25 marzo 2015
Se una parola è conosciuta, il cervello non la elabora con i circuiti usati per identificare le singole lettere che la compongono, ma ricorre a un’area che la interpreta come un unico oggetto visivo. Il meccanismo è analogo a quello che permette di riconoscere al volo un volto familiare(red)
lescienze.it
Quando leggiamo una parola conosciuta il cervello mobilita dei circuiti neuronali che la elaborano come un oggetto visivo unico, senza considerare che è composta da diverse lettere. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori del Georgetown University Medical Center, che firmano un articolo pubblicato sul “Journal of Neuroscience”. Il risultato conferma, a livello neurobiologico, una teoria formulata già negli venti e trenta del secolo scorso dagli psicologi Kurt Koffka e Wolfgang Köhler.
Grazie a una serie di test su 25 soggetti a cui venivano presentate numerose parole, alcune che conoscevano e altre sicuramente ignote, mentre erano sottoposti a risonanza magnetica funzionale, Maximilian Riesenhuber e colleghi hanno scoperto che la lettura di parole sconosciute attivano circuiti neuronali differenti da quelli attivati dalla lettura di parole già note.
Ma l’aspetto più interessante della scoperta è la localizzazione dei circuiti destinati alle parole conosciute: si tratta di una piccola area del cervello, chiamata “area visiva per la forma della parola” (VWFA), che si trova sul lato sinistro della corteccia visiva, in posizione perfettamente speculare rispetto all’area del giro fusiforme destinata al riconoscimento dei volti, che è a destra: “Un’area reagisce selettivamente a un volto intero, permettendoci di riconoscere rapidamente le persone, l’altra reagisce selettivamente a una parola intera, aiutandoci a leggere in fretta”, spiega Riesenhuber.
Se una parola è sconosciuta il cervello è costretto a soffermarsi sulle singole lettere, mobilitando specifici circuiti, ma se gli è familiare – dicono i ricercatori – la tratta sostanzialmente allo stesso modo in cui tratta l’immagine di un volto e la riconosce al volo senza analizzarne le singole componenti.
Questo risultato non chiarisce solo alcuni aspetti del modo in cui il cervello elabora le parole, ma fornisce anche indicazioni su come aiutare le persone che soffrono di disabilità nella lettura, dice Riesenhuber: “Chi non riesce a imparare le parole attraverso la loro specificazione fonetica, che è il metodo usuale di insegnamento della lettura, può adottare la strategia di considerare la parola intera come un unico oggetto visivo. All’area VWFA non interessa come suona la parola, ma solo come le lettere della parola si legano in un tutt’uno.”
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