COME ELIMINARE I PENSIERI DISTURBANTI

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COME ELIMINARE I PENSIERI DISTURBANTI

TRASFORMAZIONE DEI CONTENUTI PSICHICI TOSSICI
IN SANA ENERGIA PSICO-ECOLOGICA

di Marco Ferrini

Il fenomeno della Percezione può così descriversi: un oggetto esterno, costituito dai cinque
fondamentali elementi o bhuta (terra, acqua, fuoco, aria, etere) stimola il sensorio (indriya) che
reagisce attivandosi. In questo modo, segmenti d’informazione prima esterni al soggetto penetrano
nella coscienza sotto forma di vritti: in particolare di nomi (nama) e forme (rupa). Tali dati
sensoriali entrati dalla coscienza, scivolano in breve tempo nell’inconscio andando a costituire un
nuovo samskara o a rafforzarne uno precedente. La nuova esperienza sensoriale infatti andrà ad
aggregarsi con tutte le altre esperienze simili precedenti, costituendo in tal modo costellazioni di
samskara carichi di una potenza direttamente proporzionale al numero di esperienze agglomeranti.
Subordinatamente, sul piano fisiologico, possiamo vedere questo processo come il rafforzamento di
sinapsi relative a date esperienze sensoriali: le sinapsi sono le sedi di trasmissione dei segnali
nervosi, di messaggi attraverso i quali le diverse parti del corpo rappresentate dalle singole
cellule nervose comunicano tra loro. Una sinapsi è una congiunzione che, negli esseri umani,
avviene, più frequentemente, tra un dendrite (fascio di fibre riceventi informazioni) di un neurone
e l’assone (fascio di fibre che emette informazioni) di un altro neurone.

Esistono tuttavia sinapsi fra dendrite e soma di neuroni diversi o fra dendrite e assone del
medesimo neurone, ma sono casi più rari, in particolare l’ultimo. La stimolazione sensoriale avviene
tramite trasmissione di impulsi elettrici, ovvero come trasduzione in energia elettrochimica di uno
stimolo sensoriale, a livello delle sinapsi appunto; la natura dell’impulso veicolato tramite
sinapsi può essere elettrica o chimica (prevalentemente per gli animali vertebrati superiori),
eccitatoria o inibitoria. Il numero di neuroni presenti al momento della nascita tenderà a rimanere
più o meno costante per il resto della vita, mentre il numero di connessioni si moltiplicherà
vertiginosamente durante i primi anni di vita: basti pensare che a tre anni il numero di sinapsi per
ogni neurone è pari a circa 10.000. Alcune di queste, attraverso l’esperienza vengono rafforzate,
altre vengono rese inattive e quelle in eccesso eliminate, altre ancora rimarranno silenti perché
meno utilizzate, pronte a riemergere nel caso di mancato funzionamento delle prime a causa di una
patologia o disturbo cerebrale. Nell’uomo sono presenti circa 1014 o 1015 sinapsi, con possibilità
di riorganizzazione fino a tarda età, come dimostrato da recenti ricerche sulla plasticità
cerebrale. Le esperienze precedenti, che rappresentano schemi e visioni del mondo, griglie di
preconcetti e pregiudizi, muovono coattivamente desideri, pensieri, azioni del soggetto
dall’inconscio, sempre più denso e popolato di samskara, man mano che se ne formano di nuovi durante
il ciclo esistenziale della personalità condizionata.

I samskara, strutturandosi internamente e interagendo tra loro danno origine a risposte automatiche
(vasana), che il soggetto si trova passivamente a subire, credendo illusoriamente di essere l’autore
cosciente delle proprie scelte. La persona non è infatti libera, ma è schiava di un processo di
pensiero automatico causato da nuovi samskara che, interagendo con quelli passati, dall’inconscio
producono vritti di ritorno le quali, emergendo alla soglia della coscienza, determinano pensieri,
scelte e decisioni per il “burattino” inconsapevole che è l’io condizionato. In tal modo è anche
possibile spiegare le differenze interindividuali nella personalità come dotazione alla nascita, per
guna e karma, di un differente apparato sinaptico, che poi viene man mano strutturandosi per effetto
delle esperienze individuali come spiegato sopra. Il processo sopra descritto produce circuiti
neurali patologici chiusi, in cui il soggetto si trova intrappolato come un topolino in gabbia, in
cui scenari e protagonisti si alternano, ma le reazioni e i meccanismi di pensiero automatico
permangono gli stessi: coatti, coercitivi e reiterati, in quanto i samskara producono sempre i
medesimi risultati.
Se si volesse fare un paragone in senso lato è come se avvenisse sul piano mentale, sottile, ciò che
è stato ampiamente descritto sul piano del comportamento osservabile, grossolano, dalla Scuola
Comportamentista, in particolar modo dalla Teoria del Condizionamento Operante di impronta
Skinneriana.

Infatti è possibile sostenere che un dato comportamento tende a ripetersi anche in maniera
generalizzata rispetto al contesto e agli stimoli iniziali che l’hanno innescato se adeguatamente
rinforzato; allo stesso modo vritti sensoriali che si accorpano a vecchi samskara o ne formano di
nuovi, tendono ad auto alimentarsi tramite i comportamenti coercitivi stessi che producono, proprio
come una trappola circolare. E’ tuttavia possibile liberarsi da tale circuito neurale patologico
secondo una modalità suggerita da Patanjali, ovvero tramite la meditazione sul pensiero opposto.
Meditare sul pensiero opposto non significa limitarsi a pensare razionalmente e superficialmente ai
soli livelli di nama e rupa, ma significa risiedere, situarsi, dimorare nel pensiero (bhavana)
opposto, andando in profondità nella coscienza e giungendo almeno fino al livello di bioenergia
(vibhuti). Solo sviluppando un sentimento, un’emozione forte connessa al pensiero opposto, si potrà
contrastare il samskara latente, l’idea fissa patologica e schiavizzante, depotenziando le sinapsi
che la costituivano e alimentandone altre più positive. Questo processo di rappresentazioni
interiori, in apparenza difficile, è in realtà frutto esclusivamente di educazione e di pratica,
poiché è possibile imparare a visualizzare evocando emozioni costruttive, evolutive, che permettono
di ascendere a piani superiori di coscienza e che magari sono state sporadicamente sperimentate nel
corso dell’esistenza del soggetto ma, proprio per tale carattere di rarità, non hanno avuto modo di
rinforzarsi adeguatamente, come più frequenti esperienze negative o in generale sensoriali.

Infatti i samskara non necessariamente hanno veste negativa, il carattere morale di bene-male
(shuba-ashuba) o di piacevole-doloroso (sukha-duhkha) di tali esperienze non ne alterano l’effetto
condizionante, poiché in ogni caso esse tendono a produrre una risposta automatica ed è in questo
automatismo che risiede la privazione di libertà e spontaneità della personalità condizionata, la
quale potrà liberarsi da tale schiavitù solo tramite un atto volitivo deliberato di ricerca di
esperienze contrastanti il pensiero disturbante. Il coltivare intenzioni, sentimenti e pensieri
nocivi, come: invidia, odio, rancore, vendetta o simili, oltre che generare pensiero disturbante
nella propria psiche, attraverso l’inconscio collettivo nel quale siamo tutti in rete, lo ingenera
anche in coloro cui tali sentimenti malvagi sono indirizzati, i quali, a loro volta, consciamente o
inconsciamente, reagiranno producendo sentimenti simili e dunque il mittente riceverà un
danneggiamento di ritorno, virtualmente all’infinito. Ecco perché in presenza di un pensiero
disturbante, per eliminarne le cause tossiche, è opportuno meditare su pensieri opposti. La persona,
coltivando la visualizzazione di attitudini costruttive verso se stessa e gli altri, svilupperà
gradualmente il principio di non nuocere a chicchessia (ahimsa) e uscirà così dalla prigione della
matrix inconscia, liberandosi anche del doloroso senso di colpa per aver diversamente coltivato una
volontà distruttiva e lesiva – direttamente o indirettamente – verso altri(1). Solo colui che è
libero interiormente, attraverso l’applicazione di astensioni (yama) e prescrizioni (niyama) è in
grado di pensare autonomamente e decidere in libertà ed agirà con distacco emotivo e senza interesse
verso il frutto delle proprie azioni, ma solo costruttivamente a favore di tutte le creature.

(1) Patanjali, Sadhana Pada, sutra 34.

da psicologiaespiritualita.blogspot.com/

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