Colui che aveva paura di meditare…

pubblicato in: AltroBlog 0
Colui che aveva paura di meditare…

di A. De Mello

Tratto da:”Istruzioni di volo per aquile e polli”

LA CONCENTRAZIONE

Un uomo d’affari indiano mi raccontò di avere molta paura di meditare, ritenendo che i propri affari
ne sarebbero stati danneggiati. Gli esercizi che vi suggerisco sono adatti proprio per chi ha molti
impegni, per chi è iperattivo, e non per qualche mistico rinchiuso in un monastero. Quell’uomo
d’affari mi disse allora che aveva paura di fare meditazione ma, eseguendo gli esercizi che vi sto
raccomandando, i suoi affari aumentarono considerevolmente.

Sapete perché? Perché era più rilassato, più concentrato. Cominciò a fare una cosa per volta. Questo
è il grande vantaggio della preghiera: la concentrazione. Se iniziate a fare una cosa per volta,
sarete nel vero senso del termine presenti in ogni gesto che compite.

È facile capire perché gli affari di quell’uomo migliorarono e perché divenne così efficiente.

Questi esercizi sono spirituali? Questa è meditazione?

Certo. In Oriente ci sono milioni di persone che fanno solo questo, nient’altro, e raggiungono
un’alta spiritualità. Qui sta il punto centrale della preghiera: Dio e la spiritualità vanno
scoperti nella vita, non fuori di essa. Ricordate cosa vi dicevo a proposito del silenzio? Lo stesso
vale anche qui. E la preghiera? Tutto dipende dalla definizione che ne date. Se per preghiera
intendete un dialogo con Dio, allora questa non è preghiera, perché non state dialogando con Dio
quando concentrate la vostra attenzione sulle sensazioni del vostro corpo, sui suoi movimenti mentre
camminate. Se però per preghiera intendete l’unione con Dio, allora questa è senz’altro preghiera.
Arriverete alla preghiera mediante quel semplice esercizio che vi ho proposto: prestare attenzione
alle sensazioni del vostro corpo.

Questo esercizio vi procurerà molti altri benefici. Benefìci di natura spirituale: per esempio la
capacità di accettare la realtà. Lo scoprirete da soli. Supponete che qualcuno di voi non abbia
pazienza e perseveranza per continuare a fare questo esercizio. In tal caso, raccomando due altri
semplici esercizi spirituali. Il primo è un esercizio di accettazione: “Signore, dammi la grazia di
cambiare ciò che può essere cambiato, di accettare ciò che non lo può essere, e la sapienza per
coglierne la differenza”. Ci sono tante cose nella nostra vita che non possono essere cambiate!
Siamo impotenti e se impariamo a dire sì a queste cose, arriveremo alla pace. La pace sta nel sì.
Voi non potete fermare l’orologio, evitare la morte di una persona amata, superare i limiti del
vostro corpo, le vostre incapacità.

Mettetevi quindi davanti alle cose che non potete cambiare. E pronunciate il vostro sì. Così
parlerete con Dio.

Certo, è difficile. Non forzate voi stessi. Ma se riuscirete a dire sì nel vostro cuore, direte sì
alla volontà di Dio.

Perseverando in questo atteggiamento, troverete pace persino nelle cose, per il cui cambiamento
state lottando.

IL DISTACCO

Il secondo esercizio supplementare è quello del distacco: pensate alla vostra infanzia, quando così
ostinatamente vi fissavate su qualcosa, a cui non sapevate rinunciare. Non potevate vivere senza di
essa. Pensate a qualcosa che da bambini detestavate e odiavate, oppure a qualcosa di cui avevate
paura. Molte di queste paure continuano anche oggi. Cosa ne è stato? Sono passate oppure no?
L’esercizio è il seguente: compilate un elenco delle cose da cui vi sentite dipendenti, delle cose
di cui vi sentite padroni, delle cose a cui non volete rinunciare. Dite a ognuna: “Tutto ciò
passerà”. Fate anche un elenco delle cose che non vi piacciono e che non potete sopportare, e dite a
ognuna: “Anche questo passerà”.

Quando Gesù nacque, gli angeli cantavano la pace e quando morì ci lasciò un regalo: la sua pace. “Vi
dò la mia pace”. La pace è un regalo, non possiamo produrla noi, tanto meno crearla. Tutto ciò che
possiamo fare è disporre i nostri cuori a riceverla. Ricordate Naaman il siro, che andò in Israele
dal profeta Eliseo per farsi guarire dalla lebbra e il profeta gli disse: “Va’, bagnati sette volte
nel Giordano”? Quell’uomo si indignò e replicò: “Non abbiamo noi fiumi migliori nel nostro paese? E
io dovrei bagnarmi in questo fiume Giordano? Pensavo che questo profeta venisse a imporre le mani su
di me e a guarirmi!”. Uno dei servi disse al generale: “Signore, se il profeta ti avesse detto di
fare qualcosa di difficile, l’avresti fatto! Ti ha chiesto una cosa facile, facile”. Provate questi
esercizi semplici e facili. Non crederete agli effetti che produrranno in voi. Quando però ne
sperimenterete gli effetti, non avrete più bisogno di credere.

LA GIOIA

Una delle frasi più frequentemente ripetute nella letteratura cristiana è quella di Agostino: “Ci
hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Ogni volta che ascolto questa frase, mi ricordo di un’altra frase, che Kabir, uno dei migliori poeti
mistici dell’India, ha reso famosa. Egli scrisse un bel poema che inizia con la seguente frase:
“Risi quando mi dissero che un pesce in acqua ha sete”. Riflettete con attenzione a questa immagine:
un pesce in acqua ha sete! Com’è possibile?

Noi, esseri umani, avvolti da Dio, non troviamo riposo! Osserva la creazione: alberi, uccelli, erba,
animali… Sai una cosa? Tutta la creazione è colma di gioia. Tutta la creazione è felice! Si, lo
so: c’è sofferenza, dolore, crescita, declino, vecchiaia e morte. Sì, tutto ciò sta nella creazione,
ma se voi comprendeste cosa realmente significa felicità! Solo l’essere umano ha sete, solo il cuore
umano e inquieto. Non è strano? Perché l’essere umano è infelice e cosa si può fare per trasformare
questa tristezza in gioia? Perché gli uomini sono tristi? Perché hanno idee distorte e atteggiamenti
sbagliati.

La prima idea distorta che gli uomini hanno è che gioia equivalga a euforia, sensazioni di piacere,
divertimento. Con questa idea in testa gli uomini vanno in cerca di droghe e stimolanti, e finiscono
con l’essere dei depressi. L’unica cosa con cui dobbiamo drogarci è la vita. È un tipo di droga
leggero, ma con effetti duraturi. Questa è la prima idea distorta dalla quale ci dobbiamo liberare.
Gioia non significa euforia; non necessariamente.

La seconda idea distorta consiste nel pensare che possiamo raggiungere la nostra felicità, che
possiamo fare qualcosa per afferrarla. Qui quasi mi sto contraddicendo, perché in seguito esporrò
cosa possiamo fare per ottenere la felicità. La felicità però non si può conseguire in se stessa. La
felicità è sempre conseguenza di qualcosa. La terza e forse più determinante idea distorta sulla
felicità consiste nel ritenere che essa si trovi fuori di noi, nelle cose esterne, nelle altre
persone. “Cambio lavoro, così forse sarò felice”; oppure: “Cambio casa, mi sposo con un’altra
persona…, così forse sarò felice”, ecc. La felicità non ha nulla a che vedere con l’esterno. In
genere si crede che i soldi, il potere, la rispettabilità possano rendere felici. Di fatto però non
è così. I poveri possono essere felici.

Mi ricordo della storia di un prigioniero nazista. Il pover’uomo tutti i giorni veniva torturato. Un
giorno lo cambiarono di cella. Nella nuova cella c’era un abbaino, da dove egli poteva vedere un
pezzo di cielo azzurro durante il giorno, e alcune stelle la notte. Il prigioniero rimase così
affascinato da questo spettacolo che inviò una lunga lettera a quelli di casa sua, descrivendo la
sua grande fortuna. Dopo aver letto questa storia, guardai dalla mia finestra. Davanti a me si
estendeva la natura in tutta la sua bellezza. Ero libero, non prigioniero, potevo andare dove
volevo! E ritengo di aver provato solo una frazione della gioia di quel povero prigioniero.

Ricordo di aver letto un romanzo su un prigioniero in un campo di concentramento sovietico, in
Siberia. Il pover’uomo veniva svegliato alle quattro del mattino e riceveva un pezzo di pane, come
razione per tutto il giorno. Avrebbe mangiato ben volentieri subito tutto il pane, ma cominciò a
pensare: “È meglio che ne conservi una parte, perché posso averne bisogno questa notte, se non
riuscirò a dormire per la fame. Se questa notte ho qualcosa da mangiare, forse riuscirò a dormire”.
Dopo aver duramente lavorato tutto il giorno, si coricò e si coprì con la coperta, che a mala pena
lo riscaldava, e cominciò a pensare: “Oggi è stata una buona giornata. Non ho dovuto lavorare nel
vento gelato. E questa notte, se mi sveglio per la fame, posso mangiare un pezzo di pane e
continuare a dormire”. Potete immaginare la gioia e la felicità di quell’uomo?

Una volta conobbi una paralitica, alla quale tutti chiedevano: “Dove trovi questa gioia che traspare
sempre dal tuo volto?”. Ed ella rispondeva “Io ho tutto ciò che serve alla mia felicità. Posso fare
le cose più belle della vita”. Paralizzata, a letto, in un ospedale; eppure piena di gioia. Che
donna straordinaria!

La gioia non si trova all’esterno. Liberatevi da questa nozione distorta, altrimenti non la
troverete mai.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *