02 dicembre 2016
Un elegante esperimento condotto su un gruppo di volontari ha dimostrato che i ricordi immagazzinati
nella memoria a breve termine, o memoria di lavoro, possono essere recuperati anche quando non c’è
nessuna attività neuronale a testimoniare la loro permanenza. Il risultato dimostra che in realtà
tenere a mente non è necessario per la memoria a breve termine, perché esiste un meccanismo di
riattivazione di ricordi latenti che sfugge alle attuali tecnologie di imaging cerebrale (red)
da lescienze.it
Siete a una festa, e state parlando con una persona che avete conosciuto pochi minuti prima. Via via
che la conversazione va avanti, può capitare che non ricordiate più il suo nome. Ma perché si
verificano questi piccoli inconvenienti nella memoria a breve termine?
Molti risponderebbero che è perché vi siete distratti: è sicuramente vero e corrisponde a un’ipotesi
molto condivisa tra gli esperti, secondo cui, affinché un ricordo a breve termine possa essere
mantenuto, i neuroni che lo rappresentano devono essere continuamente attivi.
Ma un nuovo articolo pubblicato su Science da Nathan Rose, dell’Università del Wisconsin a Madison
e colleghi di una collaborazione internazionale, dimostra ora che in realtà mantenere l’attenzione
in modo continuo non è necessario, perché esistono diversi modi in cui la memoria a breve termine,
detta anche memoria di lavoro, immagazzina le informazioni.
I ricercatori studiano da tempo questo genere di memoria e i suoi misteriosi meccanismi. L’aspetto
forse più oscuro è la modalità con cui le memorie latenti possano essere recuperate quando
servono.
Gli autori hanno condotto uno studio sperimentale in cui un gruppo di volontari sono stati esposti a
una serie di stimoli, come immagini di visi o parole, alcuni dei quali erano marcati come importanti
da ricordare, perché successivamente sarebbero stati materia di test.
A quel punto, gli sperimentatori hanno fornito ai volontari un falso indizio di ciò che sarebbe
stato chiesto: in sostanza, se era stato marcato un viso, mostravano una parola, e viceversa.
Durante questa procedura, il software utilizzato per evidenziare l’attività cerebrale ha mostrato
che quando i soggetti venivano distratti presentando un falso indizio, l’attività cerebrale che
rappresentava lo stimolo marcato tendeva a scomparire, come se lo stimolo stesso venisse
dimenticato. Se però l’indizio veniva smentito, perché il test si svolgeva effettivamente sullo
stimolo marcato, quest’ultimo poteva essere recuperato senza problemi.
Ciò conferma che l’informazione immagazzinata nella memoria di lavoro è mantenuta con meccanismi
diversi dall’attività neurale sostenuta.
Un aspetto interessante della ricerca è che un impulso mirato comunicato al cervello con la
stimolazione magnetica transcranica era sufficiente a far recuperare il ricordo, ma solo quando il
richiamo dell’informazione correlata poteva servire in una fase successiva dei test. Il risultato
indica che la memoria a breve termine è dinamica e modificabile tramite il controllo cognitivo.
Si è sempre pensato che i neuroni dovessero essere attivi per mantenere qualcosa in memoria, ha
spiegato Bradley Postle, coautore dello studio. Eppure, abbiamo osservato persone che ricordano le
cose quasi perfettamente senza trovare nulla che si associ a un’attivazione neuronale. Il fatto che
il ricordo si possa richiamare completamente dimostra che non è andato perduto: semplicemente, non
siamo in grado di vedere dove e in che modo è stato immagazzinato nel cervello.
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