di Mike George
Se qualcuno ti dicesse che sei sempre felice anche se provi sentimenti
di disperazione e sei, come si dice ‘giù di morale’, gli crederesti?
Se qualcuno ti dicesse che la felicità è la tua vera natura,
implicita, originale ed eterna, nonostante le maniere prevalentemente
artefatte o le tristi realtà del lunedì mattina, gli crederesti? Se
qualcuno ti dicesse che il santo graal della felicità è sempre stato
nel tuo cuore, nonostante il mondo ti voglia convincere che lo puoi
trovare solo in uncentro commerciale, gli crederesti?
Quasi tutto ciò che facciamo e perseguiamo è motivato dalla ricerca
della felicità. Eppure sembra che nessuno sia stato in grado di
spiegarci che cosa sia esattamente la felicità o come sperimentarla
esattamente. Di conseguenza, essa è stata confusa con molti
sentimenti, oscurata da molte false promesse e persa nelle nebbie di
tante illusioni.
La felicità è uno stato d’essere. Ma è difficile dare una descrizione
precisa di felicità in quanto è uno stato che si ‘sente’ e le parole
che usiamo per i vari sentimenti variano di significato da persona a
persona. Ma così va comunque. Vedi se lo ‘senti giusto’ per te!
Se per una momento ti fermi a riflettere su cosa sia la felicità, è
probabile che verranno fuori tre sentimenti prevalenti: contentezza,
gioia e grande felicità. Non la contentezza soporifera della pigrizia,
non il gridolino eccitato di gioia di quando nasce un bambino, non la
beatitudine indotta da una sostanza o di quando la squadra del cuore
vince! Allora, di quale gioia, contentezza e beatitudine si tratta?
La vera felicità implica una contentezza che si prova naturalmente
quando niente e nessuno ci disturba. Non ci sonopiù molle che
scattano! E’ una gioia che è possibile solo quando non ‘desideri’ più
niente o nessuno semplicemente perhé ti sei reso conto che non hai più
‘bisogno’ che qualcuno o qualcosa ti ‘renda’… felice! La gioia si
prova nei momenti in cui riesci ad accettare tutti come sono e tutto
come è, sempre e dovunque. Ricorda che accettare non vuol dire che sei
d’accordo con gli altri o che condoni quello che gli altri hanno
fatto. Si tratta di una serena accettazione che nasce dal
riconoscimento che tutto si sta svolgendo esattamente come dovrebbe.
Sembra facile, ma non lo è, semplicemente perché il lavoro che
dobbiamo fare include non solo il non attaccarci ad alcuna idea di
come vorremmo che il mondo e la gente fosse, ma anche non
identificarci con qualcosa o qualcuno del mondo! Non si tratta di un
cambiamento di poca conto!
La vera felicità include una Gioia che nasce profondamente dall’intimo
quando sei impegnato nel processo di realizzazione dello scopo per il
quale tu/noi esisti/ esistiamo, e cioè quello di ‘essere creativi’.
Non creativi in termini di pittura e poesia… ma nella forma più
profonda di creatività che è quella di portare la tua vera natura, il
tuo vero stato, che è pacifico e amorevole, nel mondo in forme
diverse, incluse le forme delle intenzioni, le forme dei pensieri, le
forme dei comportamenti e le forme degli atteggiamenti. Sono queste le
forme principali che tutti noi creiamo. Sono le forme della vita e del
vivere che ciascuno di noi ha l’opportunità di creare semplicemente
perché è vivo. Ma il riconoscimento di questo livello di creatività
avviene solo quando comprendiamo che non siamo ‘forme fisiche’ ma
siamo l’energia della coscienza. Qualcuno chiama questa energia anima
o spirito. Molti riconoscono che si tratta dell’energia che anima e si
‘manifesta’ attraverso la forma fisica che occupiamo. La gioia
comincia a scaturire dall’intimo quando c’è la comprensione che non
sono venuto per avere una vita, ma per crearmi una vita con gli altri.
La vera felicità include l’Estasi che proviamo finché rimaniamo
interiormente liberi.
Osserva e ascolta i piccoli storni quando, nelle calde serate estive,
imparano a volare. Ascoltali quando cinguettano felici mentre
attraversano il cielo a zig zag. Si stanno godendo la loro libertà di
volare. E’ una grande metafora per lo spirito, per noi stessi. Anche
noi assaporiamo la delizia e la benedizione di questo genere di
libertà, ma solo occasionalmente. Perché? Perché per la maggior parte
del tempo non siamo interiormente liberi. Perché? Perché impariamo ad
attaccarci e perciò abbiamo paura di perdere l’oggetto/gli oggetti del
nostro attaccamento. E’ l’attaccamento che ci tiene ancorati e
tuttavia insicuri. Siamo noi che mettiamo a repentaglio la nostra
libertà interiore con qualsiasi forma di attaccamento. Quando c’è
attaccamento c’è paura e dove c’è paura non vi può essere la
beatitudine della vera felicità.
Lo stato naturale di Felicità
C’è un’idea, alcuni la chiamano visione, che dice che la coscienza (il
sé), scaturisce come l’acqua pura e naturale, libera da tossine o
qualsiasi forma di inquinamento. E’ solamente con il passare del
tempo, dopo che l’acqua avrà raggiunto la terra dalle nubi del cielo,
che comincia ad assorbire e a essere inquinata da tossine varie. Il
risultato è che essa perde la sua purezza, la sua naturalezza. Il suo
stato originale è compromesso. Oggigiorno siamo molto consapevoli
delle tossine che la nostra acqua contiene e tante persone spendono
molti soldi in sistemi di purificazione al fine di non avere la salute
compromessa. Questi sistemi cercano di estrarre le sette tossine che
si ritrovano nell’acqua del rubinetto: fluoride, cloro, sostanze
radioattive, farmaceutiche, cromo, metalli pesanti e arsenico, ma
probabilmente ve ne sono molte altre!
Potrebbe questo processo essere simile a quello che chiamiamo
felicità? Potrebbe essere che la felicità sia uno stato di coscienza
puro, originale e naturale? Potrebbe essere che la nostra coscienza
sia stata inquinata e compromessa da tossine varie? Nessuno di noi può
conoscere la risposta se prima non abbiamo fatto una verifica,
investigato e osservato per conto nostro, nel laboratorio della nostra
coscienza, il nostro sé. Libri e articoli, seminari e ritiri possono
‘aiutarci’, pratiche di meditazione e contemplazione possono guidarci
per vedere nella giusta direzione, per riconoscere se sia vero o no.
Ma sarà solo quando avremo ‘visto’ e realizzato’ da noi stessi che
cosa insidia la ‘nostra felicità’. il nostro stato puro e felice, che
potremo ripulirci dalle tossine e liberarci.
Uno degli scopi principali di una consulenza efficace è quello di
aiutare l’assistito a porsi le domande giuste in modo da mettere in
evidenza la propria auto-consapevolezza e coltivare le ‘realizzazioni
interiori’ di ciò che sta ostacolando la sua felicità. Adesso
verifichiamo la teoria che ‘la felicità è naturale’ e vediamo se
riusciamo a trovare le domande giuste che, quando usate su noi stessi,
possano aiutarci a riconoscere le tossine nella nostra coscienza che
stanno inquinando e avvelenando lo stato naturale della nostra
felicità.
Anche se l’acqua che esce dal rubinetto ‘sembra’ pura, siamo tuttavia
consapevoli che non lo è. Lo stesso è per lo stato della nostra
felicità. Quelli che ‘sembrano’ essere sentimenti di felicità di
solito non sono stati di vera felicità naturale. Alcuni segnali che la
felicità che noi crediamo di stare sperimentando non è felicità
autentica sono che i nostri sentimenti di solito dipendono da qualcosa
o da qualcuno di ‘esterno’. Non dura perché ciò che crediamo sia
felicità va e viene, aumenta o diminuisce di intensità, non dà energia
ma, con il tempo sfibra.
Se si esaminano questi sintomi, si nota che qualcosa di tossico ha
inquinato la coscienza. Queste tossine si chiamano ‘credenze’ C’è una
varietà di ‘credenze tossiche’ che sono alla base dell’abitudine di
creare ‘falsa felicità’. Vi sono sette credenze tossiche che si sono
stabilizzate nella nostra coscienza. Queste sono tossine comuni che
tutti tendiamo ad assorbire soprattutto quando siamo piccoli. Vedi se
ne riconosci qualcuna dentro di te.
– Credenza Tossica n°1 – Possedere mi rende felice!
Crediamo che se acquisiamo certi oggetti, certi ‘partner’, poi
otterremo felicità. Invece la maggior parte delle persone che hanno
ottenuto più di quello di cui avevano bisogno di solito confermano che
tali acquisizioni portano solo una felicità temporanea nel migliore
dei casi, e un falso senso di sicurezza nel peggiore. Portano anche un
aumento del senso di responsabilità perché ci sono più cose a cui
pensare, il che per molti significa ‘preoccuparsi’! E se non stiamo
attenti useremo facilmente le nostre acquisizioni per crearci una
immagine falsa di noi stessi in modo da far impressione sugli altri.
Confondiamo la nostra ricchezza economica con il nostro valore!
Tuttavia cercare di essere felici può essere un modo che crea
dipendenza perché c’è sempre quel brivido iniziale per una nuova
conquista. Ma si esaurisce sempre. Perciò la credenza tossica che
l’acquisizione porti felicità deve essere eliminata, altrimenti
potremmo diventare dipendenti dall’accumulare!
Domande su cui riflettere: Che cosa vuoi ottenere che credi ti renderà
felice? Fa un elenco. Poi domandati se sei sicuro che queste cose ti
daranno vera felicità.
– Credenza tossica n° 2 – Conquistare mi rende felice
E’ una credenza che ci fa continuamente creare obiettivi poi usare
tempo ed energie per lottare e darsi da fare per conquistarli. Non è
poi una cosa sbagliata, direbbero alcuni. E’ importante tener d’occhio
le energie, direbbero altri. Tuttavia, quando crediamo che la
conquista ci porterà felicità e concentriamo tempo ed energia su di
essa, tendiamo a fare due cose che ci assicureranno l’infelicità.
Tendiamo a differire la nostra felicità finché non avremo raggiunto la
meta. Probabilmente creeremo lungo il cammino la paura di non
riuscire. A volte si fa strada una credenza più sottile che dice che
meritiamo di essere felice. Devi darti molto da fare per essere
felice, devi guadagnarti la tua felicità, perciò devi ottenerla, ed è
ciò a cui ci si riferisce spesso come etica del lavoro dei
protestanti Scozzesi!
La domanda da porsi è: Che cosa ti proponi di conquistare che credi ti
renderà felice? Fa una lista. Poi domandati se sei sicuro che queste
conquiste ti renderanno felice.
– Credenza Tossica n° 3 – Sentirsi eccitati è felicità
Tendiamo ad apprendere questa credenza quando siamo molto giovani. I
genitori ci passano l’illusione che l’eccitazione sia felicità quando
ci portano al circo o allo stadio per la prima volta. Loro si eccitano
e la chiamano felicità e quindi li crediamo. Non sanno che cosa ci
insegnano! L’eccitazione è ciò che accade quando l’acqua bolle. Le
molecole sono eccitate, sono agitate. La felicità per un essere umano
non è agitazione. La felicità, come abbiamo visto prima, è uno stato
di gioia che fluisce naturalmente dal nostro cuore e si riversa sul
mondo.
La domanda da porsi è: Che cosa usi per eccitarti credendo che ti
renda felice? Fa un elenco. Poi domandati se queste eccitazioni siano
vera felicità.
– Credenza Tossica n° 4 – La felicità dipende dagli altri
Tutti conosciamo momenti in cui abbiamo detto:”Sono stata tanto
contenta quando hai detto quella cosa! Mi hai fatto molto felice.” Ma
è vero? E’ qualcun altro che ti rende felice? Sembra così. Ed è quello
che a molti di noi è stato insegnato. Dimentichiamo che siamo noi i
responsabili del nostro stato d’essere, e quindi della nostra
felicità. Quando facciamo dipendere i nostri sentimenti da ciò che
gli altri dicono e dal loro comportamento verso di noi, questa è la
tossina più difficile da eliminare nella nostra coscienza. Una domanda
può dare inizio al processo di auto-liberazione:Chi esattamente è
responsabile della mia felicità personale? Riesci a sentirti bene
qualunque cosa un altro dica o faccia? Che cosa dentro di noi è così
dipendente da ciò che gli altri dicono o fanno? Forse un’altra domanda
utile potrebbe essere: Che cosa ‘sembra’ che manchi dentro di noi? Che
cosa sta offuscando la nostra consapevolezza della nostra contentezza
naturale?
La domanda da porsi è: Da che cosa dipendi nella tua vita per possa
renderti felice? Fa un elenco. Poi domandati: queste cose mi rendono
veramente felice? Sono veramente loro responsabili della mia felicità?
– Credenza Tossica n° 5 – La felicità è il risultato dell’attaccamento
“E’ mio, sono miei, questa è la mia casa, la mia auto, i miei soldi,
il mio compagno, i miei figli”. Sono solitamente questi i momenti in
cui stiamo dicendo in realtà che abbiamo bisogno di essere attaccati a
queste cose per essere felici. Come facciamo a sapere che tutto questo
‘mio’ , tutti gli attaccamenti, ci porteranno felicità? Perché vi
saranno frequentemente dei momenti di ansia, tensione, preoccupazione
e persino panico dovuti alla ‘ paura’ di perdere ciò a cui siamo
attaccati. Ciascuno di questi momenti è un momento infelice. E’ solo
che in qualche modo impariamo a tollerare tali sentimenti e persino a
credere che siano ‘naturali’. Potremmo persino vedere un film di
orrore, provare i sentimenti di terrore che provocano e arrivare a
chiamarli felicità quando raccontiamo agli altri come è stato bello il
film!
La domanda da porsi è: A che cosa sono attaccato che credo mi dia
felicità? Fa un elenco. Poi domandati: sono sicuro che mi fanno felice
e potrei essere felice senza di essi.? Se no, perché no?
– Credenza tossica n° 6 – La felicità è sollievo dal dolore e dalla sofferenza
Forse la confusione più comune riguardo alla felicità è quando il
dolore e la sofferenza passano e diciamo:”Sono felice che il dolore
sia passato”. Ma il sollievo dal dolore non può mai essere felicità
autentica, ma solo una temporanea riduzione della infelicità. La vera
felicità è possibile solamente quando sappiamo accettare
l’inevitabilità del dolore fisico e quando ci rendiamo conto e
applichiamo la saggezza di non creare ulteriore sofferenza. Il dolore
è fisico ed è per questo che ad un certo punto capiterà
inevitabilmente. Ma la sofferenza è mentale ed emotiva il che è sempre
una creazione personale. E’ solo che è difficile vedere attraverso la
nebbia della illusione principale che sono gli altri i responsabili
dei nostri sentimenti. Quando ci riusciamo, ha inizio la fine della
nostra ‘sofferenza’ la quale in realtà è fine della infelicità.
La domanda da porsi è: A quali forme di dolore cerco di por fine
affinché io possa essere felice? C’è un elenco? Puoi decidere di
accettare il dolore adesso, in questo momento? Riesci a discernere in
che modo fai soffrire te stesso?
– Credenza Tossica n° 7 – La felicità è possibile solo quando c’è successo
Poiché siamo stati brillantemente condizionati a credere che il mondo
e la vita siano competitivi a livello innato, molti si formano la
credenza che aver successo equivalga a vincere. Ciò potrebbe
includere, e di solito è così, conquistarsi la propria sopravvivenza!
Perciò viviamo con la paura di perdere, la paura di non sopravvivere,
le quali creano parecchi momenti infelici: Poi cominciamo a
confrontare il nostro grado di successo con il successo degli altri,
provocando ulteriori momenti di infelicità!
Cercare di avere oggi più successo di ieri, più successo degli altri,
è ciò che rende la vita un viaggio ultra serio, una spedizione priva
di gioia, un soggiorno infelice. Basta guardare solo le facce dei
nostri cosiddetti eroi sportivi quando partecipano alle gare in nome
del ‘successo’ per notare l’assenza di una felicità autentica e
naturale. Eppure crediamo che il loro successo arrechi loro moltissima
felicità! Poi cominciamo a credere che il dolore dello sforzo sia la
sola via per il successo e perciò per la felicità. E cominciamo a
renderci estremamente infelici allo scopo di essere felici!
Si può solamente ridere…quando la si vede sotto questa luce!
La domanda da porsi è: Per quale tipo di successo sto lottando
credendo che mi darà felicità? Fa un elenco. Poi domandati: sono
sicuro che mi porterà felicità autentica, reale e naturale? Se no,
perché no?
Probabilmente vi sono più di sette credenze tossiche che contaminano
la nostra coscienza e disturbano il nostro stato di naturale
contentezza, di pura gioia, di originale beatitudine. Ma il
riconoscerle e il rendersi conto del modo in cui ci provocano
sentimenti di scontentezza, privazione di gioia e frequenti momenti di
malumore è il primo passo verso la purificazione della coscienza. Così
come valutiamo la purezza dell’acqua confrontandola con quella
inquinata, così il processo spirituale di purificazione della nostra
coscienza include l’eliminazione delle tossine che sono state
assorbite lungo il tragitto.
Le domande forniscono degli spunti di riflessione che possiamo usare
per approfondire la nostra consapevolezza. Tuttavia, è ugualmente
necessario trascorrere del tempo in uno stato di coscienza più
profondo. E’ nei momenti di meditazione che è possibile toccare e
assaporare il nostro stato d’essere originale e non inquinato. Più lo
facciamo più diventa facile riconoscere, togliere ed eliminare
qualsiasi cosa inquini questo stato.
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