BENESSERE ED ARMONIA DELL’ANIMA E DEL CORPO
13 Dicembre 2001
Una ghiandola chiamata Graal
Alessandra Devana D’Elia
L’INTUIZIONE
Tutti noi abbiamo sentito quella storia che racconta come Dio volle nascondere la regalità e
l’illuminazione dell’uomo nell’unico posto dove egli non le avrebbe potute trovare. Ma non in fondo
agli oceani, ai vulcani, o sulle cime delle montagne più alte, come gli consigliavano dei o angeli a
seconda della provenienza di questa favola universale.
Dio la nascose dentro all’uomo perché lì era sicuro che lui non l’avrebbe mai cercata.
Il graal non soltanto è dentro di noi (e questo sarebbe perfettamente in linea sia con la teoria
secondo la quale noi siamo piccoli universi, sia con il postulato “come nel grande così nel
piccolo”… Trismegisto docet) ma è un ben preciso organo, anzi una ghiandola: non un simbolo o un
archetipo ma un corpuscolo vero, fatto di “materia”.
LA COPPA DELL’ETERNA GIOVINEZZA
Prima di svelarvi di quale ghiandola si tratti, vi chiedo di seguirmi nel seguente ragionamento.
Il graal si dice sia una coppa, però nessuno lo ha mai visto. E’ noto, tuttavia, che chi beve dal
graal ottiene l’eterna giovinezza, la guarigione da tutte le malattie e l’illuminazione. In
definitiva, al di là della sua forma reale, il graal è sicuramente un contenitore che porta in sé un
liquido in grado di offrire tali doni a chi lo beve.
Ma noi abbiamo nel nostro meraviglioso corpo proprio un piccolissimo contenitore dal quale possiamo
“bere” un liquido di questa portata. Si tratta della ghiandola pineale, un corpuscolo grande come
una lenticchia, a forma di cono (quindi ricorderebbe una minuscola coppa), situata alla base del
nostro cervello (quindi dentro di noi come racconta la storia citata all’inizio dell’articolo). La
ghiandola pineale – o epifisi in gergo scientifico – produce, tra l’altro, la melatonina, un ormone
prodigioso le cui caratteristiche sono state scoperte solo di recente ma che ricordano
incredibilmente quelle del liquido contenuto nel graal.
La melatonina viene elaborata dal corpo nel periodo notturno, durante il quale la ghiandola
raggiunge il massimo della sua attività. Proprio di notte sappiamo bene che la conoscenza intuitiva
e le nostre facoltà più sottili emergono e “si impossessano di noi”.
Descrive Laurence Gardner in “I Signori degli Anelli” (Newton Compton Ed.) “… la melatonina esalta
e rafforza il complesso del sistema immunitario del corpo, accresce la produzione di energia fisica
alzando il livello di sopportazione della fatica, regola la temperatura interna contribuendo a
un’ottimale gestione del sistema cardiovascolare ed è per eccellenza la sostanza antiossidante del
corpo, con effetti evidenti sui meccanismi antinvecchiamento e sulla mente, sviluppando facoltà
paranormali”.
Ecco dunque che chi beve le secrezioni contenenti melatonina dalla ghiandola pineale diventa
“immortale” (effetto antinvecchiamento e rafforzamento del sistema immunitario) e ottiene
“l’illuminazione” (aumento delle facoltà paranormali, dell’intuizione e altro). Il piccolo cono,
dunque, come la coppa graaliana, elargisce questo succo miracoloso: ma come fare a berlo?
Jasmuheen, una dolcissima donna australiana che dal ’93 si astiene dal cibo, nei suoi seminari, dove
spiega tra l’altro come vivere nutrendosi esclusivamente di “luce liquida”, racconta che è possibile
“bere” la divina Amrita, come viene chiamata nella tradizione sanscrita, ovvero la secrezione che
scende come una piccola goccia stimolando, con la lingua arrotolata all’indietro, il palato verso
l’epiglottide, guarda caso proprio sotto la ghiandola pineale. Forse l’Amrita, l’ambrosia degli dei,
il nettare divino, non è nient’altro che la secrezione di cui abbiamo parlato, ovvero quella
contenente melatonina.
Se così fosse, ognuno di noi avrebbe in sé la chiave della longevità e della riscoperta della
propria sovranità, e potrebbe accedervi in ogni momento, semplicemente arrotolando al massimo la
lingua verso l’epiglottide e aspettando che fuoriesca una piccola goccia che sembra muco.
Ma proviamo a vedere se nella tradizione graaliana vi sono altre prove che ratifichino tale ipotesi.
LA TORRE
Nella tradizione graaliana vi sono due simboli che vengono considerati interscambiabili tra loro e
“sinonimi” della sacra coppa: la torre e la scala. Tant’è che Dante, iniziato e Gran Maestro del
Priorato di Sion, un ordine templare, coinvolto nello studio dell’alchimia e quindi nella ricerca
del graal ed esiliato da Firenze, si rifugiò a Verona dal suo amico Cangrande “Della Scala”.
Il simbolo degli Scaligeri è una scala che si restringe verso l’alto ricordando proprio una torre:
sarà un caso? La Scala-Torre, come il graal, è legata a una tradizione che permette il
raggiungimento della Vera Luce e dell’Immortalità.
Un particolare interessante e inspiegabile è che molte dee, regine e importanti donne legate alla
discendenza graaliana portano una torre in testa, come copricapo.
Per esempio la dea egizia Serapide reca sul capo il “Gradal”, una sorta di torre, dove viene
conservato il “Fuoco Celeste” di Phtah, la scintilla divina incarnata in ogni essere.
In Francia, a Rennes le Chateaux dove si vocifera sia o sia stato sepolto il graal, vi è la statua
di una dea (forse Diana?) con il capo sormontato da una torre e gli scrittori latini Strabone e
Lucano, come viene spiegato in “Sulle tracce del graal” di Bizzarri e Scurria (Mediterranee) parlano
della regione di Rennes Le Chateaux come di una “[…] regione ‘lunare’ dove un tempio dedicato a
Diana di innalzava sopra l’Oppidum Ra, che designa una torre”.
In egiziano e in ebraico la parola “torre” viene scritta “MGDL” ovvero “Magdal” o “Migdal”, da cui
Magdalena, la donna per eccellenza connessa al mito del graal.
Karidven, la Dea Bianca e Grande Madre, regina incontrastata degli dei nella tradizione celtica dal
V al I millennio a.C., dea della fecondità, della terra, detentrice del calderone che dava
l’immortalità (in Bizzarri e Scurria il calderone della tradizione celtica è assimilato al graal) e
definita da Apuleio l’omologa di Venere, Diana, Proserpina e Iside, veniva chiamata dai celti anche
Rhiannon, ovvero “regina coronata da torre”. Karidven significa “porta divina” ed è raffigurata con
una scala in testa. Il calderone associato a Karidven-Rhiannon è fonte di inesauribile ricchezza ed
eterna giovinezza ed è strettamente legato alla resurrezione del corpo che diventa immortale.
Forse, questa torre-graal posta sul capo delle regine graaliane sta a indicare che il graal va
cercato nel capo? Insomma potrebbe essere una indicazione di dove cercarlo?
Tanto più che la produzione di melatonina da parte dell’epifisi viene stimolata dalla serotonina,
una sostanza secreta dalla sottostante ghiandola pituitaria, più nota come ipofisi: quindi
un’ulteriore indicazione di un processo chimico che si svolge nel nostro capo.
Nei Tarocchi, l’arcano chiamato “La Torre” rappresenta proprio una torre sormontata da una corona
(ma le corone non si mettono in testa?), che viene colpita a metà della sua altezza da un fulmine e
si spezza, mentre dal cielo piove manna, ovvero l’alimento divino. L’immagine ricorda in modo
raccapricciante quella dell’aereo che si schianta contro la prima torre di Manhattan il 9 settembre
2001, divulgata dalla BBC ed entrata ormai nel nostro immaginario collettivo: il fulmine che
colpisce la torre dei tarocchi spezzandola è proprio alla stessa altezza del lampo di luce provocato
dall’aereo in collisione.
La carta seguente a La Torre è chiamata Le Stelle e, nella serie di Alesteir Crowley, Gran Maestro
rosacrociano, raffigura una donna con due coppe in mano. Potrebbe indicare che una donna scopre la
seconda coppa, ovvero il piccolo graal inserito nel nostro capo il cui doppio esterno (“come nel
grande così nel piccolo”) è sepolto in qualche luogo in Europa? Non è singolare che questa
intuizione sul graal sia venuta a una donna (io) all’indomani della caduta della torre, esattamente
come sembrano descrivere i tarocchi?
La manna che scende dalla torre potrebbe indicare la divina Amrita contenuta nella ghiandola
pineale?
La Torre viene chiamata la Casa di Dio ed è collegata (come spiegato in Gardner, op.cit.) alla linea
femminile di discendenza del graal.
Ma perché linea femminile?
IL GRAAL, IL VENTRE E IL SANGREAL
Parlando di graal viene in mente immediatamente un classico della letteratura sul tema, amato o
odiato ma sicuramente letto da moltissimi ricercatori: il celeberrimo “Il Santo Graal”, di Baigent,
Leigh e Lincoln (Oscar Mondadori). In quell’appassionante ricerca si ipotizzava che il Graal, anzi
il Sangraal usando il nome per esteso, fosse in realtà la contrazione di Sangréal, il sangue reale,
l’erede messianico partorito da Maddalena e figlio di Gesù suo marito: quindi il Sangréal diventava
la discendenza messianica e per traslato il ventre della Maddalena.
Il legame tra ventre e graal si può conservare in maniera convincente anche nella teoria della
ghiandola pineale.
In Gardner si legge infatti che il mestruo femminile, in particolare quello delle regine della
“discendenza graaliana”, era ed è ricchissimo di secrezioni a base di melatonina e serotonina,
tant’è vero che si trovava sulle mense reali in diluizione. Sembra che alla base del rito cristiano
della coppa contente il sangue di Cristo con cui si celebra l’eucaristia, e anche alla base del mito
del vampiro che bevendo sangue mantiene la sua immortalità, ci sarebbe proprio il mestruo femminile
con il suo altissimo contenuto di secrezioni endocrine.
Tra l’altro Gardner spiega egregiamente come la parola vampiro derivi da “oupire”, ovvero “essere
superiore” da greco “uper” che significa “sopra”.
Inoltre quando le donne erano ancora tali e vivevano in sintonia con Madre Terra, avevano il ciclo
mestruale tutte insieme, durante la luna piena (le tribù native considerano le donne mestruate come
esseri divini ed esse, durante il ciclo, si ritirano tutte insieme per qualche giorno a compiere
riti di pruficazione). Anche in questo caso, dunque, la presenza di melatonina è connessa
all’influenza della luna.
Tali secrezioni sono anche presenti nei fluidi prodotti dal “grembo” delle donne particolarmente
eccitate (nella tradizione fatata, spiega Gardner, le principesse risvegliate dal bacio del principe
producono la divina Amrita).
Nell’un caso e nell’altro si associa il liquido dell’immortalità al ventre femminile, dove viene
prodotto sia il sangue mestruale (sangréal) sia il fluido che precede l’atto d’amore. Ecco dunque
perché il graal inteso come coppa da cui bere il nettare dell’immortalità è stato legato al sangue e
al ventre femminile.
Oggi, però, sappiamo che melatonina e serotonina sono prodotte autonomamente da ogni individuo sano
all’interno del suo capo, dall’epifisi e dall’ipofisi, ghiandole poste all’interno della massa
cerebrale ma indipendenti da essa.
Ognuno di noi, quindi, con un semplice allungamento del muscolo sublinguale, può “bere” dal graal la
secrezione che dà immortalità (rallenta l’invecchiamento) e illuminazione, senza bisogno di andare
nei Pirenei o in Provenza a cercare la vera coppa.
Un’ultima chicca
Ormai siamo lanciatissimi in questo gioco di specchi e rimandi così affascinante, al punto che
possiamo permetterci un’ulteriore scoperta.
L’arcano che segue Le stelle è La Luna. Aleister Crowley, questo personaggio misterioso e
legatissimo alla ricerca del graal (il quale si dice abbia “ricevuto” la visione dei tarocchi a lui
intitolati durante una meditazione e li abbia poi descritti alla pittrice che li realizzò), nella
sua Luna non indica nessun corpo celeste luminoso e bianco. La Luna di Crowley è composta da 2 torri
parallele molto stilizzate che sembrano sostenere al centro tra loro, in alto, una sfera dalla quale
scendono piccole fiammelle che si immettono in un’altra sfera sottostante, più piccola, dalla quale
si irradia una luce.
L’immagine ricorda in maniera stilizzata, un cervello in sezione visto dall’alto, con le torri che
formano i due emisferi cerebrali, la ghiandola pituitaria, più grande, in alto, ovvero verso il naso
in sezione, la ghiandola pineale più piccola in basso verso la nuca. Le fiammelle potrebbero
indicare la serotonina prodotta dalla pituitaria, che immettendosi nella pineale stimola la
produzione di melatonina, la quale fa “brillare” la sfera più piccola.
L’AUTORE
Alessandra Devana D’Elia
Laureata in Economia con indirizzo ambientale, giornalista e scrittrice, dal 1997 al maggio 2001 ha
scritto per la rivista Business Congress articoli sul benessere nel mondo aziendale.
Dal 1989 è ricercatrice spirituale e sperimentatrice di diverse tecniche di superamento dei limiti
corporei e aumento della consapevolezza. Ha scritto diversi libri tra cui “Bioeconomia- l’abolizione
del denaro nel terzo millennio”.
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