Come fanno coloro che non sanno discernere? 1

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Come fanno coloro che non sanno discernere? 1

Gruppo di Sarmoung (prima parte)

Tratto da:

I Quaderni di Sarmoung n° 9
(Gruppo teosofico)

(prima parte)

Come fanno coloro che non sanno discernere?

Quelli che non sanno ancora discernere, affrontano la vita nel modo
sbagliato, ricevendone i colpi più duri; che cosa vedremo arrivare davanti
alla porta del tempio? “Signore, ma non sono più un uomo! Ma in che stato
sono! Ma è la vita che mi hai dato tu! Guarda un po’ dopo che hai creato la
Terra e l’incarnazione, vedi in che stato viviamo? Se è questo il gioco che
hai inventato, io ritiro le mie biglie”.

Che cosa volete che rispondiamo a questo genere di riflessione?

E’ normale che gli individui reagiscano in questo modo; per noi, in
effetti, non sono importanti le loro riflessioni o le loro accuse:
l’importante è condurli ad una giusta considera-zione e stima dei sentieri
della vita. Scegliete il vostro cammino! Non c’è bisogno di parlare della
pace, della gran-dezza dell’anima o della natura degli dei. No, tutte
queste cose potete avvicinarle voi stessi, se per-mettete ai Maestri, alle
Guide, allo Spirito di decifrare tutto quello che vi impedisce di vedere
chia-ramente e nettamente la superficie della terra e la realtà della vita.

Tutto questo inizia attraverso cose veramente semplici, mentre al contrario
le persone s’immaginano che dal momento che, incominciano a marciare sul
cammino della spiritualità, dovranno giocare con dei concetti molto
astratti, molto elevati; dovranno fare sacrifici e soprattutto non potranno
più continuare la vita materiale e profana. Aprite gli occhi! Tutto questo
è un grosso errore!

E’ importante capire il ritmo di ogni movimento

La vita è un grande movimento, come ho già detto mille volte. Una ruota
immensa che gira e gi-rando genera tutti gli altri movimenti. Quello che
occorre è conoscere sia il ritmo esatto di cia-scuno di questi
sotto-movi-menti e quello della ruota principale, sia conoscere quelle che
voi chia-mate leggi. Quando conoscerete i ritmi di ciascun movimento e di
ogni cielo, niente vi sarà più inaccessibile, nemmeno la scienza, nemmeno
la conoscenza e lo spazio. Tutto sarà a vostra disposi-zione. Provate ad
immaginare di trovarvi all’interno d’una grande ruota che gira e che ha il
suo ritmo, la sua velocità; questo implica che voi pure, all’interno di
questa ruota, rotoliate e giriate allo stesso ritmo, alla stessa velocità e
nello stesso senso.

Ma no! L’uomo è complicato e s’immagina che all’interno della ruota potrà
creare lui stesso un altro ritmo e andare anche in senso inverso. E allora
cosa succede?

Non fa più di due passi che già crolla giù, mentre la ruota continua nel
suo movimento; allora in quel momento dentro alla ruota non ci sarà più un
uomo in piedi, ma ci sarà invece un uomo steso a terra. Un uomo disteso che
è preso come dentro in una botte in una continua caduta. Ora, se fosse
rimasto diritto, avrebbe guardato il centro e avrebbe visto che la distanza
percorsa non era affatto una caduta ma un cammino; c’è una bella
differenza!

Mentre gli uomini, nel corso della loro vita, s’immaginano sempre di cadere
di problema in pro-blema, di conflitto in conflitto ed hanno sempre
l’impres-sione di trovarsi di fronte ad un abisso nel quale sprofonderanno.
Pure se per un momento si trovano sulla spiaggia già si dicono: “chissà che
cosa mi riserverà il domani? In che buco ancora andrò a cadere? Cosa mi
farà quello, cosa mi dirà quell’al-tro, devo arrivare alla fine del mese,
ecc.”. Mentre sarebbe sufficiente che l’uomo si mante-nesse diritto e al
centro, rendendosi conto che la distanza è un cammino. Naturalmente, avrà
delle prove! Gli sforzi non gli saranno risparmiati, ma la comprensione
delle cose non sarà più la stessa e non avrà più l’impressione di subire le
prove, la vita, i problemi, gli ostacoli. Al contrario, si sentirà
arricchito dai loro insegnamenti ed è anche questa una prova dello stato
del discepolo attento.

La grande importanza del discernimento

Così, quando avete un problema, non dite: “Chissà che tegola mi arriverà
questa volta, che cosa ho fatto a quello perché mi crei un tale problema,
perché l’altro ha detto una tale menzogna sul mio conto?”. Domandatevi
invece che insegnamento potete ottenere dalla situazione: è questa
l’analisi ed è questo il discernimento.

Fate vostre le prove! Quando vi trovate in una situazione sospetta, cioè un
po’ tendenziosa, non ab-biate il riflesso di difendervi. Non siate quello
che si lascia marciare sopra. Attenzione! Io non dico di andare all’estremo
opposto. Ma, prima di avere qualsiasi reazione, interrogatevi: “Che cosa
fa-rebbe il Maestro in questa situazione? Verso la luce che mi guarda quale
prova devo dare?”

Occorre che in tutte le situazioni tentiate di reagire secondo la dignità
spirituale. Se questa dignità spirituale non è ancora un riflesso in voi
perché i traumi, i complessi e la vostra vita passata vi hanno piuttosto
automatizzato a reagire in modo profano ebbene, per qualche tempo,
sforzatevi di avere questo atteggiamento: indietreggiare ed osservare.

La situazione è forse illusoria, merita che soffra, merita che mi lasci
coinvolgere, oppure devo riti-rarmi?

Quello che conta è che voi avrete analizzato la cosa; non importa se questa
analisi corrisponde o meno alla verità. All’inizio non aspettatevi di
arrivare subito alla verità, alla realtà o all’illusione di una cosa;
poiché, per avere il discernimento, occorre avere anche la conoscenza e
l’esperienza. Tutte queste cose arrivano studiando, vivendo e… soffrendo.
Allenativi per diventare perfetti

Dunque non cercate di essere perfetti uscendo da qui, ma allenatevi a
diventarlo, fate uno sforzo per questo e disinnesta-te l’automatismo.

Vedendo i vostri sforzi, tutte le guide che sono tutt’intorno all’umanità e
che vegliano su ogni anima secondo il suo raggio prenderanno in carico il
vostro sviluppo in maniera più precisa. La guida che è la vostra, che non è
una guida personale ma è quella del raggio energetico al quale
appartene-te, veglierà su di voi in modo più preciso. Dirà: “Toh! Guarda
quello là, cerca di fare degli sforzi, tenta di elevare la propria natura
inferiore nella natura superiore, bisogna assisterlo di più: inviamogli
maggior intuizione, che gli permetterà un miglior discernimento”.

Oppure dirà: “Mettiamolo alla presenza di tale persona utile, dalla quale
imparerà quella data cosa, allo scopo di discernere meglio”. O ancora:
“Portiamolo in quel posto o in quella libreria affinché acquisti il tale
libro e conosca la saggezza”. Oppure: “Bene, poniamolo in tale prova
affinché si spogli dalla sua illusione o dal suo trauma, o dal suo
complesso acquisito nell’infanzia e che sia ve-ramente nuovo al fine di
diventare perfetto”.

Quel che siete adesso non ha alcuna importanza

Importa poco, infatti, quello che siete ora, perché se lavorate con ciò che
siete adesso, per forza non avrete dei grossi risultati; è per questo
motivo che le persone si disperano e dicono: “Sì, io voglio essere un
discepolo, ma ho talmente tanti problemi psicologici, così poca gente mi
ama, i miei figli non mi rispettano, il mio padrone mi umilia davanti ai
miei colleghi”.

Dunque, prima di provare ad essere perfetti, occorre innanzitutto cercare
di essere “bambini”. Ed è quello che ha detto Gesù, quando vi ha
raccoman-dato di “ritornare come dei bambini”. Non ha detto però: “andiamo,
siate allegri, gioiosi, andate tutti a giocare a palla, che cosa importa il
divenire della società?!”. No, dovete ritornare come bambini per poter
conoscere quello che è la pace e libe-rarsi da tutto quello che impedisce
di conoscere questa pace.

Osservate com’è un nuovo nato. Psicologicamente è vergine, non ha traccia
di traumi, il suo karma non è ancora sceso su di lui, il suo tema
astrologico, dunque le sue energie, non sono ancora in gioco; perché è
nell’adolescenza che tutto questo si risveglia. Un bambino fino a dieci o
dodici anni è così vergine che lo spirito di Dio può entrarvi. Egli è
aperto, semplice, non avverte alcuna man-canza, non risente né della
cattiveria né dell’amore delle persone. Per lui necessariamente, tutto è
amore, non puo’ immaginare che la vita, i suoi parenti, le persone che lo
circondano siano altro che amore.

Perché la sua natura è quella d’amare ed è per questo che ha tanto bisogno
di amore e di carezze. E’ questa convinzione che dovete ritrovare. Questo
non significa che, allo stesso modo del bambino, dovete ritrovare anche
l’ingenui-tà e l’incoscienza. Perché, così come avete la scienza
dell’adulto, dovete avere la mente del bambino. La scienza dell’adulto con
la mente del bambino permette di di-ventare il discepolo perfetto, permette
di conoscere la pace e tutti gli altri attributi dell’universo e della
vostra anima.

Se venite con una coscienza rigonfia di problemi, di traumi, di complessi,
d’insufficienza, d’orgo-glio, d’egoismo, di bisogni, d’invidie ecc., come
volete che poter conoscere uno stato di beatitudine? Impossibile!
Immaginate ad es. che nel peggior momento di una delle vostre crisi di
tristezza, men-tre vi sentite nel più profondo di una depres-sione, io vi
dicessi: “Sii convinto che tu sei Dio”, voi mi guardereste con dei grandi
occhi vuoti e mi direste: “Ma, grande fratello, tu mi stai prendendo per un
imbecille, mi stai dicendo che non importa; guarda in che stato sono, come
vuoi che creda alle tue parole?” Ed avreste ragione.

Se fossi un fratello un po’ più sensibile, per prima cosa dovrei
consolarlo, poi ripulirlo, vestirlo di bianco, nutrirlo, rianimarlo e
allorquan-do si fosse calmato, dirgli: “Guarda, adesso tu sei un Dio”.
Allora sì, girandosi e guardandosi nello specchio non dubiterebbe. Se
invece, pieno di fango e co-perto di stracci, con i piedi scortica-ti e
pieni di spine, gli dico: “Tu sei un Dio”, si lascerà abbattere e non mi
crederà.

Dunque per tutti quelli che vogliono partecipare al movimento, che vogliono
ora diffondere la ve-rità o piuttosto strombazzare un appello, abbiate
prima di tutto la preoccupazione di illuminare le persone sui loro problemi
e permettergli di uscirne; dopo potrete parlare loro delle cose e delle
es-senze divine. Prima di questo momento, tutto quello che gli potrebbe
dire non servirebbe a niente. Perché se prima non mettete le ruote ad una
macchina, potrete tentare di metterla in moto fino a che volete, ma non
servirà a nulla. Mettete invece le quattro ruote e immediatamente
riuscirete ad av-viarla e partire. Quello che occorre, dunque, è sistemare
e mettere a punto i vostri problemi.

Parlare della pace o immaginarla è una cosa vana e inutile, che puo’ andar
bene forse per quelli che sono nei circhi. Loro possono dirvi: “Guardate il
bel palloncino rosso, guardate che bella stella, ba-sta arrampicarsi per
acchiapparla.” Ma il povero diavolo che ha le sue gambe per marciare sulla
terra e non nel cielo, come volete che la raggiunga? Insegnategli a
costruirsi delle ali ed allora potrà raggiungere le stelle.

Le ali si costruiscono seguendo la parola dei Saggi, cioè quello che è
stato detto dal principio dei tempi.

Cercate di seguire i messaggi dei Saggi

Instancabilmente, con pazienza e sacrificio essi ripetono: “amatevi gli uni
gli altri; aiutatevi; siate tolleranti; non dite male; non abusate più
della carità degli altri; siate giusti; sappiate discernere, ri-trovate la
dignità; rispettate voi stessi e rispettate gli altri”. Quando saprete
vivere e condurre la vo-stra vita terrestre così nobilmente, la vita del
cielo verrà verso di voi. Mentre invece voi volete en-trare nella vita del
cielo senza saper condurre prima la vostra vita terrestre.

Ora, come si può raggiungere il cielo se non abbiamo saputo dominare la
terra? Impossibile! E’ un po’ come se domandaste ad un aereo di decollare
senza le ali, senza carburante e senza pilota. Im-possibile! La talpa ha le
ali? No, l’aquila sì; l’uccello sì. Occorre diventare farfalla.

Che importa quello che siete oggi? Se siete cattivi, viziosi, meschini,
aggressivi, ipocriti, non ha importanza. Tanto non sarete mai così malvagi
come credete. Ve lo assicuro.

L’importante è la determinazione del vostro problema: cercate di
compren-derlo e di sublimarlo. Non dico di soffocarlo, di sconfiggerlo, di
rinchiuderlo.

Si seppellisce un problema, un complesso, un trauma, una carenza, si crede
di avere così la vita più bella e poi arriva il giorno in cui lo scheletro
esce fuori di nuovo. E questo scheletro, con il tempo, è diventato più
forte di voi; così arriva la depressio-ne. Non dovete perciò fare come gli
struzzi e mettere la testa sotto la sabbia dicendovi: “No, non voglio
vedere il problema, non ce l’ho, non lo voglio!”. Al contrario occorre
vederlo bene, rendersi conto. Io non dico, alla maniera degli
psica-nalisti, di andargli addosso, ma di averne una coscienza chiara,
netta.

Quasi tutti agiscono automaticamente

Poche persone hanno una coscienza acuta dei loro problemi, perché
continuano ad essere un ri-flesso, sono sempre in reazione e non cercano di
sapere perché hanno reagito. Quando la parola di un amico li ha fatti star
male, essi non ne capiscono il motivo. Tutto quello che sanno, tutto quello
che sentono, tutto quello che hanno compreso è che sono stati male. E si
fermano là. Continuano a soffrire, cosicché l’amico diventa un nemico e
s’installano l’odio e l’astio.

Dunque, per non farvi dei nemici, analizzate perché reagite in quel dato
modo a certi commenti, certe osservazioni, certe circostanze. Non
accusatevi; osservatevi, perché dovete osservare e non giudicare.

Constatate semplicemente il fatto. Vale a dire che, la prossima volta,
quando vi ritroverete nella stessa situazione e sentirete liberarsi in voi
la stessa reazione, provate a farla tacere; non come schiacciate una mosca
o una zanzara o come scacciate un serpente. No, ma al contrario lasciatevi
andare, mollate tutto; se vi ritrovate nella stessa circostanza che vi ha
fatto scattare una sofferenza, o una reazione d’umiliazione, non riflettete
più, non cercate di combattere, non sforzatevi di sorri-dere o di superare
in nome della luce. Dio vi guarda e vi ama come siete. Quello che conta per
lui, è lo sforzo che state facendo e non il piastrone bianco che cercate di
mettere sul petto.

Dunque, non forzatevi di essere spirituali, di essere luminosi. Al
contrario, siate voi stessi; se sen-tite la sofferenza ritornare,
l’umiliazione ritornare, ebbene fermate gli occhi, mettetevi a sedere da
qualche parte o puntatevi contro il muro e abbandonate tutto, abbandonate
le vostre braccia, lasciate la vostra mente, lasciate l’interesse che
portate alla cosa. Ditevi: “Grande Dio, io faccio il sacrifi-cio”.

Immaginate di portare la vostra umiliazione, o il vostro complesso, sopra
un altare e sacrificate-lo con un immenso coltello, come anticamente si
sacrificava l’agnello per la Pasqua. Sacrificate questa energia negativa ed
inferiore sull’altare dell’elevazione spirituale. Sacrificate questa
energia. Se cer-cate di metterla in un angolino affinché non faccia troppo
rumore, da là non si muoverà più; invece sedetevi in un angolo e lasciate
andare tutto. Questo che funzionerà. Perché?

Quando un’energia non viene più nutrita, muore

Non perché l’impatto psicologico sarà tale che la cosa verrà distrutta. Ma,
semplicemente perché la realtà energetica è tale che, quando un’energia non
viene più nutrita, muore.

Esattamente come quando una pianta non viene più annaffiata e secca.

Dunque se abbandonate l’energia che suscita tale emozione e che si
manifesta per tale complesso o trauma, essa non avrà più carburante per
perpetuarsi. Non potrà più attingere dal vostro astrale, dal vostro sistema
nervoso, dalle vostre ghiandole, o dal vostro mentale e finirà per
ritrovarsi con la sua sola riserva di energia. Ora, siccome queste sono
delle energie basse e inferiori, non hanno molte ri-serve e allora muoiono,
semplicemente.

Questo che vi propongo, dunque, non è un’ascesi, non è uno sforzo da fare
su voi stessi, ma è, più semplicemente, una piccola astuzia, un piccolo
stratagemma alchemico. E’ semplice perché, come vi ho detto all’inizio,
essere discepolo è semplice come un sorriso.

Occorre abbandonare gli interessi stupidi. Se voi vi attaccate come delle
povere pulci o dei poveri scarafaggi a tutti questi interessi della vita,
quale voi la conoscete adesso, al vostro livello, ebbene non potrete mai
vedere la luce. Invece se voi lasciate tutto, certamente in un primo
momento avrete l’impressione di cadere, di non avere più dei punti di
riferimento, ma questo è il prezzo della libertà; anche se talvolta questo
può fare veramente paura.

Quando ad esempio abbandonate per la prima volta la casa dei vostri
genitori, sapete esatta-mente con che cosa vi nutrirete l’indomani? Se
avrete una bella casa? Se avrete tutti i conforts? Se trove-rete un
compagno o una compagna? O se morirete? No, tutto quello che sapete è che
partite in un grande impeto e slancio di libertà, con un desiderio immenso
di costruire e di ritrovare voi stessi. Ed è la stessa cosa per questo
slancio spirituale di cui vi ho parlato. Allora, lasciatevi andare e ….
attendete un poco che nel corso della caduta le ali crescano. Fintanto che
non vi abbandonerete, le ali non spunteranno. Perché?

Semplicemente perché i piedi sono troppo occupati a marciare sulla terra, e
tutta l’energia discende nei piedi per far funzionare la loro marcia.
Mentre invece, se voi togliete via il suolo, togliete via la terra e vi
lanciate nel cielo, in quel momento l’energia non deve più discendere nei
piedi ed essa di-scenderà allora per far crescere le ali.

Fino a che utilizzate l’energia della vostra anima per nutrire i desideri,
le passioni, le malinconie, le sofferenze, ebbene sarà tutta energia che
non potrete utilizzare per costruire la vostra spiritualità, per costruire
il ponte che permette di contemplare la pace della quale si parla tanto.

Non ci sono molte riserve di energia, ce n’è una sola ed è quella della
vostra anima. Allora, quando si ha una sola riserva di energia, occorre
essere vigilanti e investire questa energia dove è giusto e corretto
investirla per il bene della vostra anima. Altrimenti quest’ultima non avrà
il suo nutrimento, non conoscerà il suo cammino, non potrà compiere il
proprio destino.

E’ per questo che in tutte le parti del mondo ci sono migliaia di persone
che provano ad essere qual-cosa ma che poi non arrivano mai; perché,
immancabilmente, continuano a investire l’energia della loro anima nelle
cose banali, triviali, stupide e idiote della vita. Come ad esempio la
segretaria che talvolta, rientrando a casa la sera, piange perché quel suo
collega d’ufficio ha rimarcato che lei è brutta, disonesta o lenta.

Quanto astio si crea così all’interno delle vostre comunità di lavoro
facendo scattare dei veri e pro-pri drammi interiori.

Come comportarsi di fronte a chi ci offende

Tutto questo accade perché l’individuo dà il diritto, falso e completamente
stupido, a qualcuno che non è più avanti di lui di distrugger-lo. Perché
date il diritto agli altri di distruggervi? Perché accor-date loro questo
potere? Già che ci siete legatevi i piedi e le mani e buttatevi in mare!
Almeno avrete liquidato la cosa; vi assicuro che sarebbe meno stupido che
vedere queste migliaia di per-sone, queste migliaia di anime, che si danno
in pasto ad altri individui, ad altre anime maldestre perché giovani,
perché egoiste, ambiziose! Certo, non è facile sopportare l’ambizione degli
altri, l’egoismo degli altri, l’intolleranza degli altri; ve ne do atto. Ed
è tempo che tutto questo cambi. Ma se questa stupidità esiste, perché le
date il potere di distruggervi? Quale follia vi conduce a reagire in questo
modo?

Rinsavite e date il potere a chi ne è degno. Date il potere di influenzarvi
a colui che può degna-mente guidarvi. Non all’altro. E se qualcuno vi
umilia, vi fa capire che siete di troppo, che siete pic-colo, neppure
bello, corto e brutto, beh! Sorridete! Che importa? Se siete veramente
piccolo, corto e brutto, ebbene ditegli: “Sì, è vero” e dopo scoppiate a
ridere; la vostra risata sarà per lui un grande enigma.

Forse il più grande della sua vita. E, senza confes-sarlo, rifletterà sulla
cosa, si domanderà: “ma quello lì perché ha riso?” Poiché un individuo,
invisibilmente, talvolta è sensibile alle lezioni che gli danno i suoi
fratelli. Anche se non lo confessa, lo tiene nascosto perché il suo
orgoglio gli impe-disce di riconoscerlo: figuriamo-ci lui che vuole
schiacciare gli altri, che vuole essere il più bello, come puo’ immaginare
di essere distrutto proprio da colui che cerca di schiacciare? Impossibile
ammetterlo!

Ma non fate di questa verità una forza per voi stessi. Non desidero dare
inizio a delle illusioni. Non imparate altra forza se non quella della
luce. Non dite: “Bene, mi ha preso in giro, si è burlato di me, ma io ho il
discernimento spirituale, la conoscenza; qualunque cosa possa dire, io
riderò, dun-que, io sono il più forte, il più intelligente”. Se fate così,
sbagliate. Ed è un errore ancora più grande che se soffriste. Perché ?

Voi avete un’espressione che si adatta benissimo alla situazione: “Mettere
un impiastro su una gamba di legno”. Non si adatta a voi questo motto? Ed è
questo che succede. Il giorno in cui non avrete la volontà, il coraggio di
sorridere dicendovi: “Ecco, sono io il più grande, sono io il più
intelli-gente a reagire così”, ebbene quel giorno crollerete e piangere-te,
fintantoché la vostra co-scienza, la vostra memoria, non avrà cancellato la
cosa. Non bisogna dunque recitare e giocare una commedia nella spiritualità
perché molto presto si scopre il rovescio della medaglia che vi sfregia in
maniera ancora più dolorosa. Perché?

Perché la spiritualità è autenticità, verità. E, se il vostro comportamento
non si allinea alla realtà, ebbene questa realtà vi distrugge, vi trafigge
per farvi ritrovare un terreno più reale.

Non perché siate indegno; ma al contrario, per salvarvi, per dirvi:
“Attenzione, bambino, non conti-nuare in questo senso, facendo questa cosa
stai andando verso la follia”.

Bisogna sempre essere sinceri con se stessi

Quello che occorre, dunque, è essere sinceri verso se stessi e non recitare
la commedia, non co-struirsi un personaggio, non costruirsi una forza, ma
utilizza-re la forza che già esiste. Essa è quella di cui vi ho parlato
poco fa che si manifesta attraverso il distacco, l’abbandono: vostro marito
vi umilia, vostra moglie vi ridicolizza, voi ne soffrite profondamente,
avete pure pensato al suicidio, vi capisco. Vi capisco e desidero
consolarvi, ma prima che sia tempo per me di consolare gli uo-mini, potete
reagire subito, adesso. Lasciate andare, non ha importanza se un essere
maldestro per-ché ignorante vi crede ridicolo o si sia divertito in tutti
questi anni a farvi sentire tale e ad approfit-tare e a ridere di voi, a
divertirsi della vostra sofferenza. Abbandonate tutto! Non partecipate ai
gio-chi dei bambini!

Se un bambino vuole giocare a rimpiattino, voi partecipate al suo gioco? No
! Se un bambino si mette a saccheggiare la casa con il pretesto di voler
giocare a rimpiattino, agli indiani o ai cow-boys, fate parte anche voi del
gioco, accettando di rovinare e di insudiciare? No ! Voi invece guidate il
bambino, dicendogli: “No, non metterai a soqquadro la casa; puoi giocare
certo, ma ri-spettando l’ordine delle cose”. Usate e adottate lo stesso
atteggiamento con il vostro ambiente. Non partecipate al gioco malsano
della sconvenienza di certi individui, della loro ignoran-za, della loro
intolleranza ed anche della loro impotenza.

Per trovare la vostra libertà dovete spezzare tutte le dipendenze che avete
gli uni verso gli altri; avere una dipendenza verso qualcuno non significa
necessariamente aver bisogno di questa persona per fare questo o quello:
dover essere soggetto a tale persona significa doverla subire, e pure
questa è dipendenza. Invece, per essere libero, occorre tagliare tutti
questi lacci, queste catene che vi im-pediscono di salire come una
mongolfiera verso il cielo. Finché la mongolfiera resta attaccata, eb-bene
non sale. Come può la vostra anima raggiungere le sue sfere, il suo piano,
finché resta ormeg-giata alle sue sofferenze, alle sue illusioni? E’
impossibile! Pure se voi possedeste la grandezza degli angeli, fino a che
acconsentite a chinare le spalle e a subire gli altri, non potrete spiegare
le vostre ali.

Che cosa fanno e come agiscono gli uomini? Ebbene, il giorno in cui ne
avranno veramente abba-stanza, diventeranno a loro volta aggressivi e
cominceranno a picchiare e a fare come fanno gli al-tri. Allora i rapporti
fra gli uomini diventeran-no dei rapporti di potenza; questo è sbagliato.

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