Cervello: computer e risonanza magnetica, così si vedono i pensieri

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Cervello: computer e risonanza magnetica, così si vedono i pensieri

by Edoardo Capuano @ 27.04.2009 10:20 CEST

La tecnologia è ora in grado di scrutare nella mente per catturare immagini, parole, suoni e
ricordi, anche quelli più antichi e remoti, rimasti in fondo all’inconscio.

Anche i pensieri non saranno più un ‘mistero’ custodito nella nostra mente. Con i computer e la
risonanza magnetica, la tecnologia ora è in grado di scrutare nella mente delle persone per
catturare immagini, parole, suoni e ricordi, anche quelli più antichi e remoti, rimasti in fondo al
buio dell’inconscio. E da queste nuove tecnologie applicate allo studio del cervello e della mente
umana si aprono prospettive incoraggianti per la cura di alcune malattie ma anche per le indagini
sui crimini. Con l’aiuto di queste tecniche, infatti, si potranno smascherare le bugie degli
indagati come non è possibile fare ora con le attuali ‘macchine della verità’. Inquietanti, però, i
rischi sulla violazione della privacy interiore di un individuo che si aprono con queste ricerche.

A tracciare lo scenario di questa nuova e incredibile pagina della scienza e’ il periodico “Focus”
che, nel nuovo numero in uscita oggi, dedica un’inchiesta alla Risonanza Magnetica Funzionale per
Immagini (fMri) che consente “effettivamente di leggere cosa succede nel cervello di una persona”,
le “immagini viste, le parole dette e udite e le voci ascoltate”. Ma non solo. “Anche i percorsi
effettuati e perfino le intenzioni e le percezioni inconsce”. Niente a che vedere con i film di
fantascienza, avverte ‘Focus’, ma i neuroscienziati già segnalano che sta diventando urgente
regolamentare l’uso di queste tecnologie prima che ledano l’ultima frontiera di inviolabilità di una
persona: i pensieri.

La fMri, inventata nel 1988 da Seiji Ogawa, biofi sico degli At&t Bell Laboratories, si e’ diffusa
dalla seconda metà degli anni ’90: la tecnica evidenzia le cellule del cervello che stanno lavorando
perché ‘vede’ l’ossigeno che consumano. In oltre un decennio di ricerca i neuroscienziati, studiando
i malati, si sono fatti un’idea abbastanza precisa dei compiti svolti dai vari gruppi di cellule
nervose e della loro collocazione e da pochi anni studiano il cervello nel suo normale funzionamento
per carpire i segreti della mente. Nel 2002 Daniel Langleben, psichiatra all’University of
Pennsylvania, aveva deciso di verificare, ricorda il periodico scientifico, se, guardando l’attività
cerebrale, è possibile scoprire chi bara al gioco. Aveva dato ad alcuni studenti 2 carte da gioco a
lui sconosciute invitandoli a memorizzarle. Poi li aveva sollecitati a mentire su una carta e a dire
la verità sull’altra. Quindi li aveva sottoposti a fMri mentre su un visore compariva ogni 3 secondi
una carta a caso. Dalle reazioni del loro cervello, fedelmente riportate dalla fMri, Langleben aveva
affermato di essere in grado di riconoscere con una precisione dell’86 per cento quali erano le
carte in mano agli studenti e su quali mentivano.

Barare al gioco Certo, mentire dopo essere stati invitati a farlo è diverso dal mentire per non
finire sulla sedia elettrica, ma questo studio, scrive Amelia Beltramini, bastò per entusiasmare due
aziende americane, la No Lie e la Cephos Corp, che si sono lanciate nel business delle macchine
della verità con fMri, sicuramente più attendibili del poligrafo. Nel 2006 Feroze Mohamed, della
Temple University di Filadelfia (Usa), confrontando poligrafo e fMri, scriveva sulla rivista
Radiology. “Mentire -sottolineava- attiva aree del cervello diverse rispetto a quelle attive quando
si dice la verità”.

Se per mentire si attivano 14 aree, per dire la verità se ne attivano 7, diverse. E Feroze Mahamed
aggiungeva: “L’attività cerebrale non è controllabile con la volontà. La nostra ricerca propone di
usare, per scoprire chi mente, un nuovo metodo oggettivo e tanto affidabile da poter essere
introdotto nei tribunali”. Altri neuroscienziati, però, obiettano oggi che gli studi sono stati
svolti su studenti universitari e non su sociopatici, criminali e bugiardi patologici; che la
maggioranza degli studi coinvolge al massimo 20 soggetti e che le ricerche pubblicate fi nora su
riviste serie sono in tutto una dozzina. Nel frattempo, però, i ricercatori hanno usato la fMri per
fare scoperte interessanti.

Foto dell’inconscio John-Dylan Haynes, del centro di ricerca Max Planck di Lipsia, e Geraint Rees,
dell’University College London, per esempio, hanno visto l’inconscio in azione. E ancora. È
possibile anche vedere le intenzioni prima ancora che si concretizzino in azioni. La capacità di
decodificare quel che avviene nel cervello si basa sulla multivariate pattern recognition, l’analisi
del variare di parametri nelle immagini cerebrali scansionate. Oltre alla fMri, infatti, sono
necessari computer ‘allenati’ a riconoscere i modelli dell’attività cerebrale che accompagnano le
diverse intenzioni e software come quelli usati per individuare il proprietario di determinate
impronte digitali. Ed è solo l’inizio.

Per poter ‘leggere’ la mente bisogna prima studiare lo schema di ogni singolo pensiero. Uno schema
che, si è appena scoperto, è caratteristico di ogni individuo. Jan Willem Koten, dell’Università di
Aachen in Germania, ha svelato il 26 marzo scorso su Science che neppure i gemelli identici hanno
gli stessi schemi cerebrali, anche se fra le loro mappe c’è una maggiore somiglianza che fra quelle
dei gemelli non identici. Riuscire a ‘riconoscere’ l’immagine o il suono che un altro individuo sta
vedendo o udendo non può quindi essere standardizzato e richiede ore e ore di allenamento
personalizzato mentre il soggetto è nella fMri e il software del decoder si adegua progressivamente
a mimare la trama di quel cervello.

Insomma, per ora nessuno ha ancora creato una mappa universale con cui decodificare anche una sola
attività di molti cervelli. E per ora i ricercatori riescono a distinguere solo i pensieri
alternativi, come sommare o il suo contrario, sottrarre. Gran parte della ricerca ora punta però
alla corteccia visiva. “Il sistema visivo è complicato -spiega Jack Gallant dell’University of
California, a Berkeley- perché consiste in parecchie decine di moduli distinti (aree visive)
disposti in rete parallela, gerarchica e altamente interconnessa. Inoltre è strettamente integrato
con altri sottosistemi sensoriali, mnemonici e del linguaggio. A causa di questa interconnettività e
poiché il cervello è costruito su un principio modulare, la ricerca sulla visione ha implicazioni
importanti per capire anche altri sistemi cerebrali”.

Questo lascia ipotizzare il percorso futuro di queste ricerche. “Probabilmente -dice Gallant – le
aree visive sono utilizzate anche nei ricordi e nei sogni e se questo è vero dovremmo riuscire a
ricostruire le immagini presenti in entrambe”. Dalla lettura delle immagini nel cervello alla
lettura dei simboli, siano essi lettere o numeri, il passo è breve. Ed in futuro, quindi, è
probabile che si potranno leggere pensieri e sogni altrui, così come gli esperimenti di Elia
Formisano aprono la strada alla cassaforte dei ricordi delle voci, quindi anche della musica e delle
parole memorizzate. Ma anche dei luoghi.

Eleanor Maguire, dell’University College di Londra, ha letto nell’ippocampo dei suoi volontari i
percorsi effettuati nello spazio. Quando ci si sposta, nell’ippocampo si attivano neuroni ‘di
localizzazione’ che hanno il compito di dirci dove siamo. Maguire ha usato la fMri per seguire
l’attività di questi neuroni mentre 4 volontari si spostavano in una realtà virtuale e poi ha
elaborato i dati con un algoritmo.

È solo un primo passo: l’ippocampo è coinvolto anche nella pianificazione del futuro. Tutto ciò apre
scenari meravigliosi e terribili. Dice Haynes: “Se disponi di una tecnica che consente ad altri di
leggere ciò che pensi, devi anche disporre di linee guida chiare che definiscano quando e come si
possono utilizzare questi strumenti. Molti, ad esempio, vogliono che si possa leggere nei loro
pensieri: i tetraplegici, che potrebbero così comandare protesi meccaniche con il pensiero”. “Ma
prima che la ricerca varchi altre frontiere -avverte- bisogna accompagnarla a un’attenta
riflessione, degli scienziati e della società civile, sugli usi di queste scoperte e prevedere quali
potrebbero essere le applicazioni negative per la libertà individuale”.

Fonte: www.focus.it

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