Come Mindfulness insegna la meditazione camminata buddhista

pubblicato in: AltroBlog 0
Come Mindfulness insegna la meditazione camminata buddhista

di J.K.Zinn

Meditazione camminata

La meditazione camminata è un’altra delle porte per cui si entra nella
stessa stanza della meditazione seduta, sdraiata, o in piedi. Lo spirito e
l’orientamento sono gli stessi, la struttura leggermente diversa, perché ci
si muove. Alla fine, però, si tratta della stessa pratica, solo che si
cammina; però – ed è una grande differenza – si cammina con passo regolare
e senza una meta da raggiungere. La meditazione camminata formale non
consiste nell’andare a piedi da qualche parte, ma nello stare con ogni
singolo passo, pienamente presenti lì dove si è in realtà. Non si cerca di
andare da nessuna parte, nemmeno fino al passo successivo; non si « arriva
» se non, di continuo, nel momento presente.

La meditazione camminata ci dà l’opportunità di stare nel nostro corpo in
un modo un po’ differente che non nella meditazione seduta o sdraiata.
Possiamo portare l’attenzione ai piedi e sentirne a ogni passo il contatto
con il pavimento o il terreno, come se baciassimo la terra e questa
ricambiasse il bacio. Abbiamo già parlato di questo miracolo e della totale
reciprocità del contatto. C’è una miriade di sensazioni, proprie, ricettive
e no, da includere nel campo della consapevolezza.

Camminare è una caduta controllata in avanti, un processo che ci si mette
molto tempo a padroneggiare, che spesso diamo del tutto per scontato
dimenticando quanto sia miracoloso e meraviglioso. Quando la mente se ne
va, dunque (e lo farà di certo anche nella meditazione camminata, come in
ogni altra pratica), prendiamo nota di dove sia andata a finire, di ciò che
abbiamo in mente al momento, e poi scortia mola con gentilezza
riportandola al momento presente, a questo preciso respiro, a questo
preciso passo, come già descritto prima.

Dato che non si sta andando da nessuna parte la cosa migliore è ridurre al
minimo le occasioni di distrazione, camminando avanti e indietro più e più
volte lungo un percorso rettilineo. Non occorre che sia lungo: dieci passi
in una direzione, dieci passi nell’altra andranno già benissimo; in ogni
caso non si tratta di un giro turistico dei dintorni. Si mantengono gli
occhi rilassati, lo sguardo dritto davanti a sé. Non occorre guardarsi i
piedi: loro sanno, misteriosamente, dove si trovano, possono essere abitati
dalla consapevolezza e trovarsi in contatto, attimo per attimo, con ogni
parte del ciclo motorio di cui è composto il passo e anche con l’intero
corpo che cammina e respira.

Si può praticare la meditazione camminata a molte andature diverse; questo
le dà una quantità di applicazioni nella vita quotidiana. Di fatto possiamo
passare facilmente dal camminare in consapevolezza al correre in
consapevolezza, a sua volta una splendida pratica a tutù gli effetti. In
questo caso, naturalmente, abbandoniamo il percorso rettilineo, cosa che di
certo possiamo fare anche per camminate formali più veloci o sulle lunghe
distanze. La meditazione camminata che fa parte del Programma di riduzione
dello stress, però, è estremamente lenta; questo serve ad attenuare
l’impulso che abbiamo a muoverci in fretta e anche ad affinare la nostra
intimità con le dimensioni sensoriali dell’esperienza del camminare e la
loro connessione con il respiro, per non parlare della possibilità di
percepire meglio ciò che accade nella mente nel frattempo.

Cominciamo stando in piedi e portando la consapevolezza al corpo come a un
tutt’uno che si trova a una delle due estremità del percorso rettilineo
prescelto. Il campo della consapevolezza può comprendere l’intero panorama
del presente. A un certo punto, abbastanza misteriosamente, ci rendiamo
conto di un impulso mentale a iniziare il processo del camminare, impulso
che si concretizza sollevando un piede. Così prendiamo consapevolezza di
quel sollevarsi, non prima però di esserci permessi di registrare
quell’impulso, proprio come nella meditazione del chicco d’uva passa dove
fra le istruzioni c’era anche quella di essere consapevoli dell’impulso di
inghiottire prima ancora di compiere l’atto reale di inghiottire.

Cominciamo con il sollevare solo un tallone; poi portiamo consapevolezza al
fatto di spostare in avanti tutto il piede e la gamba e quindi di posare il
piede a terra, di solito con il tallone per primo. Quando tutto il piede
che ora è davanti è posato sul pavimento o sul terreno, notiamo lo
spostamento di peso dal piede dietro a quello avanti, e poi notiamo di
sollevare il piede dietro, prima il tallone e poi il resto, mentre
carichiamo il peso del corpo interamente sul piede che è avanti; e il ciclo
continua: muovere, posare, spostare il peso – sollevare, muovere, posare,
spostare il peso – sollevare, muovere, posare, spostare il peso…

Per ogni aspetto della meditazione camminata, possiamo stare in contatto
con l’intero ventaglio delle sensazioni fisiche che si associano al
camminare – il tallone del piede dietro che si solleva, lo slancio della
gamba che si muove in avanti, il tallone che si posa sul terreno o sul
pavimento, lo spostamento diretto del peso sul piede davanti – e con
l’integrazione ininterrotta di tutti questi elementi nella continuità del
cammino, anche quand’è così lento. Possiamo coordinare questi vari aspetti
del ciclo del cammino con il respiro, oppure limitarci semplicemente a
osservare come si muove il respiro al muoversi del corpo. Certo, dipenderà
in grande misura dalla velocità dell’andatura: quando si cammina piano si
fanno passi piccoli, è un camminare regolare, solo che è lento. Non c’è
nessun bisogno di esagerare o rendere artificiosi i movimenti, anche se ce
ne viene l’impulso: stiamo parlando di camminare in modo normale, solo più
adagio e in consapevolezza.

Se vi va di coordinare la respirazione al ritmo del passo, un modo di
giocare con il respiro è inspirare quando si solleva il tallone dietro e
poi espirare senza muoversi, fermandosi durante questa espirazione; poi
all’inspirazione successiva sollevare del tutto il piede dietro e portarlo
avanti. Sull’espirazione portiamo il tallone di quel piede, che ora sta
avanti, giù a stabilire il contatto con il suolo. All’inspirazione
successiva, mentre il tallone del piede dietro si solleva, il piede davanti
si appiattisce pian piano al suolo ricevendo gradualmente tutto il peso del
corpo. Sull’espirazione si fa un’altra pausa. All’inspirazione che segue
portiamo avanti il piede dietro e via così, momento dopo momento, respiro
dopo respiro, passo dopo passo. Se tutto questo vi costa troppo, vi fa
sentire troppo costretti o bloccati, potete semplicemente lasciare che il
respiro si muova come vuole.

E poi ci sono le mani. Che farne? Per esempio ci si può limitare a esserne
consapevoli; lasciarle pendere lungo i fianchi, oppure tenerle unite dietro
la schiena o sul davanti, basse davanti alla pancia o alte vicino al petto.
Lasciate che trovino il modo di stare a riposo e in pace e di far parte del
corpo intero e dell’esperienza fisica del corpo che cammina.

Tenete a mente che tutte queste istruzioni sono solo mere impalcature e
che nella meditazione camminata si può sperimentare una quantità di metodi
differenti. Alla fin fine non c’è un unico modo giusto, come per tutte le
altre pratiche formali, e potete sperimentare quello che vi sembra più
efficace, che più vi aiuta a « stare con » il camminare. La pratica
consiste semplicemente nel camminare e sapere che si sta camminando,
conoscere e discernere nel corpo l’intero ambito della realtà del
«camminare». In altre parole, essere presenti per il camminare, nel
camminare; stare con ogni passo e non perdersi via uscendo da se stessi.

Come amano dire nella tradizione Zen; « Quando cammini, cammina e basta».
E molto più facile a dirsi che a farsi, proprio come la meditazione seduta:
finiamo tutti per scoprire che la mente fa quel che le pare e quindi può
capitare che il corpo cammini e intanto la mente sia totalmente presa da
altre cose. La sfida della meditazione camminata è mantenere il corpo e la
mente nel momento presente, a stare insieme a quel che accade. Quel che
accade adesso, come quel che succede in ogni momento, è estremamente
complesso; camminando però cerchiamo di mantenere le sensazioni che si
associano al camminare al centro della scena, nel campo della
consapevolezza, e di continuare a riportarvele quando l’attenzione ne viene
distolta e se ne va da qualche altra parte. La meditazione camminata,
dunque, non differisce in nulla da ogni altra pratica di presenza mentale,
e il campo della consapevolezza può essere portato a collimare con il passo
o a espandersi a qualunque livello si desideri, dal notare le sensazioni
nei piedi attimo dopo attimo alla consapevolezza non selettiva della vasta
spaziosità del panorama del presente anche mentre si cammina.

Non siamo ancora arrivati alle istruzioni formali per la pratica della
gentilezza amorevole, ma come piccolo anticipo potete cominciare a farla
anche nella meditazione camminata, evocando in voi a ogni passo il nome
delle persone che desiderate includere nel campo della gentilezza
amorevole. A ogni passo potete evocare una persona, più e più volte; oppure
potete evocare una serie di persone, una per passo, per poi ricominciare
ciclicamente una volta finito l’elenco: « Che questa persona sia felice »,
« Che quella persona sia felice ». « Che a questa persona non sia fatto
alcun danno », « Che a quella persona non sia fatto alcun danno ». Ve ne
potrete fare un’idea scorrendo il capitolo dedicato alla pratica di
inetta. Nella
meditazione camminata, questa pratica funziona meglio se camminate
lentamente, in consapevolezza e totalmente « nel » corpo.

Se cerchi la verità fuori da te stesso finirai molto molto lontano.
Oggi, camminando da solo,
la incontro a ogni passo.
E’ la stessa cosa che sono io,
eppure io non sono lei.
Solo se la comprendi in questo modo ti fonderai con le cose così come sono.

TUNG SHAN (807-869)

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *