20 novembre 2018
Studi sui topi hanno dimostrato che una misteriosa modalità di comunicazione intercellulare basata
su vescicole che si staccano da una cellula e si fondono con un’altra è in grado di trasmettere agli
spermatozoi lo stato di stress del padre, influenzando così il modo in cui i suoi figli reagiranno
allo stress
di Esther Landhuis/Scientific American
Un padre stressato e traumatizzato può lasciare cicatrici sui suoi figli. Una nuova ricerca
suggerisce che questo avviene perché gli spermatozoi “imparano” dalle esperienze paterne con una
misteriosa modalità di comunicazione intercellulare, in cui piccole bolle si staccano da una cellula
e si fondono con un’altra.
Trasportando proteine, lipidi e acidi nucleici, queste particelle espulse da una cellula agiscono
come una sorta di sistema postale che si estende a tutte le parti del corpo, rilasciando piccoli
pacchetti noti come vescicole extracellulari.
Il loro contenuto sembra scelto con cura. “Il carico all’interno della vescicola determina non solo
da dove viene, ma anche dove sta andando e cosa farà quando ci arriverà”, spiega Tracy Bale,
neurobiologa della University of Maryland School of Medicine.
La ricerca preliminare di Bale e altri, illustrata nelle scorse settimane durante l’annuale meeting
della Society for Neuroscience a San Diego, mostra come le vescicole extracellulari possano regolare
i circuiti cerebrali e aiutare a diagnosticare malattie neurodegenerative, oltre ad alterare gli
spermatozoi, influenzando lo stato di salute del cervello della prole.
Prove evidenti che le condizioni difficili che colpiscono un uomo influenzano i suoi figli sono
emerse dalle carestie e dalla guerra che devastarono l’Europa più di un secolo fa. In quegli
involontari esperimenti umani, la carestia prolungata sembra aver scatenato una serie di cambiamenti
nella salute nelle generazioni successive, compresi livelli di colesterolo più alti e un aumento dei
tassi di obesità e di diabete.
Per studiare l’ereditarietà di questi cambiamenti a livello cellulare, Bale e collaboratori hanno
condotto una serie di esperimenti sui topi.
È abbastanza facile mettere un topo in condizioni di stress. Basta infilarlo in un tubo da cui non
può uscire, allagare la sua lettiera o bombardarlo di rumore bianco, e i livelli di ormone dello
stress aumentano vertiginosamente, proprio come capita alle persone preoccupate per la loro
situazione economica o che devono affrontare una pressione costante sul lavoro.
Tuttavia, il modo in cui un topo risponde fisiologicamente allo stress è notevolmente diverso se,
mesi prima del concepimento, suo padre ha vissuto un periodo di stress. In qualche modo “il loro
cervello si sviluppa in modo differente rispetto a quando padre non ha sperimentato quello stress”,
dice Chris Morgan, postdoc nel laboratorio di Bale che ha contribuito a creare il modello murino.
Il grande interrogativo è, anzitutto, come fanno le informazioni sull’ambiente paterno a raggiungere
l’utero. Dopo tutto, dice Morgan, il “padre è lì solo per una notte, forse solo per poche ore”.
Forse il suo sperma può contenere ricordi di traumi passati? L’ipotesi sembrava ragionevole ma
controversa. Poiché il DNA è impacchettato strettamente nel nucleo di uno spermatozoo, “l’idea che
la cellula possa rispondere a qualsiasi input ambientale era piuttosto sconvolgente”, dichiara
Jennifer Chan, ex dottoranda nel laboratorio di Bale, ora postdoc alla Icahn School of Medicine del
Mount Sinai a New York City.
Piuttosto, ragionava la ricercatrice, deve esserci un altro tipo di cellula il cui DNA reagisce ai
cambiamenti ambientali, e quella cellula potrebbe poi comunicare quell’informazione agli spermatozoi
perché la trasmettano durante la fecondazione.
Chan si è concentrata su una popolazione di cellule che interagiscono con gli spermatozoi in via di
sviluppo rilasciando molecole che li aiutano a crescere e maturare. Queste secernono anche vescicole
extracellulari e Chan ha dimostrato che è il contenuto di queste vescicole a fondersi con gli
spermatozoi, inserendo ricordi dello stress passato vissuto dal padre.
In una serie di esperimenti, Chan ha stressato un gruppo di topi maschi, li ha fatti accoppiare e ha
osservato le risposte allo stress dei cuccioli. Determinante è stato un insieme di esperimenti di
fecondazione in vitro in cui raccoglieva lo sperma di un topo che non aveva mai sperimentato stress
indotto. Metà del suo sperma finiva in una piastra da laboratorio con vescicole precedentemente
esposte agli ormoni dello stress. L’altra metà era messa in coltura con vescicole che non avevano
avuto alcun contatto con gli ormoni dello stress.
Chan ha poi iniettato spermatozoi dei due gruppi negli ovociti di una femmina non stressata e ha poi
ha impiantato gli ovociti fecondati, gli zigoti, nella stessa madre adottiva.
La prole di zigoti non stressati si è sviluppata normalmente, mentre i topolini nati da zigoti
esposti allo stress hanno mostrato la stessa risposta anormale allo stress di quelli i cui padri
avevano vissuto uno stress prima dell’accoppiamento. Questo dimostra che le vescicole extracellulari
fanno da canale per la trasmissione dei segnali di stress paterno alla prole, dice Chan.
I risultati sono “nuovi e di grande impatto, specialmente se consideriamo l’influenza del servizio
militare o di altri ambienti di lavoro che possono produrre uno stress elevato”, afferma Robert
Rissman, neuroscienziato dell’Università della California a San Diego, che non era coinvolto con la
ricerca. “Penso che sarebbe importante capire meglio la specificità dell’effetto e in che modo i
diversi tipi di fattori di stress o la loro intensità possono modulare questo sistema”.
Come primo passo verso la traduzione dei risultati agli esseri umani, Morgan sta collaborando con
Neill Epperson, psichiatra dell’Università della Pennsylvania, per monitorare i cambiamenti di
proteine e RNA nei campioni di sperma umano.
Al meeting di neuroscienze, Morgan ha presentato i dati di uno studio di sei mesi su 20 studenti
universitari e laureati, che ogni mese si presentavano per donare lo sperma e compilavano, nello
stesso giorno, un questionario in cui dichiaravano quanto si sentissero stressati.
Dati preliminari suggeriscono che alcuni mesi dopo che uno studente ha riferito uno stress il suo
sperma mostra cambiamenti in “piccoli RNA non codificanti”: molecole di RNA che non vengono tradotte
in proteine ma controllano invece quali geni si attivano o disattivano.
Analizzando gli spermatozoi di questo gruppo di giovani maschi sani, i ricercatori hanno in
programma di costruire una comprensione di base dei cambiamenti molecolari legati a stress lievi,
come gli esami universitari.
Successivamente, sperano di confrontare queste fluttuazioni di base con i cambiamenti indotti da
fattori di stress più prolungati, come il disturbo da stress post-traumatico o malattie neurologiche
come l’autismo e la schizofrenia.
Le firme molecolari nelle vescicole extracellulari possono anche aiutare i ricercatori a scoprire
nuovi modi per effettuare diagnosi in modo non invasivo o prevedere gli esiti negativi sulla salute
dei figli, dice Gerlinde Metz, che studia l’ereditarietà transgenerazionale delle risposte allo
stress all’Università di Lethbridge in Alberta e non era coinvolta nella ricerca. In quel caso, le
vescicole potrebbero diventare la base per un pionieristico tipo di test sullo stress.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” l’8 novembre 2018.
Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
www.scientificamerican.com/article/how-dads-stresses-get-passed-along-to-offspring/
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