I geni vivono nel caos? Forse. Ma la scienza assicura: il disordine sovraccarica la mente e la
distrae da tutto ciò di cui si deve occupare.
4 gennaio 2023 – Elena Meli
C’è chi lavora sereno solo su una scrivania sgombra e in stanze minimali, chi invece vive circondato
da un guazzabuglio di carte, libri e suppellettili. Ma l’ambiente esterno può influenzare le
prestazioni del cervello? Il disordine in casa o in ufficio può essere “creativo” o al contrario ci
confonde le idee?
DISORGANIZZAZIONE. La ricerca scientifica per lo più dà ragione a Marie Kondo, la guru giapponese
dell’arte del riordino che in quattro e quattr’otto rassetta armadi, dispense e case intere con
precisione chirurgica: tanto che Elizabeth Sander, psicologa della Bond University in Australia, ha
per esempio dimostrato che l’ordine, la bellezza e l’assenza di caos dell’ambiente in cui lavoriamo
è correlato a risposte cognitive ed emotive migliori.
«La disorganizzazione non piace al cervello perché drena le sue risorse e riduce la capacità di
concentrazione: pile di fogli, tazze sporche, oggetti buttati alla rinfusa sulla scrivania
distraggono la mente, creano una specie di sovraccarico di informazioni visive che compromette anche
la memoria di lavoro».
DISORDINE MENTALE. La produttività e la chiarezza di pensiero ne risentono, come ha confermato uno
studio del Princeton Neuroscience Institute: indagando l’attività cerebrale di alcuni volontari in
ambienti domestici e lavorativi più o meno confusionari, Stephanie McMains ha verificato che fare
ordine regala una miglior capacità di attenzione e di elaborazione delle informazioni, con un
beneficio netto sulla resa cognitiva.
Come se non bastasse, un ambiente disorganizzato e caotico porta anche a rimandare di più le
incombenze: chi ha una scrivania sommersa di carte e faldoni buttati là senza un criterio preciso
tende a procrastinare più di chi lavora fra fascicoli impilati per priorità. «La disorganizzazione e
la tendenza a temporeggiare hanno un fondo comune: mettere a posto le proprie cose scegliendo che
cosa buttare o meno richiede tempo ed è un compito che molti non amano», spiega Joseph Ferrari,
docente di psicologia alla DePaul University di Chicago (Usa) che ha dimostrato come chi è più
disordinato tenda a rinviare gli impegni in ufficio, finendo però per essere anche più insoddisfatto
delle proprie performance lavorative.
SI DORME MENO E SI MANGIA DI PIÙ. L’effetto negativo sul cervello della disorganizzazione degli
ambienti sembra dipendere dallo stress indotto dal caos: volenti o nolenti, una stanza confusa e
disordinata ci mette inconsciamente in allarme. Aumenta infatti il livello dell’ormone dello stress,
il cortisolo, con un effetto ancora più evidente nel sesso femminile che forse dipende dal retaggio
culturale.
«Le donne si sentono spesso responsabili dell’ordine e quando non riescono provano maggior disagio»,
specifica Darby Saxbe, psicologa dell’Università della California del Sud (Usa) che ha studiato gli
effetti del disordine sul grado di stress.
Tutto questo ha conseguenze non solo sull’attività cognitiva, che peggiora, ma anche sul benessere
in generale: alcune ricerche dimostrano che dormire in stanze disordinate per esempio facilita la
comparsa di disturbi del sonno, rendendo più difficile addormentarsi o favorendo brutti sogni, e
vivere in una casa caotica fa ingrassare perché si tende a mangiucchiare di più.
METTITI IN ORDINE. Un ambiente confusionario può anche mettere alla prova le relazioni personali,
perché, stando a dati raccolti da ricercatori del Dipartimento di Psicologia della Cornell
University statunitense, il disordine impedisce di interpretare correttamente le espressioni e le
emozioni dell’altro, finendo per provocare pure più litigi e discussioni.
Gli altri per giunta ci giudicano proprio in base all’organizzazione dei nostri spazi: uno studio
statunitense dell’Università del Michigan ha dimostrato che entrare in un ufficio ordinato (libri
sugli scaffali, carte ben impilate, cartacce nel cestino) porta a giudicarne il proprietario più
coscienzioso e affidabile rispetto a chi lavora in uno spazio disorganizzato (con libri per terra,
fogli sparsi e così via).
L’apparenza conta insomma: l’impressione, spiegano gli autori della ricerca, è che si tratti di una
persona negligente e pure più irritabile e difficile da gestire. Vale perfino per l’abbigliamento:
chi è poco curato viene considerato meno preparato, competente e perfino intelligente di chi si
presenta in ordine, stando a dati raccolti da Eldar Shafir dell’Università di Princeton.
da Focus.it
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