Com’è la voce di Dio?

pubblicato in: AltroBlog 0

Com’è la voce di Dio?

di Satyaraja Dasa

Cantando puramente possiamo realizzare Krishna nel suono dei Suoi nomi, che sono identici a Lui e possono quindi rivelarci non solo il tono della Sua voce, ma anche la Sua forma, le Sue qualità, le Sue attività e così via.

Può sembrare ingenuo chiedersi che suono ha Dio, immaginare il tono della Sua voce e il linguaggio che usa per comunicare con i Suoi cari. Essendo trascendentale, è ovvio che Egli Si trova oltre le sonorità mondane. La maggior parte dei religiosi direbbe semplicemente che quando Dio comunica, lo fa con toni inconfondibili, niente di più. Ragionando in libertà, possiamo dire che Dio parla il linguaggio dell’amore e chiunque comunichi con Lui puramente e sinceramente –in una lingua o in un tono qualsiasi– sarà compreso e avrà con Lui uno scambio commisurato alla propria devozione.

Per quanto ne sappiamo, questo è senz’altro vero. Tuttavia, la storia ci mostra un Dio che comunica in modo speciale con coloro che Lo amano. In Occidente, la scuola giudaico-cristiana teorizza un’antica lingua divina, un idioma primordiale antecedente al linguaggio umano. Sia gli ebrei che i cristiani si sono sempre chiesti quale lingua parlasse Adamo, il quale diede il nome a ogni creatura vivente (Genesi 2.19). L’ipotesi più accreditata è che la forma linguistica arcaica da lui usata deviasse leggermente dal sistema verbale di Dio.

Nei primi libri della Bibbia, Dio utilizza un linguaggio durante la creazione e le autorità israelite del medioevo presumevano fosse ebraico. Poiché l’indicazione che usasse un linguaggio è chiara, alcuni si sono posti domande specifiche come, “La Sua voce è acuta o profonda?”, “È sempre gradevole all’ascolto?” I teologi cristiani dicono che la lingua madre di Gesù era l’aramaico e che molto probabilmente egli conosceva anche l’ebraico e il greco. Data la relazione intima che Gesù aveva con Dio, dicono spesso, la sua lingua doveva essere la lingua di Dio. Non c’è tuttavia alcuna testimonianza di questa teoria nella letteratura biblica.

Se ci rivolgiamo alle fonti vediche, come per esempio il Rig-veda (1.164.45), leggiamo che esistono quattro suoni diversi: para,pasyanti, madhyana e vaikhari. Ad essi corrispondono quattro stati di coscienza: turiya (trascendentale), susupti (intellettuale),svapna (mentale) e jagrata (fisico). Di questi, il primo è spirituale, i due successivi sono sottili e comuni agli esseri dei pianeti superiori, e l’ultimo è grossolanamente materiale, quindi in uso tra coloro che abitano i pianeti inferiori o mediani, come la Terra. Ovviamente, Dio può utilizzare uno qualsiasi di questi suoni per comunicare con gli esseri di questo mondo e noi possiamo a nostra volta fare lo stesso per comunicare con Lui.

Srila Prabhupada dice che il canto del maha-mantra (Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare) “viene direttamente dal piano spirituale, pertanto è una vibrazione che supera gli stati inferiori di coscienza: sensuale, mentale e intellettuale. Non occorre dunque conoscere la lingua del mantra, né bisogna fare uno sforzo mentale o intellettuale per cantare il maha-mantra, in quanto esso sgorga naturalmente dalla fonte spirituale. Non servono qualifiche particolari, tutti possono cantarlo e danzare in estasi.”

In essenza, Srila Prabhupada spiega che il suono del nome di Krishna è trascendentale, situato sul piano turiya, quindi non connesso alle tre forme sonore inferiori. Dato che Krishna è assoluto, la Sua forma e il suono del Suo nome sono identici; e poiché ilmaha-mantra è Krishna nella forma del suono, chi ascolta o pronuncia questo suono col cuore puro ha un esperienza uditiva di Lui. Ciò è vero per ogni preghiera sincera e offerta con devozione. Perfezionando il proprio canto, si può giungere a vedere il Signore in tutta la Sua gloria.

Diversamente dalle altre tradizioni religiose, il vaisnavismo prevede un sistema scientifico che permette di conseguire questo traguardo, e lo studio approfondito dei libri di Srila Prabhupada, tutti perfettamente in linea con la letteratura vedica, rivelano i metodi pratici per stabilire un contatto diretto col Signore Supremo. La peculiarità della rivelazione divina attraverso il suono, propria del vaisnavismo, non ha eguali nella storia della religione. Giungiamo a capire chi è Dio e che suono ha con un approccio ravvicinato.

Krishna, il linguista

Nel Bhakti-rasamrita-sindhu, capitolo 21, Srila Rupa Gosvami parla in dettaglio di Krishna come poliglotta trascendentale. Srila Prabhupada riassume questa descrizione ne Il Nettare della Devozione:

Rupa Gosvami spiega che una persona è poliglotta se conosce il linguaggio dei diversi popoli, in particolare il sanscrito, che si parla nelle città degli esseri celesti, ma anche le varie lingue di questo mondo, inclusa quella degli animali. Da quanto egli dice possiamo dedurre che Krishna capiva e parlava anche il linguaggio degli animali. Un’anziana donna di Vrindavana, che visse al tempo in cui Krishna svolgeva i Suoi passatempi, esclamò con stupore: “Che meraviglia vedere Krishna che incanta le ragazze di Vrajabhumi mentre parla con loro il dialetto di Vraja, poi Si rivolge in sanscrito agli esseri celesti e infine alle mucche e ai bufali nel loro linguaggio! Conosce perfino il dialetto del Kashmir, conversa con i pappagalli e gli altri uccelli, e sa parlare con la più grande espressività tutte le altre lingue comuni.” La donna chiese poi alle gopi in che modo Krishna era diventato così esperto nel parlare linguaggi tanto diversi.

In sintesi, Krishna parla tutte le lingue. Questo fatto riporta a una concezione più generale di Dio come di Colui che sente e comprende tutto ciò che diciamo, specialmente se comunichiamo con Lui in un sentimento d’amore e devozione. Qui apprendiamo tuttavia nei particolari come Krishna usa questo talento e le circostanze in cui lo fa. Oltre al Bhaktirasamrita-sindhu, Srila Rupa Gosvami ha scritto molte opere, anche teatrali. In queste ultime Krishna è rappresentato mentre parla con alcune persone inprakrita (il linguaggio comune) e con altre in sanscrito.

Prabhupada spiega che quando Krishna era a Vraja, all’incirca cinquemila anni fa, Si esprimeva in Vrajabhasa, il linguaggio locale che i mandriani parlano ancora oggi. Quando invece conversava con Arjuna sul campo di battaglia di Kurukshetra, usava il sanscrito poetico, come in taluni casi fanno gli eruditi e gli esseri celesti. In verità, ci rivela Prabhupada, a volte Krishna parla questo stesso linguaggio ricercato sul Suo pianeta nel mondo spirituale: “Sì, il sanscrito si parla non solo a Krishnaloka, ma anche sui pianeti degli esseri celesti.” (Lettera del primo febbraio 1968)

Sri Caitanya Mahaprabhu ha rivelato qualcosa di ancor più specifico sulla voce di Krishna:

Mio caro amico, Krishna ha la voce profonda di una nuvola tonante nel cielo….La Sua voce risuona più delle fresche nubi cariche di pioggia e il Suo canto supera in dolcezza perfino quello del cuculo. In verità, il Suo canto è talmente dolce che anche una Sua minima vibrazione sonora può inondare il mondo intero. Se questa vibrazione entra nel nostro orecchio, non siamo più in grado di ascoltare nient’altro. (Caitanya-caritamrita, Antya 17.40- 41)

Nel capitolo 21 del Bhakti-rasamritasindhu, Rupa Gosvami descrive anche la profondità della voce di Krishna.

I suoni negli scambi d’amore

In ultima analisi, la voce di Dio si esprime in modo variegato, manifestando, potremmo dire, modulazioni illimitate. A volte Egli ci parla senza parole – attraverso una situazione difficile o un malessere fisico, attraverso la rugiada del mattino o con un tramonto, con il sorriso di un estraneo o con la tenerezza di un bimbo. Ci avvicina in moltissime forme e dobbiamo essere pronti ad ascoltarLo, abbandonando le nostre aspettative e i nostri preconcetti.

Detto questo, le Scritture vediche ci parlano della Sua forma originale e rivelano che possiamo percepirLo se Lo amiamo veramente, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Il suono di Krishna è diverso per ogni persona, ma i puri devoti ne hanno anche un’esperienza unitaria. In altre parole, ogni puro devoto percepisce il Signore secondo la sua unica e personale relazione con Lui, ma condivide con gli altri il suono del Suo flauto affascinante, il piacere della Sua voce profonda e risonante, e comunica con Lui in linguaggi che danno vita agli scambi d’amore più confidenziali.

Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, è un editore associato del BTG e fondatore del Journal of Vaishnava Studies (Giornale di Studi Vaisnava). Ha scritto più di trenta libri sulla coscienza di Krishna e vive vicino a New York.

© The Bhaktivedanta Book Trust International. All rights reserved.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *