Che cos’e’ la terpia cognitiva? (cura della depressione)
del Dr. Prof. Robert Westermeyer
Il termine “cognitivo” e’ correlato al concetto di “conoscere”, “pensare”.
La terapia cognitiva viene percio’ definita come “trattamento psicologico
dei pensieri”.
In estrema sintesi, la terapia cognitiva si basa sull’assunto che i nostri
pensieri, cio’ che crediamo, i nostri atteggiamenti e la percezione che
abbiamo degli eventi determinano in larga misura il tipo e l’intensita’
delle nostre emozioni. La terapia cognitiva e’ stata introdotta alla fine
degli anni cinquanta dal Prof. Aaron Beck, come metodo di cura per la
depressione. Il Prof. Beck ed altri ricercatori hanno sviluppato metodi per
applicare la terapia cognitiva ad altri problemi psichiatrici, come il
disturbo da attacchi di panico, i problemi di controllo dell’aggressivita’ e
l’abuso di sostanze stupefacenti. Questa forma di terapia ha ricevuto
conferme considerevoli dalla ricerca clinica, specialmente riguardo alla
depressione.
L’idea che i nostri pensieri possano influenzare le nostre emozioni non e’
nuova. In effetti, l’origine di questa teoria si puo’ far risalire ai
filosofi Stoici, in particolare Epitteto, che scriveva “Gli uomini sono
disturbati non dagli eventi, ma dalla percezione che hanno di essi”.
Facciamo un esempio banale, giusto per dare un’idea di quello di cui stiamo
parlando. Siete a letto e di colpo venite svegliati da un rumore in un’altra
stanza. Come vi sentite se il primo penisero e’: “un ladro e’ entrato
nell’appartamento”? Ansiosi, certamente, magari sull’orlo del panico. Ora,
immaginate che, svegliati di soprassalto, vi ricordate che avete appena
portato a casa un gattino, che fa cadere tutto quello che c’e in casa. Come
vi sentireste in questo caso? Irritati, magari, ma non certo ansiosi.
La natura delle nostre emozioni e’ determinata in larga misura dal modo in
cui pensiamo. Nell’esempio appena citato, l’emozione (paura o iritazione)
era unicamente conseguenza di come l’evento (rumore nell’altra stanza)
veniva interpretato.
La depressione e’ una condizione che puo’ essere generata da
un’interpretazione eccessivamente negativa degli eventi. Per esempio,
immaginiamo che due persone diverse si trovino confrontate alla fine di una
relazione sentimentale. La prima, concettualizza la relazione come la
“prova” del suo valore di essere umano, e di conseguenza interpreta la fine
della relazione come la “prova” del fatto che non vale nulla come persona e
che, come ha sempre creduto, non e’ “amabile”. In piu’, pensa che la fine
della relazione sia dovuta alle sue caratteristiche “non amabili”. La
seconda persona vede la relazione come parte molto importante della propria
vita, ma non ritiene che un rapporto sentimentale rappresenti il simbolo e
la prova del suo valore e della sua amabilita’. Essa pensa che la fine della
relazione sia dovuta ad incompatibilita’. Quale di queste due persone ha
piu’ probabilita’ di avere un serio episodio di depressione, come
conseguenza della fine del rapporto?
La prima, giusto? La separazione veniva interpretata come conseguenza di un
difetto essenziale nel carattere, nella personalita’, e, siccome il suo
valore come persona era contingente al fatto di avere una relazione, la
separazione non faceva che confermare la sua convinzione di non valere
nulla, non essere amabile, ne’ desiderabile.
Pensieri di questo genere portano ad emozioni negative. come la depressione
e l’ansia. La seconda persona non pensava che la relazione non fosse
importante. Sicuramente si sara’ sentita triste e frustrata, ma molto
probabilmente non sprofondera’ nella depressione clinica. Questo, perche’ la
sua interpretazione della separazione era realistica e non autopunitiva.
La depressione, clinicamente parlando, ha molte cause. Cambiamenti nei
processi biochimici del cervello possono causeare depressione, cosi’ come
fattori ereditari/genetici, o gravi eventi traumatici nella vita di un
individuo. Ma la ricerca ha dimostrato che, una volta instaurata la
depressione, qualunque sia la sua causa essenziale, tutti coloro che ne
soffrono hanno una carattersitica in comune: pensieri negativi. I depressi
vedono il mondo, se stessi in relazione al mondo e se stessi in relazione al
futuro in maniera negativa. La terapia cognitiva e’ un trattamento concepito
per aiutare le persone, prima ad identificare e monitorare i loro pensieri
negativi, e, poi, a modificare queste distorsioni sistematiche, cosi’ da
pensare in maniera piu’ realistica.
La ricerca mostra chiaramente che, quando i depressi imparano ad
identificare i pensieri automatici distorti ed a sostituirli con altri piu’
realistici, la depressione puo’ essere sostanzialmente ridotta. Altri studi
mostrano come, quando le persone si abituano ad alterare i pensieri e le
convinzioni negative, la probabilita’ che sperimentino nuovi attacchi di
depressione diminuisce.
Ad alcuni questi concetti possono sembrare semplicistici. “Ma come –
qualcuno potrebbe pensare – sono stato depresso per anni, e voi state
cercando di dirmi che tutto quello che devo fare e’ pensare positivamente e
tutto passera’?”
Questa e’ una reazione comune tra le persone che sentono parlare di terapia
cognitiva per la prima volta. Ma cerchiamo di chiarire alcuni punti
fondamentali. In primo luogo, anche se l’idea che siano i pensieri a
determinare le emozioni e’ semplice, i problemi nell’interpretazione
dell’informazione che stanno alla base della depressione sono estremamente
complessi. Volumi di ricerca sui difetti nel richiamo dei ricordi,
nell’attenzione, nella percezione e nelle strutture che il cervello utilizza
per processare le informazioni ci dicono che quello che avviene nella mente
di chi soffre di depressione e tutt’altro che semplice.
Una delle cose che i ricercatori hanno scoperto (Franks, Wilson, Kendall &
Brownell, 1985) e’ che il fatto di semplicemente “pensare positivo” non ha
conseguenze durevoli sullo stato depressivo. Anche se i depressi hano pochi
pensieri positivi, sono i pensieri, le convinzioni e gli atteggiamenti
negativi che perpetuano la depressione. I pensieri negativi insorgono nei
depressi in maniera quasi totalmente automatica, spesso senza che le persone
se ne rendano conto. Perche’ la terapia cognitiva sia efficace, i depressi
devono imparare ad identificare i loro pensieri automatici negativi, cosi’
come le convinzioni errate che hanno su se stessi, sul mondo e sul futuro.
I pazienti depressi devono anche imparare a disputare questi pensieri
automatici una volta che sono stati identificati. Quindi, a differenza del
“pensiero positivo”, la terapia cognitiva insegna a pensare
“non-negativamente”. Non serve a nulla ripetersi “Sono un fenomeno, sono
grande, ho fatto un lavoro eccellente” quando per la maggior parte del
giorno i pensieri automatici dicono l’esatto contrario.
Per molti, questo significa acquisire nuove tecniche: osservare il flusso
dei propri pensieri, identificare convinzioni ed atteggiamenti, e rivedere
il tutto alla luce della ragione. Con la pratica, queste tecniche diventano
una seconda natura, ed il rischio di depressione grave diminuisce.
La terapia cognitiva, quindi, e’ molto piu’ educativa di altre forme non
direttive di psicoterapia. Ma la terapia cognitiva non e’ una bacchetta
magica. Perche’ se ne possa beneficiare, bisogna fare parecchio lavoro. In
effetti, molti individui, affetti da depressione lieve, o moderata, hanno
avuto ottimi risultati semplicemente tramite lo studio e l’applicazione in
proprio dei principi della terapia (“biblioterapia”). Molti ottimi manuali
di “self help” sono disponibili, purtroppo quasi tutti in inglese.
(Dr. Prof. Robert Westermeier)
Lascia un commento