Una ricercatrice si è prestata a 75 scansioni in MRI per scoprire l’effetto delle fluttuazioni
ormonali da pillola sulla struttura cerebrale.
30 ottobre 2024 – Elisabetta Intini
Si stima che più di 150 milioni di donne nel mondo usi contraccettivi orali.
Per 75 giorni nel corso di un anno, alle 7:30 del mattino, la neuroscienziata Carina Heller ha
rinunciato alla consueta routine mattutina per trascorrere un’ora e mezza sotto lo scanner per
risonanza magnetica (MRI), con una missione precisa nella testa: dimostrare sulla sua pelle
l’effetto sul cervello dei contraccettivi orali.
La costanza della scienziata ha dato frutto, e ha permesso di osservare che la struttura del
cervello si altera in modo “ritmico” nel corso del ciclo mestruale canonico, per subire ulteriori
cambiamenti quando si assume la pillola. I risultati preliminari dello studio, sintetizzati su
Nature, sono stati presentati alla conferenza annuale della Society for Neuroscience a Chicago.
UN DIVARIO DA COLMARE. L’obiettivo di Heller era raccogliere dati su un campo della scienza – quello
della salute femminile – tradizionalmente poco studiato e scarsamente finanziato. Si stima che più
di 150 milioni di donne al mondo usino la pillola o altri contraccettivi orali, ma gli effetti di
questi farmaci sul cervello sono ancora poco conosciuti: molte ragazze iniziano ad assumere la
pillola durante la pubertà, una fase cruciale per lo sviluppo del cervello; alcune donne riportano
sintomi accentuati di ansia o depressione sotto contraccettivi orali, altre una loro attenuazione.
CONCENTRARE GLI SFORZI. Per conoscere meglio tutti questi aspetti servirebbero studi approfonditi,
ma la maggior parte delle indagini che sfruttano la risonanza magnetica (e che servono a osservare
la morfologia e la connettività cerebrale) coinvolgono poche decine di partecipanti esaminati una
sola volta, anche per l’alto costo di questa tecnica di imaging.
Un crescente numero di studi di neuroscienze sceglie un approccio opposto chiamato “dense sampling”
(letteralmente “campionamento denso”), in cui un singolo partecipante si presta ripetutamente a
scansioni così da costruire un database più corposo, e catturare fenomeni che altrimenti finirebbero
per non essere notati. Lo studio di Heller si inserisce in questo filone.
UN RECORD PERSONALE. La scienziata si è sottoposta a MRI per 25 volte in 5 settimane in fasi diverse
del suo ciclo mestruale (il periodo che intercorre tra una mestruazione e la successiva). In seguito
ha iniziato ad assumere la pillola contraccettiva, e dopo tre mesi ha ripetuto le sessioni in MRI
(di nuovo 25 sedute in 5 settimane). Quindi ha interrotto la pillola, atteso altri tre mesi e
rifatto un terzo ciclo di scansioni (25×5). Diventando così la donna più “osservata” in MRI di
sempre.
Tutti questi dati hanno permesso di capire che il volume e le connessioni tra aree cerebrali
cambiano quotidianamente durante il ciclo mestruale, seguendo un andamento ritmico; e che volume e
connettività cerebrale si riducono leggermente quando si assume la pillola, per poi ritornare ai
livelli precedenti quando si interrompe la terapia ormonale (un più ampio volume cerebrale non
implica migliori funzioni cognitive, e un volume più ridotto non vuol dire peggiori performance). Il
cervello mostra dunque una certa flessibilità nel rispondere alle sollecitazioni degli ormoni
femminili, responsabili di queste fluttuazioni.
QUALE INFLUENZA? Studi precedenti hanno infatti dimostrato che alti livelli di estrogeni favoriscono
la connettività di alcuni network cerebrali, come quello coinvolto nella “modalità di base”, attiva
quando si sogna a occhi aperti e coinvolta nella rievocazione dei ricordi. Il progesterone, un altro
ormone femminile, sembra avere l’effetto opposto. Poiché i contraccettivi orali spesso contengono
versioni sintetiche di questi ormoni, lo studio offre suggestioni interessanti sugli effetti sottili
che le fluttuazioni ormonali hanno sulla struttura del cervello e, forse, sul comportamento.
www.nature.com/articles/d41586-024-03368-4
da focus.it
Lascia un commento