CERVELLO/MENTE/COSCIENZA (PRINCIPI E MODELLI) 8
tratto da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
La simmetria della materia
Di Nicola Montecucco
La simmetria degli esseri viventi lungo un asse (nervoso) di simmetria, l’uguaglianza speculare
della parte destra con la sinistra, che in medicina orientale e in bioenergetica vengono correlate
con maschile/yang/(+) e femminile/yin/(-), ha delle profonde analogie a livello chimico e atomico.
Nel 1948, Pasteur, notò che i cristalli di tartrato sodio ammonico possedevano strutture di crescita
specularmente simmetriche, pur mantenendo intatte le caratteristiche chimico-físiche. E’ da questo
momento che è possibile datare la nascita della stereoisomeria (dal greco stereos = tridimensionale
e isomeri = molecole strutturalmente simili).
La capacità dell’atomo del carbonio di formare legami con atomi aventi caratteristiche estremamente
differenti, ha permesso la formazione di innumerevoli varietà di molecole.
Se immaginate una piramide formata da quattro triangoli equilateri e perciò con quattro vertici,
avrete visualizzato approssimativamente la struttura del carbonio organico, che appunto sta al
centro di questa piramide.
Se ad ogni vertice poniamo un atomo differente o, se preferite, un colore differente, potremo in
alcuni casi ottenere delle figure geometriche che sono identiche solo come immagini speculari una
dell’altra, ma non sovrapponibili, proprio come potrebbero esserlo un paio di guanti o di scarpe:
queste strutture vengono chiamate dai chimici enantiomeri.
Questi enantiomeri hanno identiche proprietà fisiche e chimiche, con l’unica eccezione che è quella
di avere un comportamento differente nei confronti della luce polarizzata. La luce si espande in
ogni direzione, ma quando viene fatta passare attraverso un foglio di un materiale particolare
chiamato “Polaroid”, questa assume una direzione unica e viene definita polarizzata: l’effetto è
quello della luce del sole quando attraversa una stretta e lunga fessura, cioè un fascio luminoso.
La luce polarizzata che attraversa cristalli o soluzioni di tutte le sostanze inorganiche e molte di
quelle organiche, non cambia la propria direzione, mentre con alcune sostanze organiche molto
particolari, i sopracitati enantiomeri, è possibile osservare che la luce di uscita ha
un’angolazione differente da quella di entrata, ed è possibile misurare in gradi l’ampiezza di
questa rotazione.
Pasteur notò che per ogni coppia di queste sostanze, l’angolo di rotazione era identico come
ampiezza in gradi ma, per una sostanza, il piano della luce ruotava in senso orario, per l’altra nel
verso opposto: si pensò così di chiamarle rispettivamente destrogire e levogire, e di usare il
prefísso (+) e (-).
Il fatto che gli enantiomeri abbiano i cristalli che sono immagini speculari gli uni degli altri,
permise a Pasteur, nel 1848, di dividere fisicamente (cioè con luso di pinzette e di una lente
d’ingrandimento molto potente) i cristalli di acido tartarico racemico, in due gruppi di cristalli
rispettivamente destrogiri e levogiri. E’ da notare che una miscela composta da parti uguali di
molecole destrogire e levogire non ha alcuna attività ottica, annullandosi le due forze
reciprocamente.
La curiosità scientifica di Pasteur, lo spinse ad approfondire le sue conoscenze su quell’argomento
e giunse alla conclusione che le due forme cristalline specularmente simmetriche, erano dovute alla
struttura interna della materia, cioè alla struttura molecolare medesima.
Una interessantissima peculiarità degli enantiomeri, è quella di poter reagire in modo selettivo con
gli altri enantiomeri. Sono molto frequenti nel mondo organico, reazioni che si basano su di un
meccanismo di selettività. Infatti questi enantiomeri devono essere considerati come sostanze
particolari, nel senso che è una loro prerogativa peculiare quella di poter ‘scegliere il partner’
delle loro reazioni. Gli esempi sono innumerevoli ed anche molto significativi: possiamo citare lo
zucchero, chimicamente chiamato (+) glucosio, il quale è alla base di tutti i processi fermentativi
e gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo animale, mentre il (-) glucosio, cioè lenantiomero
levogiro, non può essere metabolizzato e nemmeno fermentato dal lievito; gli enzimi, che sono i più
importanti catalizzatori organici e sono otticamente attivi, reagiscono solo con sostanze destrogire
e levogire a seconda dell’enzima considerato; la muffa Pennicillum glaucum che si trova in presenza
di una miscela di parti uguali di enantiomeri di acidi tartarici, consuma solamente l’enantiornero
destrogiro, senza attaccare minimamente l’acido (-) tartarico; l’attività della (-) adrenalina è
molte volte maggiore di quella del suo enantiomero. E’ da notare anche, che gli oli essenziali
vegetali ottenuti per estrazione naturale, sono tutti esclusivamente levogiri, mentre quelli di
origine sintetica, sono unicamente destrogiri. Da questo si può dedurre che il comportamento a
livello fisiologico e biochimico non potrà essere differente. Analogo problema è dato dalle sostanze
naturali con effetto farmacologico nei confronti di quelle sintetiche costruite sul medesimo
modello.
Gli emisferi del cervello dei delfini lavorano indipendentemente
Le nuove scoperte sul cervello dei delfini potrebbero rivoluzionare, in maniera sorprendente, la
nostra comprensione del funzionamento dei due lati del cervello. Questi mammiferi marini, il cui
spirito giocoso ha preso il cuore dei ricercatori, sono la prima prova neurofisiologica che gli
emisferi del cervello possono, in condizioni normali, funzionare indipendentemente uno dall’altro.
Secondo Sam Ridgeway del Naval Ocen Systems Center di San Diego, la struttura del sonno dei delfini
e l’anatomia del loro cervello rivelano una immagine nuova della funzione del cervello in genere.
Sonno emisferico separato ed ineguale
La struttura del sonno nei delfini li differenzia da tutti gli altri mammiferi. Nello stadio del
sonno a onde lente, un emisfero dorme mentre l’altro è in stato di veglia. Questi periodi di sonno
unilaterale possono durare più di due ore e sembra si alternino fra emisferi. Il ricercatore
sovietico sul sonno L.M. .Mukhametov riporta: “Il sonno unilaterale è il principale tipo di sonno
del cervello dei delfini e non è stata osservata una tipologia di sonno simile in nessun altro
animale, il cui sonno sia stato sottoposto a ricerca.”
Registrazioni simultanee, di tre zone corticali e una più bassa, confermano che quando l’emisfero è
in stato di sonno in quanto unità “si tratta di un fenomeno corticale e subcorticale insieme”.
Un’altra scoperta curiosa: il tempo complessivo in stato di sonno dei due emisferi è particolarmente
ineguale.
In alcuni delfini lemisfero destro dorme più di quello sinistro, in altri la struttura è inversa.
Gli scienziati non hanno ancora selezionato differenze comportamentali nello stato di sonno
dell’emisfero sinistro confrontato a quello destro. Inoltre, quando un emisfero è privato in via
sperimentale del sonno, la perdita non è compensata da uno stato di sonno dell’altro; la privazione
unilaterale si ripercuote soltanto sull’emisfero deprivato.
Secondo Mukhametov “Il bisogno di sonno appare indipendentemente in ciascun emisfero”.
I meccanismi cerebrali sottostanti allo stato di sonno unilaterale sono tuttora poco chiari. Sebbene
sia noto che il delfino possiede un corpo calloso relativamente piccolo, quale ponte fra i due
emisferi, questo dato non spiega l’insolita scoperta; altri ricercatori hanno infatti osservato uno
stato di sonno normalmente bilaterale in animali, il cui corpo calloso era stato reciso.
Secondo Mukhametov l’insolita struttura del sonno dei delfini deriva dalla “indipendenza funzionale
e reciproca interrelazione” delle due metà de1 cervello. L’ipotesi sarebbe che i sistemi di
controllo sono a livelli più bassi della struttura cerebrale.
Nessun stato di sonno REM
Un altro aspetto singolare del sonno dei delfini: lassenza completa di REM. Gli scienziati hanno
dimostrato che negli esseri umani il sogno avviene durante il sonno REM. Una ricerca, protrattasi
per otto anni, non ha rilevato alcuna prova del REM nei delfini, rendendo questo animale unico fra i
mammiferi. Daltra parte, le onde cerebrali del delfino durante la veglia sono tipiche dei mammiferi
e non si notano asimmetrie.
Dimensione del cervello
” Il cervello del delfino è più grande e con un numero maggiore di circonvoluzioni rispetto a tutti
gli altri mammiferi, compreso l’uomo. ” [La tendenza del cervello a ripiegarsi su se stesso quando
si espande porta a una circonvoluzione; laumento delle circonvoluzioni significa una maggiore
superficie cerebrale effettiva].
Secondo Mukhametov, l’espansione del sistema uditivo potrebbe essere la ragione principale
dell’espansione del cervello dei delfini. Le strutture uditive del cervello degli animali variano da
7 a 250 volte quelle degli esseri umani.
Ridgeway ritiene che il delfino abbia effettivamente due sistemi uditivi separati, uno specializzato
per suoni corti, come i piccoli suoni dell’ecolocalizzazione, l’altro per i suoni più lunghi, come
il físchio dello stesso delfino. [ Si sa che i delfini sono in grado di produrre suoni di
segnalazione per l’ecolocalizzazione, un sistema sonar che consente loro di navigare sott’acqua.]
Le informazioni uditive, secondo lo stesso scienziato, si muovono più rapidamente nel cervello del
delfino che in quello umano.
L’emisfero destro più esteso.
” I delfini hanno una superficie più vasta nell’emisfero destro che in quello sinistro.- Dato che il
raggio d’azione dell’ecolocalizzazione del delfino è proiettato leggermente a sinistra, Ridgeway
discute la possibilità che la maggiore espansione dell’emisfero destro abbia qualcosa a che fare con
la ricezione, da parte dell’orecchio sinistro, dei primi echi provenienti dal sistema sonar deviato
a sinistra.
L’asimmetria degli emisferi potrebbe anche dipendere dalla “preferenza di voltata”. Delfini in
cattività mostrano una precisa preferenza a girare in senso antiorario. Altre ricerche hanno
dimostrato che girare a sinistra in senso antiorario, suggerisce un ruolo dominante dell’emisfero
destro.
Il girarsi su se stessi varia col sesso: gli uomini girano verso destra, le donne verso sinistra
Quando camminate verso un tavolo per prendere un oggetto, ritornate girando verso sinistra o verso
destra? La scelta della direzione in cui girare, “circling behaviour”, è stata studiata
esaurientemente negli animali.
La direzione del movimento dipende più dal sesso che dall’emisfero dominante. Un’invenzione recente,
il “rotometro”, ha permesso a H. Stefan Bracha e collaboratori di registrare il movimento umano di
“circling” durante le normali attività giornaliere. 135 soggetti indossavano lapparecchio attaccato
ai loro vestiti durante il giorno, senza saperne lo scopo. I ricercatori hanno trovato una
consistente preferenza direzionale inconscia. Gli uomini destri si giravano sulla destra più spesso,
mentre le donne destre si giravano sulla sinistra. La media degli uomini era di due giri a destra
per ogni giro a sinistra. La media delle donne era l’opposto. Gli uomini ambidestri tendono a girare
a sinistra, mentre le donne ambidestre non rivelano preferenze. Si pensa che la direzione di
“circling” dipenda dall’attività del neuro-trasmettitore dopamina. Di regola, gli animali si girano
verso l’emisfero con minor attività dopaminica. Nei soggetti umani un’asimmetria pronunciata può
essere di valore diagnostico nel determinare possibili anomalie nei gangli basali o nella corteccia
frontale. Per esempio, maschi destri con tremore di Parkinson o rigidità su un solo lato tendono a
girarsi verso il lato opposto ai loro sintomi. Si sa che il morbo di Parkinson altera i centri della
dopamina. 7 maschi schizofrenici (non sottoposti a farmaci) si giravano molto più frequentemente
verso sinistra. In passato è stato dimostrato che gli schizofrenici tendono ad avere più
allucinazioni verso la loro destra e che reagiscono più lentamente a oggetti presentati al loro
emisfero sinistro (campo visivo destro). Alcuni ricercatori hanno fatto l’ipotesi che la
schizofrenia potrebbe coinvolgere un’asimmetria nei gangli basali.
Da una ricerca canadese nuove prospettive sulle funzioni destra-sinistra
Recenti scoperte di un ricercatore canadese sembrano portare ad una differente visione delle
funzioni dei due emisferi che sorpassa la vecchia assunzione che ogni emisfero è selettivamente
specializzato nell’elaborazione analitica-frammentaria o analogico-globale delle informazioni.
In una serie di esperimenti, Justine Sergent della Mc Gill University ha scoperto che lemisfero
sinistro è migliore quando funziona nei dettagli, cioè con informazioni che richiedono una più
elevata risoluzione. Sembra che la struttura neuronale di questo emisfero sia specializzata in
informazioni ad alta frequenza.
Daltra parte, l’emisfero destro si specializza in aspetti della percezione più vasti, non
dettagliati, interpreta informazioni a bassa frequenza.
In una prima serie di esperimenti, Sergent ha scoperto che entrambi gli emisferi sono in grado di
identificare i volti. In effetti, quando i volti sono molto simili l’emisfero sinistro è superiore.
La gran parte dei precedenti studi sulla specializzazione degli emisferi ha fatto uso di volti
diversi e di brevi esposizioni temporali, che dovrebbero favorire la superiorità dell’emisfero
destro come elaboratore più antico.
In una seconda serie di esperimenti, lettere più grandi venivano percepite più velocemente
dall’emisfero destro, lettere più piccole dal sinistro. E’ interessante notare come altre ricerche
abbiano mostrato che gli studenti delle scuole elementari, quando imparano a riconoscere le lettere,
preferiscono il campo visivo associato all’emisfero destro. Una inclinazione preponderante
dell’emisfero sinistro al riconoscimento delle lettere si manifesterebbe più tardi. Sergent
attribuisce questo fatto alla dimensione più piccola delle lettere che richiede una risoluzione più
elevata.
Daltra parte i ricercatori del cervello non sono mai riusciti ad identificare differenze
strutturali essenziali fra i due emisferi. Per contro, stando a Sergent, ci sono elementi per
ritenere che le cellule corticali dei due emisferi reagiscano in maniera differente a seconda delle
frequenze delle immissioni.
Sergent ha molto insistito con i ricercatori perchè prendessero in considerazione le caratteristiche
degli stimoli e dei metodi di ricerca. Studi precedenti “potrebbero non aver formulato le domande
giuste e potrebbero aver raggiunto risultati non sicuri”.
La contrapposizione del funzionamento analitico a quello olistico potrebbe essere un epifenomeno,
dice Sergent, il risultato di aspetti diversamente essenziali del dato sensoriale e del
funzionamento corticale quale la frequenza spaziale, l’esposizione temporale e la richiesta di
compito.
Per la gran parte, le affermazioni a proposito delle capacità analitiche dell’emisfero sinistro e
delle capacità olistiche dell’emisfero destro si sono basate su ricerche visuali con esposizioni di
breve durata. Secondo Sergent, tali piani sperimentali possono aver alterato i risultati. La
ricercatrice ha dimostrato che l’emisfero destro può leggere, ma legge solo caratteri grandi. Il
sinistro è in effetti migliore del destro nel riconoscere i volti, se le differenze sono complesse e
lesposizione temporale è adeguata. Entrambi gli emisferi analizzano, entrambi percepiscono il
tutto. In ogni situazione, la differenza chiave sta nella frequenza o nella finezza del dettaglio
dell’informazione entrante. Sergent cita a sostegno ricerche su altre modalità sensoriali, come
l’udito o il tatto.
Il cervello destro è a “studio veloce”, con buona approssimazione, più veloce e più accurato del
sinistro quando l’esposizione temporale è breve o la qualità dellimmagine povera. Il sinistro dà
una risoluzione più raffinata quando il tempo e linformazione sono sufficienti.
“Tutto ciò indica una cooperazione fra emisferi, le cui rispettive limitazioni e predisposizioni
forniscono capacità complementari nell’elaborazione delle informazioni”, dice Sergent.
L’emisfero destro fornisce la struttura per le più raffinate operazioni del sinistro. Sergent
suppone che gli emisferi abbiano sviluppato, durante l’evoluzione, un processo di dissociazione,
utile per consentire lo sviluppo di quel tipo di cooperazione.
” Invece di sviluppare meccanismi di elaborazione drasticamente differenti in ciascun emisfero, che
avrebbero richiesto profonde differenze di struttura architettonica e di circuito, [ differenze in
capacità di risoluzione] , potrebbe essersi rivelato miglior mezzo di adattamento quello di fornire
un’elaborazione più raffinata (emisfero sinistro), mantenendo la possibilità di operazioni più
elementari (emisfero destro). “
I due emisferi del cervello percepiscono il reale in modo diverso
Possiamo guardare un albero ed analizzarne le caratteristiche strutturali, la forma, la direzione di
crescita o altre caratteristiche morfologiche: la nostra sarà un’azione visiva con l’attenzione
focalizzata alla conoscenza analitica di particolari dettagli.
Possiamo, d’altra parte, non focalizzare lo sguardo lasciando che il nostro campo visivo sia pervaso
dall’ambiente circostante senza opporre alcuna resistenza, senza avere nessuna intenzione
conoscitiva, lasceremo che l’albero “entri” dentro di noi attraverso gli occhi.
Questa seconda modalità visiva è definita “periferica” e dà maggior spazio alla percezione
complessiva del reale circostante.
I due diversi modi di vedere corrispondono ad una diversa azione globale dell’apparato visivo; se ne
può fare esperienza molto facilmente: si sceglie un oggetto e lo si guarda direttamente, con sguardo
focalizzato, oppure si rilassa la tensione attorno agli occhi e si dirige lo sguardo periferico
nella direzione dell’oggetto, un albero, una persona, lasciandoci pervadere dalla sensazione che ne
riceviamo, cercando di essere uno specchio più che un osservatore.
Dal Therapy Department della Rajneesh University for Meditation and Consciousness di Poona, India, è
pervenuta notizia di una sperimentazione relativa alla azione visiva focalizzata e periferica,
condotta da Henry Peloquin.
Si tratta di una esperienza sulle due diverse operazioni visive, connesse ai due emisferi cerebrali,
sperimentata durante un training di rebalancing: approccio terapeutico dinamico per integrare ed
energizzare l’intera persona, attraverso il contatto con il tessuto connettivo profondo, le
articolazioni e la respirazione. Tale approccio terapeutico richiede unattenta e profonda ‘lettura’
del corpo del paziente.
Coloro che partecipavano al training avevano ricevuto l’indicazione di organizzarsi in piccoli
gruppi di cinque o sei persone, di cui una doveva fungere da paziente, i restanti da terapeuti e
quindi “leggere” il paziente. Lo studio condotto riporta che la totalità dei gruppetti, in un
attimo, divenne animatissima, si discuteva, qualcuno prendeva nota, il paziente stava nel mezzo,
trasformato in puro oggetto di ricerca, tutti i suoi squilibri, le tensioni, i blocchi venivano
scrupolosamente annotati, ognuno dei terapeuti trovava, nella postura, nei movimenti, una
imperfezione, una difficoltà nel flusso energetico, nella respirazione, nella connessione fra le
diverse parti del corpo.
La particolare impostazione dell’esercitazione di gruppo, improntata alla verbalizzazione dei
processi mentali di “lettura” sulla base dell’analisi visiva dei particolari del “paziente”,
evidenziava le qualità proprie dell’attività dell’emisfero sinistro del cervello. La seconda parte
dell’esercitazione consisteva nella ripetizione della lettura corporea adottando uno “sguardo
periferico”, rilassando gli occhi senza ricerca di dettagli, mettendosi in grado di percepire la
globalità vivente del paziente.
L’immediato risultato sull’intero gruppo fu di rilassatezza e silenzio, di maggiore e più profondo
senso della relazione terapista-paziente e di un drastico miglioramento della comprensione globale
del paziente non più visto come “oggetto di analisi” ma come unità vivente e cosciente.
La differenza nei due stadi dell’esercitazione, l’una analitica e l’altra globale, ha confermato
che, dal punto di vista terapeutico, l’osservazione utile ad un intervento appropriato necessitava
più che dell’analisi del corpo come oggetto imperfetto, di una “apertura interiore”, di una
“disponibilità periferica” in grado di percepire l’espressione globale della persona, base
fondamentale della medicina olistica.
Conoscere la struttura corporea, le implicazioni energetico-affettive di certe posture è un
background indispensabile, ma utilizzare queste conoscenze per riequilibrare la persona significa,
in un certo senso, anche dimenticarle, integrandole nella osservazione terapeutica globale.
Secondo l’esperienza riportata, una particolare consapevolezza meditativa può integrare la funzione
giudicante dell’emisfero sinistro con la funzione globale dell’altro emisfero. Si tratta di
sviluppare la capacità di percepire le diverse funzioni-azioni dei due emisferi, integrando la
funzione analitica nella funzione periferica globale ed evitando la dominanza inconsapevole
dell’emisfero sinistro: l’emisfero sinistro può rendere un enorme servizio alla conoscenza ma non è
conoscenza in sé.
continua…
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