del Dalai Lama
introdotto ed editato dall’attore Richard Gere
– 3a. parte –
Finché gli esseri sono sotto il controllo delle forze
dell’ignoranza, sofferenza e insoddisfazione resteranno
sempre parte integrante del loro modo di essere. E non
dobbiamo pensare che sofferenza, duhkha, si riferisca
esclusivamente alla evidente sofferenza fisica e mentale; è
estremamente importante ricordare che le esperienze di
malessere e scontentezza, ad essa sottese, sono anch’esse
duhkha.
Contemplando queste due caratteristiche dell’esistenza
condizionata – impermanenza e duhkha – si può sviluppa-
re la vera rinuncia, il profondo, spontaneo desiderio di li-
berarsi dalla schiavitù della sofferenza. Sorge allora la do-
manda: è possibile per l’individuo conseguire tale stato di
libertà? Qui diventa evidente l’importanza del terzo sigil-
lo. Il terzo principio afferma che tutti i fenomeni sono pri-
vi di esistenza intrinseca. Il sentiero dall’impermanenza e
dalla insoddisfazione alla non esistenza del sé è chiaro.
Abbiamo appreso dal principio dell’origine dipendente
che cose e eventi non pervengono all’esistenza senza cau-
se.
Abbiamo anche visto che sofferenza e condizioni in-
soddisfacenti sono causate dalle nostre afflizioni mentali e
dalle azioni contaminate da esse indotte. La radice di tutte
le affflizioni è la fondamentale ignoranza che percepisce in
modo errato la natura della realtà. Questa ignoranza è un
giudizio erroneo. Dal momento che apprende erronea-
mente la natura della realtà, non ha alcun valido fonda-
mento nella nostra esperienza o nella realtà. Di fatto, ap-
prende la realtà in maniera tale da contraddire l’effettiva
esistenza delle cose. Dunque si tratta di uno stato mentale
erroneo e distorto. Essendo tale, abbiamo una reale possi-
bilità di sradicarlo: il che può avvenire sviluppando la
profonda visione intuitiva che può andare al di là dell’il-
lusione creata da tale giudizio erroneo. La vera estinzione
della sofferenza è lo stato libero da questo modo distorto
di percepire il mondo. E una realtà che potete realizzare
all’interno del vostro continuum mentale. Non è un sem-
plice ideale. La natura della estinzione è vera pace. Quin-
di anche il quarto principio – il nirvana è vera pace – ha
diretta rilevanza nella vostra pratica.
VII
Il sentiero Mahayana della vacuità
e della compassione
In sostanza, possiamo dire che nel secondo giro della
ruota del Dharma, esposto nei sutra della perfezione della
saggezza, il Buddha sviluppa in grande profondità il tema
della cessazione della sofferenza nei termini di un’estesa
trattazione c~ella dottrina della vacuità. Questo approccio
ermeneutico ci aiuta anche a estrarre i significati impliciti
dei vari sutra. Per esempio scopriarno che, sebbene l’argo-
mento esplicito dei sutra della saggezza sia il tema della
vacuità, è possibile anche una lettura che tenga conto del
significato implicito. Secondo questa lettura, oggetto dei
sutra della saggezza sono i vari livelli di esperienza tra-
scendente associati alla realizzazione della vacuità: cioè i
progressivi stadi di crescita sulla via dell’illuminazione.
Questo livello di significato è noto come significato nasco-
sto, o implicito, dei sutra della saggezza.
Il terzo giro:
la natura del Buddha
Il terzo giro della ruota del Dharma contiene molti sutra
diversi, il più importante dei quali, il Tathagatagarbhasutra
(Sutra dell’essenza del Tathagata), descrive l’innato poten-
ziale di illuminazione che si trova in noi: la nostra essenza
di buddhità, ovvero la nostra natura di buddha. Questo
sutra è in effetti la fonte della raccolta di inni di Nagarju-
na,l nonché del trattato di Maitreya, Mahayana-uttaratan-
trasastra (Il sublime continuum del Grande Veicolo).
In questo sutra il Buddha esplora ulteriormente i temi principali
trattati nel secondo giro, e cioè la dottrina della vacuità, e
le esperienze trascendenti associate con la penetrazione
della vacuità, nel contesto del sentiero individuale alla il-
luminazione. Tuttavia, poiché la natura della vacuità – la
mancanza di esistenza intrinseca di tutti i fenomeni – era
già stata esaurientemente spiegata nei suoi aspetti più sot-
tili e profondi nei sutra della saggezza, in questo terzo gi-
ro non viene esposta una ancora più sottile dottrina della
vacuità. Caratteristica particolare del terzo giro è, invece,
la presentazione di specifiche tecniche di meditazione
volté a potenziare la saggezza che realizza la vacuità, e la
discussione, da un punto di vista soggettivo, dei vari sot-
tili fattori insiti nell’esperienza di quella saggezza.
Vi è anche un’altra categoria di sutra appartenenti al
terzo giro della ruota del Dharma. In questo gruppo il su-
tra principale è il Samdhinirmocanasutra (Sutra che delucida
il pensiero del Buddha). In questo sutra il Buddha riconcilia
l’apparente contraddizione tra certe affermazioni del pri-
mo giro che ascrivono un’identità intrinseca ai fenomeni e
l’esplicita negazione di ogni identità intrinseca presente
nel secondo giro. Per far questo il Buddha chiarisce la dot-
trina della vacuità, o mancanza di identità, mostrando co-
me essa debba di fatto essere applicata in modo diverso a
differenti categorie di fenomeni. Secondo questa conce-
zione, l’esistenza va compresa nei termini di tre classi: fe-
nomeni designati, fenomeni dipendenti e fenomeni piena-
mente stabiliti, o fenomeni ultimi. Fenomeni designati sono
i fenomeni che esistono solo come concetti attribuiti, in re-
lazione ad altre entità che possiedono realtà più autono-
me. Essi comprendono le entità astratte: gli universali, le
relazioni, le negazioni (come la mera assenza di qualcosa)
etc.
Fenomeni dipendenti si riferisce a tutte le cose e gli
eventi che si verificano come risultato di cause e condizio-
ni. La terza categoria, fenomeni pier~amente stabiliti, si riferi-
sce al modo di essere ultimo di tutti i fenomeni: la vacuità.
Da un altro punto di vista, le tre categorie esposte sopra
si possono considerare anche come nature distinte, ma
universali, di tutti i fenomeni. Secondo questa prospettiva
esse diventano rispettivamente: natura designata, natura
dipendente e natura pienamente stabilita. In relazione a
queste tre nature, all’espressione «mancanza di identità»
vengono attribuiti significati diversi. Per esempio, i feno-
meni designati sono privi di identità intrinseca, i fenome-
ni dipendenti sono privi di identità derivata da autopro-
duzione, i fenomeni pienamente stabiliti sono privi di
identità ultima.3 Ecco perché il terzo giro della ruota viene
detto «ruota del Dharma che spiega chiaramente le distin-
zioni».
Questo modo di intendere la dottrina della mancanza
di ident~tà presentato nel terzo giro, anche se contrasta
con lo spirito dei sutra della saggezza come esposto nel
secondo giro, può essere considerato come un espediente
di eccezionale abilità del Buddha. Nel secondo giro il
principio di mancanza di identità veniva descritto come
una dottrina universale che spiegava tutti i fenomeni in
termini di vacuità di esistenza intrinseca. Tuttavia questa
visione della vacuità può apparire estrema a molti prati-
canti e perciò restare al di là della loro possibilità di com-
prensione.
Per queste persone affermare che i fenomeni
sono privi di esistenza intrinseca pare equivalente a dire
che i fenomeni non esistono affatto. Nella loro mente, as-
senza di esistenza intrinseca potrebbe significare non esi-
stenza. Vediamo dunque che il Buddha ha insegnato i su-
tra del terzo giro, come il Sutra che delucida il pensiero,
specificamente per venire incontro alle facoltà e disposi-
zioni mentali di un tipo particolare di praticante. Fondate
rispettivamente su questi due distinti sistemi di interpre-
tazione della dottrina della vacuità esposta nei sutra della
saggezza, emersero in India le due maggiori scuole del
buddhismo Mahayana: Madhyamaka, o Via di mezzo, e
Cittamatra, o Solo mente.
Nella tradizione buddhista tibetana esiste anche un si-
stema avanzato di pensiero e pratica noto come tantra. Io
ritengo che questo abbia un rapporto con il terzo giro del-
la ruota. La parola tantra significa letteralmente continuum
o lignaggio. Il testo di Yoga tantra denominato Tantra del
pinnacolo-Vaíra (Vajrasekharamahaguhyayoga-tantra) spiega
che tantra è una continuità riferita principalmente alla
continuità di mente o coscienza:
«Tantra» è continuità:
sarnsara è considerato tantra.
«Posteriore» significa al di là:
Nirvana è il tantra posteriore.4
In primo luogo, il nostro continuum mentale è la base
della nostra coscienza di identità personale. In base a que-
sto continuum, nella vita ordinaria commettiamo azioni
contarninate che ci spingono in continuazione nel circolo
vizioso di morte e rinascita. Nella vita spirituale, in base a
questa stessa continuità di coscienza, possiamo progredi-
re mentalmente e sperimentare elevate realizzazioni della
via. Alla fine, proprio in base a questa medesima conti-
30 Caratteri generali deluddhismo
nuità di coscien~a – spesso identificata con la nostra natu-
ra di buddha – siamo in grado di raggiungere lo stato de-
finitivo di onniscienza. In altre parole, samsara – la nostra
esistenza condizionata nel ciclo perenne delle tendenze
abituali – e nirvana – la vera liberazione da tale esistenza
– non sono altro che diverse manifestazioni di tale conti-
nuum di base. Perciò, la continuità di coscienza è sempre
presente. Questo è il significato di tantra, o continuità.
Ritengo vi sia uno stretto rapporto tra gli insegnamenti
del tantra e il terzo giro della ruota. Come possiamo vede-
re, il tantra è un sistema di pensiero e pratica volto princi-
palmente a rendere manifesto il potenziale latente della
nostra continuità di coscienza di base, e questo è anche il
fine ultimo degli insegnamenti del terzo giro.
In effetti, se esaminiamo attentamente gli insegnamenti
del secondo e del terzo giro, possiamo scoprirvi elementi
significativi che preannunciano la via tantrica. Presi insie-
me, questi due giri forniscono un prezioso ponte tra gli in-
segnamenti dei sutra e gli insegnamenti dei tantra. Per
esempio, il principio ermeneutico di conciliare due diverse
letture dei sutra della saggezza – cioè la lettura esplicita re-
lativa alla dottrina della vacuità, e la lettura implicita che
mostra gli stadi del sentiero associati alla propria esperien-
za della vacuità – apre la via all’accettazione dell’idea di di-
verse interpretazioni di un singolo testo, concetto essenzia-
le per la comprensione delle scritture tantriche.
Similmente, toccando il terna dei diversi livelli di sotti-
gliezza della esperienza della vacuità dalla prospettiva
della mente soggettiva, il terzo giro apre la porta alla di-
scussione, nel tantra, dei numerosi livelli di sottigliezza
della nostra coscienza e della loro importanza nella realiz-
zazione di vari stati trascendenti.5
Diverse spiegazioni del concetto
di non esistenza del sé
Dal punto di vista filosofico, il criterio che distingue una
scuola come scuola buddhista è l’accettazione di quattro
principi fondamentali, noti come i quattro sigilli. Essi sono:
– tutti i fenomeni compositi sono impermanenti;
– tutte le cose e gli eventi contaminati sono insoddisfa-
centi;
– tutti i fenomeni sono vuoti e privi di un sé;
– il nirvana è vera pace.
Qualunque sistema accetti questi quattro sigilli è filoso-
ficamente una scuola di pensiero buddhista. Tuttavia, è
nelle scuole Mahayana (Cittamatra e Madhyamaka) che il
principio di non esistenza del sé – la mancanza di esisten-
za intrinseca – viene spiegato al livello più profondo.
Come abbiamo visto, vi sono due approcci principali al
concetto di non esistenza del sé: Hmayana e Mahayana.
Le scuole Hlnayana, o Veicolo Individuale (Vaibhasika e
Sautrantika), si attengono alla concezione di non esistenza
del sé della persona, insegnata nel primo giro, mentre le
scuole Mahayana adottano la visione più ampia di non
esistenza del sé esposta nei sutra della saggezza, insegnati
nel secondo giro. Per comprendere la differenza di sotti-
gliezza tra queste due visioni della non esistenza del sé,
esaminiamo le nostre esperienze e i modi in cui ci mettia-
mo in rapporto con gli altri e con il mondo. Per esempio,
quando uso questo rosario facendo scorrere i grani o glo-
cherellando, ho la naturale sensazione che questo oggetto
mi appartenga. C’è un certo grado di possessività e di at-
taccamento in questa idea di «appartenenza a me». Se esa-
minate l’attaccamento che provate per le vostre proprietà,
scoprirete che vi sono diversi livelli di attaccamento.
Perfino la nostra esperienza di un singolo stato emotivo, qua-
le è l’attaccamento, è composta di complesse interazioni
tra varie esperienze emotive e cognitive. In un certo senso
sentiamo come se vi fosse una persona che esiste in modo
concreto e autonomo. Tale persona appare totalmente in-
dipendente, come una entità separata dal mio corpo e dal-
la rnia mente, e il rosario è percepito come appartenente a
questo «sé~> o «io» unitario, fisso e indipendente.
Tuttavia, attraverso la meditazione, quando cominciate a percepire
l’assenza di tale entità concreta e autosufficiente, gradual-
mente cominciate ad allentare la forte presa del vostro at-
taccamento verso amici e proprietà. Con questa tecnica
superate gli attaccamenti intensi e portatori di sofferenza,
allentando la presa sulla vostra identità fissa di soggetto.
Questo ha un effetto decisamente liberatorio. Ciò nono-
stante, poiché questo approccio lascia ancora intatta la vo-
stra percezione degli oggetti esterni come oggetti dotati di
identità intrinseca e oggettiva, rimangono intatti anche
sottili livelli di attaccamento fondati su tale percezione.
Per esempio, quando vediamo un bel fiore, la nostra ten-
denza abituale è quella di proiettare su di esso qualità di
bellezza e bontà che esistono in e per se stesse e quindi
possiedono un proprio status oggettivo. Pertanto, nel se-
condo giro della ruota, il Buddha estende il principio di
non esistenza del sé, in modo da comprendere l’intera
gamma della realtà, tutte le cose e gli eventi. Solo realiz-
zando completamente il principio universale di vacuità
possiamo superare tutti i livelli dei nostri stati mentali il-
lusori.
Possiamo comprendere meglio questo punto rifletten-
do su una affermazione contenuta nel Madhyamakavatara
(L’ingresso nella Via di mezzo) di Candraklrti, che dice:
Il meditante che abbia compreso 1’assenza di un sé [semplice-
mente come non esistenza di un sé eterno] non comprenderebbe la
realtà della forma e degli altri [aggregati come espressa nella verità
del più alto significato]. Per questo motivo, l’attaccamento e le altre
[afflizioni] continuerebbero a sussistere, giacché essi sorgono dalla
[errata] percezione della forma; egli non avrebbe compreso la natu-
ra (cioè: il vuoto) della forma [e degli altri aggregati].
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