“Forse tutti i draghi della nostra vita sono principesse,
che attendono solo di vederci una volta belli e coraggiosi.
Forse tutto l’orrore in fondo non è altro che l’inerme
che ci chiede aiuto.” ― Rainer Maria Rilke, Lettere a un giovane poeta
Potete chiamarmi Mayu.
Il mio percorso sciamanico è iniziato nel 2007, quando ho conosciuto il mio maestro, Francesco “Tsunki” de Giorgio, sciamano riconosciuto della tradizione Shuar (Amazzonia occidentale). Da allora ho partecipato a molte cerimonie sciamaniche, la maggior parte condotte da lui. In alcune di esse si è usata l’Ayahuasca, la bevanda sacra degli sciamani amazzonici, preparata combinando due o più piante della selva. Non tutte le cerimonie ne fanno uso – lo sciamanesimo va ben oltre l’Ayahuasca. Tuttavia, per chi segue un percorso di sciamanesimo amazzonico, la bevanda è inestricabilmente legata alla pratica.
In tutti questi anni ho avuto modo di osservare che molti occidentali ne sono attratti, ma l’approccio è spesso ingenuo (anche da parte di molti che si professano guide spirituali), e i più cadono facilmente in trappole – alcune delle quali decisamente pericolose.
Di contro c’è anche chi la demonizza, come i missionari che nella loro opera di cristianizzazione costringevano i nativi (soprattutto bambini, che venivano anche “internati” nelle missioni cattoliche, strappandoli dalle loro famiglie) a non prenderla e la chiamavano “la sangre del diablo”, il sangue del diavolo. E oggigiorno c’è chi aborre ogni forma di sostanza psicotropa; la verità è che il sistema in cui viviamo non vuole che si veda qualcosa di diverso da quello che ci viene imposto. Ma la realtà, quella vera, è ben al di là di ciò che ci viene inculcato sin dall’infanzia.
Un percorso sciamanico autentico, però, mira a sviluppare il coraggio e vedere oltre l’illusione che ci tiene intrappolati. Sotto la guida di chi – lo sciamano – conosce quali sono i pericoli e insegna come affrontarli.
Molte idee su cosa sia l’Ayahuasca sono sbagliate. Qui ne discuto le più diffuse, basandomi sulla esperienza mia e di altri.
Indice dei contenuti
Lo sciamanesimo non è (solo) Ayahuasca
Non è una droga
Al di là della chimica
Evita il fai-da-te
Porte aperte
Conclusioni
Lo sciamanesimo non è (solo) Ayahuasca
Molti occidentali credono che praticare sciamanesimo sia prendere Ayahuasca, ma non c’è nulla di più lontano dalla verità. La pianta sacra è usata solo in Amazzonia, mentre le tradizioni sciamaniche di altri continenti – come quelle siberiane, mongole, nepalesi o nord americane – non la usano. Non cresce lì.
Lo sciamanesimo si pratica anche senza. Io e molti dei miei compagni di percorso per anni abbiamo fatto importanti rituali della tradizione Shuar facendone a meno. Io non l’ho presa nemmeno durante la mia prima ricerca dell’Arutam, nel 2009 – un rituale che mi ha cambiato la vita.
Non è nemmeno vero che prendere Ayahuasca da sola sia praticare sciamanesimo. Tanti nel mondo della new-age lo fanno, dandogli ogni sorta di significato pseudo-spirituale e psicologico, ma il risultato è oltremodo superficiale e le esperienze possono essere blande o (di contro) fuori controllo. E non è sciamanesimo. Per esserlo, deve esserci una tradizione alle spalle.
L’Ayahuasca, tuttavia, è un aiutante importantissimo degli sciamani amazzonici. La bevanda, amarissima e vomitevole, porta in stati alterati di coscienza, rompe temporaneamente le catene che ci trattengono nell’illusione di questa realtà e permette di entrare nell’ “altra realtà”, un mondo simile al sogno (anzi, in alcune tradizioni è proprio chiamato “il sogno”) dove tutto ha origine. Nell’altra realtà gli sciamani possono fare guarigioni, proteggere la loro gente, ricevere insegnamenti e conoscenza per sé e per gli altri, portare più equilibrio nell’universo. E molto altro.
L’Ayahuasca è uno spirito, che gli sciamani dicono provenire da altri mondi. In questa realtà si manifesta come una bevanda composta principalmente da due piante dell’Amazzonia: la principale (Banisteriopsis Caapi, la liana dell’Ayahuasca) è un inibitore della MAO, mentre l’altra contiene DMT (e quindi è quella che dà le visioni) e può essere una (o più) tra varie specie – per esempio Diplopterys Cabrerana, Mimosa Hostilis, Psychotria Viridis, etc. (si sceglie l’una o l’altra a seconda della disponibilità o del tipo di lavoro sciamanico che bisogna fare). Gli sciamani dicono che la pianta principale è maschile e l’altra è femminile, e che la bevanda è sia maschile che femminile. Infatti gli Shuar la chiamano “el Natém“, che è maschile, mentre i Quechua la chiamano “Ayahuasca“, femminile.
Entrambe le componenti sono necessarie, da sole non fanno molto. Gli scienziati trovano incredibile che, vista la moltitudine di specie di piante in Amazzonia e l’enorme numero di combinazioni possibili, i nativi siano riusciti a trovare quelle che assieme producono l’Ayahuasca. Nessun’altra combinazione potrebbe dare gli stessi effetti. Ancora più incredibile è che popolazioni che non avevano nessun contatto tra di loro siano riuscite a trovare la giusta composizione, indipendentemente.
Gli sciamani sanno che sono stati spiriti a farla scoprire. Gli Shuar dicono che il Natém è un dono di Tsunki, il signore del mondo sotto le acque.
Come già detto, la “bebida sagrada” (bevanda sacra) è sia maschile che femminile: i poteri delle due piante si intrecciano e si avvinghiano come due appassionati amanti, alla stessa maniera della liana nella fotografia qui sopra. Nelle visioni qualche volta l’Ayahuasca appare sotto la forma di un serpente che parla e insegna. Questo è il motivo per cui gli sciamani dicono che è una “maestra”. Nella mia esperienza è come una madre molto saggia, una madre della selva: rigida e severa con i suoi figli, perché crescano forti ed in grado di sopravvivere alle inevitabili prove della vita.
Non è una droga
L’Ayahuasca non è una droga, non crea alcuna dipendenza. Chiunque l’abbia mai presa riconosce il suo odore nauseabondo a distanza. Berla è di per sé una prova, il suo gusto è rivoltante. Provoca vomito e più di qualche volta anche “movimenti intestinali”. Questo è dovuto al suo effetto purificatorio, che serve ad eliminare dal corpo ciò che alcuni chiamano “energie negative” e permette al Potere di fluire meglio. Uno sciamano Shuar usava la seguente metafora: “Per sparare meglio, devi prima pulire bene la canna del tuo fucile, altrimenti ti esplode in faccia”.
Richiede anche una preparazione: “la dieta”. È necessario astenersi da alcuni cibi prima e dopo l’assunzione, per un qualche tempo. Questo per evitare reazioni indesiderate con l’inibitore della MAO contenuto nella liana della Banisteriopsis Caapi, e per facilitare le visioni. Ciò insegna anche qualcosa di importante: che il corpo non è separato dall’anima, l’uno e l’altra si influenzano enormemente.
In Amazzonia l’Ayahuasca è spesso chiamata “la medicina” per i suoi poteri di guarigione. Purifica il corpo e l’anima. Gli Shuar e molti altri popoli nativi l’hanno usata per centinaia e centinaia di anni. Spesso la danno anche ai neonati (in piccole quantità) per i suoi effetti benefici. Non a caso i nativi sono sempre stati molto forti e in salute, fino a quando non hanno iniziato ad essere “occidentalizzati”.
Ultimo ma non meno importante: è anche usata per combattere la dipendenza da droghe. È documentato ampiamente, e in Perù ci sono centri di disintossicazione che ne fanno uso.
Detto ciò, come si può considerarla una “droga”?
La più anziana delle mogli dello sciamano Vicente Júa, sciamana lei stessa, mentre prepara l’Ayahuasca. L’uso di questa pianta, a differenza delle droghe utilitaristiche e narcisistiche occidentali, comporta molti sacrifici e disciplina.
Al di là della chimica
Gli scienziati spiegano che l’Ayahuasca produce gli effetti noti a causa del DMT, quindi è tutto un discorso puramente chimico. Tra questi, i più “spirituali” aggiungono che il DMT è già contenuto nel nostro cervello, e che si può “connettersi al divino” senza Ayahuasca, attivando il DMT attraverso la meditazione o altre pratiche.
Queste spiegazioni sono “formalmente” corrette. A livello superficiale, il DMT è responsabile di indurre le visioni. E dall’altro lato è vero che non c’è bisogno di Ayahuasca per entrare nel mondo dello Spirito, per avere esperienze profonde. Si può fare a meno di usarla. La maggior parte delle tradizioni spirituali in tutto il mondo non fanno uso di alcuna pianta psicoattiva.
Per uno sciamano, però, le spiegazioni scientifiche riducono notevolmente ciò che è la bevanda sacra. La scienza ignora completamente ciò che c’è oltre la superficie. È come cercare di spiegare cos’è l’amore, il motivo per cui si prova un profondo sentimento per qualcuno descrivendo le reazioni biochimiche che si sviluppano nel cervello. Quando lo analizziamo, però, l’amore scompare. È distrutto. L’amore è gestito dal cuore, non dalla mente – che cerca la “chiarezza”, e l’amore è tutto tranne che chiaro….. L’amore è un mistero che nessuno potrà mai svelare.
L’Ayahuasca è “ben di più del DMT”, va decisamente oltre la chimica del cervello. Come già detto, è uno Spirito. E’ un essere con un Potere molto più grande del nostro, venuto qui da noi per guidare e insegnare segreti profondi dell’universo.
Ha anche una forte personalità. Ricordo ancora la volta quando ero sotto i suoi effetti e sono stato costretto ad andare in bagno a vomitare, camminando a carponi perché non riuscivo a stare in piedi. Mi disse (in spagnolo): “Debes ser humilde. Inclinate ante los dióses!” (Devi essere umile. Inchinati dinanzi agli dei!)
Evita il fai-da-te
La cosa più importante, comunque, è il “setting” – cioè come e con chi la si prende. Specialmente per i neofiti, l’Ayahuasca dovrebbe essere presa con un vero sciamano di lignaggio amazzonico. I suoi spiriti aiutanti proteggono la cerimonia, e si assicurano che gli spiriti ostili non si intromettano e causino quello che qualcuno chiama “bad trips”, viaggi cattivi – e molto altro ancora. Lo Sciamano è lì per assistere, per portare radicamento in questa realtà, per aiutare ad elaborare l’esperienza in seguito, e – se la situazione lo richiede – per fare una guarigione.
In molti anni di pratica con il mio maestro, non ho quasi mai sperimentato situazioni in cui qualcuno ha avuto un’esperienza davvero brutta. Nelle rare occasioni in cui qualcuno era “al limite”, lo era per uno specifico lavoro sciamanico e lui/lei era sotto la guida dello sciamano – è stato quindi “riportato” al sicuro. Tuttavia, ho sentito molte testimonianze di persone che hanno avuto esperienze spaventose in cerimonie fai-da-te (o guidate da non-sciamani).
Alcune persone spiegano che i “bad trips” sono prodotti dell’ “inconscio” – che è stato inventato dalla psicologia, ma non ha alcun valore sciamanico. Gli sciamani sanno che i “movimenti inconsci” sono spiriti – ce ne sono molti intorno a noi, e che ci seguono. Quindi le cerimonie devono essere condotte correttamente per proteggere i partecipanti da influenze esterne e indesiderate.
Porte aperte
Come già accennato, l’Ayahuasca rompe l’illusione di questa realtà in cui siamo imprigionati, dando temporaneamente accesso all’ “altra realtà”. Qualcuno dice che “apre le porte” – ispirandosi al titolo del libro “Le porte della percezione” di Aldous Huxley. Questo anche perché si sperimenta che qualcosa di “esterno” – uno Spirito, un Potere (o “energia”, come molti amano dire) – entra nel proprio essere. Lo stesso vale per qualsiasi altra pianta psicoattiva (Peyote, San Pedro, funghi magici, ecc.).
Per alcuni questa è una grande preoccupazione. Hanno paura che l’esperienza sarà travolgente, che non saranno in grado di controllarla e tornare poi alla “normalità”. Personalmente, non l’ho mai visto succedere a nessuno che prende parte alle cerimonie che organizziamo – non ne abbiamo mai “perso” neanche uno. È anche vero che chi fa un percorso sciamanico autentico, nel tempo acquisisce “strumenti spirituali” ed è più preparato ad affrontare l’ “ignoto”. Incidenti ci possono essere – il mondo dello Spirito non è privo di pericoli! – ma sono più controllati.
Va notato, inoltre, che spesso le esperienze non sono così forti. Molte persone hanno blocchi (fisici e non solo) che impediscono all’Ayahuasca di funzionare correttamente. Il loro corpo è “intasato” e hanno bisogno di prenderla più volte perché gli effetti si manifestino. Ecco perché alcuni sono delusi dopo la prima cerimonia, non hanno “visto” nulla. Questo indica solo che la bevanda sacra ha bisogno di lavorare di più per far fluire il Potere. Non funziona allo stesso modo per tutti, e ogni sessione è diversa. Un giorno l’effetto può essere di un tipo, il giorno dopo di un altro. Tradizionalmente si dice che “è lei a decidere”.
Ma non solo l’Ayahuasca o le piante psicoattive “aprono le porte”. L’esperienza sciamanica dimostra che molte altre cose lo fanno, più di quello che comunemente crediamo.
L’alcol, per esempio. Gli sciamani sanno che l’alcol è uno spirito potente (non è un caso che grappa, whiskey, vodka, gin, ecc. siano chiamati “spiriti”). Anche gli sciamani in Siberia e in altre tradizioni del nord lo usano durante le loro cerimonie, e alcuni di loro bevono anche litri di vodka in una sessione – senza ubriacarsi, però! Questo non perché siano particolarmente resistenti all’alcol, ma perché hanno un rapporto molto forte con il suo spirito, che è loro alleato. Se non viene gestito correttamente – e poche persone riescono a farlo – si è impossessati dall’alcol a vari livelli. Tutti conosciamo i danni che può causare. Il problema con lo spirito dell’alcol è che può aprire porte così ampie che tutto può entrare, totalmente non filtrato. Gli sciamani siberiani hanno spiriti aiutanti che li proteggono e quindi sanno gestirlo. Gli alcolizzati, d’altra parte, a volte diventano violenti proprio perché posseduti da spiriti particolarmente aggressivi, che entrano senza controllo.
Lo stesso vale per altre droghe (cocaina, eroina, ecc.). Una volta ho diagnosticato a distanza una persona con uno storico di tossicodipendenza. Aveva vari problemi di salute. Quando ho controllato la sua fotografia – ero in stati espansi di coscienza – ho visto il suo volto cambiare e diventare un demone orribile che ha cercato di attaccarmi. Ho dovuto proteggermi. Che cos’era? Era uno Spirito che la possedeva, che “entrava” perché le droghe avevano distrutto le protezioni naturali del suo corpo spirituale.
Questo succede a tutti quelli che consumano droghe? No, ma questa esperienza mi ha mostrato l’effetto a lungo termine sul lato spirituale. Sia ben chiaro: le droghe non sono di per sé cattive. Il bene o il male sono solo considerazioni morali, che cambiano nel tempo e da cultura a cultura. La chiave è la moderazione e l’uso consapevole – la salute dovrebbe sempre essere la preoccupazione principale. Vorrei aggiungere, però, che in ogni serio percorso spirituale l’iniziato dovrebbe superare le sue dipendenze, che sono un limite. Gli sciamani non hanno alcuna dipendenza.
Curiosamente anche l’amore romantico agisce come una droga. La scienza ha scoperto che quando ci innamoriamo nel cervello ci sono gli stessi processi chimici di quando siamo dipendenti da cocaina. Chi ha il cuore spezzato lo sa bene: lui o lei sperimenta gli stessi sintomi di una crisi di astinenza. Il perdere un amore può a volte far impazzire. Tuttavia l’amore è molto di più di questo.
Pure l’amore apre porte, permettendo che accadano cose incredibili, che si facciano importanti cambiamenti personali (e stupidi errori, se spinti da una passione fuori controllo!) Molte persone sperimentano anche la beatitudine trascendente dell’amore puro durante una profonda pratica meditativa, quando le “porte del divino” sono aperte. L’amore ha forme infinite.
Porte possono essere aperte pure dal sesso, in quanto è in realtà uno scambio di Potere tra due persone. A volte può essere sentito come una forte corrente che scorre attraverso i corpi, che genera lo scuotimento dell’orgasmo. Per non parlare del fatto che è l’origine della vita! Poiché apre le porte, può anche trasmettere malattie, però. E, per quanto riguarda le droghe e l’amore romantico, può essere molto coinvolgente e a volte difficile da gestire. In varie tradizioni spirituali il sesso è un mezzo per raggiungere livelli più elevati di coscienza.
Potrei continuare….. La lista non finisce qui.
Conclusioni
L’Ayahuasca – o Natém – è il più importante spirito aiutante in tutte le tradizioni sciamaniche dell’Amazzonia. Merita il massimo rispetto perché è sacra, è un maestro proveniente da altri mondi.
Per quanto mi riguarda, l’ho presa molte volte, soprattutto in Amazzonia tra gli Shuar, dove ho anche partecipato ad un “Natém mamu”, una cerimonia in cui ne si beve letteralmente litri per vari giorni di fila. È un’esperienza molto intensa e (per noi occidentali) spaventosa, in cui si va incontro ad una sorta di morte, per poi rinascere rinnovati. Ho ricevuto insegnamenti, ho avuto premonizioni, ho sperimentato una consapevolezza al di là della mia personalità, al di là del “io sono”. Molto di tutto ciò non è comunicabile, tuttavia, e va vissuto in prima persona.
Non invito nessuno a prendere l’Ayahuasca. La bevanda sacra ha soprattutto valore per chi intraprende un percorso sciamanico amazzonico. In ogni caso, se si vuole sperimentarla, consiglio di rivolgersi a qualcuno di cui ci si fida. Assicuratevi anche che sia uno sciamano autentico.
Ciò che per me è sempre stata di primaria importanza è la comunità guidata dal mio maestro. La condivisione di esperienze con i compagni di percorso è fondamentale per elaborarle, specialmente quando sono molto distanti dalla vita quotidiana. “Il Potere deve circolare”, direbbe lo sciamano, suggerendo che l’esperienza dell’individuo dovrebbe essere condivisa con il collettivo, perché andrà a beneficio di tutti. E così facendo, l’aiuto tornerà all’individuo. Non siamo soli.
Kakáram Ajastá
(“Diventa una persona di Potere”, in lingua Shuar)
Mayu Tuntíak
Questo articolo è la traduzione (con varie aggiunte) di un articolo in inglese, che scrissi un anno fa, intitolato “Ayahuasca and Open Doors”. L’originale lo si può trovare qui. www.shamansnature.com/single-post/2018/07/28/AYAHUASCA-AND-OPEN-DOORS
by Pasquale Galasso, direttore di Altrogiornale.org
Lascia un commento