superficie della terra. Ma mentre Parashurama
era ancora nel corpo, venne un grande Avatara per mostrare come doveva
comportarsi un re kshattriya. I kashattriya, abusando del loro ruolo e
del loro potere, furono spazzati via da Parashurama, e prima che Egli
lasciasse la terra dove era stata data l’amara lezione, il kshattriya
ideale ora venne ad insegnare con un esempio la lezione di cosa doveva
essere un vero kshattriya, dopo che era stata impartita la lezione di
ciò che non avrebbe dovuto essere. Era nato il fanciullo Rama, il
governatore ideale, il re perfetto sulla cui storia non avremo tempo
di soffermarci troppo. Da ragazzo Egli seguì il grande istruttore
Visvamitra, per proteggere il sacrificio dello Yogi; un ragazzo, quasi
un bambino, ma capace di scacciare, come ricorderete, i rakshasa che
interferivano con il sacrificio, e allora Egli e il Suo amato fratello
Lakshmana e lo Yogi andarono alla corte di re Janaka. E lì, alla
corte, vi era un grande arco, un arco appartenuto allo Stesso
Mahadeva. Piegare e tendere la corda di quell’arco era compito
dell’uomo che avrebbe sposato Sita, la fanciulla nata in maniera
straordinaria dal solco mentre l’aratro penetrava la terra, che non
aveva padre né madre fisici. Chi avrebbe sposato la fanciulla senza
genitori, l’incarnazione di Shri Lakshmi, la consorte di Vishnù? Chi
l’avrebbe sposata se non l’Avatara dello stesso Vishnù? Così il
potente arco rimase senza corda, poiché nessuno avrebbe potuto
tenderlo fino all’arrivo del fanciullo Rama. Ed Egli lo prese con
spensieratezza infantile, e lo piegò così forte da spezzarlo in due, e
il suo rumore echeggia ancora attraverso il cielo e la terra. Egli
sposa Sita, la bella, e con lei, e con Suo fratello Lakshmana e la sua
sposa, e con Suo padre che era venuto allo sposalizio, e con una
grande processione, si diresse verso la città di Ayodhya. La rottura
dell’arco di Mahadeva era risuonata attraverso la terra, il rumore
dell’arco aveva scosso ogni mondo, e tutti, sia uomini che Deva,
seppero che l’arco era stato spezzato. Tra i devoti di Mahadeva,
Parashurama sente il rumore dell’arco spezzato, l’arco dell’Essere che
egli adora; e orgoglioso della possanza della Sua forza, con ancora
dentro di Sé l’energia di Vishnù, Egli si reca ad incontrare questo
ragazzo insolente che aveva osato spezzare l’arco che nessun altro
braccio poteva piegare. Lo sfida, e dandogli il proprio arco lo incita
a mostrare cosa sappia fare con esso. é capace di scagliare una
freccia dalla sua corda? Rama prende l’arco offertogli, lo tira e
scocca una freccia dalla sua corda. Poi si ferma, perché di fronte a
Lui vi è il corpo di un brahmana. Scaglierà una freccia contro quella
forma? Mentre i due Rama sono uno di fronte all’altro, l’energia del
più anziano – è scritto – passa nel più giovane; l’energia di Vishnù,
l’energia del Supremo, lascia la forma in cui dimorava ed entra nella
manifestazione più elevata della stessa vita divina. L’arco viene teso
con la freccia, ma Rama non l’avrebbe scagliata per procurargli
un’offesa, aspetta di riappacificarsi con il Suo antagonista; poi,
sentendo il passaggio dell’energia, Parashurama s’inchina di fronte a
Rama, più divino di Se Stesso, lo osanna come il Signore Supremo dei
mondi, si inchina con reverenza davanti a Lui, e poi si allontana.
Quell’Avatara era passato, sebbene la forma in cui l’energia aveva
dimorato persistesse ancora. Ecco perché vi ho detto che era un
Avatara minore. Se abbiamo la forma che persiste quando l’influenza si
ritira, abbiamo la

prova evidente che l’incarnazione non è completa; il passaggio
dall’uno all’altro indica che l’energia è ripresa da Colui che l’ha
elargita ed è immessa in un nuovo veicolo in cui dev’essere fatto il
nuovo lavoro.

La storia di Rama la conoscete; non abbiamo bisogno di seguirla
dettagliatamente; ne abbiamo parlato ieri nel suo aspetto più elevato,
combattendo contro le forze del male e dando inizio al mondo, per così
dire, rinnovato. Troviamo il grande regno di Rama che dura diecimila
anni nel Dvapara Yuga, lo Yuga a chiusura del quale venne Shri
Krishna.

Poi viene il Possente, Shri Krishna Stesso, del quale oggi non parlo;
cercheremo di studiare quell’Avatara domani con tutta la capacità di
approfondimento e il rispetto possibile. Passiamo oltre per il
momento, lasciando l’argomento per uno studio più approfondito, e
veniamo al nono Avatara, com’è chiamato, quello del Signore Buddha.
Sono nate molte controversie su questo punto, ed esiste tra gli indù
una determinata teoria secondo la quale il Signore Buddha, sebbene
fosse un’incarnazione di Vishnù, venne per portare smarrimento tra
coloro che non credevano ai Veda, venne per portare confusione sulla
terra. Vishnù è il Signore dell’ordine, non del disordine; il Signore
dell’amore, non il Signore dell’odio; il Signore di compassione, che
uccide solo per far progredire la vita quando la forma diventa un
ostacolo. E bestemmiano coloro che parlano di un’incarnazione del
Supremo che viene ad ingannare il mondo che Egli stesso ha fatto.
Giustamente il vostro dotto pandit, T. Subba Row, parlò di quella
teoria con lo sdegno che deriva dalla conoscenza di ogni cosa delle
realtà interiore della vita, perché nessuno che abbia un minimo di
sapere occulto, nessuno che conosca qualcosa delle realtà interiori
della vita, potrebbe parlare in questo modo di quella bella e
misericordiosa manifestazione del Supremo, o presumere che Egli possa
prendere la maestosa forma di un Avatara per ingannare.

Ma vi è qui un altro punto da evidenziare su questo Avatara, a
proposito del quale, forse, io potrei entrare in conflitto con la
gente che la pensa in modo diverso. Poiché è questa la difficoltà di
prendere il sentiero di mezzo, un sentiero che non porta né a sinistra
né a destra, lungo il quale i grandi Guru ci conducono. Su ambo i lati
troviamo obiezioni all’insegnamento centrale. Il Signore Buddha, nel
senso ordinario del termine, non era ciò che abbiamo definito un
Avatara. Egli fu il primo della nostra umanità che si elevò fino a
quel livello, e si immerse nel Logos ricevendo l’illuminazione
completa. Il Suo non era un corpo preso dal Logos allo scopo di
rivelare Se Stesso, ma era l’ultima di miriadi di nascite attraverso
le quali si era elevato per immergersi finalmente in Ishvara. E questo
non è ciò di cui si parla normalmente a proposito di un Avatara,
sebbene potremmo dire che il risultato è lo stesso. Ma nel caso
dell’Avatara, le nascite evolutive avvengono in kalpa precedenti, e
l’Avatara viene dopo che l’uomo si è immerso nel Logos, e il corpo è
preso allo scopo di rivelare. Ma colui che diventò Gautama Buddha si
era elevato nascita dopo nascita in questo nostro kalpa, come pure nei
kalpa precedenti; ed egli s’incarnò molte volte quando la grande
Quarta Razza dimorava nella potente Atlantide, ed ascese verso l’alto
per assumersi il compito del Buddha; poiché il Buddha è l’appellativo
di una funzione, non di un particolare uomo. Infine, tramite le
proprie lotte, egli fu il primo della nostra razza in grado di
raggiungere il grande scopo nel mondo. Qual è questo scopo? Quello di
Istruttore degli Dei e degli uomini. I Buddha precedenti erano stati
Buddha venuti da un altro pianeta dove l’Umanità non era vissuta
abbastanza a lungo da evolvere la sua progenie fino a quell’altezza.
Gautama Buddha era nato umano. Egli si era evoluto durante la Quarta
Razza all’interno della prima famiglia della Razza Ariana, quella
indù. Nascita dopo nascita in India, Egli aveva completato il Suo
percorso e prese il Suo corpo finale in Aryavarta, per proclamare agli
uomini la legge.

Ma questo proclama non fu fatto primariamente per l’India. Fu elargito
in India perché l’India è il luogo dove vengono date, per volontà del
Supremo, le grandi rivelazioni religiose. Quindi Egli nacque in India,
ma la Sua legge era particolarmente diretta alle nazioni oltre i
confini di Aryavarta, in modo che esse potessero apprendere una morale
pura, un’etica nobile, disgiunta – a causa delle tenebre dell’Era – da
tutti i complicati insegnamenti che troviamo in rapporto alla sottile
e metafisica fede indù.

Quindi troviamo negli insegnamenti del Signore Buddha due grandi
divisioni; una è una filosofia intesa per i dotti, l’altra un’etica
disgiunta dalla filosofia, per le masse, nobile, pura e grande, e
tuttavia facile da comprendere. Poiché il Signore sapeva che noi
stavamo andando verso un’Era di materialismo sempre più profondo, che
altre nazioni dovevano nascere, che l’India, per un periodo, doveva
decadere di fronte ad altre nazioni per poi risorgere su scala
mondiale. Era quindi necessario dare l’insegnamento di una morale
adatta ad un’Era più materialista, in modo che, se le nazioni non
avessero creduto negli Dei, avrebbero potuto ancora praticare la
morale e obbedire agli insegnamenti del Signore. Inoltre, affinché
questa terra non subisse perdite, in modo che l’India stessa non
perdesse i suoi sottili e metafisici insegnamenti e il credo diffuso
fra tutte le classi dei popoli nell’esistenza degli Dei e il Loro
ruolo negli affari umani, a questo scopo fu fatto il lavoro del grande
Signore Buddha. Egli lasciò una morale costruita su una base che non
potesse essere scossa da ogni cambio di fede, e avendo compiuto la Sua
opera, se ne andò. Allora fu inviato un altro grande Essere, adombrato
dal potere di Mahadeva, Shri Shankaracharya, affinché, con il Suo
insegnamento, Egli potesse dare, nell’Advaita Vedanta, la filosofia
che avrebbe reso intellettualmente ciò che Buddha aveva fatto
moralmente, un’intellettualità che proteggesse la spiritualità e
permettesse ad un’Era materialista di non spezzarsi i denti sulla noce
dura di una filosofia senza difetti. Così in India trionfò la
religione metafisica, mentre l’insegnamento del Benedetto, per
compiere questo nobile lavoro, passò dal suolo indiano ad altre terre
piuttosto che nella terra di Aryavarta, che doveva conservare immutata
la sua fede negli Dei, e dove il più basso come il più alto devono
inchinarsi di fronte al loro potere. È questa la verità genuina su una
questione così dibattuta riguardo l’insegnamento del nono Avatara; il
fatto era che il Suo insegnamento non andava inteso per la Sua terra
natia, ma era rivolto ad altre nazioni più giovani che stavano
emergendo intorno, a chi non seguiva i Veda, ma che tuttavia aveva
bisogno di essere istruito nel sentiero della giustizia; non per
ingannarli ma per guidarli fu dato il Suo insegnamento. Ma, come vi ho
detto, e lo ripeto, ciò che era contenuto in quest’insegnamento,
lasciato a se stesso, avrebbe potuto essere un pericolo per l’India se
non fosse stato accompagnato dalla venuta del grande Insegnante
dell’Advaita. Dovete ricordare che il Suo nome era stato portato da
uomo dopo uomo, attraverso secoli e secoli; ma Shri Shankaracharya
adombrato dal potere di Mahadeva era nato solo qualche anno dopo il
trapasso del Buddha, come tramandano chiaramente le testimonianze del
Dwaraka Math – retrocedendo nelle date fino a collocare la Sua nascita
tra i 60 e i 70 anni dopo il trapasso del Buddha.

Veniamo ora al decimo Avatara, il futuro Kalki, di cui ben poco si può
dire; ma qualche accenno può forse essere fatto. Con la Sua venuta
sorgerà un’alba più luminosa; con la Sua venuta il Kali Yuga
terminerà; con il Suo avvento sorgerà anche una razza più elevata di
uomini. Egli verrà quando sulla terra si manifesterà la sesta Razza
Radice. Allora vi sarà un grande cambiamento nel mondo, una grande
manifestazione della verità, della verità occulta, e quando Egli
verrà, allora l’occultismo sarà nuovamente capace di mostrasi al mondo
con prove che nessuno sarà in grado di mettere in dubbio o negare. Ed
Egli, con la Sua venuta, consegnerà il governo sulla sesta Razza
Radice ai due Re di cui leggiamo nel Kalki Purana. Se guardiamo allo
scorrere del tempo passato troviamo sempre e ancora due grandi figure
che

stanno una accanto all’altra – il Re ideale e il Sacerdote ideale.
Essi lavorano insieme; il primo governa la nazione, il secondo la
istruisce. E una tale coppia di esseri potenti discende in ogni Era
per ciascuna Razza. Ogni razza ha il suo Istruttore, il brahmana
ideale, chiamato nel linguaggio buddhista il Bodhisattva, l’erudito,
pieno di saggezza e verità. Ogni razza ha anche il suo governante, il
Manu. Questi due si possono rintracciare nel passato, nelle Loro
incarnazioni; e Li vediamo nella terza, nella quarta e nella quinta
Razza; il Manu di ogni razza è il Re ideale, il Brahmana di ogni razza
è l’Istruttore ideale; e apprendiamo che quando il Kalki Avatara
verrà, Egli chiamerà dalla sacra terra di Shamballa – la terra nota
agli ocultisti, non al profano – due Re che sono rimasti attraverso
tutta questa Era per aiutare il mondo nella sua evoluzione. Il nome
del Manu che sarà il Re della prossima Razza, nei Purana dicono che
sia Moru; e il nome del brahmana ideale che sarà l’Istruttore della
prossima Razza è Devapi; e questi due sono il Re e l’Istruttore della
sesta Razza che dovrà nascere.

Quelli fra voi che hanno letto qualcosa sulla meravigliosa storia del
passato saprà che la scelta della nuova Razza, la sua evoluzione, la
creazione di una nuova Razza Radice, è una cosa che richiede secoli,
millenni, a volte centinaia di migliaia di anni; e che i due che
saranno il suo Re e il suo Sacerdote, il Manu e il Brahmana,
lavoreranno attraverso i secoli, selezionando gli uomini che potranno
essere i semi della nuova Razza. Nella matrice della quarta Razza fu
fatta una scelta, dalla quale nacque la quinta; isolata nel deserto di
Gobi, per vasti periodi di tempo, quella famiglia selezionata fu
allenata, educata, guidata, finquando il suo Manu e il suo Istruttore
s’incarnarono in essa, e la prima famiglia Ariana fu condotta a
stabilirsi in Aryavarta. Ora si sta scegliendo la sesta Razza nella
matrice della quinta Razza, e il Re e l’Istruttore della sesta Razza
sono già pronti per il loro lavoro potente e benefico. Essi stanno
scegliendo uno per uno, provando e sperimentando, coloro che
formeranno il nucleo della sesta Razza; Essi stanno selezionando anima
dopo anima, sottoponendole a molte prove; e quando il tempo sarà
maturo, quando il Loro lavoro sarà completato, allora verrà il Kalki
Avatara, per dissipare le tenebre, per estinguere il Kali Yuga,
proclamando la nascita del nuovo Satya Yuga, con una Razza nuova e più
spirituale, che dovrà vivere lì. Allora Egli radunerà i prescelti, il
Re Moru e il Brahmana Devapi, e consegnerà nelle loro mani la Razza
che Essi stanno ora costruendo, la Razza che dovrà abitare un mondo
più giusto, per elevare l’evoluzione dell’umanità.

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