Come fa Faceapp a invecchiarci in modo tanto realistico?

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Come fa Faceapp a invecchiarci in modo tanto realistico?

L’app che ci permette di vedere come saremo da vecchi si basa sulla competizione tra 2 sistemi che imitano il funzionamento del nostro cervello: uno crea le immagini, l’altro le analizza a caccia di difetti.

19 SETTEMBRE 2019 | EUGENIO SPAGNUOLO

Qualche settimana fa è tornata sulla cresta dell’0nda, ma Faceapp, la app che consente di farsi un selfie in versione invecchiata, è “sul mercato” già da qualche anno. Per chi ancora non la conoscesse, si tratta di un’app che manipola le immagini consentendo di ritoccarle in modo ultrarealistico. Uno degli usi più noti dell’app è invecchiare il viso, si diceva, mostrando l’aspetto che avrà (o meglio, che dovrebbe avere) tra 20/30 anni. Ma Faceapp consente anche di fare altro, come vedere come appariremmo se fossimo dell’altro genere sessuale, mostrarci come staremmo con un diverso taglio di capelli, con la barba (se non l’abbiamo) ecc. Il realismo è impressionante e in molti si sono chiesti come sia possibile ottenere una manipolazione dell’immagine così precisa e immediata.

Come funziona esattamente Faceapp?

RETI NEURALI. Per modificare le foto in modo realistico, Faceapp utilizza una tecnica di apprendimento automatico chiamata rete neurale. Le reti neurali sono modellate sui processi che si attivano nel nostro cervello, possono essere addestrate per riconoscere un’immagine e manipolarla in modo preciso. Nello specifico, Faceapp utilizza un sottoinsieme di reti neurali, i Generative Adversarial Networks (GAN), che gestiscono due reti contrapposte, che si mettono in competizione tra loro: la prima rete, il generatore, ha il compito di creare immagini sempre diverse. La seconda rete, il discriminatore, deve invece “criticare” le immagini create dal generatore, sulla base dei dati del mondo reale che lo alimentano. In parole semplici, il discriminatore va continuamente a caccia di difetti nelle immagini del generatore, fornendogli feedback sulle parti imperfette. Con tempo e potenza di calcolo sufficienti, il generatore riesce a superare tutti i “no!” del discriminatore e crea una foto più che verosimile.

INVECCHIAMENTO. A questo processo si possono anche aggiungere condizioni specifiche. Ad esempio, per far sì che la rete generi foto di volti anziani, il GAN viene alimentato con foto pescate da un database dove i volti sono etichettati in base all’età del soggetto: questo consente al sistema di riconoscere le caratteristiche ricorrenti, come – nel caso delle persone non più giovani – le rughe o i capelli bianchi. Il generatore genera così foto di volti che il discriminatore critica in base all’età, affinando il processo. Così, quando facciamo un selfie e selezioniamo l’opzione di rendere il nostro viso più vecchio, Faceapp elabora l’immagine trasferendo sul nostro volto le caratteristiche di un volto invecchiato, evidenziando le rughe o accentuando la grana della pelle, senza stravolgere il nostro aspetto originale. È questo che rende le foto particolarmente realistiche.

CONTROVERSIE. Ma, secondo qualcuno, in Faceapp non è tutto oro ciò che luccica. In particolare a lasciare qualche dubbio a proposito di questa applicazione sviluppata dalla startup russa Wireless Lab, e che secondo alcune stime avrebbe superato i 100 milioni di download, è la gestione della privacy. Faceapp da molti non è ritenuta in linea con il GDPR (il regolamento europeo sulla protezione dei dati) perché, per esempio, non ci consente di cancellare i nostri dati dai server dell’azienda in modo autonomo, ma soltanto inviando una richiesta per questo scopo. Il Ceo dell’azienda Yaroslav Goncharov in realtà ha assicurato che le foto sono caricate sul server dell’azienda per velocizzare il processo di “ritocco” e che vi restano solo il tempo necessasrio: subito dopo vengono cancellate e non sono usate senza il permesso degli utenti. Ci sarà da fidarsi?

ALLORA CHE SI FA? Inoltre la policy di Faceapp, che accettiamo quando la scarichiamo, prevede che l’app possa condividere le nostre foto e le informazioni con aziende che fanno parte dello stesso gruppo di società di Faceapp. In particolare, nella norma forse più controversa, avverte: “Potremmo anche condividere le tue informazioni, nonché le informazioni provenienti da strumenti come cookie, file di registro, identificatori dei dispositivi e dati sulla posizione, con organizzazioni di terze parti che ci aiutano a fornirti il ​​Servizio”.

Che fare allora? Potrebbe vale la pena seguire il suggerimento del settimanale Newsweek che, dopo aver spiegato che le politiche di Faceapp sono in realtà analoghe a quelle della maggior parte delle app che usiamo ogni giorno senza farci troppe domande, suggerisce: “se tutto ciò vi preoccupa, vi basta scaricarla per un po’ e poi cancellarla quando avete finito di usarla”.

da focus.it

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