Ayurveda. I suoi principi e concetti base 4

pubblicato in: AltroBlog 0
Ayurveda. I suoi principi e concetti base 4

(di Anonimo)

(quarta parte)

I TANTRA

Osserviamo innanzitutto che esiste tuttora in India un notevole sistema
yogico che è per sua natura sintetico e parte da un grande principio
centrale della Natura, da una grande forza dinamica della Natura; ma si
tratta di uno yoga distinto, non di una sintesi di altre scuole. Questo
sistema è la via del Tantra. A causa di qualcuno dei suoi sviluppi, il
Tantra è caduto in discredito fra coloro che non sono tantrici; ciò
principalmente a causa degli sviluppi del suo sentiero della mano sinistra,
il Vama Marga, che non pagò di superare la dualità della virtù e del
peccato, invece di sostituirli con una spontanea rettitudine dell’agire, è
sembrato costituirsi come metodo di auto-indulgenza, di libera
immortalità sociale.

Tuttavia, all’origine il Tantra fu un ampio e potente
sistema basato su concezioni che erano almeno parzialmente vere. Anche
la sua duplice divisione tra i sentieri della mano destra e della mano
sinistra, Dakshina Marga e Vama Marga, trovò origine in una sicura e
profonda intuizione. Nell’antico senso simbolico dei termini Dakshina e
Vama, si trattava della distinzione tra la via della conoscenza e la via
dell’ananda, la natura dell’uomo che si liberava attraverso un esatto
discernimento dei poteri e delle attività delle proprie energie, elementi e
potenzialità e la natura nell’uomo che si liberava attraverso invece la
gioiosa accettazione dei poteri e delle attività delle proprie energie,
elementi e potenzialità. Ma in entrambe le vie vi fu alla fine un oscurarsi
dei principi, una deformazione simbolica e una caduta.

Se comunque abbandoniamo anche qui i metodi e le pratiche attuali e
ricerchiamo il principio centrale, troviamo come prima cosa il fatto che il
Tantra si differenzia espressamente dai metodi yoga di tipo vedico. In un
certo senso, tutte le scuole che abbiamo sin qui esaminato sono vedantiche
nella loro concezione; la loro forza è nella conoscenza, il loro metodo è
nella conoscenza, sebbene essa non sia sempre discernimento attraverso
l’intelletto ma possa invece essere conoscenza del cuore espressa
nell’amore e nella fede o conoscenza della volontà che si sviluppa
attraverso l’azione. In tutte il Signore dello yoga è il Purusha, l’anima
consapevole che conosce, osserva, attrae, dirige. Ma nel Tantra è piuttosto
Prakriti, l’anima natura, l’energia, la forza volontà esecutrice dell’universo.

Fu scoprendo ed applicando i segreti più intimi di questa forza volontà, il
suo metodo, il suo Tantra, che lo yogi tantrico perseguì gli scopi della sua
disciplina, conoscenza profonda, perfezione, liberazione, beatitudine.
Invece di ritirarsi di fronte alla Natura manifestata e alle sue difficoltà,
egli le affrontò, se ne impadronì e le vinse. Ma alla fine, come è nella
tendenza generale di Prakriti, lo yoga tantrico perse gran parte dei suoi
principi nei suoi meccanismi e divenne un oggetto di formule e azioni
occulte ancora potenti quando rettamente usate ma cadute della chiarezza
del loro concetto originario.

Abbiamo in questa concezione tantrica
centrale un aspetto della verità, l’adorazione dell’energia, della Shakti,
come sola forza effettuale per ogni realizzazione. Cogliamo l’altro estremo
nella concezione vedantica della Shakti come potere illusionistico e nella
ricerca del silenzioso e immobile Purusha come mezzo di liberazione dagli
inganni prodotti dall’energia creatrice. Ma nella concezione integrale
l’anima integrale, l’anima conscia rappresenta il Signore, l’anima natura la
sua energia esecutrice.

Il Purusha è della natura di Sat, conscia
autoesistenza pura ed infinita; Shakti o Prakriti sono della natura di Chit,
il potere della conscia autoesistenza pura ed infinita del Purusha. La
relazione tra i due si trova tra i poli del riposo e dell’azione. Quando
l’energia è assorbita nella beatitudine del conscio autoesistere, c’è riposo;
quando il Purusha si espande nell’azione della sua energia, c’è attività,
creazione e gioia o Ananda del divenire. Ma se l’Ananda è il creatore e la
causa di ogni divenire, il suo metodo è Tapas o la forza della coscienza del
Purusha che è propria alla sua infinita potenzialità di esistenza e che da
essa produce verità ideali, o vere idee, Vijana, le quali derivando da una
onnisciente e onnipotente autoesistenza, possiedono la certezza del
proprio compimento e contengono in se stesse la natura e la legge del
proprio divenire nei termini della mente, della vita e della materia.

La finale onnipotenza di Tapas e l’infallibile compimento delle idee sono il
fondamento reale di ogni yoga. La disciplina tantrica è per sua natura una
sintesi. Si è impadronita della grande verità universale che esistono due
poli dell’essere la cui unità essenziale è il segreto dell’esistenza, Brahman e
Shakti, Spirito e natura, e che la natura è potere dello spirito o, piuttosto,
spirito come potere.

Elevare la natura nell’uomo a manifesto potere dello
spirito è il suo modo di procedere, ed è l’intera natura che essa raduna
verso la conversione spirituale. Include tra i suoi strumenti gli energici
processi hathayogici e specialmente l’apertura dei centri nervosi ed il
passaggio attraverso di essi della Shakti risvegliata nel suo procedere
verso l’unione con il Brahman, lo sforzo più sottile della purificazione,
meditazione e concentrazione rajayogici, l’azione della forza di volontà, il
potere motore della devozione, la chiave della conoscenza. Ma essa non si
arresta al riuscito assemblaggio delle differenti facoltà di questi yoga
specifici. In due direzioni essa amplia attraverso la sua azione sintetica
l’ambito del metodo yogico.

Dapprima, pone fermamente le proprie mani
su molte delle cause principali dell’azione, del desiderio e delle qualità
umane e le assoggetta a una disciplina intensiva con il dominio spirituale
dei propri impulsi come primo scopo e la loro elevazione a un livello
spirituale più prossimo al divino come realizzazione finale. Ancora, essa
include tra gli obiettivi del suo yoga non soltanto la liberazione, che è la
preoccupazione onnidominante dei sistemi specifici, ma una gioia cosmica
del potere dello spirito, che gli altri metodi possono accettare strada
facendo incidentalmente, in parte o casualmente, ma che evitano di
considerare come movente o come scopo. Si tratta di un sistema più
audace e più vasto.

Nel metodo di sintesi che siamo andati seguendo, è
stata perseguita un’altra idea di principio che deriva da un differente
punto di vista circa le possibilità dello yoga. Questa parte dal metodo del
Vedanta per giungere agli obiettivi del Tantra. Nel metodo tantrico la
Shakti è ciò che più importa, divenendo la chiave per la scoperta dello
spirito; in questo metodo di sintesi l’anima è ciò che più importa,
divenendo il segreto per il procedere della Shakti. Il metodo tantrico parte
dal fondo e compie gradualmente la propria ascesa verso l’alto sino alla
vetta; perciò il suo accento iniziale è sull’azione della Shakti risvegliata nel
sistema nervoso del corpo e nei suoi centri; l’aprirsi dei sei loti è l’aprirsi
dell’estensione del potere dello spirito. La nostra sintesi considera l’uomo
come spirito in una mente molto più che come spirito in un corpo e
presume in lui la capacità di iniziare da quel livello, di spiritualizzare il
proprio essere attraverso il potere dell’anima sulla mente aprendosi
direttamente a una più alta forza di esistenza spirituale e di perfezionare
attraverso questa forza superiore così posseduta e attivata l’intera sua
natura.

Per questa ragione il nostro accento iniziale è caduto sull’utilizzo
dei poteri dell’anima nella mente e sul ruotare della triplice chiave della
conoscenza, delle opere e dell’amore nelle serrature dello spirito; si può
fare a meno dei metodi hathayogici, sebbene non ci siano obiezioni al loro
uso parziale; quelli rajayogici verranno inclusi solo come elemento
informale. Giungere per la via più breve al più ampio sviluppo del potere e
dell’essere spirituale e divinizzare attraverso di esso un natura liberata
nell’intera sfera del vivere umano è il movente che ci ispira. Lo scopo
iniziale comune a ogni yoga è emendare l’anima dell’uomo dalla sua
attuale ignoranza e limitazione, liberarla nell’essere spirituale, unirla al
supremo sé e al Divino.

Ma generalmente ciò diviene non solo l’obiettivo
iniziale, ma quello complessivo e finale: la gioia dell’esistenza spirituale
esiste, ma o nella dissoluzione dell’uomo e dell’individuale nel silenzio
dell’autoesistenza o su un piano più alto in un’altra esistenza. Il sistema
tantrico fa della liberazione lo scopo finale, ma non il solo; ricerca sul suo
cammino una piena perfezione e gioia per il potere, la luce e la beatitudine
spirituali nell’esistenza umana, e possiede anche una visione
dell’esperienza suprema nella quale la liberazione, l’agire cosmico e la
beatitudine sono unificate in un annullamento finale di tutti gli opposti e
le dissonanze. Questa è la più ampia visione delle nostre potenzialità
spirituali dalla quale anche noi partiamo, ma aggiungendo un accento
diverso che genera un significato più completo. Noi consideriamo lo
spirito nell’uomo non solamente come un essere individuale in cammino
verso una trascendente unità con il Divino, ma come un essere universale
capace di identità con il Divino in tutte le anime e in tutta la natura e
portiamo questa più vasta concezione sino alle sue estreme conseguenze.

La liberazione individuale dell’anima dell’uomo e la gioia identità con il
Divino in un essere, in una coscienza e in una beatitudine spirituali,
devono sempre costituire il primo obiettivo dello yoga; il suo puro piacere
unità cosmica del divino diviene un obiettivo secondo; ma aldilà di questo
ne appare un terzo, la realizzazione del significato unità divina con tutti
gli esseri attraverso la compassione e la partecipazione agli intenti del
divino nell’umanità.

I Rishi vedici non realizzarono mai la supermente sul
piano terrestre o forse nemmeno vi tentarono. Essi cercarono di elevarsi
individualmente al piano supermentale, ma non riuscirono a farlo
discendere e a renderlo parte permanente della coscienza terrestre.
Esistono persino versi delle Upanishad nei quali si allude al fatto che è
impossibile varcare le porte del Sole (il simbolo della supermente) e
conservare un corpo terrestre.

E’ per questo fallimento che lo sforzo
spirituale dell’India terminò nel Mayavada. Il nostro yoga è un duplice
movimento di ascesa e di discesa; si sale a livelli di coscienza sempre più
alti, ma allo stesso tempo si fa discendere il loro potere non solo nella
mente e nella vita, ma da ultimo anche nel corpo. E il livello supremo,
quello a cui sono rivolti i suoi sforzi, è la supermente. Solo quando questa
può essere fatta discendere la trasformazione divina diventa possibile nella
coscienza terrestre.

Il Veda e il Vedanta sono un aspetto dell’unica Verità;
il Tantra, con la sua enfasi sulla Shakti, è un altro; in questo yoga si
comprendono tutti gli aspetti della verità, non nelle forme sistematiche
che gli sono state attribuite in precedenza, ma nella loro essenza, e li si
conduce al più perfetto e alto significato. Ma il Vedanta si occupa
maggiormente dei principi e delle concezioni fondamentali della
conoscenza divina e perciò molto del suo sapere e delle sue esperienze
spirituali è stato integralmente riportato nell’Arya. Il Tantra si occupa
maggiormente di forme, processi e poteri strutturati; tutto ciò non poteva
essere assunto semplicemente com’era, perché lo yoga integrale ha
necessità di sviluppare le proprie forme e metodi; ma l’ascesa della
consapevolezza attraverso i centri nervosi e altro della conoscenza
tantrica stanno dietro il processo di trasformazione al quale attribuisco
così tanta importanza, anche la verità che niente può essere realizzato se
non attraverso la forza della Madre

Il processo della salita della
Kundalini risvegliata attraverso i centri nervosi, come anche la
purificazione di questi centri è una conoscenza di tipo tantrico. Nel nostro
yoga non esiste un processo forzato di purificazione ed apertura dei centri;
n‚ una salita di Kundalini ottenuta attraverso un determinato processo.
Viene usato un altro metodo; esiste tuttavia l’ascesa della consapevolezza,
da ed attraverso i differenti livelli sino a raggiungere la più alta coscienza
situata al di sopra; esiste l’apertura dei centri e dei piani (mentale, vitale,
fisico) che questi centri comandano; esiste inoltre quel discendere che è la
chiave principale della trasformazione spirituale. Perciò esiste, come ho
detto, una conoscenza di tipo tantrico dietro il processo di trasformazione
di questo yoga.

– Sulla Shakti –

Parlerò oggi della Shakti o volontà-energia, poiché essa è il fondamento
dello Yoga. La Shakti si trova nel Sahasradala (il settimo chakra) proprio
sopra la sommità della testa ed opera da tale sede d’azione.

Sotto di essa, alla sommità del cranio, c’è la Buddhi superiore,
(intelligenza, comprensione) sotto la quale, occupando il livello mediano
del cervello, c’è la ragione, o Buddhi inferiore; sotto quest’ultima, alla base
del cervello, si trova l’organo di comunicazione con il Manas (mente
sensoria). Potremmo chiamare quest’organo la “comprensione”. La
conoscenza, la ragione e la comprensione sono le tre parti del cervello.
Queste funzioni si trovano nel corpo sottile, ma sono collegate alle parti
corrispondenti del cervello fisico.

Il Manas è nel petto, proprio sopra al cuore, ed è l’organo sensoriale con i
suoi cinque Indrya subordinati. Sotto il Manas, tra il cuore e l’ombelico, si
trova Chitta (coscienza di base, mente emotiva, mente del cuore). Da quel
punto fino all’ombelico ed oltre è la regione del prana psichico suksma (i
piani sottili dell’essere). Tutti si trovano nel sukshmadeha, ma sono
collegati ai rispettivi punti con lo Sthula Deha (il corpo materiale). Due
funzioni sono situate nello sthula deha stesso: il prana fisico o sistema
nervoso e lo Annam o corpo materiale (materia grossolana). Ora, la
Volontà è l’organo dell’Ishwara o maestro vivente del corpo. Essa opera
attraverso tutte queste funzioni, attraverso la Buddhi per il pensiero e la
conoscenza, attraverso il Manas per la percezione sensoriale, attraverso il
Chitta per l’emozione ed attraverso il Prana per la fruizione. Quando
funziona perfettamente, operando in ciascun organo secondo le sue
capacità, l’azione della Shakti diviene Perfetta ed infallibile. Ma esistono
due cause di debolezza, d’errore e di cedimento. Innanzi tutto, la
confusione degli organi.

Se il Prana interferisce nella sensazione,
nell’emozione e nel pensiero, allora la persona diventa anisha, schiava del
Prana, vale a dire dei desideri. Se il Chitta interferisce con la sensazione ed
il pensiero, allora questi ultimi sono viziati dalle emozioni e dalle loro
corrispondenti voglie. Se per esempio l’amore interferisce con la Buddhi,
la persona diventa cieca rispetto all’oggetto del suo amore, non sa
distinguere tra il giusto e lo sbagliato, tra kartavya e akartavya, in tutto
ciò che riguarda l’oggetto del suo amore. Diventa in misura più o meno
grande schiava delle emozioni, dell’amore, dell’ira, dell’odio della pietà,
della vendetta ecc. Nello stesso modo se il Manas interferisce con la
ragione, la persona prende le proprie sensazioni per idee giuste o veri
argomenti. Giudica basandosi su ciò che vede e sente in luogo di giudicare
ciò che vede o sente

Se, ancora, la ragione, l’immaginazione, la memoria
interferiscono con la coscienza, la persona è tagliata fuori da ogni
conoscenza superiore, vaga in tondo nel circolo interminabile delle
probabilità e possibilità. Se, infine, persino la Buddhi interferisce con la
volontà, allora la persona resta circoscritta al potere della sua limitata
conoscenza, invece di avvicinarsi sempre più all’Onnipotenza. In breve se
una macchina o strumento è impiegata per un lavoro cui non è adatta, per
cui non è stata creata o adattata fin dall’inizio, o non sarà per nulla in
grado di fare il suo lavoro, oppure lo farà male in quanto si viene a creare
dharma-sankara.

Quello che ora ho descritto è lo stato normale degli
uomini prima che conquistino la conoscenza. Tutto è dharma-sankara,
confusione delle funzioni, cattiva amministrazione e governo
incompetente o ignorante. La Volontà, il vero ministro, è ridotta ad un
burattino dei funzionari di più basso rango che lavorano tutti per i loro
scopi egoistici, interferendo l’uno con l’altro ed ostacolandosi l’un l’altro o
favorendosi l’un l’altro in modo disonesto, per il loro tornaconto e a
detrimento dell’Ishwara loro signore. Egli non è più l’Ishwara, ma è
anisha, diventa la marionetta e lo zimbello dei suoi servitori. Come mai lo
permette?

A causa di Ajnanam. Non sa, non si rende conto di quello che i
ministri e i funzionari ed il loro innumerevole seguito di portaborse
stanno facendo di lui. Che cosa è Ajnanam? E’ l’incapacità di riconoscere la
propria vera natura, posizione ed autorità. Egli ha cominciato con il
provare un profondo interesse per una piccola provincia del suo regno, il
corpo.

Ha pensato, “Questo è il mio regno.” E’ diventato lo strumento
delle proprie funzioni fisiche. Così anche con l’essere nervoso, sensoriale,
emotivo e mentale: egli si identifica con ciascuno di essi. Dimentica di
essere diverso da loro, e molto più grande e potente. Ciò che deve fare è
riprendere in mano le redini del potere, ricordarsi di essere l’Ishwara, il re,
il signore e Dio in persona. Basandosi su questa presa di coscienza deve
ricordarsi d’essere onnipotente. Ha al suo fianco un grande ministro la
Volontà.

Che egli sostenga e diriga la Volontà e la Volontà porterà
l’ordine nel governo e costringerà i funzionari a fare ciascuno il proprio
dovere in tutta obbedienza e perfezione. Naturalmente, questo non
accadrà subito. Prenderà tempo. I funzionari sono così abituati a lavorare
nella confusione e nel malgoverno che all’inizio saranno recalcitranti a
lavorare nel modo appropriato; e, d’altra parte, anche se volessero farlo lo
troverebbero difficile. Non saprebbero nemmeno da dove cominciare. Per
esempio, qualora incominciate ad usare la vostra volontà, che cosa è
probabile che accada?

All’inizio cercherete di usarla attraverso il Prana, il
desiderio, la vaghezza, la speranza; oppure l’userete attraverso il Chitta,
con emotività, eccitazione, aspettativa, o attraverso il Manas usando
Cheshta, combattimento, sforzo, come se lottaste fisicamente contro la
cosa che volete controllare; oppure userete la Buddhi, cercando di
dominare il soggetto del vostro interesse con il pensiero, pensando “così
sia”, “che questo accada”, ecc. Tutti sono metodi che lo Yoghi usa per
ritrovare il potere della Volontà: lo Hata-Yoghi usa il Prana e il corpo, il
Raja-Yoghi usa il cuore, il Manas e la Buddhi. Ma il metodo migliore
sfugge a entrambi.

Anche il secondo metodo è solo un ripiego che
necessariamente comporta lotta, sconfitta e frequente disappunto. La
Volontà è perfetta nella propria azione solo quando opera in modo
indipendente da tutte queste cose, diretta verso il suo oggetto dal
sahasradala, senza sforzo, senza emozione e ansietà, senza desiderio.

Obbedisce sempre l’Ishwara, ma agisce in sé stessa e attraverso sé stessa.
Usa le altre cose, non dev’essere usata da queste. Ogni funzione per sé, – e
la Volontà è la sua propria funzione. Usate la Buddhi per la conoscenza,
non per il comando; usate il Manas per la percezione sensoriale, non per il
comando né per la conoscenza; usate il cuore per le emozioni, non per la
percezione sensoria, la conoscenza o il comando; usate il Prana per la
fruizione, e per nessun’altra cosa.

Usate il corpo per il movimento e
l’azione, non come una cosa capace di limitare o determinare la
conoscenza, l’emozione, la percezione dei sensi, il potere di godimento.
Dovete quindi mantenervi distaccati e comandare tutte queste cose come
entità da voi separate. Esse sono semplici yantra, meccanismi; il Purusha è
lo Yantri o signore del meccanismo, e l’elettricità o potere motore è il
Volere. Questa è la vera conoscenza. Vi dirò in seguito come farne uso. E
questione di pratica, non di semplice insegnamento. Colui che ha anche
solo un poco di dhairyam, la calma costanza, usando il Volere può
avvicinarsi per gradi alla padronanza del meccanismo. Ma prima egli deve
sapere; deve conoscere la macchina, il potere motore, deve conoscere sé
stesso. Non è necessario che la conoscenza sia perfetta per cominciare, ma
deve esserci almeno una conoscenza elementare, come quella che sto
cercando di darvi. Vi sto spiegando le diverse parti della macchina, la loro
natura e le loro funzioni, la natura del Volere e la natura dell’Ishwara.

NOTE

Sahasradala: il settimo chakra detto Loto dei mille petali.
Buddhi: intelligenza, comprensione, il principio del discernimento.
Manas: mente sensoria.
Chitta:. coscienza di base, mente emotiva, mente del cuore.
Suksma: i piani sottili dell’essere, parti sottili dell’essere umano.
Suksma deha: il corpo sottile.
Sthula deha: il corpo materiale.
Annam: corpo materiale, materia grossolana.
Kartavya e akartavya: il dovere, e ciò che non deve essere fatto.
Anisha: non signore, non padrone, soggetto alla natura.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *