Breve biografia di Osho
Tratto da OSHO RAJNEESH
“La Grande Sfida – il testamento spirituale di un profeta del nostro tempo”
Ed. Bombiani
Osho Rajneesh nasce a Kuchwada, nel Madhya Pradesh, in India, il dicembre 1931. Fin dalla più tenera
età manifesta il suo spirito libero, desideroso di sperimentare la vita in prima persona,
insofferente a regole e a norme imposte: rifiuta di accettare perfino la fede della famiglia, di
religione giainista, sfidando fin da allora i presupposti su cui si fondava la struttura sociale,
politica e religiosa nella quale viveva.
La sua ricerca della verità culmina, a ventun anni, il 21 marzo 1953. In questo giorno, Osho
sperimenta nel proprio essere la vetta di consapevolezza più alta concessa all’uomo:
l’illuminazione. Da allora, il suo solo desiderio è stato di condividere con altri la propria
esperienza di comunione con l’universo.
Brillante e intelligente, prosegue gli studi in filosofia all’università di Saugar, laureandosi con
lode nel 1956. Due anni dopo, ottiene la cattedra di filosofia all’università di Jabalpur.
Nel 1966 Osho lascia la carriera universitaria per dedicarsi interamente all’insegnamento dell’arte
della meditazione, sviluppando una tecnica rivoluzionaria chiamata “meditazione dinamica”. In essa,
il silenzio e la quiete sono preceduti da una fase catartica, fondamentale per l’uomo contemporaneo,
a cui un’eccessiva estroversione impedisce di stabilire un contatto immediato con il silenzio del
proprio essere.
Negli anni successivi egli rende partecipi della sua visione di un “uomo nuovo” quanti accorrono ai
suoi discorsi, attratti dalla lucidità delle sue dispute con i leader religiosi di ogni fede, e ben
presto intorno a lui si raccolgono folle che superano le 100.000 persone.
Sono gli anni detti della “chiamata”, che si concludono quando, nel 1968, Osho si stabilisce a
Bombay, dove lo raggiungono nel 1970 i primi ricercatori occidentali. Si tratta di terapisti,
fuoriusciti dal “Movimento per lo sviluppo del potenziale dell’uomo” che, riconosciuti i limiti
della psicologia umanistica, iniziano a vedere nella meditazione il passo successivo del processo di
crescita. Ma non sono i soli: ben presto, dal mondo occidentale, accorrono persone di ogni
estrazione sociale e di ogni età.
Col tempo, diviene chiara la profonda diversità della sua visione, rispetto ai vari Movimenti
dell’età dell’Acquario e alle diverse sette e culti, in voga in quegli anni: la ricerca, infatti, in
questo caso non è mai stata mera speculazione fìlosofica, teoria consolatoria. Da questo punto di
vista il messaggio di Osho Rajneesh è sempre stato chiaro: per imparare a conoscere i misteri della
vita è necessario sperimentare, entrare nel processo dell’esistenza, senza negare nulla di ciò che
la vita è; questo principio include il viaggio nel regno delle emozioni, dei sentimenti e
dell’amore: esperienze preziose per chiunque voglia avvicinarsi alla vita e vederla nella sua
essenza più intima, più semplice e più naturale.
Nel 1970, Osho inizia al “Neo-sannyas” le prime persone. È un sentiero di impegno individuale volto
a esplorare sempre più a fondo il proprio essere. Nel 1974 si trasferisce a Poona, dove un gruppo di
sannyasin da vita ad un ashram, in seguito trasformato in comune: il primo esperimento di “comune”
ecologica globale. Qui, alternando discorsi in hindi a discorsi in inglese, Rajneesh apre le sfere
dello scibile, da sempre chiuse in rigide strutture per addetti ai lavori, e rivela a quanti lo
ascoltano il loro diritto a impossessarsi di tutto ciò che, ovunque, l’uomo ha acquisito nelle sfere
dell’estasi, della conoscenza, della saggezza, della realizzazione del sé. Giornalmente parla di
Yoga, Zen, Tao, Tantra, Sufi, tendendo la mano a Buddha, Gesù, Lao Tzu, e a molti altri maestri,
introducendoli nel nostro tempo, per trasformare di nuovo in esperienza ciò che era ridotto a
“ricordo”, sogno, consolazione, superstizione o speranza.
Il suo intento è, e rimane, quello di elevare la consapevolezza umana a quelle esperienze che, di
per sé, possono risolvere i mille mali dell’umanità. Esperienze che i mistici di tutto il mondo
hanno conosciuto come “samadhi”, “satori”, “Illuminazione”, e che la semplice pratica della
meditazione mette alla portata di tutti.
E di fatto, la sua parola “parlata” induce molti a uscire dall’ambito mentale, dal piatto mondo
delle parole acquisite, scritte, per sperimentare la vita, per accedere alla sfera delle esperienze
“indicibili”, irriducibili a parole. Molti giungono a percepire la dimensione del silenzio, e il
primo maggio 1981 Osho, volendo rendere ancor più profonda questa esperienza, smette di parlare,
entrando in un periodo di silenzio, di comunione cuore a cuore con i suoi discepoli.
Questo momento coincide con una seria malattia fisica, un segno di stanchezza del corpo, provato
dall’intenso lavorio degli anni precedenti. Per essere curato, Osho viene portato in America in
previsione di un possibile intervento chirurgico alla schiena.
In quello stesso periodo i suoi discepoli americani acquistano un ranch di 260 chilometri quadrati
nel cuore dell’Oregon, con l’intenzione di sperimentare nella pratica la visione di Raj-neesh di una
comunità spirituale autosufficiente, dove il divino e il mondano possano incontrarsi e vivere in
armonia. Qui si offre l’occasione di uno spazio libero da schemi preimpostati, dove far nascere quel
tipo di “uomo nuovo”: “Zorba il Buddha”, l’incontro della terra e del cielo.
E qui che Rajneesh viene invitato a risiedere. Qui sorge una città di 3500 abitanti dove ogni anno,
per quattro anni, in estate, giungono fino a 15.000 visitatori, semplicemente per sedere in
silenzio, vicino a questo raro fiore di consapevolezza. E qui, nell’ottobre 1984, Osho ricomincia a
parlare. La città assume il nome di Rajneeshpuram, “visione di Rajneesh”, ed è conosciuta nel mondo
come la prima città a ecologia globale.Di certo si tratta dell’esperimento di comune spirituale più
grande mai condotto negli USA.
L’evoluzione di questo esperimento non passa inosservato:
mentre da un lato aumenta l’interesse di giornalisti e di studiosi (alcune università inviano qui i
loro ricercatori per studiare “il fenomeno”), dall’altro cresce, in maniera esponenziale,
l’opposizione politica a livello locale, statale e federale. Edwin Meese, più tardi “consigliere” di
Reagan, spende milioni di dollari nel tentativo di distruggere questa comune nata intorno a
Rajneesh. I motivi di tanti contrasti sono riportati con evidenza nel volume “La Bibbia di Rajneesh”
(Bompiani, 1988), che raccoglie la prima serie di discorsi dopo tre anni e mezzo di silenzio
(ottobre 1984).
Tra le altre cose, Rajneesh spiega dettagliatamente la strategia che accompagna l’invenzione di Dio
nei secoli: “la più grande finzione mai ideata dall’uomo”. E spiega anche come le religioni
organizzate, le nazioni e la famiglia abbiano distrutto la naturale capacità dell’essere umano di
amare, di sperimentare l’estasi e la meditazione, imprigionandolo in culture e tradizioni
artificiali, evidentemente al servizio della morte, e il cui potere distruttivo sta oggi dando i
suoi frutti.
Nel settembre 1985, la sua segretaria personale e diversi membri dell’apparato istituzionale della
comune, lasciano improvvisamente Rajneeshpuram. Dopo la loro partenza, viene alla luce una serie di
azioni illegali da loro compiute che spinge lo stesso Rajneesh a richiedere l’intervento delle
autorità americane perché vengano svolte indagini approfondite.
Le autorità approfittano dell’occasione per intensificare i loro sforzi tesi a distruggere la
comune. Sforzi che già in passato avevano prodotto azioni incredibili, come il varo di una legge
retroattiva sull’uso del territorio che rendeva illegale, due anni dopo la sua fondazione, la città
di Rajneeshpuram.
Nell’ottobre 1985, accusato di violazione della legge sull’immigrazione, Osho viene arrestato a
Charlotte, nel North Carolina, senza alcun mandato di cattura. Ammanettato mani e piedi, con il
chiaro intento di umiliarlo, gli viene rifiutata la libertà provvisoria su cauzione. Viene
sballottato da un carcere all’altro per dodici giorni: tanto richiese il viaggio, che di solito dura
cinque ore di volo, fino a Portiand, dove si trovava il tribunale a cui doveva rispondere delle
accuse. In quei giorni Raj-neesh viene addirittura sottoposto a radiazioni e a somministrazione di
tallio: l’avvelenamento verrà riscontrato solo successivamente da medici e specialisti, quando sarà
troppo tardi per rimediare ai danni causati.
II timore per la salute di Osho e per la sua vita spinge i suoi legali a trattare con le autorità
federali una “colpa” ipotetica, un cavillo giuridico conosciuto in America come “Alfred plea”, in
base al quale l’imputato conserva la sua innocenza pur dichiarandosi colpevole. Questo permette alle
autorità di spiccare un mandato di estradizione per Rajneesh, pur non macchiandone la fedina penale.
Il 17 novembre 1985 Osho lascia gli Stati Uniti.
Una settimana dopo, la comune americana si scioglie.
I motivi di questo intervento federale divengono chiari in seguito quando, nel corso di una
conferenza stampa, il procuratore generale degli Stati Uniti, Charles Turner, alla domanda: “Come
mai a Rajneesh non sono stati imputati i crimini commessi e imputati alla sua segretaria?”, rispose
che in primo luogo al governo interessava distruggere la comune e che le autorità sapevano che,
allontanando il maestro, la situazione sarebbe precipitata. Inoltre, non era loro intenzione fare di
Rajneesh un martire; infine, non esisteva prova alcuna che lo associasse ai crimini commessi dalla
segretaria.
Osho torna in India ma, quando i visti delle persone che si prendono cura di lui, quasi tutti
occidentali, vengono annullati dal governo indiano col chiaro intento di isolarlo, egli decide di
trasferirsi in Nepal.
Nel febbraio 1986 inizia un giro del mondo con l’intenzione di visitare i suoi discepoli e di
rincontrarli dopo il lungo periodo di distacco.
Tuttavia l’amministrazione Reagan boicotta questo viaggio, diffondendo tra i governi del cosiddetto
“mondo libero” false informazioni, che spingono ben ventun paesi a rifiutare l’ingresso a Rajneesh o
a deportarlo. Tra questi: Grecia, Svizzera, Svezia, Inghilterra, Germania Occidentale, Olanda,
Canada, Portogallo e Uruguay. In quest’ultimo caso, si ricorse addirittura a un ricatto economico:
se a Rajneesh fosse stato concesso il permesso di residenza nel paese, gli Stati Uniti avrebbero
preteso il pagamento immediato dei prestiti fatti a quel paese fino ad allora e annullato quelli
successivi.
Nel luglio 1986 Osho Rajneesh torna a Bombay, e nel gennaio 1987 a Poona, dove si ristabilisce nel
vecchio ashram, dando vita alla “Scuola dei misteri”. Nei tre anni successivi, di nuovo la sua
presenza e i suoi discorsi, due volte al giorno, attraggono decine di migliala di visitatori,
nonostante lo sforzo del governo indiano per impedire a quanti giungono dall’Occidente di
avvicinarsi a lui, rifiutando i visti di ingresso a chi dichiara, quale scopo del viaggio, di voler
visitare Rajneesh o, addirittura, la città di Poona (e questo vale soprattutto per la stampa e le
televisioni di tutto il mondo).
Il 19 gennaio 1990 Osho ha deciso di lasciare il corpo, ormai troppo consumato. Con la stessa
semplicità e naturalezza che hanno contraddistinto la sua vita straordinaria, egli ha regalato ai
suoi discepoli anche questa esperienza che, per lui, non ha mai significato la conclusione della
vita, ma piuttosto il suo culmine: “il limite estremo, oltre il quale l’inconoscibile si estende
infinito”.
Tra i presenti a questo evento, e tra quanti si sono poi precipitati a Poona per salutare il
maestro, si è diffusa, nei giorni successivi, una sensazione incredibile: lungi dal vivere
un’assenza, l’atmosfera dell’ashram pareva vibrare di una forza e di una vitalità che hanno sempre
contraddistinto la presenza fisica di questo mistico straordinario.
Questa sensazione pareva quasi confermare le parole di Rajneesh, di un tempo: “Ricordate: quando me
ne sarò andato, voi non perderete nulla; anzi, potrete guadagnare qualcosa di cui ora siete
assolutamente inconsapevoli. Quando lascerò il corpo, dove potrò mai andare? Sarò qui! Nel frusciare
del vento, nel mormorio dell’oceano; e se mi avete amato, se avete avuto fiducia in me, mi
percepirete in mille e un modo: nei vostri momenti di silenzio, all’improvviso sentirete la mia
presenza. Quando non sarò più confinato dal corpo, la mia consapevolezza diverrà universale. Allora,
non dovrete più venire a cercarmi: ovunque sarete, la vostra sete, il vostro amore vi faranno
ritrovare me, nel vostro cuore, nel semplice battito del vostro cuore.”
Di certo, questo evento crea un risvolto definitivo per un aspetto che, pur superficiale, ha
impedito a molti di avvicinare direttamente questo maestro: l’eco dei fatti di cronaca, che hanno
spesso distorto la verità da lui testimoniata, non potranno più interferire con il suo lavoro. D’ora
in poi, chi lo vorrà giudicare, dovrà innanzitutto imparare a conoscerlo, ad assorbire in sé la sua
visione. Dovrà spaziare negli stessi cieli che Rajneesh ha dischiuso all’occhio della mente
dell’umanità, aprendo nuove e infinite prospettive nei campi più diversi.
I semi della sua opera, della sua visione, sono raccolti in centinaia di libri, tradotti in
ventinove lingue. In italiano sono cinquanta i titoli già pubblicati e cinquanta quelli in
programmazione. Quindi, malgrado il desiderio delle istituzioni e dei media di dichiarare “concluso
il fenomeno Rajneesh”, il suo messaggio non può che continuare ad ispirare il futuro di quella larga
parte delle ultime generazioni che desiderano imparare a vivere in quanto esseri umani e che
riconoscono nell’uomo – così come si presenta – qualità barbare e primitive che occorre superare,
con una mutazione, con un uomo nuovo, con una totale discontinuità dal passato e dai suoi valori.
Come sempre, anche in questo caso è Rajneesh ad avere l’ultima parola sui suoi detrattori: “State
certi che non me ne andrò prima di aver seminato in voi tutti il messaggio racchiuso nelle mie
parole. Il giorno in cui lascerò il corpo, la responsabilità dei miei discepoli sarà immensa:
dovranno vivermi, dovranno diventare me. Lasciare il mio corpo diventerà per tutti loro una sfida:
ora che ho lasciato un corpo, posso vivere in tutti i vostri corpi. E sono assolutamente certo, sono
felice, perché ho raccolto le persone giuste: loro saranno i miei libri, loro saranno i miei templi,
le mie sinagoghe.
Certo, dipende tutto da voi: chi, altrimenti, diffonderà la mia presenza in tutto il mondo?
Io sono un sognatore incurabile: nessun miracolo potrà mai accadere, a meno che voi non lo facciate
accadere. E voglio che questo ashram sia il primo nucleo umano in cui si realizzi la sintesi tra
l’approccio religioso alla vita e quello scientifico. Questo appagherà il mio sogno, il mio dire che
la sfera intcriore dell’uomo e quella esteriore non sono separate. E quando affermo che questo
accadrà, non sono mere parole: io sono un semplice tramite dell’esistenza, so benissimo – poiché
sgorga dal mio assoluto annullamento nell’anima stessa dell’universo – che è un messaggio
dell’esistenza stessa: accadrà, nessuno potrà ostacolarlo.
E questa è la sola speranza che sulla terra nasca un uomo nuovo, una nuova umanità.”
OSHO
MAI NATO
MAI MORTO
HA SOLO VISITATO
QUESTO PIANETA TERRA
11.12. 1931-19. 1.1990
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