Chi ha finanziato l’ascesa di Adolf Hitler? Capitolo IV del libro “DITTATURE: la storia occulta”

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Chi ha finanziato l’ascesa di Adolf Hitler?

Capitolo IV del libro “DITTATURE: la storia occulta”

Dittatori in Europa: L’ascesa di Aldolf Hitler
Dal libro: “DITTATURE: la storia occulta” D.ssa Antonella Randazzo

La democrazia occidentale nelle sue attuali caratteristiche, è una forma diluita di nazismo o
fascismo. Al più è un paravento per mascherare le tendenze naziste e fasciste dell’imperialismo.
Perché oggi vi è la guerra, se non per la brama della spartizione delle spoglie del mondo?
Mohandas Gandhi

I governi europei, mossi dall’avidità e dal desiderio di potere, hanno commesso parecchi crimini e
genocidi. Hanno massacrato senza pietà milioni di nativi americani, di africani, di asiatici e di
australiani. Ad esempio, gli Herero della Namibia vennero avvelenati o impiccati dalle autorità
della Germania imperiale, che li considerava “bestie”. Gli inglesi fecero lo stesso con molte
popolazioni africane ed asiatiche, non esitando a torturare, a violentare e ad umiliare gli
indigeni. I campi di concentramento, con tutte le loro mostruosità, nacquero alla fine del XIX
secolo, e si moltiplicarono segretamente durante tutte le guerre.

I crimini commessi da Hitler avevano tratto ispirazione da progetti criminali già realizzati da
inglesi e americani. Per molti anni ci hanno fatto credere che il nazismo fosse dovuto a ragioni
storiche non prevedibili, e che le responsabilità dei crimini nazisti e della guerra fossero
esclusivamente sulle spalle di Hitler e dei gerarchi nazisti. Oggi è possibile provare che l’ascesa
al potere di Hitler e la successiva preparazione alla guerra furono organizzate e finanziate
dall’élite economico-finanziaria britannica e americana.
Nel giro di pochi anni, meno di venti anni, la Germania , uscita da una terribile sconfitta e con un
debito di guerra colossale, diventò uno dei più ricchi e forti paesi europei. Dall’ascesa di Hitler,
in soli sette anni, la Germania diventò in grado di sfidare militarmente una grande potenza mondiale
come la Gran Bretagna. Senza aiuti da parte della grande finanza e delle grandi Corporation questo
non sarebbe certamente stato possibile. L’aiuto della grande finanza americana giunse anche per
evitare che in Germania si affermasse un governo social-comunista.

I partiti social-comunisti tedeschi erano fra i più forti in Europa, e la classe operaia tedesca era
assai determinata. I sindacati avevano centinaia di migliaia di iscritti. Gli operai tedeschi
avevano una chiara coscienza dei loro diritti, e sapevano come poterli difendere. Ad esempio, nel
1922, gli operai delle officine Krupp, rifiutarono l’offerta di acquistare delle azioni, e
motivarono la loro scelta dicendo: “L’introduzione di queste azioni non può che nuocere agli
operai… lo spirito di solidarietà, che solo può assicurare l’avvenire delle classi lavoratrici,
sarebbe considerevolmente indebolito dal fatto che alcuni operai si trovino ad avere gli stessi
interessi dei padroni.”[1]

Negli anni Trenta, il partito comunista e la socialdemocrazia erano la forza più potente della
Germania. Alle elezioni del 1930, il partito di Hitler ebbe sei milioni e mezzo di voti, mentre il
partito comunista ottenne 4 milioni e mezzo di voti e la socialdemocrazia 8 milioni e mezzo. I due
partiti (socialdemocrazia e partito comunista) se messi insieme avrebbero potuto facilmente
sconfiggere il nazismo. Ciò nonostante, nel 1933, Hitler giunse al potere, e si vantò di averlo
fatto “senza rompere un vetro”. Ciò accadde perché gli stalinisti tedeschi preferirono allearsi
segretamente con i nazisti, per far cadere il governo socialdemocratico. Uno dei comunisti tedeschi,
Jan Valtin, raccontò:

“Fu un’alleanza bizzarra, mai proclamata ufficialmente, né riconosciuta dalla burocrazia rossa né da
quella marrone, ma comunque un fatto orribile. Molti dei militanti di base del partito resistettero
ostinatamente; troppo disciplinati per denunciare apertamente il comitato centrale, essi
intrapresero una silenziosa campagna di resistenza passiva, se non di sabotaggio. Tuttavia gli
elementi comunisti più attivi e fedeli, io fra loro, andarono oltre con energia per trasformare
quest’ultimo Parteibefehl [ordine del partito] in azione. Si concordarono tregue temporanee e unione
delle forze da parte dei seguaci di Stalin e di Hitler allorquando scorgevano l’occasione di fare
irruzione e interrompere assemblee e manifestazioni del fronte democratico. Durante il solo 1931,
partecipai a decine di queste imprese terroristiche d’intesa con i più feroci elementi nazisti. Io e
i miei compagni seguivamo semplicemente gli ordini del partito. Descrivo di seguito alcune di queste
imprese per qualificare questa alleanza Dimitrov-Hitler e per illustrare ciò che stava accadendo per
tutta la Germania in quel periodo.

Nella primavera del 1931, il sindacato socialista dei trasporti aveva indetto un’assemblea dei
delegati navali e portuali di tutti i principali porti della Germania occidentale. Il congresso si
svolse nella Camera del Lavoro di Brema. Era aperto al pubblico e i lavoratori furono invitati ad
ascoltarne lo svolgimento. Il partito comunista mandò un messaggero alla sede del partito nazista,
con la proposta di sabotare insieme la conferenza sindacale. Gli uomini di Hitler acconsentirono,
come facevano sempre in quei casi. Quando si aprì il congresso, le gallerie erano piene di due o
trecento comunisti e nazisti. Io ero responsabile dell’operazione per il partito comunista e un
turbolento capo squadrista, di nome Walter Tidow, per i nazisti. In meno di due minuti, ci eravamo
accordati per il piano di azione. Appena la conferenza dei socialdemocratici fu ben avviata, mi
alzai e lanciai uno sproloquio dalla galleria. Dall’altra parte della sala Tidow fece la stessa
cosa. I delegati sindacali rimasero all’inizio senza parole. Poi il relatore diede ordine di
cacciare i due facinorosi, io e Tidow, dal palazzo. Ci sedemmo tranquilli, guardando con derisione
le squadre di grossi sindacalisti avanzare verso di noi con l’intenzione di cacciarci fuori. Ci
rifiutammo di spostarci. Appena il primo delegato sindacale ci toccò, i nostri seguaci si alzarono e
scoppiò un pandemonio. I mobili vennero distrutti, i partecipanti picchiati, la sala trasformata in
un mattatoio. Raggiungemmo la strada e ci sparpagliammo prima che arrivassero le ambulanze e i
Rollkommandos della polizia. Il giorno dopo, sia la stampa nazista che quella del nostro partito
raccontarono in prima pagina di come i lavoratori ‘socialisti’, esasperati dalle ‘macchinazioni’ dei
propri leader corrotti, avevano dato loro una bella “strigliata proletaria.[2]

Grazie a queste strategie, gli operai tedeschi si trovarono soggetti al potere nazista. Salito al
potere, Hitler distrusse tutte le organizzazioni operaie. Coloro che avevano difeso gli ideali
comunisti e socialdemocratici finirono nei campi di concentramento. Gli stalinisti avevano visto
nella socialdemocrazia un pericolo maggiore del nazismo, e avevano rinunciato a difendere gli
interessi degli operai in nome di un presunto pericolo che si instaurasse la “democrazia borghese”.
Fu così che nel gennaio del 1933 Hitler poté impadronirsi del potere in un paese che aveva il
partito comunista più forte in Europa dopo quello russo. Stalin e i suoi compari avevano tradito
anche gli operai tedeschi.

Chi era davvero Hitler e perché proprio lui è stato messo al potere?
La “missione” di Hitler inizia nel 1919, quando venne incaricato dall’esercito di controllare e
spiare l’operato dei socialisti e dei comunisti. L’incarico gli venne dato grazie alla
raccomandazione di un suo vecchio amico, Ernst Ròhm, un soldato di ventura che godeva della simpatia
degli ufficiali grazie alla sua abilità di arruolare giovani tedeschi nelle S.A. Egli venne assunto
nel reparto detto “di chiarimento”, che aveva l’incarico di controllare l’attività dei gruppi
politici radicali, in particolare comunisti e socialisti. In questa sua “attività” incontrò Anton
Drexler che lo inviterà ad unirsi al Partito dei lavoratori tedeschi, che, nonostante la
denominazione, era un gruppo che si opponeva e cercava di contrastare il potere delle classi
inferiori. La sua ambizione lo spingerà ad aderire. Successivamente scriverà:

“Io non avevo l’intenzione di iscrivermi a un partito già costituito, desiderando fondarne uno per
conto mio… Io ero povero, senza mezzi. E se ciò era forse la cosa più lieve da sopportare, più
grave però era il fatto che appartenevo al gregge degli anonimi, a quei milioni di individui che il
destino lascia vivere e poi richiama dalla vita, senza che la loro esistenza sia comunque presa in
considerazione da qualcuno. S’aggiunga a ciò la difficoltà che nasceva dalla mia mancanza di
istruzione scolastica. Dopo due giorni di tormentosi pensieri, giunsi finalmente alla convinzione
che quel passo era necessario. Fu questa la decisione più importante della mia vita. Da quel
momento, io non potevo più tornare indietro”.[3]

Hitler mostrerà eccellenti capacità organizzative e di propaganda. Il suo primo discorso in pubblico
lo esaltò: “Parlai per trenta minuti. E ciò che prima era una semplice convinzione mai controllata,
divenne ora una realtà: sapevo parlare in pubblico!”[4] Da allora le sue energie saranno utilizzate
per accrescere questa abilità.
Secondo Dietrich Eckart,[5] Adolf Hitler era l’uomo giusto per imporre alla Germania il potere
dell’élite ricca, che avrebbe dominato occultamente:

“Abbiamo bisogno di un camerata che ci sia Capo… un camerata che sappia sopportare il crepitio
della mitragliatrice. La plebaglia ha bisogno di sentire la paura, tanto da farsela sotto. Non
possiamo servirci di un ufficiale, perché il popolo non rispetta più gli ufficiali. La migliore
soluzione sarebbe un operaio che sappia parlare… A costui non occorrerebbe molto cervello… E
dovrebbe essere scapolo, così potremmo avere dalla nostra le donne”.[6]

Secondo lo storico Emil Ludwig Fackenheim, Hitler era semplicemente un attore:

“Non credo che conoscesse la differenza fra recitare e credere… prima dei comizi, Hitler si
atteggiava di fronte allo specchio. Era un uomo che veniva considerato un signor nessuno quando
nella vita privata si trovava in compagnia di persone qualsiasi, soprattutto donne. Diventava un dio
davanti alle masse. L’Hitler pubblico, era una creazione a cui collaboravano insieme l’attore e
l’uditorio… Ovviamente è sconvolgente pensare che sei milioni di ebrei siano stati assassinati a
causa di un attore”.[7]

Si trattava semplicemente di recitare la parte del personaggio capace di incantare le masse per
soggiogarle. Hitler era caratterizzato da un’enorme ambizione, che si era alimentata nel tempo a
causa delle frustrazioni che aveva subito nelle attività in cui si era cimentato.
Anche l’antisemitismo era per Hitler un modo per attrarre consensi. In seguito alla pubblicazione
del libro di Henry Ford The international Jew (L’ebreo internazionale, 1921), l’antisemitismo aveva
fatto presa su molti tedeschi. Il libro venne stampato in mezzo milione di copie e tradotto in
sedici lingue. Nella pubblicazione, Ford sosteneva che “il potere del parassita ebreo è
costantemente aumentato. Il pericolo ebraico, che oggi si chiama sionismo, minaccia non solo una
nazione, ma tutta l’umanità”.

Il libro fu la bibbia di tutti gli antisemiti, compreso Hitler. L’antisemitismo era molto radicato
nella cultura europea e americana. Ad esempio, il presidente George Washington aveva messo in
guardia più volte sul “pericolo ebraico”: “Essi [gli ebrei] lavorano più efficacemente contro di noi
delle armate nemiche. Essi sono cento volte più pericolosi per le nostre libertà e per la grande
causa in cui siamo impegnati … Ciò di cui dobbiamo biasimarci più di tutto è che ogni stato, già
da tempo, non li ha messi alle strette in quanto flagelli della società e più grandi nemici che
abbiamo per la felicità dell’America”.[8]

Sempre più intellettuali, giornalisti e persone comuni europee e americane, in seguito a massicce
campagne denigratorie, furono propensi a vedere negli ebrei un “pericolo” per il mondo. Gli ebrei
venivano descritti dalla propaganda antisemita come avidi, crudeli, e capaci di ordire complotti
segreti. Iniziarono a circolare vignette che li rappresentavano come mostri orrendi e ributtanti.
Hitler non aveva creato l’antisemitismo, ma lo aveva ripreso dai personaggi che egli ammirava, per
riproporlo in modo vigoroso. Egli considerava Ford come una grande persona, e teneva una sua foto
nel suo studio.
Secondo alcuni studiosi, Hitler fu mentalmente fuorviato anche nelle rischiose operazioni belliche
che intraprese. Come raccontò Joachin Von Ribbentrop a Norimberga, Hitler e i gerarchi nazisti (lui
compreso) erano convinti che l’accordo con l’Urss (Molotov-Ribbentrop) avrebbe permesso alla
Germania di espandersi senza rischiare alcuna guerra con la Francia e l’Inghilterra. Quando invece
la guerra scoppiò, Hitler esclamò “e adesso?”.

L’élite ricca inglese e americana aveva aiutato Hitler a salire al potere e ad armarsi. I piani
economici e finanziari della Germania nazista non erano sotto la supervisione di Hitler, ma
quest’ultimo riceveva ordini dai proprietari delle banche e delle grandi imprese presenti in
Germania.
Peter Calvocoressi, Procuratore a Norimberga, affermò: “Gli industriali erano il motore dello Stato
tedesco. Il vero asse portante della Germania non erano le forze armate, o almeno non solo loro,
bensì la potenza industriale e finanziaria. Senza di essa non ci sarebbe stato nessun esercito”.
Il compito di Hitler era, per così dire, “tecnico” e di apparenza. Cioè doveva convincere il popolo
che il nazismo sarebbe stato provvidenziale per la Germania , e che soltanto un regime così “forte”
avrebbe potuto far uscire il Paese dalla miseria, che si era aggravata in seguito al crollo
finanziario del 1929. Il gerarca Joachin Von Ribbentrop dirà a Norimberga:

“La nostra intenzione era quella di salvaguardare le più elementari condizioni per la nostra
sussistenza. Esattamente come l’Inghilterra aveva difeso i suoi interessi e assoggettato un quinto
della superficie mondiale. Per non parlare degli Usa, che avevano sottomesso un intero continente, e
della Russia, che aveva posto sotto la propria egemonia la più grande massa continentale esistente
sulla terra.La povertà e la disoccupazione furono i cavalli di battaglia della propaganda nazista, e
permisero a Hitler di proporre un progetto di ampia statalizzazione, analogo a quello realizzato in
Italia e nell’Urss”.[9]

L’abilità oratoria permetterà a Hitler di convincere la maggior parte della popolazione, che si
affidò a lui per la disperazione. Egli venne scelto soprattutto per le sue capacità di catturare e
convincere le masse. Così lo descriveva il luogotenente nazista Martin Bormann:

“Hitler è capace di tenere alla sua mercé coloro che comprendono il tedesco. Questa voce, talvolta
dolce, profonda, calda, diventa a suo piacimento rauca, veemente fino all’urlo, all’isteria
selvaggia, e imprecatoria. Non ha bisogno di lezioni neanche per conoscere il potere della sua voce
e della sua parola… questa predicazione che infiamma le folle come una torcia … è la voce degli
uomini eccezionali di cui Dio ha fatto, nei suoi segreti disegni, dei medium, dei guru, incaricati
di cambiare la storia degli uomini”.[10]

Anche il crollo di Wall Street del 1929, doveva contribuire all’ascesa di Hitler. La grande finanza
americana aveva il potere di condizionare la borsa e di creare una crisi che mettesse in pericolo
gli equilibri europei. Dopo la Prima guerra mondiale, i banchieri di Wall Street alimentarono una
grande fiducia nel mercato e indussero molti alla speculazione. Improvvisamente ritirarono i
crediti, generando insicurezza e panico. Gli investitori furono trascinati nell’impeto delle
svendite disperate, e le azioni crollarono oltre il valore reale delle imprese.
Emile Moreau, governatore della banca di Francia, scriveva nel suo diario l’8 febbraio del 1928: “Le
banche avevano ritirato improvvisamente dal mercato diciottomila milioni di dollari, cancellando le
aperture di credito e chiedendone la restituzione”.[11] Nel giugno del 1929, a causa di queste
politiche bancarie, l’economia si bloccò, e ciò non poteva non riguardare anche il mercato
borsistico. Prima o poi sarebbe scoppiata una grave crisi, proprio come accadde il 29 ottobre del
1929.

Con il sopraggiungere della povertà e della disoccupazione, i consumi calarono, così come le
produzioni. Molte industrie e piccole banche fallirono, ma i milioni di dollari “bruciati” non erano
certo spariti: stavano nelle casse delle grandi banche che avevano indotto la crisi. E proprio
queste banche avrebbero rilevato le imprese e le banche fallite.
I grandi finanzieri di Wall Street avevano così ottenuto molteplici risultati. Si erano appropriati
di parecchi beni: case, fabbriche, piccole banche ecc.., mentre ovunque aumentò la disoccupazione.
In Germania la crisi fu talmente grave da accrescere oltremodo le adesioni al nazismo.

Nella campagna elettorale del 1932, Hitler puntò alla lotta contro la disoccupazione e alla
partecipazione statale nell’economia. Con questi temi riuscì ad ingannare le masse di lavoratori
disperati. Il partito nazista diventò il primo partito della Germania, e nel gennaio del 1933 Hitler
diventò cancelliere. Hindenburg aveva subito forti pressioni, che lo avevano indotto ad affidare il
governo a Hitler. Era l’élite tedesca (i Krupp, i Siemens, i Thyssen ecc.), sostenuta da quella
anglo-americana, a desiderare che il nazismo prendesse il potere.

Le banche e le imprese americane si sarebbero dichiarate “neutrali”, e avrebbero ricavato parecchi
vantaggi dalla sanguinosa guerra, che avrebbe indebolito gli imperi europei e rafforzato l’impero
americano. Molte imprese americane, durante la guerra, schiavizzarono i prigionieri, costringendoli
a “morire di lavoro”. I sopravvissuti raccontarono cose agghiaccianti. Ad esempio, Alexander Samila,
un ucraino imprigionato alla fine del ’43, raccontò: “Si scavava, si martellava, si brillavano mine
ininterrottamente. Le luci non erano mai spente nei tunnel. Per ogni anche piccola mancanza i
detenuti erano bastonati brutalmente. Tentavamo di dormire all’interno delle gallerie, ma non ci
riuscivamo perché c’era sempre qualcuno che urlava. Ogni punizione consisteva in 25 colpi inferti
con un manganello di gomma. A me, per fortuna, è toccato in tutto solo sette volte”. Ewald Hanstein,
sopravvissuto a tre campi di concentramento, fra i quali Auschwitz, disse: “Ma per me Dora è stato
il peggiore dei lager. Uccidevano la gente col lavoro. Chi non ce la faceva più a lavorare, finiva
nel crematorio. Ci tormentavano finché crollavamo. Per esempio: c’era pochissima acqua. Qualche
volta ci davano aringhe salate da mangiare e noi avevamo una sete terribile. C’era una sola
fontanella per tutti i detenuti, e per lo più non ci si riusciva neppure ad avvicinare. Chi ce la
faceva, beveva troppo e gli veniva la dissenteria”.[12]

La Ford , anche dopo l’entrata in guerra degli Usa, continuò a produrre materiale bellico, che
sarebbe stato utilizzato contro gli americani. Gli americani, durante la guerra, non bombardarono
mai le fabbriche americane in Germania. Le industrie Ford si valsero ampiamente di manodopera coatta
dei prigionieri nei lager. Uno dei tanti lavoratori forzati, Johannes Van Weeszenberg, raccontò:

“Noi dicevamo ‘è tutta una barzelletta’, qui si producono gli autocarri con cui vengono colpiti gli
americani, proprio così, eppure non ci bombardano mai. Del resto, si capisce, gli americani non sono
mica tanto scemi da distruggere le loro stesse fabbriche”.[13]

L’Ibm offrì a Hitler assistenza tecnica per i lavori forzati e per i programmi di sterminio. Grazie
alle tabulatrici di Hollerith, che erano le antenate dei calcolatori, venne immagazzinata una
quantità enorme di dati. Un lavoratore anonimo scrisse in una lettera: “L’Ibm è un mostro
internazionale…come i nazisti”.[14] Il giornalista investigativo Edwin Black, nel libro L’Ibm e
l’olocausto, documenta la stretta collaborazione fra la grande Corporation americana e la Germania
di Hitler. Black riesce a provare che l’allora presidente dell’International Business Machines,
Thomas Watson, collaborò col governo nazista fin dall’inizio. Egli aiutò i nazisti nell’opera di
classificazione degli ebrei per finalità razziste. La filiale tedesca dell’Ibm prese il nome tedesco
di Dehomag (Deutsche Hollerith Maschinen Gesellschaft), per poter operare anche durante la guerra.
Watson, nel 1933, fornirà la tecnologia necessaria per il primo censimento del nazismo, a cui ne
seguiranno altri più perfezionati, anche negli anni di guerra.

L’intera popolazione sarà schedata, in modo da poter identificare gli ebrei e differenziare anche
altre categorie, ad esempio, i soggetti che avevano sposato ebrei, gli ebrei che avevano combattuto
durante la Prima guerra mondiale, la percentuale di sangue ebraico, ecc. La tecnologia dell’Ibm
permetterà una maggiore efficienza dell’industria bellica, e una migliore organizzazione dei
trasporti. Black sostiene che l’aiuto della Ibm fu fondamentale per realizzare l’olocausto degli
ebrei e per ottenere i migliori risultati nello sterminio dei soggetti ritenuti indegni di vivere
(zingari, disabili, mendicanti, ecc.). Watson era talmente vicino ai nazisti che, nel 1936,
ricevette la “Croce al merito dell’aquila tedesca”, la più alta onorificenza nazista che si poteva
offrire ad uno straniero.

Dopo lo scoppio della guerra, la Dehomag aprì nuove filiali nei territori conquistati (Austria,
Polonia, Cecoslovacchia ecc.), per attuare nuovi censimenti. Addirittura, l’Ibm, con rapidità ed
efficienza, istituì nuove filiali nei territori che verranno occupati in seguito, anticipando le
mosse della Wehrmacht. In tal modo i governi nazisti locali potevano da subito smascherare gli ebrei
e deportarli. Questa realtà agghiacciante è stata inoppugnabilmente provata da Black.
Alla fine della guerra, l’Ibm potrà festeggiare una doppia vittoria: oltre agli enormi profitti
maturati prima e durante la guerra, sarà considerata dagli Alleati una vittima dell’esproprio
nazista, e potrà recuperare tutte le proprie macchine. Secondo Black il movente principale della Ibm
era il profitto:

“La sede di New York era pienamente a conoscenza di quanto stava accadendo nel Terzo Reich… che i
macchinari erano abitualmente utilizzati nei campi di concentramento, e sapevano anche dello
sterminio degli ebrei… non ebbe mai nulla a che vedere con il nazismo… ma solo e sempre con il
profitto”.[15]

Altre ricerche provano che americani e inglesi parteciparono attivamente all’uccisione di ebrei e di
altri prigionieri nei lager. Richard Breitman,[16] docente di storia all’American University di
Washington, ha analizzato i documenti di guerra resi pubblici nel 1996 dalla National Security
Agency statunitense, che li aveva ottenuti da Londra nel 1984. Sulla base di questi documenti,
Breitman sostiene che il governo della Gran Bretagna e quello degli Stati Uniti erano perfettamente
al corrente di ciò che stava accadendo in Polonia e in altri luoghi. Dal 1941, erano state
intercettate e decriptate parecchie notizie sui massacri di decine di migliaia di ebrei in Polonia,
Lituania, Ucraina. Churchill venne a conoscenza di queste informazioni, che rimasero all’interno del
SIS. Fino al 1942, sia gli inglesi che gli americani non denunceranno alcuna atrocità contro
minoranze e contro il popolo ebraico, ma parleranno in modo generico di atrocità e violenze sulle
popolazioni dei territori occupati. All’inizio del 1943, la Bbc iniziò a parlare di “soluzione
finale” progettata dai nazisti contro gli ebrei. Cominciarono a circolare descrizioni dei ghetti e
dei campi di sterminio, e storie di fucilazioni di massa.

Se si uniscono le ricerche di Breitman a quelle di Black, si comprende come gli anglo-americani non
si siano limitati a non contrastare direttamente i crimini nazisti contro le minoranze e gli ebrei,
ma abbiano collaborato attivamente con le autorità naziste ad attuare crimini. Tutte le grandi
Corporation che operarono in Germania si macchiarono di orrendi crimini. Ad esempio, la famiglia
Bush accrebbe notevolmente la propria ricchezza grazie a Hitler e ai suoi lager. Prescott Bush,
nonno di George Bush junior, installò una fabbrica a Oswiecim (vicino ai campi di Auschwitz), dove
lavorarono, ridotti in schiavitù, i prigionieri di Auschwitz. Prescott fece grandi affari col regime
nazista. Anche dopo l’entrata in guerra degli Usa, nonostante fosse illegale, continuò a produrre
per la Germania , creando imprese internazionali e società per il riciclaggio del denaro sporco,
come la Consolidated Silesian Steel Company e l’Overby Development Company. Nel 2001, dagli archivi
olandesi, sono emersi documenti che hanno portato alla luce i traffici di Prescott Bush.[17] C’era
una rete di riciclaggio del denaro sporco, che aveva l’appoggio del finanziere Fritz Thyssen,
proprietario di banche in Olanda, in Germania e negli Usa. Il denaro veniva trasferito dalla
Germania (all’August Thyssen Bank di Berlino), per l’Olanda (tramite Bank voor Handel che si trovava
nei Paesi Bassi) e giungeva negli Usa, presso l’Union Banking Corporation di New York.

Nel 1922, il magnate delle ferrovie Averell W. Harriman incontrò a Berlino la famiglia dei banchieri
tedeschi Thyssen, per proporre la fondazione di una banca germano-statunitense. L’idea si
concretizzò nel 1924, con la nascita della Union Banking Corporation (Ubc). La presidenza venne
assunta da George Herbert Walker, suocero di Prescott Bush. La Ubc riceveva dai Paesi Bassi i soldi
ricavati dalle attività a sostegno del potere nazista e dalla guerra, e li rinviava alla Brown
Brothers Harriman. Il capitale nazista arrivava quindi negli Usa tramite l’Olanda. Prescott Bush,
nel 1926, fu presidente e azionista della Ubc, ed era socio della Brown Brothers Harriman, che
ebbero entrambe un ruolo importante nel finanziare l’ascesa di Hitler. Thyssen, nel 1931, era
diventato uno degli uomini più potenti del nazismo. Nel 1926 il finanziere americano Clarence
Dillon, uno degli uomini più importanti di Wall Street, si associò con Fritz Thyssen, dando vita a
un consorzio nel settore dell’industria dell’acciaio, la German Steel Trust. Il consorzio si
sviluppò a tal punto da diventare una fonte di ricchezza necessaria allo sviluppo della Germania
nazista. Il gruppo Thyssen (Thyssen-Bornemisza Group, Tbg) è a tutt’oggi il maggiore conglomerato
industriale della Germania, è talmente ricco che ha assorbito molte altre società, ad esempio quella
della famiglia Krupp. Oggi sappiamo come i Thyssen abbiano potuto diventare così ricchi.

Prescott fu molto vicino al banchiere Fritz Thyssen e al magnate dell’acciaio Clarence Dillon.
Spiega l’economista americano Victor Thorn:

“ La Ubc divenne la via segreta per la protezione del capitale nazista che usciva dalla Germania
verso gli USA, passando per i Paesi Bassi. Quando i nazisti avevano bisogno di rinnovare le loro
provviste, la Brown Brothers Harriman rimandava i loro fondi direttamente in Germania… Una parte
importante dei fondamenti finanziari della famiglia Bush fu costituita tramite il loro aiuto ad
Adolf Hitler. L’attuale presidente degli Stati Uniti, così come suo padre (ex-direttore della
Cia…), raggiunse il vertice della gerarchia politica statunitense poiché suo nonno, suo padre e la
sua famiglia politica aiutarono e incoraggiarono i nazisti”.[18]

Webster Tarpley e Anton Chaitkin, autori di George Bush: Biografia non autorizzata, sostengono che
“sono stati i banchieri di Wall Street (fra gli altri) i finanziatori occulti di quella folgorante
ascesa al potere. La famiglia del nostro attuale presidente faceva parte di coloro che finanziarono
la macchina bellica nazista, ricavandone enormi guadagni… Una parte importante delle origini
finanziarie della famiglia Bush si è costituita grazie al suo appoggio ed il suo aiuto ad Adolf
Hitler.”[19] Tarpley e Chaitkin scrivono che “la grande crisi finanziaria del 1929 -1931 scosse l’America, la
Germania e la Gran Bretagna rendendo deboli i loro rispettivi governi. Inoltre rese più diligente
Prescott Bush, più desideroso di fare quanto necessario per preservare il suo privilegiato posto nel
mondo. Durante quella crisi alcuni anglo – nordamericani danarosi sostennero l’instaurazione del
regime di Hitler nella Germania”.[20]

Nel 1979, il barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza (nipote di Fritz Thyssen) scrisse un opuscolo
dal titolo “La storia della famiglia Thyssen e loro attività”, in cui ammise il ruolo importante
svolto dalla sua famiglia nel rafforzare il potere nazista:

“Così, all’inizio della II G.M. la Banca voor Handel en Scheepvaart – una ditta olandese il cui
unico azionista era un cittadino ungherese – era diventata la holding delle società di mio padre.
Prima del 1929 egli deteneva le quote della Banca August Thyssen, ed anche sussidiarie americane e
la Union Banking Corporation di New York. Le azioni di tutte le affiliate [nel 1945] erano nella
Banca August Thyssen nel settore orientale di Berlino, da dove riuscii a farle trasferire in
occidente all’ultimo momento…Dopo la guerra il governo olandese ordinò un’indagine sulla
situazione legale della società holding e, in attesa del risultato, nominai un olandese ex direttore
generale di mio padre che si era rivoltato contro la nostra famiglia. In quello stesso anno, il
1947, ritornai in Germania per la prima volta dopo la guerra, travestito da autista olandese in
uniforme militare, per stabilire i contatti con i nostri dirigenti tedeschi… La situazione del
gruppo cominciò gradualmente ad essere risolta ma non fu prima del 1955 che le società tedesche
vennero liberate dal controllo alleato ed in seguito rilasciate. Fortunatamente le società del
gruppo soffrirono poco dallo smembramento. Infine, fummo nella posizione di concentrarci su problemi
puramente economici – la ricostruzione ed ampliamento delle società e l’espansione
dell’organizzazione…

Il dipartimento creditizio della Banca voor Handel en Scheepvaart, che funzionava anche come società
holding del gruppo, si fuse nel 1970 con la Nederlandse Credietbank N.V. che aumentò il suo
capitale. Il gruppo ricevette il 25%. La Chase Manhattan Bank detiene il 31%. Per la nuova società
holding venne scelto il nome di Thyssen-Bornemisza Group.[21]

Molte altre società e banche americane finanziarono Hitler, come la Chase Bank dei Rockefeller. Alla
Deutsche Bank (controllata dai Rockefeller), dal 1940 al 1945, fu direttore Hermann Joseph Abs, un
fervente sostenitore del nazismo. Abs fece parte dell’amministrazione di industrie che basavano i
loro profitti sulla guerra e sul lavoro forzato dei prigionieri nel campo di sterminio di
Auschwitz.[22] Fino agli anni Cinquanta, fu responsabile della filiale svizzera della Deutsche Bank,
Alfred Kurzmeyer, detto anche “Banchiere dell’Olocausto”. Grazie a lui la Deutsche Bank prevalse. I
suoi pochi scrupoli avevano permesso alla DB di incassare denaro e oro di dubbia provenienza, che
dopo molti anni si scoprirà essere appartenuti alle vittime del nazismo morte nei campi di
sterminio. Si trattava di almeno 300 chili di oro, che comprendevano anche i denti d’oro estratti ai
prigionieri. La stessa banca aveva finanziato la costruzione del campo di Auschwitz e lo
stabilimento BUNA, dove si produceva gomma per pneumatici, e dove, successivamente, si iniziò ad
arricchire l’uranio per la bomba atomica.[23] Anche il progetto nazista di sterminio ebbe sostegno
da parte dell’élite finanziaria americana.

Durante il periodo nazista, le grandi famiglie di banchieri, i Rockefeller[24], i Warburg e gli
Harriman, sostennero finanziariamente le ricerche eugenetiche. Gli istituti, diretti dallo
psichiatra fascista Ernst Rudin, sostennero l’idea che alcune persone erano geneticamente “nocive”
perché inferiori oppure portatrici di “tare ereditarie”, e per questo andavano sterilizzate oppure
uccise. Rudin diventò capo della Società di Igiene Razziale e poté creare uno staff per stilare
leggi a protezione della razza. Nel 1933 creò una legge sulla sterilizzazione dei soggetti
“inferiori”. La legge venne considerata importante e pubblicata con la firma di Hitler sulla rivista
americana “Eugenical News”, del settembre 1933. Il centro degli studi eugenetici era a New York. Nel
1932, si tenne a New York il Congresso Internazionale di eugenetica, in cui si affrontò il problema
su come “eliminare le stirpi peggiori”, cioè i neri, i gialli e gli ebrei.

La legge elaborata da Rudin nella Germania nazista traeva ispirazione dalle precedenti leggi
americane, e si reggeva sull’idea centrale che alcuni gruppi genetici fossero da sterminare. Si
trattava di attuare genocidi, con l’idea di dover “purificare la razza”.

Anche James Forrestal, un miliardario che apparteneva al mondo degli affari di Wall Street, ebbe
stretti rapporti con la Germania di Hitler. Egli fu, dal 1938, presidente della banca di
investimenti Dillon and Read, che aveva finanziato generosamente l’ascesa di Hitler al potere. Nel
periodo 1925-1930, la Dillon and Read aveva finanziato con decine di milioni di dollari le
acciaierie August Thyssen, la Rhein-Elbe Union , la Vereinigte Stahlwerke , la Ruhr-Gas , la Siemens
, la Gelsenkirchener Bergwerks e la Ruhrchemie. Insieme ad altri istituti di credito, la Dillon and
Read aveva rimesso in piedi le finanze tedesche. Prima della guerra, la finanza americana aveva
investito miliardi in Germania. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, James Forrestal diventò
presidente della filiale americana del colosso chimico tedesco I. G. Farben (Interessengemeinscheft
Farbenindustrie), la General Aniline and Film Corporation. La General Aniline riforniva la Germania
di prodotti chimici essenziali per proseguire la guerra, facendoli partire dall’America del Sud.
Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, Forrestal ebbe il ministero della Marina. Egli, in
accordo col presidente Roosevelt e insieme al Council on Foreign Relations, aveva preparato il piano
per l’egemonia mondiale degli Usa. Molti storici ritengono che Forrestal ebbe un ruolo di primo
piano nell’istituire rapporti economici con l’industria tedesca, come parte di un piano molto più
vasto, da realizzare con una grande guerra.

Nel 1947, Forrestal assunse il Ministero della Difesa, e chiamò nel Ministero Howard Peterson, che
era stato l’avvocato della I.G. Farben negli Stati Uniti fino all’inizio del conflitto, e William
Draper, vice presidente della banca Dillon and Read. Draper pianificò la politica economica degli
Stati Uniti nella Germania occupata, curandosi di ripristinare le vecchie strutture. Peterson ebbe
l’incarico di designare i magistrati americani nel processo di Norimberga, destinati a giudicare gli
industriali tedeschi che avevano appoggiato Hitler.[25] Prima della guerra, il nazismo era considerato dagli anglo-americani come un sistema politico
“moderato”, che garantiva la repressione dei lavoratori. Nel 1937, il Dipartimento di Stato
americano scriveva: “(il fascismo europeo) Deve vincere, altrimenti le masse, alle quali questa
volta si aggiungeranno le classi medie deluse, si rivolgeranno di nuovo alla sinistra”.[26]

Nel 1938, Roosevelt approvò gli accordi di Monaco che dividevano la Cecoslovacchia. Il suo
confidente Sumner Welles disse che “(gli accordi) offrono alle nazioni l’opportunità di instaurare
un nuovo ordine mondiale basato sulla giustizia e sulla legalità”.[27]
La Gran Bretagna ebbe con la Germania nazista rapporti commerciali, industriali e finanziari molto
stretti, fino al 1939.
La finanza inglese, come quella americana, metteva al di sopra di tutto, anche della sicurezza
nazionale ed europea, le speculazioni. A partire dal 1920, i grandi e potenti gruppi economici, come
la Banca J. P. Morgan & Co., sovvenzionarono l’economia e la politica tedesca. Montagu Norman,
governatore della Banca d’Inghilterra, e George L. Harrison, capo della Federal Reserve, iniziarono
un serrato controllo dell’economia di molti paesi europei, col pretesto di dover “stabilizzare le
politiche nazionali”.[28]

L’élite finanziaria sosteneva e rafforzava i governi compiacenti, poco importava che fossero
tirannici e sanguinari. L’obiettivo più ambito era il controllo della Germania, che si trovava in
una situazione di estrema debolezza a causa delle condizioni imposte a Versailles. Era stato imposto
il pagamento di 12 miliardi di dollari per le riparazioni di guerra, e severe restrizioni
economiche, che impedivano la ricostruzione della Repubblica di Weimar.

Dopo la Prima guerra mondiale, la Germania , sconfitta e sull’orlo del collasso, si rivolse alle
banche americane. Wall Street si attivò preparando due piani per rimetterla in piedi. I due piani
vennero chiamati “piano Dawes” (1924) e “piano Young” (1928), e furono messi a punto da comitati di
esperti americani, come Charles Dawes e Owen Young della General Eletric, Thomas W. Lamont
rappresentante della J. P. Morgan e T. N. Perkins banchiere legato ai Morgan. Secondo lo studioso
Antony Sutton si trattò di un aiuto fortemente interessato da parte degli Usa: “Nient’altro che la
creazione di un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private capace di dominare il
sistema politico di ogni paese e l’economia globale del mondo”.[29] Vennero attivati gli stessi
istituti di credito che avevano finanziato la rivoluzione russa. L’American International
Corporation (cioè la Fed ) e il Fondo di garanzia Morgan si occuparono della ricostruzione economica
della Germania e, occultamente, anche del suo futuro politico. Nel 1919, la Commissione Overman del
Senato statunitense rivelò che la Germania stava ricevendo prestiti dai Rothschild e dalla Chase
National Bank di Morgan. Il denaro giungeva in Germania attraverso il Sudamerica.

Il piano Young prendeva il nome da Owen D. Young, un funzionario dei Morgan, che aveva lavorato
presso la General Electric. Lo scopo del piano era quello di impedire un’autonoma ricostruzione
dell’economia tedesca e di creare problemi sociali e politici. Infatti, il piano imponeva il
pagamento in contanti dei prestiti, pur sapendo che questo avrebbe ostacolato gravemente la ripresa
e avrebbe costretto la Germania a chiedere forti prestiti alle banche. Anni dopo, uno dei
sostenitori finanziari di Hitler, Fritz Thyssen, confessò:

“L’accettazione del Piano Young e dei suoi principi finanziari aumentò sempre più la disoccupazione
finché i disoccupati furono circa un milione. La gente era disperata. Hitler disse che avrebbe
risolto il problema della disoccupazione. Il governo allora in carica era molto scadente e la
situazione della gente andava peggiorando. Questa fu la vera ragione dell’enorme successo che Hitler
ebbe in quelle elezioni, in cui prese circa il 40%”.[30]

La finanza anglo-americana impose, nel 1923, Hjalmar Schacht alla presidenza della Reichbank.
L’economia tedesca venne resa dipendente dalle banche di Londra e New York. La politica europea
venne direttamente determinata dalla politica bancaria anglo-americana, che optò per sovvenzionare
regimi che garantissero il potere di un’élite contro l’instaurarsi di una vera democrazia.
Si trattava di creare in Germania un sistema economico-finanziario controllato da un gruppo di
privati, soprattutto americani, e di indurre la gente a votare per Hitler. Hjalmar Schacht, un
finanziere tedesco legato agli interessi dei Morgan, creò la Bank of international settlement (BIS),
con sede in Svizzera, per supportare i finanziamenti al sistema nazista. Indebitare la Germania
ridotta al collasso era il modo migliore per controllarla e per insediare il governo più favorevole
agli interessi dell’élite. Nel 1924 Lloyd George dichiarò:

“I banchieri internazionali dettarono la risoluzione Dawes sulle riparazioni. Il protocollo che
venne firmato tra gli Alleati e i poteri associati e la Germania è il trionfo della finanza
internazionale. L’accordo non sarebbe mai stato raggiunto senza il brusco e brutale intervento dei
banchieri internazionali. Essi relegarono in un angolo uomini di Stato, politici e giornalisti e
formularono i loro ordini con l’autorità di monarchi assoluti, che sapevano che non c’era appello
per le loro spietate sentenze… Il rapporto Dawes fu modellato dai re del denaro. Gli ordini dei
finanzieri tedeschi ai loro rappresentanti politici furono tanto perentori quanto quelli degli
alleati banchieri ai loro rappresentanti politici”.[31]

In Germania venne attuata una ricostruzione mirata ad assoggettare il paese al capitale Usa. I
cartelli industriali, che si imponevano nell’economia tedesca (Vereinigte Stahlwerke, I.G. Farben,
General Electric, Standard Oil, International Telephone and Telegraph ecc.), avevano nel loro
consiglio di amministrazione finanzieri americani. La stessa famiglia Roosevelt aveva grandi
interessi legati alla General Electric (faceva parte degli azionisti di maggioranza), che fu una
delle più grandi società sostenitrici di Hitler.

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, il 95% della produzione di esplosivi proveniva dalla
I.G. Farben e dalla Vereinigte Stahlwerke. Tale produzione era stata possibile grazie ai prestiti e
all’assistenza tecnologica americana. La I.G. Farben avrebbe permesso a Hitler la preparazione alla
guerra, e avrebbe anche sfruttato la manodopera dei prigionieri nei campi di concentramento, fino
alla morte. Il 14 giugno 1940, la Standard Oil e la I.G. Farben istituirono il campo di
concentramento di Auschwitz, col preciso intento di avere manodopera schiavile. La società I.G.
Farben era controllata dai Rothschild, che utilizzavano uomini di facciata per nascondersi, come
fanno a tutt’oggi. La I.G. Farben avrebbe permesso di rendere la guerra così lunga, come afferma un
rapporto del Ministero della Guerra americano:

“Senza le immense possibilità produttive della I. G., le sue notevoli ricerche, i suoi estesi legami
internazionali, la prosecuzione della guerra da parte della Germania sarebbe stata impensabile e
impossibile. La Farben non solo indirizzò le sue energie verso il riarmo della Germania, ma si
adoperò per indebolire le sue vittime designate, e questo duplice tentativo di espandere il
potenziale industriale tedesco e di ridurre quello del resto del mondo non fu concepito ed eseguito
“nel normale corso degli affari”. Ci sono prove schiaccianti che i funzionari della I. G. Farben
conoscessero perfettamente il progetto tedesco di conquista del mondo e ogni specifico atto
d’aggressione successivamente intrapreso”.[32]

La I.G. Farben elaborò nuove tecniche per ricavare benzina dalle riserve di carbone, permettendo
così a Hitler di pianificare una lunga guerra di conquista. Gli accordi con i Rockefeller (che
controllavano numerose società e banche) permisero alla Germania di avere tutto ciò che necessitava
alla guerra: acciaio, gomma, benzina, petrolio e esplosivi. Senza il sostegno dei Rothschild, dei
Morgan, dei Warburg e dei Rockefeller non ci sarebbe stato nessun Hitler e nessuna guerra.
Sutton trova negli archivi del tribunale di Norimberga le prove inoppugnabili che Hitler era stato
finanziato direttamente da Wall Street.[33] Egli trova gli ordini di finanziamento della campagna
elettorale di Hitler del 1933. Si tratta di almeno tre milioni di marchi, che le Corporation e le
banche americane (I.G. Farben, Ford, Federal Reserve Bank, Standard Oil Company ecc.) versarono,
attraverso la banca Delbruck Schickler, a coloro che si stavano occupando della campagna elettorale,
Rudolf Hess e Hjalmar Schacht (governatore della Reichsbank dal 1924 al 1929).

Ai prestiti dei Rothschild e dei Morgan si aggiungevano le tecnologie necessarie allo sviluppo
economico e alla preparazione della guerra. La Ford Motor Company e la General Motors si occuparono
della produzione dei carri armati. La società americana Bendix Aviation, controllata dalla G.M., si
occupò di fornire la tecnologia necessaria al pilotaggio automatico degli aerei.
Le autorità americane erano al corrente di ciò che stava avvenendo. L’ambasciatore americano in
Germania William Dodd, nel 1936, scrisse a Roosevelt:

“Attualmente più di cento società americane hanno qui delle consociate con cui collaborano. I Dupond
hanno tre alleati in Germania che facilitano gli affari nell’ambito degli armamenti. L’alleato
principale è la I. G. Farben, un’espressione del governo, che elargisce 200.000 marchi all’anno a
una organizzazione propagandistica che opera sull’opinione pubblica americana. La Standard Oil
Company (filiale di New York) ha inviato qui 2.000.000 di dollari nel dicembre 1933 e sborsa 500.000
dollari all’anno per aiutare i tedeschi a produrre surrogati del gas a scopo bellico… Il
presidente della International Harvester Company mi ha detto che i loro affari qui sono aumentati
del 33% annui (produzione armiera, credo), ma che non potevano esportare niente. Anche i nostri
produttori di aerei hanno stretto accordi segreti con i Krupps. La compagnia General Motors (Morgan)
e Ford fanno floridi affari qui attraverso le loro consociate e esportano i profitti. Cito questi
fatti perché complicano le cose e vanno ad accrescere i pericoli di guerra”.[34]

Il presidente Roosevelt non fece nulla per contrastare le società che stavano rendendo possibile una
prossima guerra. I motivi della noncuranza del presidente americano erano principalmente due: egli
stesso aveva interessi economici e finanziari collegati a quelle società che stavano aiutando
Hitler; inoltre, le sue decisioni erano manovrate da quella stessa élite che stava organizzando la
guerra.
A rimettere in sesto il sistema finanziario della Germania non fu Hitler ma il banchiere Hjalmar
Schacht, che legò le maggiori banche tedesche alla Darmstàdter Bank. Ne affidò la guida a Jakob
Goldschmidt, che nel marzo del 1933 diventerà presidente della Reichsbank. Alcuni banchieri ebrei
non furono affatto perseguitati da Hitler, ma furono dichiarati “ariani d’onore”.[35] Molti altri
vennero espropriati e imprigionati, in seguito al processo di “arianizzazione” delle banche.

Esistono molte prove documentali a sostegno della subordinazione di Hitler al potere delle
Corporation presenti sul territorio tedesco. Hitler riceveva richieste e ordini dalle imprese
presenti in Germania, molte delle quali avevano azionisti americani e inglesi.
Ad esempio, in una lettera dell’11 gennaio 1942[36], il dittatore rispose positivamente alla
richiesta da parte della Volkswagen di ricevere altri lavoratori schiavi nei campi di
concentramento. Negli ultimi anni di guerra, i nazisti cercarono di deportare quante più persone
possibile, per soddisfare le richieste di manodopera coatta da parte delle Corporation.

Anche gli inglesi parteciparono generosamente al “progetto Hitler”. Nel 1934 il governatore della
banca d’Inghilterra Montagu Norman andò a Berlino in visita speciale. Lo scopo era quello di
stabilire accordi precisi riguardo alla politica finanziaria del Reich. Si offrirono al regime
nazista prestiti assai generosi, anche dopo l’invasione della Cecoslovacchia. Norman dette a Hitler
6 milioni di oro cecoslovacco che prima si trovava a Londra. Anche il Primo Ministro inglese Neville
Chamberlain era al corrente e approvava. La Shell Oil , che è controllata dalla Corona inglese,
finanziò l’ascesa di Hitler con accordi fra il suo amministratore delegato Henri Deterding e Montagu
Norman.
Nel 1938, Chamberlain, firmò l’accordo di Monaco, e si vantò di aver sigillato una pace duratura con
la Germania , mentre in realtà sapeva benissimo che Hitler si stava preparando alla guerra.

Gli inglesi, che nella retorica sostenevano di limitare la corsa agli armamenti dei tedeschi, nei
fatti avevano conclusero, già nel 1935, un Patto Navale, che permetteva alla Germania di accrescere
la propria potenza marittima. Appena due mesi prima, l’Inghilterra aveva partecipato alla Conferenza
di Stresa, in cui si era mostrata d’accordo nel limitare alla Germania la possibilità di avere una
forza navale.
Gli inglesi speravano di distruggere la potenza sovietica attraverso una guerra scatenata dalla
Germania, mentre gli Usa volevano una grande guerra per destabilizzare l’Europa e acquisire un
maggior controllo attraverso le ricostruzioni successive. L’intento principale degli Usa era quello
di indebolire l’impero inglese, e trarre ingenti profitti da un’eventuale guerra europea. Seminare
divisioni, armare la Germania e provocare la guerra, avrebbe significato per l’élite Usa un passo
avanti nel loro progetto di dominio mondiale.

Nel 1934, la Germania nazista importava ben l’85% dei raffinati petroliferi. Hitler, per sfidare le
altre potenze, doveva acquisire capacità di approvvigionarsi di carburatori. La soluzione gli venne
offerta dalla Standard Oil di New Jersey, di proprietà della famiglia Rockefeller. La Standard Oil
possedeva tecnologie e possibilità di finanziamento del progetto “benzina sintetica”, che avrebbe
permesso di estrarre benzina dal carbone. La benzina sintetica verrà prodotta, dal 1925, dalla I. G.
Farben, che aveva come direttore Carl Bosch, che nel 1931 riceverà il premio Nobel per la chimica.
La I. G. Farben era sotto il controllo dell’americana Standard Oil, con cui aveva stipulato
l’accordo di condividere tutte le ricerche e tutti brevetti relativi alla produzione di benzina
sintetica e di gomma sintetica. Nel 1933, anno dell’ascesa al potere di Hitler, l’ambasciata
americana in Germania prevedeva che nel giro di soli due anni Hitler avrebbe avuto i mezzi per poter
condurre una lunga guerra. Il ministero dell’economia del terzo Reich e le industrie I. G. Farben
firmarono un accordo per la produzione di 400.000 tonnellate di benzina sintetica all’anno, fino al
1944. La produzione di benzina sintetica, dopo il 1935, salì ad alcune centinaia di migliaia di
tonnellate all’anno. Nel 1944, con i processi Bergius e Fischer-Tropsch, toccò i tre milioni di
tonnellate all’anno.

Dal 1936, Hitler era in grado di poter iniziare la guerra, essendosi reso indipendente dalle
importazioni estere di petrolio.
L’élite anglo-americana, a tempo debito, avrebbe additato il “mostro”, per apparire come i
“liberatori dei popoli”. La propaganda antitedesca iniziò qualche anno prima dello scoppio della
guerra. I media inglesi, dal 1938, iniziarono ad esagerare il pericolo dell’invasione tedesca e
attuarono “esercitazioni” con maschere antigas, per spaventare la popolazione e convincerla che
sarebbe stata necessaria una grande guerra per “fermare il mostro”.[37]

Gli Usa sapevano che se avessero mantenuto il ritmo di produzione della benzina sintetica, Hitler
avrebbe avuto possibilità di vittoria. L’élite americana poteva vincere la guerra perché sapeva dove
si trovavano i centri di produzione della benzina sintetica. Quindi, le truppe americane dopo lo
sbarco in Europa, per prima cosa occuparono gli stabilimenti del settore chimico, meccanico e
industriale, sequestrarono molti archivi, materiali di laboratorio, e si impadronirono di un’ampia
documentazione. Il 16 luglio del 1945, alla Conferenza di Potsdam, gli Alleati vietarono ai tedeschi
la produzione di benzina sintetica. Nell’aprile del 1949 gli alleati smantellarono tutti gli
impianti, che furono trasformati in raffinerie di petrolio.

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Note:

[1] Avanti!, 29 gennaio 1922.
[2] Valtin Jan, Out of the night (1941), Kessinger Publishing, 2005, pp. 252-3.
[3] Shirer William Lawrence, Storia del Terzo Reich, Einaudi, Torino 1990, p. 43.
[4] Shirer William Lawrence, op. cit. p. 46.
[5] Dietrich Eckart fu scrittore e giornalista. Si occupò dell’ascesa politica di Hitler,
giudicandolo adatto al ruolo di uomo forte che avrebbe fatto rinascere la Germania. Nel 1923, in
punto di morte, disse: “dovete seguire Hitler. Sarà egli a ballare, ma sono io che ho scritto la
musica… Non vi lamentate, egli avrà influenzato la storia più di qualunque altro tedesco”.
[6] Shirer William Lawrence, op. cit. p. 260.
[7] Cit. Rosenbaum Ron, Il mistero Hitler, Mondadori, Milano 1999, p. 397.
[8] holywar.org/italia/txt/giudei.htm
[9] Il programma che le banche e le grandi Corporation avevano preparato per la Germania prevedeva
la statalizzazione delle imprese monopolistiche (che sarebbero così cadute nelle loro mani),
l’espropriazione senza risarcimento delle terre incolte, la soppressione dei giornali indipendenti e
delle correnti artistiche e letterarie, e la creazione di un forte potere centrale. Si tratta di
riforme necessarie in tutte le dittature e in tutti i sistemi capitalistici.
[10] Marabini Jean, La vita quotidiana a Berlino sotto Hitler, Rizzoli, Milano 1987, p.47.
[11] Moreau Emile, Memorie di un governatore della Banca di Francia, Cariplo-Laterza, Roma-Bari
1986. www.centrostudimonetari.org
[12] Knopp Guido, Tutti gli uomini di Hitler, Corbaccio, Milano 2003, p. 311.
[13] Minoli Giovanni, ” La Storia siamo noi”, Rai tre 1/2/2006.
[14] Minoli Giovanni, “ La Storia siamo noi”, Rai3, 1 febbraio 2006.
[15] Black Edwin, L’IBM e l’olocausto. I rapporti fra il Terzo Reich e una grande azienda americana,
Rizzoli, Milano 2001.
[16] Breitman Richard, Il silenzio degli alleati. La responsabilità morale di inglesi e americani
nell’olocausto ebraico, Mondadori, Milano 1999.
[17] Gli archivi furono consultati da John Loftus, presidente del Florida Holocaust Museum. Vedi
Toby Rodgers, “Heir to the Holocaust, How the Bush Family Wealth is Linked to the Jewish Holocaust”,
in Clamor Magazine, maggio-giugno 2002.
[18] Thorn Victor, “La famiglia Bush e il prezzo del sangue versato dai nazisti”, Babel Magazine, 6
ottobre 2002. www.rebelion.org
[19] Tarpley Webster G., Anton Chaitkin Anton, George Bush : The Unauthorized Biography, Tree of
life publications, 2004.
[20] Tarpley Webster G., Anton Chaitkin Anton, George Bush : The Unauthorized Biography, Tree of
life publications, 2004.
[21] Loftus John, “The Belarus Secret and The Secret War Against the Jews”, New York , Knopf, 1982.
[22] “Lo strano caso della Deutsche Bank”, saba.fateback.com/bankenstein/deutschebank.html
[23] ” Lo strano caso della Deutsche Bank”, saba.fateback.com/bankenstein/deutschebank.html
[24] La Fondazione Rockefeller fece approvare diverse leggi sulla sterilizzazione, che furono
applicate in alcuni Stati americani. L’eugenetica era nata nel 1883 e si era diffusa sia in Europa
che negli Stati Uniti. In molti Stati furono avviati programmi di eugenetica negativa, in
particolare si trattò di sterilizzazione di soggetti ritenuti inferiori. Negli Usa tali tecniche
ebbero particolare successo, e già nel 1894 vennero praticate le prime castrazioni eugenetiche alla
Elwyn State School of Pennsylvania. Si trattò di centinaia di soggetti presi dalle carceri o da
istituti psichiatrici. Charles Davenport, uno dei maggiori esponenti dell’eugenetica americana, nel
1906 fondò l’Eugenic Record Office. Davenport era un convinto razzista e antisemita e sostenne una
rigida gerarchia tra le razze e la necessità di impedire che soggetti di razza superiore bianca
potessero far degenerare la razza accoppiandosi con soggetti di razze inferiori. Egli auspicava un
progetto di Stato per eliminare tutti i soggetti che secondo lui avrebbero potuto portare la “razza
superiore verso il declino”.
[25] Norden Albert, Le secret des guerres: genèse et techniques de l’agression, Parigi, 1972, pp.
72-76.
[26] Chomsky Noam, Egemonia o sopravvivenza. I rischi del dominio globale americano, Marco Tropea
Editore, Milano 2005, p. 74.
[27] Chomsky Noam, op. cit., p. 75.
[28] Li Vigni Benito, Le guerre del petrolio. Strategie, potere, nuovo ordine mondiale, Editori
Riuniti, Roma 2004, p. 208.
[29] Sutton Antony C., America’s Secret Establishment, Liberty House Press. Bilings 1986.
[30] Consiglio di controllo del gruppo statunitense (Germania), Ufficio del direttore dei servizi
segreti, rapporto dei servizi segreti n° EF/ME/1, interrogatorio di Fritz Thyssen, 4 settembre 1945.

[31] Journal American, New York , 24 giugno 1924.
[32] Icke David, La verità vi renderà liberi, Macro Edizioni, Cesena 2005, p. 118.
[33] Sutton Antony C., Wall Street and the Rise of Hitler, Press, Seal Beach ( California ) 1976.
[34] Dixon Edgar B. (a cura di), Franklin D. Roosevelt And Foreign Affairs, Belknap Press, Cambridge
1969, vol III, p. 456.
[35] Faillant de Villemarest Pierre, Les sources financières du nazisme, Ed. CEI, Cierrey 1984, p.
71.
[36] Palast Gregg, Democrazia in vendita, Marco Tropea Editore, Milano 2003, p. 254.
[37] Vedi Times, 7 settembre 1938. La propaganda venne chiamata dal governo inglese “paura della
guerra”, e si svolse attraverso articoli allarmanti e antitedeschi, oltre che attraverso
esercitazioni e costruzione di trincee.

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