Cittadini di due mondi

pubblicato in: AltroBlog 0

Cittadini di due mondi

di Marcella Danon

La ricerca dell’assoluto può avvenire nel ritiro della meditazione, come
nell’apertura all’incontro con la realtà circostante. Due diverse vie che
sono sempre esistite, puntando ad una unica meta.

Il punto cardine dell’Advaita Vedanta, uno dei principali filoni della
filosofia indiana, è il riconoscimento dell’identità tra due principi
fondamentali apparentemente opposti: Atman, il Sé, la suprema realtà
interiore, il principio assoluto situato nelle profondità di ogni individuo;
e Brahman, la forza fondamentale dell’esistenza, la suprema realtà
esteriore.

La realtà suprema è unica e può essere raggiunta, sia cercando al di fuori
che dentro l’uomo. Non c’è una via migliore dell’altra perché entrambe
mirano alla stessa meta: ricostruire quel ponte tra la percezione della
realtà materiale e la percezione di quella spirituale.

Questo permette all’individuo di riconoscersi “cittadino di due mondi”, come
amava dire Roberto Assagioli, il medico psichiatra padre della Psicosintesi,
e di vivere la realtà quotidiana con tutti i suoi impegni, con la
consapevolezza della contemporanea esistenza di un altro livello della
stessa realtà.

L’invito non è quindi quello di allontanarsi dal contingente per immergersi
in una eterea e lontana dimensione spirituale, ma di esercitarsi a “cogliere
lo straordinario nell’ordinario”, diluendo il peso della quotidianità, con
la capacità di provare ancora meraviglia e di rivolgere lo sguardo verso
l’alto.

Così come lo yoga, la meditazione, la preghiera, e innumerevoli altre vie,
anche il contatto con la natura si rivela una “via al Sé”, che agisce
attraverso la bellezza, la vastità di orizzonti, la potenza delle forze
naturali, per oltrepassare quella barriera che tiene la nostra coscienza
troppo ancorata a terra.

“Piedi ben saldi per terra e testa alta verso il cielo” è l’invito
dell’ecopsicologia, che non trascura certo obiettivi e preoccupazioni
contingenti, ma invita ad affrontarli dopo un “tuffo nell’infinito”.

Inizialmente è più facile “prendere la rincorsa” da un cielo azzurro, dal
profumo di un prato fiorito, dall’imponenza di una cima immacolata, ma, con
l’esercizio, diviene via via più facile anche in scenari meno romantici e
più “a portata di… piede”. Anche nel caos della vita cittadina è possibile
attingere alle vette della psiche: passando per il centro del proprio stesso
essere. Atman e Brahman, sono due nomi diversi per una unica meta.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *