Carlos Castaneda e lo sciamanesimo

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Carlos Castaneda e lo sciamanesimo

(di Leonella Cardarelli)

Carlos Castaneda è stato uno dei maggiori esponenti della letteratura
sciamanica nonostante i suoi scritti siano stati tacciati di scarsa
attendibilità. Su tale questione è bene fare un po’ di chiarezza: ciò che è
stato messo in dubbio (ad esempio da De Mille e da Weston Le Barre) è il
fatto che lui abbia davvero vissuto le situazioni da lui descritte ma anche
se ciò non fosse vero, il contenuto informativo dei suoi testi (ad esempio
le tecniche sciamaniche) è comunque esatto e sempre attuale. Vi sono
studiosi ed esperti di sciamanesimo (come Michael Harner) che considerano
attendibilissimi gli scritti di Castaneda.

Castaneda è un uomo avvolto dal mistero. Per quello che si sa è nato il 25
dicembre, probabilmente tra il 1923 e il 1935 ed è morto di cancro il 27
aprile 1998.

Castaneda si dichiarava nato in Brasile ma gli sono state attribuite origini
peruviane. Ebbe un’infanzia molto difficile e studiò negli USA dove conobbe
l’amico Bill, il quale gli diede modo di conoscere posteriormente don Juan
Matus, colui che diventò il suo maestro di sciamanesimo. Carlos Castaneda
coltivava

appassionatamente i suoi interessi antropologici ed ottenne il master in
antropologia con una tesi dal titolo Gli insegnamenti di don Juan (tradotto
in italiano anche con il titolo A scuola dallo stregone). Nei suoi studi si
soffermava precipuamente sugli aspetti emotivi, psicologici e magici, come
gli stati alterati di coscienza e per questo motivo fu denominato
antropologo-psicologo.

Castaneda, grazie al rapporto con lo stregone sciamano don Juan Matus, ebbe
modo di conoscere lo sciamanesimo yaqui. Gli yaqui sono un popolo messicano
e secondo l’antropologo sono i discendenti dei Toltechi, un impero messicano
di cui si sostiene che siano stati i discendenti di Atlantide. I Toltechi
conoscevano la matematica e possedevano altresì numerose tecniche
artigianali. Alcuni storici sostengono che il loro impero fu distrutto da
popolazioni barbare provenienti dal nord. Castaneda aveva avanzato l’ipotesi
che gli yaqui fossero i discendenti dei Toltechi in quanto entrambi i popoli
possiedono due concetti molto importanti:

– tonal, termine con cui sui definisce la realtà ordinaria, cioè
quella in cui viviamo tutti i giorni

– nagual, termine con cui si definisce la realtà non ordinaria, la
consapevolezza che normalmente non ci è accessibile ma alla quale si può
accedere tramite precise tecniche.

Secondo la tradizione tolteca, tonal e nagual rappresentano la dualità che è
presente in ciascuno di noi.

Castaneda poteva apparire, agli occhi degli altri, una persona un po’
particolare. Ad esempio era difficile avvicinarlo e non voleva farsi
fotografare. Su questi suoi atteggiamenti sono state avanzate diverse
ipotesi, ad esempio il fatto che lui avesse qualcosa da nascondere ma egli
affermava che era restio alle foto in quanto le foto intrappolano il nostro
ego, un ego che lo sciamano combatte e che impiega molto tempo a cancellare.
Per questa lotta contro l’ego nasce il concetto di sciamano-guerriero o
guerriero-viaggiatore: guerriero perché lotta contro l’ego e contro le forze
negative che ostacolano la sua elevazione spirituale; viaggiatore in quanto
viaggia tra vari stati di coscienza. Don Juan e Castaneda erano dei
guerrieri-viaggiatori ma molto probabilmente Castaneda non si considerò mai
un vero sciamano, alla pari di don Juan.

In Messico sono presenti molteplici forme di sciamanesimo, tuttavia per la
larga quantità di piante allucinogene è molto diffuso lo sciamanesimo
“psichedelico”. Gli yaqui del Messico settentrionale, ad esempio, fumano i
fiori gialli della Genista canariensis. Castaneda sosteneva che gli yaqui si
servivano altresì di sostanze allucinogene come il peyote (detto anche
mescalito), che è un cactus allucinogeno; la datura inoxia (detta anche
yerba del diablo) e un certo tipo di fungo appartenente alla famiglia
psilocybe mexicana (detto anche humito). La psilocybe mexicana, se ingerita,
cagiona un forte stato di ebbrezza con visioni di ogni genere e strani
effetti uditivi.

I Mazatechi chiamavano questo fungo “il fungo parlante” e lo usavano al fine
di diagnosticare malattie e stabilire contatti con gli spiriti.

A questo punto ci possiamo chiedere: chi sono gli sciamani? E cosa fanno?
Nevill Drury, noto studioso di sciamanesimo, afferma che “lo sciamanesimo è
una tradizione visionaria, un’antica pratica che consente di usare gli stati
alterati di coscienza per mettersi in contatto con le divinità e con gli
spiriti della natura.” La parola sciamano deriva dall’inglese shaman,
adattamento del termine saman (o samen) che presso il popolo dei tungusi
siberiani designa gli operatori medici che agiscono in stato di trance.
Altre fonti sostengono invece che il termine sciamano provenga dal sanscrito
sramana o dal pali samana e significhi uomo ispirato dagli spiriti,
portatore di energia, uomo saggio, colui che vede nell’oscurità.

La trance può essere leggera o profonda e si raggiunge con l’ausilio di
strumenti quali i sonagli e il tamburo, precisamente tramite la scansione
ossessiva mediante percussione. Con tale scansione il soggetto entra in
trance, vale a dire che la sua anima si stacca dal corpo e viaggia in altre
dimensioni ove può incontrare divinità che gli rivelano soluzioni o motivi
concernenti una crisi o una malattia.

Solitamente lo sciamano gode di una relazione privilegiata con una o più
entità divine che lo ispirano e lo proteggono. Sarebbero proprio queste
entità a scegliere il soggetto, vale a dire a fargli venire la vocazione di
farlo diventare sciamano. Questa vocazione si manifesta attraverso una crisi
(iniziazione) che provoca estraniazione, isolamento, apatia ecc.
L’iniziazione
prepara il neo-sciamano ad avere contatti col mondo “altro”. Mircea Eliade
sostiene che si può diventare sciamani non solo per vocazione ma anche per
trasmissione ereditaria o per volontà del clan di appartenenza.
L’apprendista
sciamano riceverà, ai fini della sua formazione, una duplice preparazione:
di carattere estatico, concernente trance, visioni e sogni; di carattere
tradizionale, concernente il linguaggio segreto e i nomi e le
caratteristiche degli spiriti.

Lo sciamano è in grado di gestire il proprio flusso energetico e lo utilizza
per entrare in altri stati di coscienza, in altre realtà, per aiutare gli
altri e stabilire un contatto con le divinità. Ognuno di noi, al di là del
corpo fisico, è formato da energia, un’energia particolare: quella
dell’universo.
Quest’energia è ciò che viene chiamato Dio nella nostra religione o Grande
Spirito presso i nativi americani. Noi possediamo la medesima energia
dell’universo
ed è in questo senso che veniamo definiti figli di Dio. Noi non siamo
separati da Dio ma siamo uniti a Lui, siamo una parte di Lui. Il problema è
che non lo sappiamo, o meglio.non lo ricordiamo perché siamo condizionati
dal nostro ego, dalla nostra mente. Servendosi di specifiche tecniche
(fisiche e respiratorie) l’uomo-sciamano si “risveglia”.

Lo sciamano è un uomo risvegliato. L’antropologo australiano Elkin sostiene
infatti che lo sciamano è un uomo di grande sapere che è riuscito a
raggiungere un certo livello di consapevolezza. Nella visione sciamanica di
don Juan il mondo è formato da campi energetici in cui lo sciamano sa
muoversi benissimo. Il potere degli sciamani consiste nella capacità di
accumulare energia e a tal fine essi praticavano sovente l’astinenza
sessuale. Un concetto molto interessante trattato da Castaneda riguarda il
sogno: il sogno non va inteso come lo intendiamo noi ma come un luogo senza
tempo in cui vi è il nagual. Il sogno sciamanico è un sogno lucido, in cui
si è consapevoli di stare sognando.

Per raggiungere questo stato di lucidità bisogna guardarsi le mani e quando
l’uomo sogna di guardarsi le mani obbedisce ad ordini provenienti dal mondo
superiore. Quest’arte di sognare rappresenta l’integrazione tra tonal e
nagual. Un altro concetto altrettanto interessante è quello di morte, che
gli sciamani considerano come un semplice passaggio. Conoscendo la morte
nello stato di trance gli sciamani imparano a considerarla come un evento
normale. Degni di nota sono anche la ricapitolazione e la tensegrità. Per
ricapitolazione si intende una tecnica respiratoria con la quale si
rievocano tutti gli eventi della nostra vita (comprese le persone
incontrate, tutte le persone, anche quelle con cui abbiamo solo parlato).
Con questa tecnica ci purifichiamo di tutte le energie negative che questi
eventi ed incontri ci hanno trasmesso. Castaneda ha dichiarato che la
ricapitolazione è la cosa più importante; per farla ci vuole moltissimo
tempo, perché essa deve essere completa

. Bisogna ricapitolare proprio tutto, a cominciare dagli incontri sessuali.

La tensegrità è l’eredità dei cosiddetti passi magici, che gli antichi
stregoni ci hanno lasciato. Attraverso queste tecniche possiamo metterci in
contatto con le forze dell’universo, recuperando energia, salute e
determinazione.

Le tecniche spirituali e corporee utilizzate dagli sciamani sono descritte
negli ultimi testi di Castaneda (tra cui cito Il potere del silenzio,
Tensegrità, L’arte di sognare e Il lato attivo dell’infinito).

Tra i più noti viaggiatori che hanno contribuito alla conoscenza dello
sciamanesimo abbiamo Marco Polo che ne Il Milione descrive una seduta
sciamanica a cui lui stesso ha assistito. La seduta avvenne ad est
dell’attuale
Birmania alla fine del ‘200. Marco Polo descrive la trance sciamanica e
nonostante il suo legame alla religione di appartenenza non giudicò
negativamente lo sciamanesimo, anzi affermò che con quel rituale il malato
guarì veramente.

Questo atteggiamento critico ed attento di Marco Polo è molto importante,
soprattutto se consideriamo che la scena da lui descritta è ambientata alla
fine del XIII secolo e se consideriamo altresì che l’Occidente è stato
sempre un po’ scettico a questo genere di pratiche. Basti pensare che tutte
le pratiche rituali che andavano contro la religione e la scienza venivano
bandite, censurate, considerate superstiziose o demoniache.

Oggi l’approccio occidentale è più aperto ma nonostante la libertà di
comunicazione non è complesso notare sovente una sorta di pregiudizio. In
realtà ognuno di noi è uno sciamano, sarà per questo che nonostante tutte le
polemiche si parla ancora tanto di Carlos Castaneda.

Bibliografia:
Castaneda, C. (1997), The active side of infinity, by Laugan Production,
USA; trad. It. (1998) Il lato attivo dell’infinito, edizioni Bur, Milano
Drury, N. (1989) Shamanism, Element Books Ltd, UK; trad. it. Gli sciamani,
Xenia edizioni, Milano
Mazzoleni, G. (2002) Identità, Bulzoni editori, roma
Salvatore, R. (2000)Carlos Castaneda, antropologo non addomesticato,
edizioni Samizdat, Pescara
Interviste a Carlos Castaneda (1997), Stampa alternativa, Viterbo
Webgrafia:
www.carloscastaneda.it/
it.wikipedia.org/wiki/Sciamanesimo

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