Come funziona il nostro corpo dal punto di vista chimico della regolazione del pH

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Come funziona il nostro corpo dal punto di vista chimico della regolazione del pH

Una dieta corretta è una dieta che fornisca al corpo alimenti che non siano troppo acidi, o troppo
basici, e che supportino il sistema di autoregolazione

di Stefano Pravato – 05/03/2013

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In quest’articolo vorrei cercare di inquadrare il tema dieta e pH da un’angolazione insolita.
Pensiamo a una città e a come la si possa descrivere tramite le mappe delle reti che la compongono:
la mappa stradale, quella della rete elettrica, quella della rete idrica, della fognatura e così
via. In analogia possiamo provare a considerare le mappe delle reti sinergiche e cooperanti
all’interno del corpo umano. Partendo dalle mappe e dai sistemi che la medicina ha già proposto e
catalogato per i suoi fini, farò qualche osservazione sulla mappa dei fenomeni elettrici biologici,
approfittando di questo articolo per mettere alcune intuizioni e conoscenze provenienti da ambiti
diversi.

Elettricità

Per quanto fin dalla fine dell’Ottocento i dispositivi elettrici abbiano evidenziato l’importanza
tecnica della forza elettrica, vale la pena rimarcare quanto esigue siano le manifestazioni naturali
spontanee. Se escludiamo i fulmini, la magnetizzazione di certi metalli e l’elettrizzazione per
strofinio, possiamo affermare di avere quasi esaurito la lista. Al contrario, per la forza di
gravità, ad esempio, i fenomeni cadono – è la parola giusta – continuamente sotto agli occhi e
invece di essere sporadici e occasionali sono talmente intrisi nella quotidianità che non li notiamo
per assuefazione. Se stiamo in piedi – invece di fluttuare nello spazio – è proprio perché siamo
attratti dalla Terra; la caduta dell’acqua dal rubinetto permette di lavarci, e così via. Inoltre in
questo gestire la forza di gravità siamo addirittura quantitativi, non per niente ci pesiamo sulla
bilancia per vedere se abbiamo aumentato la nostra massa, oppure pesiamo gli ingredienti per le
nostre ricette. Una bilancia in bagno e una in cucina sono diventate oggetti di design e magari ci
scordiamo, e talvolta non sappiamo nemmeno, che funzionalmente servono per misurare la forza peso,
direttamente collegata all’attrazione gravitazionale. Per contro gli strumenti di misura delle
quantità elettriche sono praticamente inesistenti come oggetti di design e anche i più comuni, ad
esempio i tester elettrici, raramente figurano negli scaffali degli utensili di casa. In genere non
siamo portati a pensare all’elettricità come ad una forza di uso quotidiano e per lo più ci
limitiamo a rappresentarcela mentalmente come una sostanza pericolosa che scorre, quasi fosse
fluida, isolata dentro cavi appositi e che in qualche modo fornisce energia. Voglio evidenziare una
cosa che viene spiegata nell’esame di Fisica 1 agli studenti universitari, ed è l’enorme differenza
delle forze in gioco. A parità di distanza, la forza elettrica è circa 38 ordini di grandezza
maggiore della forza gravitazionale. Non 38 volte maggiore – non sarebbe una differenza così grande,
ma 1 seguito da 38 zeri volte maggiore! Ciò spiega anche la difficoltà nel testimoniare fenomeni
spontanei e, quando succede, pensiamo ai fulmini, si tratta spesso di fenomeni di riequilibrio
rapidissimo. Quello che invece di continuo succede, e che non possiamo percepire, è l’azione
continua di tale forza, responsabile, per esempio, della coesione degli oggetti che possiamo
toccare, come la superficie di un tavolo. O meglio, che possiamo sfiorare, giacché la distanza zero,
il contatto tra atomi, tra la pelle delle nostre dita e la superficie di qualsiasi oggetto, è
impedita proprio dalla repulsione elettrica.

Nel corpo

Gli studi sull’elettricità animale furono proprio tra i primi in assoluto a porre le basi su questo
tema e a suscitare interessi e interrogativi. Oltre alla comunicazione nervosa vera e propria, ci
sono una miriade di reazioni e collegamenti tra organi e sistemi realizzati, stabiliti e mediati da
particelle dotate di carica elettrica. Dati i 38 zeri di cui sopra, spero almeno si intuisca perché
bastino anche poche particelle cariche, ioni, per ottenere quegli effetti biologici necessari per un
corretto funzionamento dell’organismo. Il fluire di questi ioni avviene in quanto il corpo umano è
una grande soluzione chimica conduttrice: circa il 60% del peso corporeo di un uomo adulto, e il 50%
di una donna, è dato dall’acqua. Grosso modo, giusto per dare un’idea più dettagliata, il sangue e i
reni sono composti d’acqua all’80%, il cervello all’85%, i muscoli al 75%, il fegato al 70% e le
ossa al 20%. I due terzi dell’acqua sono all’interno delle cellule e il resto, all’esterno, per lo
più plasma e linfa. Una disidratazione di poco più del 5% può essere fatale. Cambiamenti delle
concentrazioni di soluto provocano spostamenti d’acqua tra i vari comparti organici come risposta
tendente a mantenerli in equilibrio osmotico. Sodio all’esterno e potassio all’interno della cellula
sono i due minerali principali che regolano queste forze osmotiche. Di tutte le importantissime
funzioni svolte dall’acqua per l’organismo dell’essere umano, in questo contesto non parleremo.
Quello che ci interessa è che si tratta di un liquido adatto per le soluzioni – e lascio volentieri
l’ambiguità sul significato, anche se è chiaro che parlo di chimica. Sappiamo, dalle scuole
superiori, che l’acqua ha pH pari a 7 ed equivale alla neutralità. Tale grandezza, il pH, fornisce
la misura della concentrazione di ioni idrogeno presenti. Se aggiungiamo un acido in acqua, esso
interagisce e provoca un riequilibrio degli ioni presenti con aumento degli ioni positivi: il pH
diventa minore di 7. Viceversa, se si aggiunge una base, il pH diventa maggiore di 7. Non entriamo
nei dettagli, quello che è importante è che nelle opportune condizioni sostanze in soluzione
generano degli ioni e questi aumentano la conduttività, altrimenti piuttosto bassa, dell’acqua.
Ovviamente non tutti i fluidi e tessuti del corpo hanno lo stesso pH.

In proposito sarà utile la seguente tabellina:

Tessuto corporeo pH
Succo pancreatico 7,8-8,0
Sangue 7,35-7,45
Fegato 6,9
Saliva 6,35-6,85
Muscolo 6,1
Urina 4,5-8,0
Succo gastrico 1,2-3,0

Giusto per capire “in che parte del mondo stiamo”, una variazione del pH sanguigno, per esempio, da
7.40 a 7.10 potrebbe sembrare numericamente modesta, ma in realtà, convertita nelle grandezze che
rappresenta, parla del raddoppio della quantità di ioni idrogeno da 40 a 80 nmol/lit. Dal momento
che questi ioni sono per definizione portatori di carica elettrica, se ne deduce che una loro pur
minima variazione numerica provocherebbe un aumento significativo della corrente correlata e,
conseguentemente, dei fenomeni elettrici – limitandoci solo a quelli. Non è una sorpresa quindi che
il corpo si sia dotato di opportuni “stabilizzatori di corrente” per non essere soggetto a crisi a
seguito del normale ciclo metabolico di consumo e produzione. La concentrazione ionica dei liquidi
dei nostri tessuti è infatti regolata in maniera mirabile sfruttando il processo chimico delle
soluzioni tampone, miscele di componenti presenti in quantità opportune e che hanno l’effetto di
minimizzare accidentali variazioni di pH mantenendolo entro intervalli metabolici accettabili e,
specie nel caso del sangue, piuttosto ristretti. La spiegazione dettagliata del comportamento di
queste soluzioni esula dai nostri scopi. Quello che ci interessa sottolineare è che per quanto
ingegnoso sia questo meccanismo, e per quanto preveda, per esempio, l’intervento supplementare della
maggiore o minore ventilazione polmonare, esso opera con una capacità limitata: non può bilanciare
all’infinito. Per certi versi è anche intuitivo che la quantità di sostanza acida o basica che
possiamo aggiungere in una soluzione tampone è comunque limitata e, superato un certo limite, il
processo di stabilizzazione viene sopraffatto e “vince” la sostanza immessa in maggior quantità.
Quando questa sopraffazione avviene in maniera acuta, si verificano crisi metaboliche, dette acidosi
o alcalosi, i cui casi da pronto soccorso potreste avere visto per caso anche nei telefilm Dr. House
o ER, in quanto si tratta di eventualità la cui soluzione medica si presta particolarmente alla
diligente applicazione del ragionamento deduttivo.

E la dieta?

Una dieta corretta, per quello che abbiamo sopra delineato, è una dieta che fornisca al corpo
alimenti che non siano troppo acidi, o troppo basici, e che supportino il sistema di
autoregolazione. Infatti un cibo cronicamente acidificante (o alcalinizzante) avrebbe come effetto
quello di porre sotto stress il sistema di autoregolazione il quale, prima di soccombere in maniera
acuta con un’acidosi (o un’alcalosi) da telefilm, cercherebbe in tutti i modi di compiere il suo
dovere, e per far questo non esiterebbe, trattandosi in fin dei conti di vita o di morte, a
sottrarre minerali da altre parti del corpo, pure importanti, certo, ma non criticamente vitali.
Oppure a riversare sul collagene e sui tessuti connettivi un carico acido altrimenti non eliminabile
attraverso i reni e la respirazione. Analogamente ad altre malattie subcliniche, ciò provocherebbe
un indebolimento organico su cui potrebbero innestarsi più facilmente del dovuto altre malattie, la
cui causa scatenante raramente è messa in relazione al soggiacente stato di stress di omeostasi
chimica. La guarigione di tali malattie, quasi opportunistiche, può chiaramente trarre grande
giovamento dal ristabilirsi dei valori corretti del pH.

E le onde elettromagnetiche?

Vorrei aggiungere una considerazione che si impone visto l’invasione delle comunicazioni wireless,
cioè senza fili, a seguito della quale siamo continuamente esposti a radiazioni provenienti dalle
reti GSM, UMTS e prossimamente LTE (telefonini), DECT (per i cordless), Wi-Fi (per l’acceso internet
senza fili) e così via. Queste radiazioni sono composte di onde elettromagnetiche. La soluzione
acquosa presente nel nostro corpo ci fa funzionare come antenne per queste onde: le onde entrano nel
nostro corpo e interagendo con il liquido conduttore generano una corrente elettrica interna,
proprio come avviene nelle antenne. Questa elettricità prodotta nel nostro corpo, come tutte le
correnti elettriche, va a terra attraversandoci e, come tutte le correnti elettriche, prende il
percorso di minor resistenza. Purtroppo lungo tale percorso, anche se rappresenta solo il 10% dei
nostri percorsi, passa il 90% del traffico elettrico totale. Si tratta di ioni che fungono da
ormoni, anticorpi, neurotrasmettitori e che sanno dove stanno andando grazie alla loro carica
elettrica. E sanno dove “scendere”, perché vi è una carica opposta corrispondente nel sito di
consegna. Il problema, in presenza del passaggio della corrente elettrica aggiuntiva, è che si può
alterare la carica sugli ioni in viaggio o sui siti di consegna. Questi messaggeri biologici possono
quindi scendere dove non dovrebbero, mancando il bersaglio. Quando ciò accade una volta sola non è
molto importante, ma quando c’è una continua interferenza che duri anni si può facilmente ritenere
che possa indurre malattie. In questo caso il disturbo è esterno e pertanto non esiste un’“adeguata”
dieta di onde elettromagnetiche che possa giovare a ristabilire l’equilibrio. Il concetto di dose
sopportabile sembra, dunque, inventato apposta da chi promuove queste tecnologie, mentre l’unica
mossa è ridurre al minimo, possibilmente a zero, l’esposizione.

La dieta alcalina

Documentandomi per questo articolo, mi sono preso la briga di ricercare in Medline “alkaline diet”,
vale a dire tutti gli articoli indicizzati il cui titolo riportasse “dieta alcalina”. Ho avuto la
gradita sorpresa di vedere che pochi mesi fa, il 12 ottobre 2011, è stato pubblicato un meta-studio
del dottor Schwalfenberg dell’università di Alberta, Canada (1) il cui Abstract recita: «La presente
analisi riguarda il ruolo di una dieta alcalina per la salute. È stata svolta una ricerca in
“PubMed” sulle pubblicazioni riguardanti il pH, il carico acido renale potenziale, la salute delle
ossa, dei muscoli, l’ormone della crescita, il mal di schiena, la vitamina D e la chemioterapia.
Sono stati consultati molti libri scritti nella letteratura non professionale sulla dieta alcalina e
valutati alla luce della letteratura medica pubblicata. Ci può essere un certo valore nel
considerare una dieta alcalina nel ridurre la morbilità e la mortalità da malattie croniche e
ulteriori studi in questo settore della medicina sono giustificati». Lo studio, liberamente
consultabile per intero, fa interessanti considerazioni sul cambiamento di dieta subentrato con la
fine delle attività di cacciatore/raccoglitore (10.000 anni fa) e con l’inizio dell’età industriale
(ultimi 200 anni). Per citare un dato, in questo passaggio il rapporto tra potassio e sodio è stato
alterato, passando da 10 a 1 fino all’attuale 1 a 3.

Questa, assieme ad altre variazioni, avvenute in tempi tanto rapidi da non permettere adattamento
genetico, hanno portato ad un’acidosi metabolica per cui una dieta alcalina è sembrata degna di
essere sottoposta al vaglio di questo studio. Schwalfenberg cita uno studio di tre anni su soggetti
con dieta ricca di potassio – frutta e verdura per intenderci – e basso carico renale che ha
registrato la conservazione della massa muscolare negli anziani, uomini e donne. Parlando del mal di
schiena dice che «vi è qualche evidenza che la lombalgia cronica migliori con la supplementazione di
minerali alcalini. Con l’integrazione c’è stato un aumento lieve ma significativo del pH sanguigno e
del magnesio intracellulare. Garantire che vi sia abbastanza magnesio intracellulare consente la
corretta funzione dei sistemi enzimatici e permette inoltre l’attivazione della vitamina D. Fattore
che a sua volta ha favorito la riduzione del dolore». Lo studio non riporta conclusioni certe sul
beneficio che ne possano trarre le ossa e dice che non vi sia letteratura scientifica attestante la
validità di una dieta alcalina nella prevenzione oncologica. Al di là della presa di distanza dalla
letteratura non tecnica e delle riserve in un’area dai molteplici risvolti e delicata come quella
oncologica, la pubblicazione di questo studio rappresenta una prima apertura, non senza qualche
riserva, ad un confronto, di cui si sente grandemente la mancanza, sul ruolo dell’alimentazione come
prevenzione e cura, un argomento che tanto e giustamente attrae l’interesse comune.

Note
[1] Schwalfenberg K., The Alkaline Diet: Is There Evidence That an Alkaline pH Diet Bénefits Health?
J Environ Public Health, 2012; 2012: 727630. Pubblicato online il 12 ottobre 2011:
10.1155/2012/727630 www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3195546/

Questo articolo è tratto dalla rivista:

Scienza e Conoscenza – N. 40 >> goo.gl/FI4Lf
Editore: Scienza e Conoscenza – Editore
Data pubblicazione: Maggio 2012
Formato: Rivista – Pag 80 –

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