Che cos’è il neodarwinismo?

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Che cos’è il neodarwinismo?

Cosa rimane oggi della teoria dell’evoluzione elaborata da Darwin nel 1859? Quali sono le attuali
prospettive di ricerca sull’evoluzione della specie?

di Pietro Buffa – 15/05/2013

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Da quando Charles Darwin (1809-1882) propose nel 1859 la sua ormai storica teoria sull’evoluzione
delle specie per selezione naturale (1), essa cominciò sempre più ad influenzare il pensiero umano
mettendo le basi ad una possibile visione alternativa a quella in vigore, che vedeva l’uomo come
l’ultimo atto di un processo di creazione divina. La teoria fu elaborata dopo cinque anni di studi
sui fossili ed una attenta osservazione delle specie viventi negli incontaminati habitat naturali
della pampa argentina e delle isole Galapagos. Darwin riuscì ad estrarre in quegli anni una
gigantesca mole di dati che lo portarono ad affermare come persino l’uomo moderno (Homo sapiens), al
pari di tutte le altre specie viventi, doveva essere considerato come un prodotto dell’evoluzione.
Il successivo ritrovamento dei resti fossili dell’uomo pleistocenico di Neanderthal (1856), a pochi
anni dalla pubblicazione della sua teoria, gli dette ulteriore conferma. Per la chiesa, le nuove
scoperte furono inaccettabili, subito viste come una minaccia a tutte quelle elaborazioni teologiche
basate sul libro della genesi, secondo il quale, tutta l’umanità discenderebbe da una sola coppia di
esseri umani già moderni, fatti ad immagine e somiglianza di un Dio creatore che, infondendo in loro
un “alito di vita”, li rese e ci rese differenti da ogni altra specie vivente. Darwin spodestava
l’uomo dal suo piedistallo e, nonostante i forti attacchi e le numerose critiche alla sua teoria, il
velato odore di una scoperta rivoluzionaria era ormai nell’aria, pronta a mettere l’uomo sulle
razionali tracce della sua identità biologica, come mai prima di allora.

Continue verifiche ed indagini scientifiche sempre più rigorose, hanno negli anni aiutato il
darwinismo classico ad evolversi ed a superare molteplici contrasti che affliggevano specifici punti
della famosa teoria. Il supporto di aree di studio come: la genomica, la biologia molecolare, la
bioinformatica, la paleoantropologia, hanno ancora oggi un ruolo determinante nell’arricchire
l’evoluzionismo di nuove conoscenze, spingendo gli studiosi del settore verso nuove direzioni (2,
3). La teoria di Darwin ha quindi lentamente lasciato il posto ad un programma di ricerca
multidisciplinare, generalmente noto con il nome di neodarwinismo, con lo scopo di allargare la
visione del problema, dargli l’ufficialità che merita e rivestirlo di una ormai necessaria base
matematico-predittiva (4, 5).

Oggi non disponiamo ancora di una teoria matematica generale che “catturi” l’essenza dei processi
evolutivi della vita, ma diversi ed interessanti modelli matematici e computazionali stanno
finalmente cominciando ad irrompere su riviste internazionali del settore, come spiega Gregory
Chaitin nel suo recente libro “Darwin alla prova” (6). Il neodarwinismo è dunque oggi, la teoria
bio-evoluzionistica più accreditata dalla scienza accademica internazionale ma, anche se, molti
passi in avanti sono stati fatti nella comprensione del fenomeno, esiste ancora una forte
opposizione ad esso da parte di alcuni ambiti, primo tra tutti quello religioso. Le gerarchie della
chiesa cattolica hanno nel tempo ridefinito la loro posizione sui processi evolutivi della vita,
accostando gli insegnamenti teologici alle più recenti scoperte scientifiche, nel tentativo di
arricchire la conoscenza dell’uomo, senza dover per forza mettere in dubbio l’esistenza di Dio, tema
più volte affrontato da papa Benedetto XVI (7).

Diversamente è stato fatto dalle chiese protestanti che, maggiormente legate ad una interpretazione
letterale della Bibbia, continuano ancora oggi la loro disperata lotta anti-evoluzionista, citando
spesso vecchi modelli nel tentativo di mettere in discussione un intero programma di ricerca, per
favorire una sempre meno sostenibile ipotesi creazionista, senza la quale, verrebbe a crollare
l’infallibilità dei testi sacri. Il teologo evangelico Bruce K. Waltke, stimato biblista di fama
internazionale, scrittore e professore in svariate università degli stati uniti, evidenziò anni fa
la possibilità di una grave crisi per la chiesa evangelica americana, se questa non compirà alcuni
passi in avanti verso la scienza. Se diversi dati in favore dell’evoluzione biologica sono ormai
incontrovertibili, continuarne a negare la realtà renderà la chiesa protestante anomala, uno strano
gruppo che non è in grado di interagire con il mondo, affermazione che costò al teologo Waltke la
perdita della sua cattedra alla Reformed Theological Seminary (8).

La più comune critica che, ancora oggi, viene fatta alla teoria bio-evoluzionistica è certamente
paleontologica, dovuta alla non accuratezza della documentazione fossile a causa di uno scarso
ritrovamento dei cosiddetti “anelli mancanti” che completerebbero le linee evolutive delle forme
oggi viventi. Se tutti gli esseri viventi discendono da antenati comuni, come spiegava Darwin,
attraverso l’instaurarsi di una successione di cambiamenti graduali volti ad un adattamento
ambientale, si dovrebbero trovare milioni di “forme intermedie”, intrappolate negli strati
geologici. Ciò non è avvenuto come ci si aspettava e lo stesso Darwin era consapevole di questo
punto debole quando, all’interno del suo trattato, scriveva le seguenti parole: “la geologia
certamente non ci ha ancora rivelato questa catena graduale ed è questa la più facile ed insieme
grave obbiezione che possa farsi alla mia teoria”.

Il darwinismo classico ci ha, infatti, sempre proposto un’evoluzione graduale delle specie viventi
(gradualismo filetico), ma questa iniziale visione del processo evolutivo, insieme al vecchio
concetto di “anello mancante” che si portava dietro, è stata da anni superata dalla ricerca
accademica e sopravvive oggi esclusivamente nel dibattito parascientifico, nella cultura popolare e
nelle critiche antievoluzionistiche da parte dei non addetti ai lavori. La documentazione fossile
mostra che le specie viventi tendono a conservare le loro caratteristiche quasi inalterate per
lunghissimi periodi di tempo (stasi), per poi cambiare improvvisamente, sotto la pressione di
opportuni “motori di evoluzione” che operano insieme alla selezione naturale evidenziata da Darwin.
I cambiamenti che portano alla formazione di nuove specie sono generalmente rapidi ed incisivi e le
forme intermedie destinate ad una vita relativamente breve, per tal motivo, difficilmente
ritrovabili nella documentazione fossile. Molte di queste evidenze fanno ormai parte del
neodarwinismo e si contrappongono a quelle originariamente proposte da Darwin, a favore del fatto
che l’evoluzione segua un andamento conforme agli equilibr punteggiati, modello sviluppato nel 1972
dai paleontologi Stephen J. Gould e Niles Eldredge (9, 10).

La straordinaria rapidità che certi cambiamenti possono aver avuto anche nella nostra storia
evolutiva è oggi oggetto di numerose indagini incrociate che riguardano, non soltanto i dati
paleontologici in nostro possesso, ma anche quelli bio-molecolari. Il cervello, ovvero l’organo che
più di tutti ci contraddistingue da ogni altra specie vivente ne è certamente uno esempio. La
dimensione del cervello, nonché la sua sofisticazione, sono andati progressivamente aumentando con
gli australopitecini fino alla nostra specie: 440 cc in Australopithecus africanus, 640 cc in Homo
habilis, 940 cc in Homo erectus, 1230 cc in Homo sapiens. I ricercatori dell’Howard Hughes Medical
Institute di Chicago hanno, nel 2004, pubblicato i risultati di uno studio che afferma come la
straordinaria evoluzione che il cervello umano ha subito, sia il risultato di un “evento speciale”
(11). Non si tratta di un miglioramento di ciò che c’era prima, bensì di una svolta radicale nella
biologia umana la cui causa va ricercata all’interno del nostro DNA. La formazione del cervello è
guidata nell’uomo dall’espressione di diversi geni, ma c’è una piccola sequenza di appena 118 basi,
all’interno del cromosoma 20, che oggi sappiamo giocare un ruolo determinante durante lo sviluppo
embrionale, producendo una massiccia migrazione neuronale, indispensabile alla formazione di un
cervello veramente umano. Comparando questa regione con la medesima regione ritrovata anche nei
primati non umani, i biologi si accorsero, nel 2005, di avere di fronte uno dei siti genomici in cui
avvenne forse il più elevato tasso di cambiamenti molecolari (mutazioni) mai riscontrati nell’uomo.

Nelle scimmie, la stessa regione si mostra povera di cambiamenti se confrontata con quella dei più
vecchi vertebrati, a dimostrazione del fatto che la massiccia quantità di modificazioni, avvenne
esclusivamente negli ominidi, attivando in tempi rapidi un importantissimo meccanismo molecolare che
oggi sappiamo essere alla base dello sviluppo cerebrale. A questa piccola sequenza venne dato il
nome di Human Accelerated Region 1 (HAR1) e fu catalogata come la prima di una serie di regioni
genomiche specificatamente umane, nonché determinanti nel processo evolutivo di ominazione (12).
Molti pilastri della storica teoria darwiniana sono ormai caduti, Darwin non sapeva neppure cosa
fosse un gene e ignorava completamente i meccanismi alla base dell’ereditarietà, ma innegabilmente,
quegli studi stanno conducendo i ricercatori verso nuove scoperte, sempre più vicine alla realtà del
fenomeno. La teoria di Darwin era semplicemente ciò che doveva essere, una teoria, una complessa
elaborazione di idee che si formano nella mente dell’uomo, dopo che questi ha attentamente e
scrupolosamente osservato i fenomeni naturali ed i dati in suo possesso. Essa non è un dogma,
qualche cosa di fisso ed immutabile valido una volta e per sempre, bensì uno strumento concettuale
da sottoporre continuamente a verifica e credo sia questo sottile concetto di dinamismo a fare
evolvere la scienza e con essa, il sapere umano.

BIBBLIOGRAFIA
1. C. Darwin, The Origin of Species by Means of Natural Selection. John Murray (1859)
2. D. Futuyma, Evolution. Sinauer Associates Inc (2009)
3. M. Ferraguti, C. Castellacci, Evoluzione: Modelli e processi. Pearson Italia (2011)
4. S. Gould, Challenges to Neo-Darwinism and Their Meaning for a Revised View of Human
Consciousness. Cambridge University Lecture (1983)
5. A. Bazzani et al, Metodi matematici per la teoria dell’evoluzione. Springer (2011)
6. G. Chaitin, Proving Darwin: Making Biology Mathematical. Pantheon (2012)
7. Benedetto XVI, Creazione ed evoluzione: un convegno con papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo. EDB
(2007)
8. Jashik, Evangelical Scholar Forced Out After Endorsing Evolution. USA Today (2010)
9. N. Eldredge et al, Punctuated Equilibria: An Alternative to Philetic Gradualism. Paleobiology
(1972)
10. S. Gould et al, Punctuated equilibria: the tempo and mode of evolution reconsidered.
Paleobiology (1977)
11. Howard Hughes Medical Institute: www.hhmi.org/news/lahn3.html
12. K.S.Pollard et al, An RNA Gene Expressed During Cortical Development Evolved Rapidly in Humans.
Nature (2006)

Andrea Parravicini
La Mente di Darwin
Filosofia ed evoluzione
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