Il segreto dell’antigravità venne scoperto da un fisico olandese, Hendrik Casimir, nel lontano 1948.
Casimir, nato a L’Aja nel 1909, è noto in particolare per i suoi studi sulla superconduttività, uno
strano fenomeno per cui alcuni materiali, quando vengono raffreddati a temperature bassissime,
perdono del tutto la resistenza elettrica (recentemente i fisici e gli ingenieri hanno accolto
entusiasticamente la scoperta di alcuni superconduttori che non devono essere superraffreddati, ma
possono operare a temperatura ambiente). Dal 1942 in poi Casimir lavorò presso i laboratori di
ricerca della Philips – il gigante dell’elettricità – e fu in quel periodo che ipotizzò l’esistenza
di un fenomeno, implicito nelle leggi della fisica dei quanti, ancora più strano della
superconduttività, che venne chiamato effetto Casimir.
La maniera più semplice per capire l’effetto Casimir è quello di pensare a due piastre metalliche
parallele posizionate l’una molto vicina all’altra, tra le quali non c’è nulla. Ma, come abbiamo già
visto, il vuoto quantistico non è lo stesso “nulla” che i fisici si immaginavano prima dell’era dei
quanti. Il vuoto ribolle di attività: ci sono coppie particella-antiparticella che costantemente
vengono prodotte e che poi si annichiliano tra loro. Tra le particelle che si creano e si
distruggono continuamente nel vuoto ci sono molti fotoni – particelle che trasportano la forza
elettromagnetica alcuni dei quali sono particelle di luce. In realtà è particolarmente facile per il
vuoto produrre fotoni virtuali, in parte perché i fotoni sono la antiparticella di se stessi, e in
parte perché non hanno una “massa a riposo”, cosicché l’energia che bisogna prendere in prestito
dall’indeterminazione quantistica è quella dell’onda associata a un fotone specifico. Fotoni con
gradi diversi di energia sono associati a onde elettromagnetiche di diverse lunghezze d’onda: a
lunghezze d’onda minori corrisponde energia maggiore; quindi, un altro modo di considerare questo
aspetto elettromagnetico del vuoto quantistico è di pensare lo spazio vuoto come un mare caduco di
onde elettromagnetiche che contiene in sé tutte le lunghezze d’onda.
Questa attività irriducibile conferisce al vuoto un energia uguale in ogni punto, che quindi non può
venire misurata e tanto meno utilizzata. L’energia può manifestarsi e venire sfruttata per produrre
lavoro solo se c’è una differenza di energia tra un luogo e un altro. Un buon esempio è
rappresentato dell’elettricità di casa. Il vostro impianto elettrico ha un cavo che viene mantenuto
a un potenziale abbastanza alto (pari a 220 o a 110 volt, a seconda dei paesi), mentre un altro (la
cosiddetta “terra”) ha un potenziale uguale a zero. L’energia del cavo a voltaggio più alto non può
venire sfruttata fino a quando il cavo non viene collegato con un altro cavo a basso voltaggio; è
per questo motivo che l’energia è detta “potenziale”. Una volta effettuato il collegamento,
l’elettricità scorre nel cavo, trasformando l’energia potenziale in energia effettiva (luce e
calore). E’ la differenza di potenziale che è cruciale: se entrambi i cavi sono allo stesso
voltaggio, che questo sia zero o 220 volt o un valore ancora più elevato, non fa alcuna differenza.
Supponiamo di aggiungere a tutto il mondo duecento volt; non per questo prenderemmo la scossa,
poiché non ci sarebbe un luogo a potenziale inferiore dove scaricare la carica aggiunta. Si potrebbe
fare un paragone grossolano tra questo pianeta così caricato e il vuoto uniformemente riempito di
energia. Casimir dimostrò come rendere visibile l’energia del vuoto.
Egli mise in evidenza che tra due piastre conduttrici di elettricità le onde elettromagnetiche
possono assumere solamente certe forme determinate. Le onde che rimbalzano tra le due piastre si
comportano come le onde di una corda di chitarra che, per produrre determinate note, può vibrare
solamente in determinati modi: le oscillazioni devono essere contenute nella corda in modo tale che
non ci siano vibrazioni alla estremità della corda stessa. Per una data lunghezza della corda, le
oscillazioni consentite sono la fondamentale e le sue armoniche. Analogamente, solo le radiazioni
che hanno certe lunghezze d’onda possono essere contenute nello spazio compreso tra le due piastre
dell’esperimento di Casimir. In questo caso specifico non possono essere contenuti i fotoni che
hanno una lunghezza maggiore della distanza tra le piastre. Ciò significa che nello spazio compreso
tra le piastre ci sono meno fotoni virtuali di quanti non ce ne siano all’esterno; di conseguenza
esiste una forza che avvicina le piastre. Sfortunatamente, poiché i fotoni esclusi sono quelli di
lunghezza d’onda maggiore e quindi di energia inferiore, l’effetto è molto più piccolo. Ma
l’importante è che quella forza esista e che si manifesti come attrazione tra le piastre; esse
vengono “risucchiate” tra loro e generano dunque pressione negativa.
Potrebbe sembrare strano, ma il fenomeno è reale. Sono stati condotti esperimenti per misurare
l’intensità della forza di Casimir, usando piastre di diversi materiali di forma piatta o curva. Si
è misurata la forza variando la distanza tra le piastre tra 1,4 e 1,5 nanometri ( 1 nanometro = 1
miliardesimo di metro ) e la previsione di Casimir è stata pienamente verificata.
Un altro scienziato che, come Sagan, recentemente scomparso, scrive romanzi di fantascienza è Robert
Forward degli Hughes Research Laboratories di Malibù, in California. Egli ha proposto di sfruttare
l’effetto Casimir per fini pratici, estraendo energia dal vuoto. Forward, al contrario di Sagan, è
forse più noto come scrittore di fantascienza che non come scienziato. Personaggio fuori
dall’ordinario, è il tipo di scienziato che specula sui sistemi di sfruttamento dell’antimateria per
la propulsione delle astronavi e che descrive forme di vita che si sono evolute sulla superficie
delle stelle di neutroni. Per lui estrarre energia dal vuoto – ciò che un tempo era considerato il
nulla – è molto semplice.
Il progetto di Forward, la “batteria a fluttuazione del vuoto”, consta di una spirale di alluminio
ultrasottile elettricamente carica. Mentre la carica positiva mantiene distanti le estremità della
spirale, la forza di Casimir cerca di avvicinarle. Se in questa situazione si lascia che la spirale
si comprima lentamente, come una fisarmonica, la forza di Casimir si trasformerà in energia
elettrica utilizzabile. Una volta che la fisarmonica si sarà compressa, si potrà ricaricare la
“batteria” ricorrendo all’elettricità di una sorgente esterna, proprio come si fa con le normali
batterie ricaricabili. Naturalmente la batteria a fluttuazione del vuoto è di fatto praticamente
inutilizzabile; ma , come al solito, non è questo che ci preoccupa: l’invenzione si basa sulle leggi
della fisica e sulla realtà del fenomeno della pressione negativa, sebbene questo operi su scale
molto piccole. Morris e Thorne focalizzarono l’attenzione su queste potenzialità e misero anche in
evidenza che persino un semplice campo elettrico o magnetico che penetri in un cunicolo “è quasi
esotico; se la sua tensione fosse infinita, sarebbero soddisfatte le condizioni per la
stabilizzazione del cunicolo stesso. Nel medesimo articolo i due ricercatori del CalTech conclusero:
“Non si dovrebbe presupporre arbitrariamente che non esista la materia esotica necessaria a
mantenere aperto un cunicolo “attraversabile”.
Essi sostennero inoltre – fatto notevole – che la maggior parte dei fisici ha una carenza di
immaginazione quando affronta le equazioni che descrivono la materia e l’energia in condizioni molto
più estreme di quelle che si trovano qui sulla Terra; essi esemplificarono il problema portando il
caso di un corso per principianti sulla relatività generale tenuto nell’autunno del 1985 al CalTech,
dopo che, in seguito alla richiesta di Sagan, era stata avviata la prima fase delle ricerche, ma
prima che queste nozioni diventassero patrimonio comune anche per i relativisti. Gli studenti del
corso non ricevettero alcun insegnamento specifico sui cunicoli; essi impararono però ad esplorare
il significato fisico della metrica spazio-temporale. Quando questi studenti sostennero l’esame, fu
posta loro una domanda che li doveva condurre, passo dopo passo, alla descrizione matematica della
metrica corrispondente al cunicolo. Morris e Thorne commentarono: “Ci meravigliammo moltissimo nel
constatare quanto fosse limitata l’immaginazione degli studenti. La maggior parte di essi riuscì a
decifrare proprietà circostanziate della metrica, ma davvero pochi riconobbero che essa
rappresentava un cunicolo attraversabile che collega due universi differenti”.
A persone dotate di una immaginazione più libera si presentano ancora due problemi: come rendere un
cunicolo sufficientemente grande da far sì che attraverso di esso possano viaggiare astronavi con
persone a bordo e come fare in modo che la materia esotica non entri in contatto con questi
passeggeri spaziali.
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