Come diventare migliori, con la meditazione?
Uno degli scopi della meditazione, forse il più importante, è quello di diventare migliori.
Attenzione, però. Non i migliori. Bensì, semplicemente, migliori. Ma rispetto a che cosa? A noi
stessi, è ovvio.
Consentitemi una semplificazione. Esistono due modi per superare il dualismo implicito negli esseri
e nelle cose e conseguire, quindi, quella mentalità caratteristica che genera benessere: il primo
sistema consiste nel divenire autentici, equanimi, altruisti, quindi migliori, per meditare (o
pregare) più agevolmente e con successo; il secondo metodo sarebbe, invece, quello di meditare
subito (attenzione, consapevolezza) per esprimere dopo, ma in modo spontaneo, naturale e sincero,
autenticità, sincerità, equanimità, altruismo. La prima è la prassi delle religioni organizzate. Il
secondo criterio, pur essendo più umile e oscuro, molto meno appariscente, senz’altro soggettivo, è
comunque preferibile in quanto non consente ipocrisie o finzioni. Quando si supera il fideismo
pseudomagico degli sciocchi, infantili e irrazionali ritualismi la sola celebrazione possibile è la
gioia.
Pertanto, la condizione di benessere interiore raggiunta con la meditazione ci consentirà di essere
più disponibili al dialogo e meno intolleranti. L’amore per il prossimo, per la libertà e la
giustizia sociale non saranno più utopie o declamazioni ipocrite, bensì sentimenti reali.
Tuttavia sarà bene precisare ulteriormente, perché in taluni potrebbe sorgere la domanda: quali sono
le declamazioni ipocrite? Un esempio: la retorica convenzionale recita solidarietà; bene, è più che
giusto soccorrere chi ha bisogno, ma innanzitutto bisogna creare le condizioni per consentire il
superamento di ogni infima condizione di perenne necessità; sono cioè indispensabili interventi
strutturali e non sostegni episodici. Il vero aiuto consiste nel favorire sia l’indipendenza
economica che l’autodeterminazione psicologica.
Durante il corso di alcune precedenti riflessioni abbiamo accennato all’influenza negativa della
propaganda. Sia quella religiosa che politica. Ma noi siamo interessati a quel che unisce e non a
ciò che divide. In effetti è una profezia facile a dirsi. Tutti coloro che, sospinti da scopi
egoistici, tendono a creare disuguaglianze e divisioni sono inevitabilmente destinati ad essere
sconfitti, a soccombere. Perché l’amore unisce e condivide. La sua massima espressione consiste
nella reciprocità. Al contrario, l’odio, allontana, separa, distingue, mente e nel tentativo di
sopravvivere a se stesso si dichiara solidale. E’ chiaro, dunque, l’odio divide, l’amore unisce, la
reciprocità li trascende entrambi.
La reciprocità è il punto d’incontro e di equilibrio tra la forza centrifuga che tende a separare e
quella centripeta incline a unire. Ciò vale sia nel mondo fisico, ossia l’usuale dimensione
percettiva, che nell’universo spirituale, ovvero l’ambito della realtà che trascende sia la
relatività che l’illusione.
E nel contesto sociale cosa accade? Se il cervello umano è la fucina del pensiero, la società ne è
il laboratorio. Qui le uniche accortezze sensate sarebbero quelle di privilegiare ed incoraggiare la
ricerca, mai definitiva, degli equilibri e rinnegare l’estrema, crudele, perfida malvagità di ogni
spinta alla divisione, alla disgregazione, all’involuzione, alla degenerazione.
Grazie per la cortese attenzione.
(L’insegnante di meditazione che collabora con Meditare.it)
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