Gli stati di ansia spesso sono il risultato di una mente che vede solo i problemi e non sa come affrontarli. Dietro questo approccio, di solito si trova un cervello reattivo che ha anche caratteristiche uniche.
Il cervello reattivo orchestra, facilita e attiva i meccanismi dell’ansia. Questo modo di pensare ed elaborare le informazioni ci mette in allerta anticipando rischi che spesso non esistono nemmeno. Allo stesso modo, le emozioni prendono il sopravvento, perdiamo l’iniziativa e diventiamo persino più impulsivi e meno riflessivi.
Viktor Frankl ha sottolineato con grande saggezza che quando non possiamo cambiare una situazione che ci causa dolore o disagio, possiamo cambiare il nostro atteggiamento nei confronti di quel problema per ridurre la sofferenza. Questa strategia mentale è impossibile per una persona dal cervello reattivo. Perché quella capacità di variare il modo in cui la realtà viene affrontata è tipica di un soggetto proattivo.
Sebbene il concetto di proattività negli ultimi anni sia stato preso in prestito dal campo dell’organizzazione, della leadership e della psicologia del lavoro, in realtà si tratta di un tratto della personalità che ha come fine ultimo la salute e l’equilibrio psicologico. L’aspetto positivo è che tutti noi possiamo passare dalla reattività alla proattività per gestire le avversità in modo efficiente.
Com’è il cervello reattivo?
Il cervello reattivo è correlato a una particolare elaborazione cognitiva. Vede i cambiamenti come minacce e risponde agli stimoli anticipando gli eventi nel peggiore dei modi: con angoscia o in maniera impulsiva. I neuroscienziati hanno passato anni nel tentativo di comprendere le basi neurologiche dell’ansia e anche di quella che ora conosciamo come mente iper-reattiva.
Lo studio condotto nel 2018 dal Dott. Alexander Olsen, docente nel dipartimento di psicologia dell’Università norvegese di scienza e tecnologia, rivela dati interessanti che vale la pena di conoscere.
Pensare in modo proattivo e iper-reattivo, qual è la differenza?
Il cervello umano può elaborare le informazioni, ragionare e guidare il nostro comportamento sulla base di due meccanismi di base: proattività e iper-reattività. Vediamo la differenza:
Il sistema proattivo parte dall’intelligenza fluida. Questo ragionamento è il risultato della nostra capacità di risolvere problemi utilizzando la logica e identificando degli schemi, quindi pensando in modo più riflessivo.
Al contrario, il cervello reattivo è più impulsivo e deve rispondere in fretta agli stimoli ambientali. Agisce così perché spesso è stimolato dalla paura, da un allarme che attiva l’amigdala e ci invita a reagire prima di pensare.
Usiamo entrambi i modi di pensare; il sistema reattivo ci è utile per agire di fronte ai rischi e alle minacce provenienti dall’ambiente. L’approccio proattivo ci consente di prendere decisioni migliori e di gestire lo stress quotidiano in modo più efficiente.
Il problema nasce quando ci limitiamo a usare solo il primo approccio, ovvero quando il cervello reattivo orchestra ogni situazione. Il risultato sarà rimanere bloccati in un costante stato di ansia.
Il cervello reattivo e la materia bianca
Il team del Dr. Alexander Olsen ha condotto il proprio studio in collaborazione con l’Università della California del Sud presso lo Stevens Institute for Neuroimaging and Informatics. Lo scopo era scoprire quali meccanismi promuovono e modellano il cervello reattivo. La risonanza magnetica ha mostrato che il pensiero fluido e proattivo attiva la sostanza bianca.
Al contrario, le persone che ragionano in modo reattivo presentano una densità inferiore di sostanza bianca. Quest’ultima è formata da un’ampia e complessa rete di assoni mielinizzati, essenziali nelle comunicazioni cerebrali. Inoltre, è fondamentale per la connessione tra l’emisfero sinistro e quello destro.
Insomma, quando ci si abitua a rispondere al proprio ambiente in modo reattivo, si entra in uno stato di costante ipercontrollo. Percepisce solo minacce, anticipa più problemi e si lascia vincere dallo stress. Queste situazioni hanno un grande impatto sul cervello, lo alterano al punto da disorganizzare quella rete che costituisce la sostanza bianca.
Come passare dalla reattività alla proattività?
Il cervello reattivo non può essere spento, così come non possiamo eliminare completamente il ragionamento reattivo dalla nostra mente. Questo modo di elaborare il mondo a volte ci è utile ed è necessario in presenza di minacce o pericoli.
L’ideale è che la reattività si attivi in occasioni ben precise. Al di là di queste situazioni, sarà la mentalità proattiva a garantire il nostro benessere riducendo gli stati di ansia. Come facciamo a svilupparla o attivarla con maggiore intensità? Ecco alcune strategie:
Edward de Bono ha definito il pensiero proattivo come quel meccanismo con cui ci si limita a comprendere che le cose accadono e basta. Significa diventare agenti attivi della propria realtà.
La gestione emotiva e il controllo degli impulsi sono essenziali e necessari in entrambi i casi.
Dobbiamo sviluppare una mentalità più riflessiva, aperta anche a nuove prospettive. La rigidità mentale porta sempre alla reattività e alla paura.
Il pensiero è determinato anche dal nostro atteggiamento e dal modo in cui affrontiamo gli eventi. Essere positivi, ma al tempo stesso realistici, essere intuitivi ma logici al contempo, definisce un approccio efficiente.
Bisogna anche sapere come tollerare la frustrazione e avere fiducia in sé stessi. Per quanto le cose vadano male, abbiamo tutti le risorse per pianificare e agire.
Forse non lo sapete, ma fare sport ossigena e nutre quest’area del cervello così importante, così come la sostanza bianca.
Per concludere, è molto facile cadere nella prigione di un cervello reattivo che anticipa solo pericoli e minacce. È probabile che accade, ma possiamo agire di conseguenza imparando a fare progetti: se qualcosa ci preoccupa, pensiamo a un piano per affrontare questa sfida. Solo in questo modo saremo proattivi.
Bibliografia
Alexander Olsen, Emily L. Dennis, Kari Anne I. Evensen, Ingrid Marie Husby Hollund, Gro C.C. Løhaugen, Paul M. Thompson, Ann-Mari Brubakk, Live Eikenes, Asta K. Håberg. “Preterm Birth Leads to Hyper-Reactive Cognitive Control Processing and Poor White Matter Organization in Adulthood.” NeuroImage. Volume 167, 15 February 2018, Pages 419-428. DOI: 10.1016/j.neuroimage.2017.11.055
Martin Wohlwend, Alexander Olsen, Asta K. Håberg, and Helen S. Palmer. “Exercise intensity-dependent effects on Cognitive Control Function During and After Acute Treadmill Running in Young Healthy Adults.” Frontiers in Psychology (2017) DOI: 10.3389/fpsyg.2017.00406
www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1053811917309990?via%3Dihub
www.airc.it/cancro/affronta-la-malattia/guida-agli-esami/risonanza-magnetica
da lista mente
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