Come ascoltano i musicisti

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Come ascoltano i musicisti

di Filippo Michelangeli

Un recente studio americano ha evidenziato che i professionisti della musica ascoltano in modo
diverso rispetto ai semplici appassionati. I primi hanno un approccio analitico, i secondi emotivo.
Per questo l’arte dei suoni non rilassa entrambi allo stesso modo. Come ascoltano la musica i
musicisti? Che tipo di sensazioni provano i professionisti delle sette note quando assistono a un
concerto? Qualcuno potrebbe pensare che, visto che la fonte sonora è uguale, musicisti e non
musicisti provano le stesse sensazioni. Le cose, invece, non stanno esattamente così. Alla domanda
ha cercato di rispondere un recente studio americano che ha individuato due tipi di ascolto: emotivo
e analitico. Il primo è prerogativa degli incompetenti che, non avendo una preparazione specifica,
rispondono agli stimoli di una composizione musicale in modo diretto. Un crescendo fa aumentare il
battito cardiaco, un passaggio veloce – non necessariamente di grande virtuosismo – crea stupore e
ammirazione. Una melodia struggente commuove subito, eccetera. Il professionista, invece, ha un
ascolto analitico, “gestaltico”, dal tedesco “gestalt” (forma). Ogni nota che sente deve trovare una
collocazione nella struttura del pezzo. Durante l’ascolto il cervello attua una sorta di
decostruzione continua. Se il brano è per orchestra vengono individuati i diversi timbri, quindi
collegati ai rispettivi strumenti, poi viene fatta una valutazione sulla qualità dell’esecuzione.

Alla fine, se tutto procede senza intoppi, sfiancata dal labirinto cerebrale arriva una briciola di
emozione. Ho semplificato molto, ma la sostanza è questa. Naturalmente ci sono tante sfumature,
insomma non stiamo parlando di una scienza esatta. I musicisti possono tirare un sospiro di
sollievo. Molti di loro non hanno mai perso l’ascolto emotivo. Ci sono due casi che meritano
tuttavia di essere studiati. C’è un luogo comune secondo il quale la musica rilassa. La “classica”
in special modo. Per questo motivo nelle sale d’attesa degli studi dentistici viene diffuso Mozart a
tutto spiano. La musica accompagna anche le sedute di massaggi, la meditazione, o più semplicemente
la giornata in ufficio, o il proprio relax. Tutto questo vale per le persone “normali”. Alla
maggioranza dei musicisti, invece, ascoltare musica piace, ma non allenta la tensione. Per
rilassarsi preferiscono il silenzio. Soltanto così il loro cervello può davvero riposarsi.

Ma c’è un altro caso curioso. È il momento in cui un musicista deve esprimere una valutazione su un
collega che suona uno strumento diverso dal suo. Che cosa succede, per esempio, a un pianista che
siede in una commissione d’esame di violino? Come si comporta un organista che deve valutare un
flautista? Nei concorsi giovanili multistrumentali ho assistito mille volte all’imbarazzo, per non
dire al panico, che vivevano stimati professori di pianoforte completamente spiazzati nel dover
esprimere un parere su un ragazzo che suonava la tromba. Eppure il linguaggio musicale utilizza gli
stessi ingredienti: note, pause, dinamiche, agogiche. La capacità d’ascolto del pianista, ma vale
per tutti gli strumentisti, è fortemente condizionata dalla propria settoriale competenza. Soltanto
l’abitudine o la necessità – pensiamo al direttore d’orchestra – riescono a liberare il musicista
dai vincoli dell’ascolto analitico.

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