C’è una forma di consapevolezza dopo la morte

pubblicato in: AltroBlog 0
C’è una forma di consapevolezza dopo la morte

Gli scienziati britannici hanno analizzato migliaia casi di arresto cardiaco: il 40% dei sopravvissuti avevano “ricordi” nei minuti in cui erano clinicamente morti

da repubblica.it

8 ottobre 2014

LONDRA – Da sempre si cerca la prova della vita oltre la morte. L’Università di Southampton ha affrontato in modo scientifico questa possibilità scoprendo che una qualche forma di “consapevolezza” può continuare anche dopo che il cervello ha cessato di funzionare del tutto. Si tratta di una teoria controversa che fino ad ora ha sollevato molto scetticismo, ricorda il Daily Telegraph. Ma gli scienziati inglesi hanno passato gli ultimi quattro anni esaminando più di 2000 casi di persone che avevano sofferto un arresto cardiaco in 15 ospedali in Gran Bretagna, Usa e Austria, e ottenuto risultati molto interessanti.

E’ emerso che circa il 40% dei sopravvissuti avevano “ricordi” di quella esperienza nei minuti in cui erano clinicamente morti. Un 57enne di Southampton ha detto di aver vissuto una sorta di esperienza extracorporea, e di aver assistito alle azioni dei medici che cercavano di rianimarlo. “Sappiamo che il cervello non può funzionare quando il cuore smette di battere – ha detto Sam Parnia, ricercatore che ha guidato lo studio – Ma in questo caso la consapevolezza cosciente sembra essere rimasta attiva fino a tre minuti dopo che il cuore non funzionava più, anche se il cervello di solito “si spegne” dopo 20-30 secondi da quando il cuore si ferma”.

Sebbene molti dei sopravvissuti intervistati non ricordino dettagli specifici, ci sono comunque una serie di temi ricorrenti. Uno su cinque afferma di aver provato un grande senso di serenità mentre circa un terzo ha percepito una accelerazione o un rallentamento nello scorrere del tempo. Altri reputano di aver visto una forte luce o un sole che splendeva. Mentre per certi le sensazioni erano negative, simili all’annegamento o all’essere trascinati sott’acqua. Secondo Parnia, potrebbero essere molti di più i casi di esperienze dopo la morte ma molti non le ricordano a causa dei danni al cervello o ai sedativi che sono stati somministrati.

La ricerca dell’Università di Southampton ha suscitato molto interesse in un settore che coinvolge diversi studiosi. “Ci sono alcune prove molto importanti in base alle quali queste esperienze sono veramente accadute dopo che le persone erano clinicamente morte”, ha detto lo psicologo David Wilde, della Nottingham Trent University. Per Wilde ancora non è possibile dire cosa esattamente accade in quei momenti ma la “lente” della scienza sta indagando sempre più in profondità.

www.southampton.ac.uk/

Vita oltre la morte: i dati di uno studio su migliaia di persone

L’Università di Southampton ha condotto una ricerca su 2mila pazienti colpiti da arresto cardiaco per indagare il livello di consapevolezza delle persone clinicamente decedute

di Emanuela Di Pasqua – corriere.it

La possibilità che la vita si estenda oltre l’ultimo respiro è una materia che è stata trattata ampiamente, spesso giudicata con aperto scetticismo. Le esperienze riportate dalle persone così fortunate da poterle raccontare sono state generalmente spiegate come allucinazioni dovute alla grave condizione psicofisica. È di questi giorni però la pubblicazione di un interessante studio inglese che comproverebbe il mantenimento di un certo grado di coscienza da parte di persone in arresto cardiaco.

Esperienze coscienti a cuore fermo

Per quattro anni i ricercatori della Southampton University hanno esaminato i casi di 2.060 persone, tutte vittime di arresto cardiaco, in 15 ospedali sparsi tra la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Austria. Secondo i dati in possesso degli studiosi inglesi, circa il 40 per cento dei sopravvissuti ha descritto esperienze coscienti provate mentre il loro cuore aveva smesso di battere. In cifre, dei 330 scampati alla morte 140 hanno raccontato di essere rimasti parzialmente coscienti durante la rianimazione.

Uscire dal corpo e guardarsi

Singolare il caso di un assistente sociale cinquantasettenne di Southampton che ha raccontato di avere lasciato il proprio corpo e di avere assistito alle procedure di rianimazione dello staff medico da un angolo della stanza nella quale era ricoverato. L’uomo, benché il suo cuore si fosse fermato per tre minuti, ha raccontato nei dettagli le azioni dei medici e degli infermieri e ha ricordato anche i suoni delle apparecchiature mediche. Il particolare che ha attirato l’attenzione dei ricercatori è stato che l’uomo ricordava i beep emessi da un particolare apparecchio, programmato per emettere segnali sonori ogni tre minuti. «Quell’uomo ha descritto tutto quello che è avvenuto in quella stanza – ha dichiarato Sam Parnia, direttore della ricerca -, ma la cosa più importante è che si è ricordato di aver udito due beep. Questo ci permette di comprendere quanto è durata la sua esperienza».

Senso di pace e luce abbagliante

Le altre testimonianze tendono a essere piuttosto uniformi nel loro contenuto. Un paziente su cinque ha sperimentato un inusuale senso di pace e circa un terzo dei 330 sopravvissuti ha assistito a un rallentamento o a una accelerazione del tempo. Alcuni hanno rammentato una forte luce simile a un flash o a un sole splendente, mentre altri hanno raccontato di una sensazione di paura di affogare e venire trascinati in acque profonde. Infine, il 13 per cento di coloro che sono stati rianimati ha ricordato delle esperienze extracorporee e un aumento delle percezioni sensoriali.

Ai confini della morte

Sam Parnia è uno specialista in anestesia e rianimazione, attualmente primario del reparto di Terapia intensiva e direttore del dipartimento di ricerca sulla Rianimazione presso la Scuola di Medicina della Stony Brook University di New York. È considerato uno dei massimi esperti mondiali nel campo della morte, del rapporto mente-cervello e delle esperienze ai confini della morte. Dal 2008 Parnia fa parte del progetto AWARE, uno studio internazionale promosso da Human Consciousness Project al quale hanno aderito venticinque ospedali tra Europa e Nord America. Lo scopo del progetto è quello di verificare se le percezioni riportate da pazienti che hanno superato un arresto cardiaco possono essere provate.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *