Come cambiano i ritmi circadiani con le stagioni

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Come cambiano i ritmi circadiani con le stagioni

01 luglio 2015

I cambiamenti stagionali nei ritmi biologici sono regolati da un complesso meccanismo che dipende dall’azione di un neurotrasmettiore, dai livelli di sodio presenti nei neuroni e da un gene “termosensibile”, i cui livelli di espressione sono cioè differenti a seconda della temperatura

(red) lescienze.it

Un meccanismo cerebrale che permette di regolare il nostro orologio biologico circadiano in modo che si adegui alle stagioni è stato individuato da ricercatori del RIKEN Brain Science Institute a Wako, in Giappone, dell’Università del Michigan e dell’Univeristà di Manchester, che firmano due articoli pubblicati sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS).

La centrale di coordinamento dei ritmi circadiani – ossia quella che “dà il passo” al ritmo sonno-veglia, alla diversa tempistica di rilascio di ormoni e altre sostanze dell’organismo e così via – è rappresentata da circa 10.000 “neuroni orologio” che si trovano in una zona del cervello detta nucleo soprachiasmatico (SCN). Il modo in cui il nucleo soprachiasmatico controlla i diversi ritmi e ancora di più i loro cambiamenti nell’arco dell’anno era finora rimasto poco compreso, dato che i neuroni del SCN inviano ogni giorno oltre 50 miliardi di segnali. A complicare le cose c’è il fatto che tutti questi messaggi sono mediati (inviati) da un unico neurotrasmettitore, il GABA.

Nel primo studio Jihwan Myung, del RIKEN, e colleghi hanno tracciato in un gruppo di topi l’attività di questi neuroni, scoprendo che non tutti scaricavano (ossia si attivavano) allo stesso ritmo: due regioni del SCN erano leggermente fuori fase e via via che la lunghezza del giorno aumenta, cresce anche lo sfasamento, per tornare a ridursi quando le ore di luce tornano a diminuire.

Proseguendo nella ricerca, Myung e colleghi hanno fatto un’altra scoperta. Nella stragrande maggioranza dei casi, il GABA è un neurotrasmettitore inibitorio: quando questa molecola raggiunge un recettore presente su un neurone, quel neurone riduce la propria attività. Su alcuni neuroni del SNC l’effetto del GABA era però opposto: li eccitava e ne stimolava l’attività. La diversa risposta di questi neuroni è risultata correlata ai livelli di sodio contenuti in queste cellule.

A questo meccanismo se ne sovrappone poi un altro, dettagliatamente analizzato nel moscerino della frutta, che è descritto nel secondo articolo. L’effetto del GABA dipende infatti anche dal momento e dal ritmo con cui viene rilasciato da un neurone, tanto da poter distinguere due “modalità” del GABA: un GABA “fasico”, che dà il ritmo di attivazione dei neuroni, e un GABA “tonico”, che interferisce con la loro soglia di eccitabilità e che viene sfruttato per sincronizzare i ritmi dei diversi neuroni.

A sua volta il rilascio di GABA fasico o tonico è legato ai livelli di espressione di un gene, TrpA1, che variano in funzione della temperatura ambientale. Il clima più mite e l’allungamento delle giornate agiscono quindi da innesco a un processo di ridefinizione dello sfasamento fra gli orologi biologi che regolano o ritmi di diverse funzioni dell’organismo, processo che concorre a spiegare il leggero scombussolamento che tutti provano al cambiamento di stagione.

www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1421200112

www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1420753112

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