Chi l’ha detto che i pesci sono muti? Ascoltate quante voci sotto i mari…

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Chi l’ha detto che i pesci sono muti? Ascoltate quante voci sotto i mari…

Altro che muti: i pesci comunicano con suoni di ogni tipo. Ascoltarli ci aiuta a capire quali specie
sono presenti e a studiare il loro comportamento.

22 ottobre 2024 – Giovanna Camardo

L’Oasi Wwf e area marina protetta di Miramare www.ampmiramare.it, a due passi da Trieste, è piena di
vita: appena si inizia a nuotare nella riserva ai piedi del castello di Miramare – facendo
snorkeling, sempre accompagnati dallo staff del Wwf – si possono intravedere le bavose, piccoli
pesci che occupano gli ambienti di marea. Poco oltre, banchi di salpe giallo-argentee brucano i
vegetali sulle rocce. Sul fondale, svettano le spugne a canne d’organo (Aplysia aeromorpha), col
loro colore giallo brillante, e le enormi valve delle nacchere (Pinna nobilis, il più grande bivalve
del Mediterraneo, anche qui purtroppo ormai raggiunto da un patogeno che sta decimando la specie).
In acqua nuotano poi castagnole, saraghi, corvine, orate…

QUANTE VOCI! Uno spettacolo per gli occhi, certo. Ma non solo: usando un idrofono, un microfono che
coglie i suoni in acqua, è possibile apprezzare anche il “paesaggio sonoro” dell’oasi. “Il mondo
sott’acqua non è silenzioso, ma è pieno di segnali acustici. Gli animali li usano molto, per
comunicare, visto che il mondo acquatico è buio e con poca visibilità”, ci dice Marta Picciulin,
ricercatrice del Cnr-Ismar (Istituto di scienze marine) che collabora con l’oasi Wwf. Ai suoni dei
pesci dell’Oasi Wwf di Miramare abbiamo dedicato un approfondimento su Focus n° 385.

RITMO DISTURBATO. “Noi ricercatori possiamo usare i suoni per capire lo stato di salute di un
ambiente marino. Nell’Oasi di Miramare per esempio abbiamo fatto un monitoraggio dei suoni delle
corvine (potete ascoltarli qui sopra), oltre alle osservazioni, verificandone la presenza e la
grande abbondanza: è la prova dell'”effetto riserva”, per cui nelle aree marine protette le
popolazioni sono più numerose. Inoltre, visto che i suoni sono emessi dai maschi di corvina nel
periodo dell’accoppiamento per attirare le femmine, abbiamo dimostrato che l’area protetta è un sito
di riproduzione, da cui quindi “parte” il ripopolamento anche delle aree circostanti”, continua
Picciulin. E dall’analisi dei suoni delle corvine in diversi siti del Mediterraneo, Picciulin e
colleghi hanno visto che il ritmo dei suoni dei maschi è risultato uguale ovunque, tranne che in una
zona: alle bocche di porto di Venezia, forse perché il rumore del traffico marittimo sovrasta i
suoni degli animali che cercando così di compensare. “Il rumore prodotto dall’uomo rischia di
coprire i complessi sistemi di comunicazione acustica degli animali acquatici, dai cetacei ai pesci,
quindi dobbiamo pensare a come ridurre questo inquinamento acustico”, conferma Picciulin.

“Inoltre, la tecnica del monitoraggio acustico passivo ci può aiutare a identificare le specie
criptiche. Un esempio è stato quello del galletto pinnegialle, una specie che sta sotto la sabbia e
su cui si avevano pochissimi dati. Lo abbiamo scoperto nella riserva proprio grazie ai suoni che
emette, mentre non eravamo mai riusciti a vederlo. Da allora, grazie ai suoni, lo abbiamo trovato
anche in altre aree del Mediterraneo e in diversi tipi di ambienti, dai canyon sottomarini agli
ambienti costieri”.

https://www.youtube.com/watch?v=X_JuffbHnwc

www.ampmiramare.it/

da focus.it

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