Cameron e la sua reincarnazione precedente
Come se una non bastasse…
Gio 19 Lu 2007 10:37 am
Il bambino che visse due volte
Cameron parlava sempre della «famiglia di prima». La mamma ha ritrovato
i luoghi che descriveva
GIULIA VOLA
GLASGOW
All’asilo disegnava una casa bianca, davanti al mare; a sua madre
chiedeva che fine avesse fatto il cane maculato e la macchina nera.
Eppure Cameron Macaulay, classe 2001, vive a Clydebank, vicino a
Glasgow, dalla finestra della sua stanza vede i tetti di mattoni rossi
e, soprattutto, nessun cane maculato è mai circolato per casa, tanto
meno una macchina nera è mai stata parcheggiata in garage.
Lontani chilometri dalla terra dell’Induismo e del Buddhismo, la vicenda
dello scozzese reincarnato, è già diventata un documentario per la Tv.
Certo non ha nulla a che vedere con il misticismo di Osel Hita Torres,
il bambino spagnolo ritenuto la reincarnazione di un Lama, che fu
accompagnato dal padre tra i monaci buddhisti tibetani nelle montagne
del Buthan, e che ispirò il «Piccolo Buddha» di Bertolucci. Eppure è
destinata a restare negli annali delle reincarnazioni post-moderne.
D’altronde, se lo stesso Osel ora vive a Ibiza e per il compleanno ha
chiesto una moto nuova, il Dalai Lama in persona ha spiazzato il mondo
l’estate scorsa proponendo di cercare il successore tra la comunità
monastica in esilio. Altro che tra i reincarnati. Ritornando in Scozia,
la storia di Cameron, il bambino con il caschetto biondo e gli occhi
azzurri inizia nel 2003. «Aveva tre anni – spiega la madre, Norma –
quando si mise a raccontarmi le storie dei suoi compagni di Barra,
un’isola a 300 chilometri di distanza». E non era che l’inizio. «Parlava
dei suoi fratelli, dei capelli lunghi e castani di sua madre che gli
leggeva un grande libro su Dio e di come suo padre, un certo Shane
Robertson, fosse morto investito sulle strisce pedonali. Ero sconvolta».
Norma ha i capelli rossi, non è religiosa, è una mamma single, e può
contare solo su Martin, il fratello maggiore di un anno di Cameron.
Il tempo passa, il bambino cresce e la sua fantasia si colora di
dettagli. «Non devi temere la morte – diceva alla madre – perché si
ritorna: mi chiamavo Cameron anche prima». Dopo la filosofia si dedica
alla rassegna della vita quotidiana. «Iniziò a lamentarsi perché
nell’altra casa aveva tre bagni, mentre noi ne abbiamo solo uno». E poi
perché «nell’altra vita trascorreva i pomeriggi giocando sulla scogliera
dietro casa e perché con l’altra famiglia viaggiava molto, mentre noi
non siamo mai usciti dalla Scozia». La mamma, i parenti e le maestre
resistono fino al sesto compleanno, quando Cameron inizia a piangere
perché, diceva, «gli mancava la sua famiglia di Barra». E, soprattutto,
quando Norma scopre che una casa di produzione cinematografica è alla
ricerca di storie di reincarnati.
È lì che la mamma 42enne decide di fare le valige e di portarlo a
Cockleshell Bay, nell’Isola di Barra. Con al seguito una telecamera e
Jim Tucker, il direttore della clinica di psichiatria infantile alla
Virginia University, esperto in reincarnazioni. «Dopo qualche giro
abbiamo trovato la casa bianca, sul mare, con i famosi 3 bagni». A quel
punto anche lo psicologo ha avuto un sobbalzo. «Nel 70% dei casi –
spiega Tucker – i bambini ricordano morti avvenute in circostanze non
naturali, incidenti o episodi traumatici». Occasioni in cui, secondo
l’esperto, memoria ed emozioni sopravvivono. «La morte improvvisa del
padre è stato un trauma per Cameron – commenta Tucker -. E questo
suggerisce che la sua coscienza non è un prodotto del cervello, ma
piuttosto un’entità distinta, capace di sopravvivere anche dopo la morte
del corpo».
Scetticismo a parte, l’effetto sorpresa nel documentario è stato
garantito. «Cameron era raggiante – racconta la madre -. Trovò l’entrata
segreta della casa che tante volte aveva disegnato e mi disse quanto
fosse ansioso di presentarmi alla sua famiglia». Membri di cui, però,
non si trova traccia. La casa era abbandonata e all’anagrafe non è stato
trovato nessun Shane Robertson.
Si è risaliti a un certo Robertson,
vissuto nella casa bianca tempo addietro e poi trasferitosi a Stirling.
«Cameron guardò le foto di famiglia e riconobbe il cane maculato e la
grande macchina nera di cui tanto aveva parlato». Certo non si è messo a
parlare in perfetto dialetto Danzhou come fece nel 1979 Tang Jiangshan,
bambino cinese della provincia di Hainan, che a soli 3 anni disse alla
madre di chiamarsi Chen Mingdao, di essere figlio di Sandie, di abitare
a 160 chilometri di distanza e di essere stato ucciso durante la
Rivoluzione Culturale Cinese da un colpo di pistola. Compiuti i 6 anni i
genitori lo portarono nel villaggio dei racconti e senza batter ciglio,
Tang entrò nella casa del padre, riconobbe le sorelle, la fidanzata e
iniziò a conversare come se fosse sempre vissuto lì.
Cameron si è accontentato di aver visto la casa sul mare con un’entrata
segreta e alcune foto di un cane maculato e di una macchina nera.
Risolto il mistero, si è rilassato ed è tornato a Clydebank insieme alle
telecamere della troupe. Lo psicologo, invece, è volato alla clinica in
Virginia con una storia in più da analizzare: «Da quando abbiamo aperto
il sito – dice – sono più di 100 i casi simili a quello di Cameron».
Certo è che tutti sono ritornati in tempo per vedersi nel documentario
in Tv, in prima serata.
www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200707articoli/23750girata.asp
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