Secondo un recente studio siamo naturalmente portati a credere a ciò che ci viene raccontato, anche
quando si tratta di bufale o fake news.
06 APRILE 2018 | REBECCA MANTOVANI
Non siamo progettati per riconoscere al volo le bufale: il nostro cervello cioè, non utilizza sempre
tutte le informazioni in suo possesso per distinguere la verità da una menzogna. Ve lo dimostriamo
con un quiz:
quanti animali per ogni specie ha caricato Mosè sullArca?
Avete risposto “2”? Sicuri? Rileggete bene la domanda… E non preoccupatevi: le persone che si
accorgono dello scambio tra Noè e Mosè sono pochissime, al punto che gli psicologi hanno battezzato
questo fenomeno “Illusione di Mosè”.
Diversi studi di psicologia cognitiva dimostrano che siamo naturalmente portati a non verificare ciò
che leggiamo, nemmeno confrontandolo inconsciamente con ciò che sappiamo. E questo comportamento,
nell’epoca delle fake news, può diventare decisamente pericoloso.
BOCCALONI INCONSAPEVOLI. Uno studio condotto da Lisa Fazio, docente di psicologia alla Vanderbilt
University, lo dimostra ampiamente. La ricercatrice ha chiesto a un gruppo di volontari di
rispondere a una serie di domande sullo spazio.
Due settimane dopo ha sottoposto al campione un racconto di fantasia contenente sia informazioni
vere sia false su cosmo e astrofisica.
In uno dei passaggi, per esempio, il giovane protagonista della storia spiega ai suoi amici di aver
trovato lavoro al planetario della sua città. Dovrà vestire una tuta spaziale e impersonare Neil
Armstrong, il primo uomo ad aver messo piede sulla Luna (vero). Dovrà guidare il pubblico in un
viaggio immaginario verso Saturno, il più grande pianeta del Sistema Solare (falso).
Al termine della lettura i ricercatori hanno somministrato ai partecipanti allesperimento lo stesso
questionario di due settimane prima arricchito con nuove domande di cultura generale.
Molti partecipanti al test hanno dato risposte errate, fuorviati dal contenuto del racconto, anche
alle stesse domande a cui avevano risposto correttamente la prima volta.
NON CREDERCI. Si può evitare di abboccare alle bufale? Sì a patto di essere dei veri esperti della
materia. Se non lo si è, i ricercatori suggeriscono come unica arma di difesa il fact checking
professionale: mettere cioè in discussione tutto ciò che non si conosce con sicurezza e verificarlo
in maniera puntuale con laiuto di fonti affidabili.
Ma perché siamo così boccaloni? Secondo gli scienziati è un comportamento innato: siamo portati a
credere a tutto perché in fondo la maggior parte delle informazioni che leggiamo o ascoltiamo sono
vere. Diversi studi lo confermano: generalmente elaboriamo ogni informazione che proviene
dallesterno come se fosse vera, e solo con uno sforzo cognitivo ulteriore la classifichiamo
eventualmente come falsa.
VERO O VEROSIMILE? In secondo luogo tendiamo ad accettare senza farci troppe domande le informazioni
che sono abbastanza vicine alla verità. In una normale conversazione ci sono frequenti errori, pause
e ripetizioni (Quella donna indossa un abito blu, anzi no… nero, è un abito nero) e per non
perdere il filo accettiamo tutte le informazioni abbastanza verosimili.
La conclusione della Fazio e dei suoi collaboratori è che combattere le fake news e la loro
diffusione richiede un grande sforzo, perché significa cambiare dei processi cognitivi innati. Lo
spirito critico, da solo, non basta: occorre affidarsi ad esperti che possano garantire la qualità e
la bontà delle informazioni che leggiamo. Soprattutto sui social network e in giro per la rete.
La stessa Facebook sta avviando in Francia un progetto pilota di fact checking con la collaborazione
di AFP, una delle più grandi agenzie di stampa al mondo. Gli esperti di AFP valuteranno le foto e i
video pubblicati su Facebook con lobiettivo di smascherare bufale e tarocchi in grado di
influenzare la percezione delle notizie da parte dellopinione pubblica.
da focus.it
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