Che significa per te l’illuminazione?

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Che significa per te l’illuminazione?

Tratto da:
Istruzioni di volo per aquile e polli

(di Anthony De Mello)

L’ILLUMINAZIONE

Scommetto che la maggior parte di voi ascolta per la prima volta un
discorso di questo tipo. Di solito si ripete che è naturale avere problemi, che
soffrire è umano. In questo caso è meglio che vi spieghi cosa è la sofferenza!
Distinguiamo anzitutto: voi potete avere dei dolori e soffrire, oppure avere dei
dolori e non soffrire.

Un maestro venne interpellato da un suo discepolo: “Cosa ha significato
per te l’illuminazione?”.

Ed egli: “Prima dell’illuminazione, spesso mi sentivo depresso; dopo
l’illuminazione continuo a sentirmi depresso!”.

Ma c’è una grande differenza. Soffrire significa lasciarsi risucchiare
dall’abbattimento. Questa è la sofferenza. È bene chiarirlo fin dall’inizio.
Soffrire significa lasciarsi sconvolgere dal dolore, dallo scoraggiamento,
dall’angoscia.

Mentre imparate a pregare, continuerete a essere soggetti allo
scoraggiamento, all’angoscia. Saranno come le nuvole che passano in cielo e
voi vi identificherete con le nuvole. Ma voi potete essere il cielo, senza
identificarvi con nuvole. Queste continueranno ad andare e venire come
prima: “Prima dell’illuminazione, spesso mi sentivo depresso; dopo
l’illuminazione continuo a sentirmi depresso!”.

Secondo voi da dove proviene la sofferenza? Secondo alcuni dalla vita
stessa. La vita è dura, la vita è difficile! I cinesi hanno un detto
meraviglioso:

“In tutto l’universo non c’è nulla di così crudele come la natura. Nessuno vi si
può sottrarre. Ma chi provoca le catastrofi non è la natura, ma il cuore
dell’uomo, da dove scaturisce il sentimento”. La vita non è difficile; voi la
rendete tale.

A New York qualcuno mi ha raccontato che una tribù africana non
conosceva alcuna forma di esecuzione capitale. Sapete cosa facevano? I
condannati venivano maledetti, messi al bando ed esiliati; nel giro di una
settimana l’uomo o la donna morivano. Semplicemente morivano. Voi direte:

“Li uccidevano! La sentenza d’esilio li uccideva!”. No, No. Sapete perché? Se
voi e io venissimo esiliati, soffriremmo un poco, ma non moriremmo. Allora si
suicidavano? Il modo di vivere l’esilio è ciò che li uccideva.

Avrete già sentito parlare di quegli studenti che prendono gli esami sul
serio tanto che se non li superano si suicidano? Se voi e io venissimo respinti,
non arriveremmo a suicidarci. Secondo voi cosa spinge questi giovani al
suicidio? Il non aver superato l’esame? No; la loro reazione al fatto
di non aver
superato l’esame.

Quando programmate un picnic e si mette a piovere, cosa vi mette di
malumore? La pioggia? Oppure la vostra reazione? La consapevolezza di
questo fatto lascia sbalordite le persone che per decenni hanno pregato, ma
senza mai rendersene conto. Questo è uno dei rischi insiti nella preghiera: può
impedire che arriviate al fuoco.

Adesso, pensate a qualcosa che vi sta turbando in questi giorni. O a
qualcosa che vi ha turbati qualche giorno fa. Riflettete! E cercate di
capire che
la vostra inquietudine non è causata dall’esterno, dal singolo episodio, dalle
cose, dal fatto che qualcuno è morto, avete commesso un errore, avete avuto
un incidente, avete perso il lavoro o del denaro. Nulla di tutto ciò provoca il
vostro malumore.

Esso ha la sua causa nel modo con cui reagiamo
all’avvenimento, alla persona, alla cosa che ci scuote. Se un’altra persona si
trovasse al nostro posto, molto probabilmente non si contrarierebbe. Voi si,
perché? Dobbiamo fare qualcosa per voi! Non però con la realtà in quanto
tale, anche se la maggior parte delle persone darebbe la testa per cambiare la
realtà.

CAMBIARE LA TESTA

Una volta a Saint-Louis un sacerdote venne da me e mi riferì che aveva un
amico ammalato d’AIDS. Mi confidò che una cosa strana stava capitando a
questo suo amico il quale ripeteva: “Ho cominciato a vivere solo quando il
medico ha detto che avevo l’AIDS e che la morte era sicura”. Forse non ci
crederete, ma il sacerdote aggiunse: “Ho conosciuto più o meno trenta
persone nella stessa situazione e dodici o quindici di loro mi hanno detto
qualcosa di simile”. Come reagiscono tanto diversamente gli uomini allo
stesso stimolo? Questo dipende da come la loro personalità è strutturata.

Qualcuno non ha mantenuto la parola datavi? Qualcuno vi ha rifiutato?
abbandonato? No. Nessuno vi ha fatto del male in tutta la vostra vita. Nessun
avvenimento vi ha mai sconvolto. Siete stati voi a farlo. In realtà, non siete
stati proprio voi, perché nessuno lo farebbe deliberatamente. I vostri
condizionamenti, la configurazione della vostra personalità hanno provocato
tutto ciò, il vostro modo di vedere le cose e la vita. Questo è ciò che bisogna
cambiare: la vostra testa!

Passiamo a un altro test. Pensate a qualche problema che avete con
qualcuno, chiunque esso sia. Potete pensare che costui non meriti la vostra
fiducia, che sia irritante, pigro, lunatico, volgare.

Se avete difficoltà con gli altri, preparatevi a qualcosa di sorprendente: in
voi c’è qualcosa che non va. La difficoltà non sta nel rapporto con
gli altri. Se
voi cambiate, tutto cambierà. Se voi riuscirete a staccarvi, le persone
cambieranno.

Voi non state vedendo le persone come sono, ma come siete
voi! Se qualcuno mi rende nervoso, mi fa arrabbiare, c’è qualcosa in me che
non va. Devo cambiare! Come posso dare a qualcuno il potere di rendermi
nervoso? Come dare a qualcuno il potere di decidere se essere triste o
contento? Se attribuisco a qualcuno questo potere, non posso proteggermi
dalle conseguenze di ciò che faccio. “Nella natura non ci sono ricompense né
castighi, solo conseguenze”. Bisogna soltanto crescere e affrontarle.
Bisogna avere anche il coraggio di non lasciarsi strumentalizzare. Gli
uomini hanno paura di dire no, di imporre a qualcuno di prendersi cura della
sua vita: “Vivi la tua vita. Lasciami vivere la mia!”. Così non potete
evitare le
conseguenze del fatto che vi lasciate strumentalizzare.

La nostra felicità non è mai causata da qualcosa. La vera felicità non ha
una causa. Che ve ne pare? Se qualcuno vi rende felici, oppure se siete
contenti del vostro lavoro, questa non è la vera felicità, bensì la
realizzazione
di un desiderio: voglio una cosa, la inseguo, la ottengo, mi entusiasmo, vado
fino in fondo, mi sento appagato, mi piace, dopo un po’ mi stanco. Se non
riesco a ottenere questa determinata cosa, divento irrequieto. Questa non è
felicità! È emozione. Soddisfazione del desiderio.

Alcune volte penso che quasi tutti gli uomini siano predisposti per essere
infelici. Essi non possono non essere infelici. E vagano per la vita, su e giù,
come un pendolo, soffrendo. Ripeto: la felicità non ha cause. Quando nulla
potrà farvi del male, nessuna persona, nessun evento, nulla, allora sarete
veramente felici.

SCOPRIRE IL TESORO

Cosa fare per essere felici? Nulla! Non si deve fare nulla. Bisogna soltanto
staccarsi dalle cose. Dall’illusione. Dalle idee distorte. Come liberarsene?
Rendendosi conto che sono sbagliate.

Vi ricordate della tribù africana di cui vi parlavo? Perché gli esiliati
morivano? Per il fatto di essere stati banditi? No, ma perché aggiungevano
qualcosa alla realtà, qualcosa del loro schema mentale. La vostra infelicità è
provocata da quello che aggiungete. Questa addizione è la causa
dell’infelicità. Come guarire? Staccatevi dal vostro dolore e sarete sani! La
salute non è una cosa, è assenza di malattia.

“Quando l’occhio è libero, vediamo; quando l’orecchio non è otturato,
sentiamo; quando il palato è pulito, assaporiamo. Quando la mente è sgombra
da idee distorte, abbiamo in dono la sapienza e la felicità”. Se
saprete liberarvi
dall’illusione, sarete felici.

Ho visto persone con una pessima salute soffrire dolori lancinanti, eppure
erano felici! Sono felici! Non soffrono, perché soffrire significa
lottare. Soffrire
significa chiedersi: “Quanto tempo deve durare ancora questo?”.

Vi debbo svelare un altro segreto? L’attimo presente non è intollerabile.
Intollerabile è ciò che succederà nelle prossime quattro ore. Avere il proprio
corpo qui alle otto di sera e la mente alle dieci e trenta: ecco la causa dei
problemi. Avere il proprio corpo a Milano e la mente a Napoli: ecco la causa
della sofferenza.

Quindi, legate il cammello, sciocchi. Dio non può essere scomodato per
piccolezze che voi stessi potete fare.

La preghiera è il fuoco! Il fuoco sta per la trasformazione che deriva dalla
presa di coscienza dell’illusione e dall’impegno della persona a staccarsene.
Immaginate di essere seduti in un teatro per ascoltare un concerto.

All’improvviso vi ricordate di aver dimenticato di chiudere la vostra auto.
Cominciate a innervosirvi. Non vi potete alzare per andare a chiudere la vostra
auto, e non potete neppure concentrarvi sulla sinfonia; siete tra
l’incudine e il
martello. Che perfetta istantanea del modo in cui vive la maggior parte degli
uomini!

Lasciatemi completare questa immagine con un racconto giapponese. Un
giovane era inseguito da una tigre. Arrivato al bordo di un precipizio, iniziò a
scivolare, ma riuscì ad aggrapparsi a un ramo che cresceva lungo il pendio del
precipizio. Guardò in alto e vide la tigre che lo osservava: non c’era modo di
risalire. Guardò in basso e vide uno strapiombo di circa duemila metri e al suo
fianco un arbusto con delle bacche mature. Ne prese una, se la portò alla
bocca e ne gustò il sapore! In quell’istante quel giovane imparò a vivere
la vita un momento per volta, che è l’unico modo di vivere. Un’affermazione
simile però suona come un fiat impossibile.

Sapete come vennero scoperte le miniere del Sud Africa? Un giorno, un
viaggiatore, seduto sulla soglia della capanna del capo villaggio,
vide i figli del
capo giocare con delle biglie. Chiese una di queste biglie a un bambino, la
prese, la guardò e quasi gli venne un colpo per la gioia. Era un diamante!
Andò dal capo del villaggio e gli disse: “Anche i miei figli giocano con queste
pietre, ma le chiamano biglie. Ne potrei portare qualcuna a casa mia? In
cambio sono pronto a darti del tabacco”.

Il capo rispose: “Qui ne abbiamo a migliaia, sarebbe un furto accettare il
tuo tabacco, ma accetto qualsiasi cosa tu mi possa dare”.

L’uomo diede il tabacco, andò a casa, vendette i diamanti, tornò, comprò
tutte quelle terre e divenne l’uomo più ricco del mondo. La morale di questo
racconto è che gli abitanti di quel villaggio calpestavano un tesoro e non lo
sapevano. Questa è un’altra immagine della vita. La vita è un banchetto, al
quale la maggior parte degli uomini rinuncia. Non scoprono mai il tesoro.

UNA GRANDE, GRANDISSIMA GIOIA

Se la preghiera fosse praticata e compresa in modo adeguato, renderebbe
così ricchi da capire che le cose non hanno importanza. “La vita è quella cosa
che ci accade mentre siamo occupati a fare altri progetti”. Siamo intenti a far
colpo sugli altri. Siamo indaffarati per vincere le olimpiadi, per
avere successo.
E la vita ci scivola via dalle mani.

In noi c’è qualcosa di prezioso. Una perla preziosa. Un tesoro. Il regno di
Dio è dentro di noi. Se almeno scoprissimo questo! “La grande tragedia della
vita non consiste in quanto soffriamo, ma in quanto perdiamo”. “Gli esseri
umani nascono dormendo, vivono dormendo e muoiono dormendo”. Alle volte
non nascono dormendo, nascono svegli; ma quando sviluppano il cervello,
piombano nel sonno… Hanno figli nel sonno, li educano dormendo, trattano
grandi affari nel sonno, salgono al governo dormendo, muoiono dormendo.
Non si svegliano mai. Spiritualità significa svegliarsi. Voi state vivendo in un
torpore d’ebbrezza. È come se foste ipnotizzati, drogati! E non sapete cosa
state perdendo. Come uscirne? Come svegliarsi? Come sapere se si sta
dormendo?

I mistici, quando vedono ciò che li circonda, scoprono una grande gioia,
che sgorga dal cuore delle cose. Concordi, parlano di questa gioia e
dell’amore che tutto inonda. E possono anche avere dei dolori, che noi
chiamiamo sofferenza, ma in sé hanno una gioia straordinaria, che nulla può
modificare, o sottrarre loro. Come arrivare a questo? Mediante la
comprensione, liberandoci dalle illusioni e dalle idee distorte. Dobbiamo
staccarci da esse, perché è inutile continuare a dire a Dio: “Dammi! Dammi!
Dammi!”. “Va’ a legare il tuo cammello! Dio non può essere importunato con
cose che puoi fare tu!”.

A un uomo, la cui barba stava bruciando, dissero preoccupati: “La tua
barba è in fiamme!”.

Ed egli replicò: “Non vedete che sto pregando perché piova? Sto già
facendo qualcosa!”.

Voi dite: “Signore, fa’ che io veda!” e restate con gli occhi chiusi.
Comprensione, prontezza, disponibilità a vedere. Questa è la preghiera.
Quando parlo di preghiera, non mi riferisco al “Signore! Signore!”, ma al “Fate
quel che vi dico”. Questa è la preghiera di cui vi ho parlato.

Ci sono due tipi di preghiera. C’è il “Signore! Signore!”, e qualcosa di
decisamente migliore: “Fate quel che vi dico”. Alcuni fanno ciò che egli dice,
senza dire mai: “Signore! Signore!”, e addirittura senza aver mai udito parlare
del Signore. Altri sono pieni del “Signore! Signore!” che pregano giorno e
notte, ma rischiano di doversi sentir dire: “Non vi conosco”. “Fate quel che io
dico”. Questo è amore per Dio. Essere trasformati nell’amore: questo è amore
per Dio. Allora saprete chi è Dio. Allora saprete cosa è la realtà.

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