Cervello e linguistica

pubblicato in: AltroBlog 0

Cervello e linguistica

a cura del CNR

Come il cervello riconosce la lingua madre

L’attività elettrica cerebrale rivela la lingua nativa di una persona che legge in silenzio. La
scoperta, effettuata dai ricercatori del Cnr e dell’Università Milano-Bicocca e pubblicata sulla
prestigiosa rivista Biological Psychology, aiuta a determinare l’idioma originario di una persona in
stato di amnesia, in stato confusionale o sordomuta

I risultati di uno studio, coordinato da Alice Mado Proverbio del laboratorio di Elettrofisiologia
cognitiva del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con
Roberta Adorni, e Alberto Zani, ricercatore dell’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del
Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano-Segrate dimostrano che esiste una regione del cervello,
chiamata area per la forma visiva delle parole, localizzata nel cosiddetto giro fusiforme sinistro
della corteccia occipito/temporale, che riconosce automaticamente la forma delle lettere e delle
parole, ed è molto sensibile ai livelli di familiarità delle stesse.

“Abbiamo condotto la nostra ricerca su 15 interpreti simultanei italiani di elevata professionalità
la cui competenza dell’inglese era indistinguibile (ai fini professionali) da quella della lingua
madre”, spiega Alice Mado Proverbio, “constatando che componenti indipendenti dell’attività
bioelettrica cerebrale distinguono la lingua madre da qualunque lingua appresa in età scolare, anche
se la padronanza è elevatissima ed equivalente a quella della lingua nativa”.

In particolare, una prima onda d’attività (chiamata N170) sulla regione visiva sinistra del
cervello, osservabile tra 150 e 200 ms dopo la presentazione di una parola, ha una grandezza diversa
a seconda che la parola letta appartenga alla lingua madre o a lingue apprese successivamente, cioè
dopo i 5 anni di vita. Questo fenomeno è dovuto al fatto che l’apprendimento della lingua nativa, in
persone monolingui, si verifica contemporaneamente all’acquisizione delle conoscenze concettuali e
normative, come pure delle esperienze corporee e sensoriali.

“Per esempio”, continua la ricercatrice, “un bimbo impara che un “COLTELLO” la cui forma sonora
viene elaborata nella corteccia temporo/parietale posteriore (cioè la regione del cervello che si
trova nel cranio, all’incirca sopra le orecchie) è lungo, affilato, lucente, freddo, appuntito
(informazioni immagazzinate nella corteccia somato/sensoriale apprese toccando e guardando), che
solo gli adulti lo possono maneggiare (valore normativo, con un collegamento alla corteccia
prefrontale, la parte del cervello anteriore alle aree motorie e premotorie), che è pericoloso e può
procurare delle ferite (valenza emotigena, sviluppo di marker somatici immagazzinati nella corteccia
orbito-frontale e nell’amigdala). L’apprendimento della traduzione in inglese del termine (coltello
= knife) dopo la formazione delle conoscenze sul mondo corrisponderà invece all’acquisizione di
un’informazione di tipo puramente fonetico (cioè, uditivo) ed ortografico (cioè grafico), e non
condividerà il substrato neurobiologico della memoria dell’individuo, se non in modo indiretto”.

Questo spiega perché l’attività delle popolazioni di cellule nervose adibite alla comprensione del
linguaggio è molto diversa per parole della lingua madre o di altre lingue straniere apprese dopo i
5 anni, e la misurazione dei loro potenziali bioelettrici di interscambio è molto sensibile all’età
di acquisizione di una lingua.

Dopo i 250 ms dalla presentazione di una parola è anche possibile stabilire con una certa precisione
le differenze nella competenza linguistica per le varie lingue straniere (ad esempio inglese
rispetto a tedesco che, nel caso dei 15 interpreti, era la seconda lingua non preferita).
Dall’osservazione dell’attività cerebrale sulla regione visiva occipitale sinistra e frontale
sinistra e destra si nota che la parte posteriore del cervello è più attiva durante la lettura di
parole della lingua meglio conosciuta, mentre la parte anteriore lo è, sempre per la lingua meglio
padroneggiata, in risposta a parole inesistenti, producendo un’onda negativa discriminativa, che
riflette la difficoltà di accesso al significato di una parola.

La registrazione dei potenziali bio-elettrici si è rivelata sensibile a sottilissime variazioni
nella competenza linguistica di interpreti simultanei di provata professionalità internazionale,
mentre è naturalmente ancora più rispondente a macroscopiche differenze nell’abilità linguistica di
persone con livelli di conoscenza meno avanzati.

“Possiamo ben dire”, conclude Mado Proverbio, “che i risultati dello studio, mostrano che la lingua
madre di una persona che non parla, volontariamente o meno, può essere dedotta dalla sua rispondenza
bioelettrica alle parole se le si richiede di esaminare attentamente un testo pur senza richiesta di
comprenderlo (e questo può avvenire anche in persone amnesiche, in stato confusionale o sordomute,
come pure in persone con gravi forme degenerative cerebrali o di paralisi muscolare). Il risultato è
ancora più interessante se si considera che altri metodi utilizzati per identificare la nazionalità
di un individuo sulla base di test linguistici (ad esempio, l’analisi dell’accento, della pronuncia,
della conoscenza di fatti geografici e culturali) sono a tutt’oggi considerati poco attendibili”.

Scheda

Data articolo: aprile 2008
Che cosa: scoperte le varie fasi di come il cervello elabora la lingua madre e le lingue straniere;
pubblicato su Biological Psychology, www.sciencedirect.com/science/journal/03010511
Chi: Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, Istituto di Bioimmagini e
Fisiologia Molecolare del Cnr di Milano-Segrate

Per informazioni:

Alice Mado Proverbio, Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca
Phone: +39 02 64483755
E-mail: mado.proverbio@unimib.it

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *